Cecenia: la guerra tra le generazioni
Come i militanti, giunti al potere, distruggono la generazione dei militanti in erba
Negli ultimi due anni la gioventù cecena ha preso a riempire in massa le file delle formazioni armate illegali. Secondo i dati da noi raccolti in uno dei comandi militari della repubblica e confermati dalla procura, da gennaio 2007 si sono dati alla macchia più di 1000 ceceni in età compresa tra i 16 e i 30 anni. Secondo dati operativi, l’età media dei membri delle organizzazioni segrete cecene è di 20-25 anni. Questi giovani, essenzialmente, occupano il posto lasciato libero da quelli che non tanto tempo fa combattevano insieme a Maschadov e Basaev. In tal modo “nella macchia” ha avuto luogo un cambio generazionale. La lotta con le “reclute” adesso è condotta da ex militanti, amnistiati e giunti al potere in Cecenia. Al di sopra dello scontro sta il potere federale, che è riuscito a far scontrare frontalmente una generazione di ceceni con l’altra.
Tutti per uno
Al flusso di persone che si danno alla macchia Ramzan Kadyrov si è opposto con la forza. Le persone arrestate come sospette di appartenere a NVF [1] sono diminuite.
In compenso è aumentato di molte volte il numero di esecuzioni extragiudiziali. In Cecenia è riapparsa una paura ben conosciuta: i “kadyroviani” [2] possono irrompere in qualsiasi casa e uccidere chi gli pare.
Ben poco tempo fa hanno agito così con la famiglia di Datchu Ilaev. Datchu era partito per lo hajj [3] e in casa sua sono giunti i “kadyroviani” e gli hanno ucciso tre figli. Né Datchu, né i suoi figli hanno alcun legame con le organizzazioni segrete. Piuttosto qualcuno ha fatto una falsa delazione ai danni della famiglia Ilaev. La delazione generale, che fiorisce particolarmente nel villaggio natale dei Kadyrov Chosi-Jurt, è un altro segno dei tempi di Ramzan.
Non si sono dati alla macchia solo i ragazzi, ma anche le ragazze. In modo vistoso, a gruppi, capendo bene che già dopo un giorno o due la loro scomparsa sarà denunciata e i loro parenti se la vedranno molto brutta.
Il principio della punizione collettiva è stato applicato per la prima volta nel maggio 2007. Al ministero degli Interni ceceno furono convocati circa 100 genitori di militanti. Il vice-premier ceceno Adam Delimchanov dichiarò che per nessuno di quelli che si erano dati alla macchia ci sarebbe stato perdono. “Gli verrà tagliata la testa”. Delimchanov dichiarò che la responsabilità per le azioni dei figli ricade pienamente sulle loro famiglie. Avranno una punizione anche i vicini, che “probabilmente sapevano, ma non l’hanno comunicato a chi di dovere”.
Alla fine di questa riunione i presenti sono stati costretti a rinnegare pubblicamente coloro che si erano dati alla macchia. Inizialmente nella sala regnava un silenzio opprimente, poi si è alzato un uomo anziano e ha detto: “Se prenderanno mio figlio, do il permesso di ucciderlo”. Dopo queste parole una donna, quattro figli della quale si sono dati alla macchia, si è messa a piangere. Questa ha preso a implorare pietà, ma Delimchanov le ha risposto: “Per uno risponderanno tutti…”
Questa estate il presidente Kadyrov è intervenuto alla televisione della repubblica e ha dichiarato: “Non è un segreto che molti nostri capi e direttori sono parenti di giovani che si sono dati alla macchia. So che questi hanno contatti con loro, garantiscono loro perfino il sostentamento. Io avverto che se nel corso dei prossimi dieci giorni questi giovani non saranno riportati a casa, tutti i capi e i dirigenti andranno sotto processo. Proibisco di seppellire chi combatte contro di noi. Se vengo a sapere che in qualche villaggio è sepolto qualcuno che si era dato alla macchia, nessuno resterà al suo posto: né il capo della polizia, né il capo dell’amministrazione [4], né l’imam della moschea…”
Alle parole sono seguiti i fatti. Il capo dell’amministrazione della città di Argun [5] Ibragim Temirbaev, gli ufficiali e i capi della polizia hanno stilato una lista di 17 famiglie, i cui figli si sono dati alla macchia. A queste persone è stato ordinato di lasciare la città.
Così la lotta contro i militanti è diventata una guerra contro il proprio popolo.
