12 marzo 2011

A proposito del modo di far politica in Russia (XIII)

Elezioni senza vergogna




Il sistema elettorale russo sullo sfondo dell'esperienza internazionale


Nel futuro prossimo non dovremo vergognarci del nostro sistema politico”.
Il presidente della Federazione Russa Dmitrij Medvedev


La nostra legislazione elettorale ha iniziato a formarsi nel 1993 – nel periodo della creazione della Costituzione della Federazione Russa, che ha dato grandi poteri al presidente ai danni del parlamento. Tra l'altro da vari sistemi elettorali del mondo sono state “importate” subito tutte le norme restrittive adeguate a questo compito. Da allora osserviamo un processo ininterrotto di combinazione di leggi a favore del modello di potere che si sta costituendo, in particolare alla vigilia delle elezioni di turno.

Solo dal 2002 le leggi elettorali sono cambiate circa 150 volte. E anche se la CIK [1] della Federazione Russa reclamizza continuamente il nostro sistema elettorale come “uno dei migliori in Europa”, esistono anche altre opinioni. Tutte le nuove direttive elettorali restringono la partecipazione di diversi strati della società alla vita politica del paese. Gli osservatori dell'Assemblea Parlamentare dell'OSCE, conducendo il monitoraggio delle elezioni in Russia, di anno in anno avanzano le stesse rimostranze: il mancato adempimento degli obblighi assunti dai paesi membri dell'OSCE per quanto riguarda le elezioni democratiche. Ogni anno in Russia vengono aperti 3000-3500 casi giudiziari su questioni elettorali.

L'emendamento delle leggi

Negli ultimi 10 anni la legislazione elettorale è stata corretta dal partito vincitore. Le regole lavorano per “Russia Unita”, cioè per l'enorme consociazione di burocrazia e gruppi d'affari.

Ricordiamo alcune modifiche “democratiche” approvate su istanza degli ultimi due presidenti russi:

– sono state abolite le elezioni dirette delle più alte cariche dei soggetti della Federazione Russa, parzialmente quelle dei capi delle amministrazioni locali;
– è stato introdotto pienamente il sistema elettorale proporzionale per le elezioni della Duma di Stato;
– ai partiti è stato proibito riunirsi in blocchi elettorali;
– è stato tolto il voto “contro tutti” [2] e la soglia di affluenza;
– sono state sostanzialmente inasprite le condizioni per la registrazione sulla base di firme (la percentuale di difetto nelle liste di firme è stata ridotta dal 25 al 10 e al 5%);
– sono state innalzate le esigenze di consistenza numerica dei partiti (da 10 a 50 mila);
– sono state introdotte norme per la restrizione del diritto di voto per motivi legati all'attività estremistica (da noi è praticamente equivalente al dissenso);
– è stata alzata dal 5 al 7% la barriera di ingresso dei partiti agli organi legislativi;
– è stata rafforzata da 1/3 a 1/2 la quota di partecipazione delle amministrazioni (impiegati statali e comunali) alle commissioni elettorali;
– dal processo di osservazione sulle elezioni federali sono stati esclusi gli osservatori della società civile, ai soggetti della Federazione Russa è stato concesso il diritto di fare tale esclusione nelle elezioni regionali e municipali;
– è stato stabilito il divieto sul diritto di un'organizzazione sociale non politica a presentare propri candidati al posto di deputato a livello nazionale;
– è stato abolito l'obbligo di dare le dimissioni per i candidati che hanno cariche statali, tra cui anche quelle di categoria A [3]. E' permessa anche la concomitanza del servizio statale con la leadership nei partiti;
– è stata ampliata la lista dei motivi per l'esclusione di persone (o partiti) dal novero dei candidati;
– è stato introdotto il divieto di pubblicazione nella “Rossijskaja gazeta” [4] dei programmi dei partiti creati, ma non ancora registrati;
– la durata del mandato del Presidente della Federazione Russa e della Duma di Stato è stato allungata a 6 e 5 anni rispettivamente.