La ripulitura [6] con il fuoco
Dalla casa di Jachita, bruciata a luglio, si spande odore di bruciato. Fuori è dicembre. Già cento volte ha piovuto, qualche volta ha tremato la terra, la neve è caduta e si è sciolta. Ma l’odore penetrante non è andato da nessuna parte, si fissa nelle narici.
Le case di Jachita e di suo fratello Achmad erano disposte come la lettera “Г” [7]. Entrambe sono state bruciate. La casa del fratello perché suo figlio si è dato alla macchia, la casa di Jachita per compagnia. Se si attraversa la strada e si sale, si possono vedere le ceneri di una terza casa, davanti a cui sta una Volga [8] annerita. Questa era la casa del secondo fratello di Jachita. Anche suo figlio si è dato alla macchia.
La stessa Jachita ha una figlia di 32 anni, invalida di I categoria: già da 13 anni soffre di una grave malattia psichica.
Quella notte, quando giunsero uomini in tuta mimetica e mascherati, Jachita riuscì solo ad avvolgere la figlia in un lenzuolo e a portarla fuori di casa. Dimenticò in casa le medicine della figlia e la ricetta che le avevano scritto a Kislovodsk [9].
Quando hanno bruciato la casa, Jachita “ha chiuso subito gli occhi e non ha neanche dato uno sguardo”. L’ha riportata in se il grido della figlia. Questa cercava di gettarsi dritta nel fuoco che divampava al suono delle tegole che esplodevano per l’alta temperatura.
In questa casa la stessa Jachita viveva da quando aveva 7 anni. Dopo l’incendio sono rimasti i muri di saman [10], molto resistenti. Anche se all’interno tutto è bruciato e i tetti sono crollati, non hanno fatto una sola crepa durante il terremoto di ottobre. Di principio la casa potrebbe essere rimessa in piedi. Ma non viene permesso di farlo. E dopo l’inverno non ci sarà più nulla da rimettere in piedi. I muri di saman saranno intrisi dalla neve e a primavera si scioglieranno.
La casa di Umar Musichanov bruciò per la prima volta durante la prima guerra cecena [11]. Allora i federali bombardarono metà delle case del tristemente noto villaggio di Samaški [12]. Poi Umar, sua moglie e i loro otto figli hanno vissuto per molti anni in una tenda in un campo profughi in Inguscezia. Nel 2003 sono tornati in Cecenia. Umar fu incitato personalmente in questo senso da Achmat Kadyrov. Umar aiutò Kadyrov-senior a convincere i profughi che in Cecenia la guerra era finita e che bisognava tornare a casa. Umar avrebbe voluto mostrarci una fotografia che lo ritrae insieme ad Achmat-Chadži, ma è bruciata con la casa.
La seconda volta la casa è bruciata questa estate. A dire il vero, Umar non sa chi sia stato. Avrebbero potuto essere sia i militanti, sia i kadyroviani.
– Ma forse c’è differenza tra loro? – dice irritato Umar. – Hanno preso i miei figli!
C’erano quattro figli. Il primo è in prigione, il secondo si è dato alla macchia, il terzo alla macchia, essenzialmente, è stato costretto ad andarci, il quarto è stato sequestrato dagli uomini delle strutture armate. Con la perdita del figlio minore per Umar è più difficile di tutto riconciliarsi: “Israpil era un bravo ragazzo. Odiava questa macchia. Ai fratelli diceva: se nostro padre morirà di crepacuore, vi ucciderò io stesso…”
Negli ultimi mesi i kadyroviani hanno preteso con insistenza dai Musichanov che questi si mettessero in contatto con i figli e li costringessero a tornare dai loro nascondigli. Umar ha fatto capire che l’operazione speciale (e questa era un’operazione speciale per la liquidazione delle organizzazioni segrete) fu coordinata dal capo dello ROVD [13] di Šatoj [14] Ibragim Dadaev.
Questa estate il figlio di Umar Salman, datosi alla macchia nel 2005, si è messo in contatto con i familiari e ha detto che sei persone erano pronte a tornare. Comunque fu posta una condizione categorica: nessuna trappola!
Ma la condizione fu ignorata. All’incontro andarono il plenipotenziario operativo Arsanukaev e il capo della polizia criminale dello ROVD di Šatoj Abdulov (evidentemente avevano molto voglia di mettersi in luce) e anche i familiari dei Musichanov, che di fatto erano stati presi in ostaggio.
Lo stesso Umar è gravemente malato (ha un cancro). Era categoricamente contrario all’operazione speciale. Disse: “Che ci vada la madre dei miei figli. Che muoia solo lei. Non c’è bisogno che ci vadano i poliziotti. Sarà una provocazione…”
Umar aveva visto lungo. All’entrata nel bosco i militanti uccisero i poliziotti. Come rappresaglia gli agenti delle strutture armate della provincia di Šatoj, che coprivano l’operazione speciale, presero a sparare sui familiari dei Musichanov. Quella sera gli uomini delle strutture armate arrestarono l’ultimo figlio di Umar. Cinque giorni dopo la casa bruciò.
Proprio dopo questo caso il presidente ceceno Kadyrov e il sindaco di Groznyj Chučiev intervennero in televisione e dichiararono guerra: “Non dialoghiamo più sulla base delle leggi di questo stato. Agiremo secondo le usanze cecene… Il male che fanno i vostri familiari che si sono dati alla macchia, sarà restituito a voi nelle vostre case. In breve tempo sentirete questo sulla vostra pelle. Chiunque abbia familiari che si siano dati alla macchia sentirà la responsabilità. Chiunque! Chiunque!”
Da allora nelle case dei ceceni hanno preso a irrompere di notte incendiari in tuta mimetica e mascherati. Questi cacciano le persone in strada, versano benzina nella casa e aspettano finché il tetto non crolla in fiamma. I pompieri e la polizia chiamati sul luogo non arrivano. I crimini (alcune vittime degli incendi hanno avuto il coraggio di sporgere denuncia) non vengono indagati. La procura non si immischia.
Da luglio a dicembre in Cecenia sono già state bruciate 24 case.
Centoroj
Centoroj (o Chosi-Jurt) è il villaggio natale dei Kadyrov. Si fonde uniformemente con Alleroj – il villaggio natale dei Maschadov. Questi due villaggi sono considerati il feudo di Kadyrov, sono completamente chiusi e rappresentano uno “stato nello Stato”. Entrare nel villaggio e uscirne si può solo dopo aver presentato i documenti che attestano l’identità. Gli altri ceceni possono capitare in questa zona solo se li ha invitati qualcuno degli abitanti di Centoroj o di Alleroj. L’anfitrione deve obbligatoriamente incontrare i propri ospiti al KPP [15] e poi riportarceli.
Le notizie da Centoroj giungono nel grande mondo solo se sono del tutto infelici. Il 20 luglio a Centoroj è stato compiuto un attentato a Ramzan che non ha avuto successo.
L’operazione, l’ideazione della quale è attribuita al capo delle organizzazioni segrete cecene Dokku Umarov, è stata a suo modo qualcosa di unico. Hanno giocato sull’amore di Kadyrov per la poligamia: questi va quasi sempre ai matrimoni di chi si sposa per la seconda volta. Tanto più nel suo Centoroj. Avevano progettato di introdurre dei militanti nel villaggio sotto la copertura di un rumoroso corteo nuziale.
L’attentato (per dirla più direttamente – la sparatoria contro Kadyrov) ha avuto luogo, ma non ha avuto successo. I dettagli finora sono ignoti, comunque è noto che all’attentato hanno partecipato i figli di alti funzionari della repubblica. Sono state arrestate più di 20 persone. Gli esecutori materiali sono stati uccisi sul posto, due di essi (i cognomi sono ignoti) sono stati bolliti o sepolti vivi. Le grida provenienti dalla base kadyroviana “Brat” [16] al limite occidentale di Centoroj si sono sentite fino a tarda notte…
Secondo informazioni in possesso degli attivisti per i diritti umani, nei villaggi di Centoroj e di Alleroj i giovani si danno regolarmente alla macchia. Solo in una settimana ad Alleroj si sono date alla macchia 4 persone. Tra loro un cugino e una cugina di terzo grado di Ramzan Kadyrov. Le case dei loro genitori sono state bruciate.
Le persone che sono tornate
Ad Argun siamo riusciti a incontrarci con due giovani che sono tornati un mese fa dopo essersi dati alla macchia. Alichan Markuev e Aschab Èl’murzaev sono stati mostrati alla televisione cecena, cercando di farne eroi nazionali alla pari dei campioni olimpici ceceni. A dire il vero, neanche con gli olimpionici locali Ramzan Kadyrov riesce a passare dalla lingua delle minacce a un normale tono pacifico. All’ingresso di Gudermes [17] sta un cartellone, in cui Ramzan è fotografato insieme al campione locale di lotta che morde l’oro di Pechino. E a lettere molto grandi (delle dimensioni della testa del campione) sta scritto: “Meglio la morte che essere secondo!”