Nei sistemi democratici sviluppati nessun partito opera come rappresentante di tutta la nazione o della maggioranza di essa e non raccoglie oltre la metà dei voti alle elezioni. In parlamento passano molti, creando blocchi elettorali, formando coalizioni. Ma nella Duma di Stato siedono il partito del potere e altri tre partiti, che non influenzano realmente l'approvazione delle decisioni. Ne deriva che gli interessi della metà degli elettori risulta scarsamente rappresentata (per non parlare poi di quelli che hanno votato per partiti che non sono passati alla Duma grazie alla barriera di sbarramento al 7%).

Tale “costruzione” continua ad essere rafforzata dai modernizzatori parlamentari presso l'amministrazione presidenziale. Grazie a loro nel 2009 la Duma di Stato ha “ceduto” il principale strumento di controllo del parlamento sul governo – il bilancio (approvando gli emendamenti al Codice di Bilancio, secondo cui il governo può metterlo sotto sequestro senza la piena partecipazione del parlamento). Le micro-riforme presidenziali di turno del sistema politico per l'“aumento dell'influenza dei partiti sul potere”, ecc. non sono più che meccanismi di ri-assicurazione per il mantenimento del controllo della burocrazia sulla società

Il controllo sulla formazione dei partiti

I partiti creati senza il consenso del Cremlino non passano per il setaccio del ministero della Giustizia. A dire il vero, la registrazione statale dei partiti è usata anche in una serie di paesi del mondo. Ma solo da noi questo sistema è saturo di dure esigenze di consistenza numerica, di presenza di sezioni regionali, di verifiche, di controlli del resoconto interno del partito, della rotazione dei quadri, ecc. Anche se il presidente ha abbassato la consistenza numerica minima per la registrazione di nuovi partiti a 45 mila persone, nessuno dei sei partiti fondati nel 2010 è giunto alla registrazione.

Nella maggior parte dei paesi europei la consistenza politica dei partiti non è determinata dallo stato, ma dagli elettori alle elezioni. Molti ancora non ritengono necessario regolamentare l'ordine di formazione dei partiti. Per esempio, in Gran Bretagna si creano liberamente, con una consistenza numerica minima di due persone, si registrano nel registro dei partiti ed è tutto. Risulta che nella multipartitica Russia ci sono 7 partiti (quattro in parlamento) e nella cosiddetta “bipartitica” Bretagna [5] ce ne sono circa 40 (cinque in parlamento).

Neanche in Germania la legislazione esige la registrazione formale dei partiti presso un organo statale o un numero minimo di membri al momento della loro creazione. Un'organizzazione acquista lo status di partito dopo la presentazione agli organi competenti di determinati documenti (programmi, statuto, informazioni sulla gestione).

Negli USA è prevista la registrazione obbligatoria dei partiti da parte dei Segretari di Stato [6] dei singoli stati. Fra l'altro 20 stati stabiliscono il numero assoluto di firme per ottenere lo status di partito. Ma questo è decine di volte inferiore che in Russia: in Illinois – 25 mila, in Alabama – 5 mila, in Wisconsin – non meno di 3 mila.

Le limitazioni al diritto di voto

Tra i paesi democratici non ce ne sono tali, dove si creino tante condizioni supplementari per la partecipazione alle scelte dei candidati, delle liste dei partiti e dei motivi per rifiutargli la registrazione come in Russia. Da noi questi sono limitati nello stesso diritto di essere eletti dalla procedura di raccolta delle firme degli elettori.

Il presidente considererebbe eccessiva la quantità di limitazioni, ma prima delle elezioni parlamentari si è limitato solo a un redesign. Finora ha liberato da questa procedura alle elezioni a livello regionale i partiti extraparlamentari che hanno gruppi nelle assemblee legislative dei soggetti corrispondenti. Per la loro partecipazione alle elezioni della Duma di Stato è stato abbassato il numero delle firme: nel 2011 a 150 mila, alle consultazioni successive a 120 mila.

Per fare un paragone, in Svezia al momento di registrarsi per le elezioni al Riksdag per i partiti è indispensabile raccogliere non meno di millecinquecento firme di elettori. In Germania un partito non rappresentato in parlamento deve raccogliere 200 firme in ogni collegio in cui presenta un candidato e non meno di 1000 firme in ogni Land in cui presenta delle liste. Più spesso in Europa la partecipazione di partiti registrati alle elezioni ha un carattere di dichiarazione. Ma in Svizzera e in Belgio alle elezioni parlamentari ai cittadini è permesso intervenire con “liste indipendenti”, composte anche da un solo candidato. L'elettore sceglie da solo.