Aschab e Alichan sono coetanei, hanno sui 22 anni, sono amici d’infanzia. Ma sono molto diversi. Aschab capisce e parla molto male il russo. Ma con grande sincerità, anche se parlando male, parla di chi lo ha convinto a darsi alla macchia e perché lo ha fatto. A quanto viene fuori, motivi particolari, a parte la curiosità, non c’erano. La famiglia di Aschab, come si esprime il capofamiglia, ha sofferto a causa delle due campagne militari “solo moralmente”. Comunque, dopo che Aschab si è dato alla macchia sono cominciate le vere sofferenze. Il padre e i fratelli venivano portati continuamente alla polizia, venivano minacciati, hanno cercato di cacciare la famiglia dalla città. Il fratello maggiore di Aschab è stato costretto a vendere il proprio camion con il cassone ribaltabile, perché ha capito: in qualsiasi momento alla famiglia avrebbero potuto servire contanti. I fratelli Èl’murzaev hanno detto insieme che “se solo avessero saputo i piani di Aschab, gli avrebbero storpiato le gambe”. Dopo il suo ritorno hanno proposto ad Aschab di lavorare nelle strutture armate ufficiali (cioè di diventare un kadyroviano). Il padre ha proibito categoricamente al figlio di prendere un’arma in mano, anche se trovare un altro lavoro nella repubblica non è facile.
Alichan Markuev si è rivelato tutt’altro. E’ un giovane intelligente, istruito, che padroneggia bene la lingua russa. Alle domande sulla vita nelle organizzazioni segrete ha risposto volentieri, si può dire perfino in modo sfacciatamente sincero.
Quando gli abbiamo chiesto se chi vive alla macchia faccia uso di droghe (reggere una vita del genere senza doping è troppo difficile), Alichan ha sorriso in modo condiscendente: “Per chi vive alla macchia c’è solo una droga – il Corano”.
Non siamo certi se nel mondo musulmano sia permesso paragonare il libro sacro all’eroina, ma dopo la conversazione con Markuev è rimasta una domanda: “Se questa persona non nasconde in questo modo le proprie convinzioni religiose, perché è ancora viva?”
Due fatti mettono in guardia: 1) nel ritorno di Aschab e Alichan ha giocato un ruolo attivo Асхаба il capo di Argun Ibragim Temirbaev, che ha tentato con crudeltà di scacciare le famiglie dei militanti dalla propria città; 2) per qualche motivo i militanti non si sono vendicati sui “fuggitivi” Èl’murzaev e Markuev…
Il procuratore
Qualcosa, strano a dirsi, ci ha spiegato uno degli uomini della procura cecena, che ci ha chiesto di non fare il suo cognome.
Il procuratore Ženja [18] era un russo di Groznyj. All’inizio degli anni ‘90 la sua famiglia fu costretta a lasciare Groznyj, ma Ženja completò i suoi studi e tornò nella repubblica.
Era tarda sera. Ženia era un po’ ubriaco e noi siamo stati molto gentili. E comunque abbiamo fatto, dal punto di vista di Ženja, domande molto stupide.
Perciò Ženja ha parlato. Ha detto che in Cecenia agisce un intera rete di reclutamento di militanti, comunque quasi nessuno dei reclutatori (gli organi [19], come abbiamo capito, li conoscono bene tutti) viene preso. Se una volta succede, allora il procedimento penale nei confronti di queste persone viene catalogato a parte, su queste cose indagano gli agenti dello FSB [20] e del destino ulteriore di questi procedimenti e degli stessi indagati è nota solo una cosa – non giungeranno mai a un processo.
(Di uno di questi procedimenti, che comunque è arrivato [21] fino a una sentenza, ci è riuscito di sapere da avvocati ceceni. Nel villaggio di Asinovskaja [22] si sono dati alla macchia 37 giovani. Tutti questi sono stati presi da un reclutatore dal cognome Imaev. Sono riusciti ad arrestarlo, il procedimento è stato messo a parte, se ne sono occupati i servizi segreti. Al processo, che si è svolto in modo particolare (cioè senza un indagine della magistratura), il tribunale ha considerato la “confessione” di Imaev, lo ha condannato, ma subito lo ha amnistiato e lo ha scarcerato. Ben presto Imaev è fuggito all’estero).
Il procuratore Ženja, fra l’altro, ha riconosciuto che i reclutatori sono molto attivi anche in Europa. E’ assai noto il caso di un ceceno tornato dall’Austria, che si è dato alla macchia ed è stato ucciso. (Anche se questa persona non si era sistemata male all’estero). Ženja lo ha raccontato anche perché gli organi per la tutela dell’ordine della Cecenia hanno una statistica completa di chi e quando si è dato alla macchia. Non si tratta solo della delazione diffusa ovunque. Si da il caso che i nuovi membri delle organizzazioni segrete una volta che si sono dati alla macchia vengano per prima cosa fotografati. Molto spesso insieme a Dokku Umarov. E poi queste foto vengono inserite nel sito “Kavkaz-centr” [23] e gli MMS con queste foto girano per tutta la repubblica. In seguito i kadyroviani bruciano con precisione e rapidamente le case delle famiglie dei militanti-“reclute”. Ecco il procedimento controllato da due parti.
Il procuratore Ženja raccontava, osservando con piacere le nostre fisionomie un po’ tese.
– Se le cose stanno come dice, allora perché i giovani si danno alla macchia in massa? – abbiamo chiesto a Ženja.
– I soldi, la mancanza di istruzione e di lavoro, un buon lavoro psicologico. Ma in generale i ceceni devono seguire meglio i propri figli. Kadyrov, comunque sia, è necessario a questo popolo. A dirla più appropriatamente, la “pulizia della repubblica” da “wahhabiti [24] e šajtany [25]” è la principale funzione del presidente Kadyrov. Perciò non è affatto un caso che i reclutatori si siano decisamente attivati nella repubblica proprio dall’inizio del 2007. (Cioè dal momento della nomina di Kadyrov a presidente – nota del redattore)
– E questo quando finirà?
– Noi potremo considerare membri della società sicuri per la Russia solo quelli della generazione che nasce adesso in Cecenia.
Non ci siamo messi a chiedere al procuratore Ženja chi sia questo “noi”. E questi non si è messo a spiegarlo.
Siamo stati zitti. Poi Ženja, come se fosse tornato sobrio, ha guardato dalla finestra e ha detto:
– E’ ora che andiate via. Già fa buio. Qui di notte non è sicuro.
Magomet Aliev
Elena Milašina
Cecenia
14.01.2009, “Novaja gazeta”, http://www.novayagazeta.ru/data/2009/002/00.html (traduzione e note di Matteo Mazzoni)
[1] Nezakonnye Vooružënnye Formirovanija (Formazioni armate illegali).
[2] Sorta di esercito privato di Kadyrov, noto per la sua crudeltà.
[3] Il pellegrinaggio alla Mecca.
[4] Cioè il sindaco.
[5] Nei pressi di Groznyj.
[6] “Ripuliture” (začistki) vengono chiamate le operaazioni repressive.
[7] La “g” dell’alfabeto cirillico.
[8] Marca di automobili russa.
[9] Città della Russia meridionale.
[10] Impasto a base di paglia e letame con cui si fanno mattoni.
[11] Quella combattuta tra il 1994 e il 1996.
[12] Nella Cecenia occidentale.
[13] Rajonnyj Otdel Vnutrennich Del (Sezione Provinciale degli Affari Interni), in pratica la polizia provinciale.
[14] Nella Cecenia centrale.
[15] Kontrol’no-Propusknoj Punkt (Punto di Controllo e di Passaggio).
[16] “Fratello”.
[17] Città nei pressi di Groznyj.
[18] Diminutivo di Evgenij.
[19] Per “organi” in Russia si intendono gli apparati del ministero degli Interni e in particolare i servizi segreti.
[20] Federal’naja Služba Bezopasnosti (Servizio Federale di Sicurezza), l’erede del KGB.
[21] Letteralmente “è giunto a vivere”.
[22] Nella Cecenia occidentale, ai confini con l’Inguscezia.
[23] Sorta di sito ufficiale dei separatisti ceceni.
[24] Per wahhabiti in Russia si intendono gli estremisti islamici in generale.
[25] “Demoni”, cioè persone malvagie.
http://matteobloggato.blogspot.com/2009/01/la-cecenizzazione-completa.html
20 gennaio 2009
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