Per di più, nei paesi europei non c'è praticamente alcuna disposizione sulla registrazione preliminare delle liste, che permette alla nostra commissione elettorale di togliere i partiti dalle elezioni perfino con tale formula: “per circostanze nuovamente scoperte”.

La soglia di sbarramento

Per quanto riguarda la soglia d'ingresso nell'organo legislativo, in Europa è fondamentalmente più bassa che in Russia – di solito dal 2 al 5%. In Israele è all'1%, ma in una serie di paesi, per esempio in Svezia, non c'è affatto. Su questo sfondo le possibilità “donate” alla nostra opposizione di ottenere 1-2 seggi “di consolazione” (per coloro che hanno superato al primo e al secondo turno la barriera del 5%, ma non hanno raggiunto il 7%) e anche la formazione di gruppi per i partiti rappresentati nelle assemblee legislative regionali non decidono la liquidazione della disuguaglianza tra i partiti. Se un partito ha raccolto, per esempio, il 6,9% dei voti, ottiene due seggi, se ha raccolto il 7,1% – più di 30. Tali passi poco risoluti invece di far tornare alla barriera del 5% o rifiutarla di principio, complicano soltanto la legislazione. Peraltro in Cile il giorno dell'abolizione della soglia del 10% nel 2007 è stato chiamato “Giorno della Democrazia” ed è ritenuto il giorno del distacco definitivo dall'eredità della dittatura.

In realtà il presidente “adatta” il passaggio alla votazione solo su liste di partito a livello regionale e municipale, che nelle nostre condizioni conviene ai grandi partiti, in particolare con ricche risorse amministrative. La trasformazione a cui si accenna porterà alla piena monopolizzazione dello spazio politico da parte di “Russia Unita” (che già controlla quasi tutte le assemblee legislative e i consigli regionali e municipali), a differenza dell'Europa, dove il sistema proporzionale stimola l'unione dei piccoli partiti per l'andata al potere. Nella stessa Francia semi-presidenziale i partiti vicini per ideologia fanno blocco e vanno alle elezioni con programmi e candidati comuni (blocchi “di sinistra” e “di destra”). In Russia questa via è impossibile – i blocchi sono proibiti.

Ma come ripete il presidente della CIK della Federazione Russa: “Non c'è un paese, sulla cui via stiamo andando”. E ognuno intende la “stagnazione” a modo suo. Evidentemente per la Russia questa è un'“insufficienza” di un'ulteriore porzione della regolamentazione della legislazione elettorale. Il numero di partiti si riduce, il campo d'azione degli organi rappresentativi diminuisce e l'attività civica si trasforma in attività radicale di strada, che non richiede argomentazione politica.

P.S. Il 13 marzo in Russia è l'unico giorno di votazioni. L'ultimo prima delle elezioni di dicembre per la Duma. In 12 regioni saranno eletti gli organi legislativi, in 10 centri amministrativi i parlamenti cittadini. In molte regioni si eleggeranno i capi delle amministrazioni locali e i deputati dei consigli delle municipalità.

Irina Kiselëva

10.03.2011, http://www.novayagazeta.ru/data/2011/025/07.html (traduzione e note di Matteo Mazzoni)

[1] Central'naja Izbiratel'naja Komissija (Commissione Elettorale Centrale).

[2] Sulle schede delle prime elezioni post-sovietiche si poteva contrassegnare la casella “contro tutti i candidati”.

[3] Le più alte cariche politiche e giudiziarie.

[4] “Giornale Russo”, sorta di Gazzetta Ufficiale.

[5] Sic.

[6] I Segretari di Stato degli stati degli USA hanno funzioni variabili da uno stato all'altro, ma spesso sovrintendono al regolare andamento delle elezioni.


http://matteobloggato.blogspot.com/2011/03/la-russia-e-un-sistema-elettorale-ad.html

Nessun commento: