29 gennaio 2009

A proposito della situazione del Caucaso (X)

Nel Consiglio della Federazione [1] della Federazione Russa è stata creata una commissione sul Caucaso

Ingushetia.org, 28.01.2009 17:10

Presso il Consiglio dei Legislatori all’interno del Consiglio della Federazione della Federazione Russa è stata creata una commissione sul Caucaso, ha comunicato il vicepresidente della camera alta Aleksandr Toršin.

“Abbiamo chiamato intenzionalmente la nostra commissione proprio “commissione per il Caucaso” e non solo per il Caucaso del Nord. Dopo gli avvenimenti in Ossezia del Sud la situazione in questa regione è cambiata e al Caucaso è indispensabile dedicare ben più attenzione”, – ha sottolineato A. Toršin.

“Nella commissione sono entrati i capi delle assemblee legislative di tutte le repubbliche del Caucaso del Nord – questa è la nostra base sul posto e anche 7 senatori, che rappresentano le repubbliche del Caucaso”, – ha fatto notare Toršin. A parte questo, a suo dire, nella commissione entreranno anche singoli deputati degli organi legislativi delle repubbliche, indipendentemente dalla loro appartenenza partitica.

Secondo il primo vicepresidente, presso la commissione sarà anche istituito un ufficio, che funzionerà su base continuativa e si occuperà di monitorare la situazione. “Il nostro compito principale è lavorare rivolti in avanti e abbiamo già proposte interessanti, tra cui quella di includere nella nostra commissione rappresentanti dei territori di Stavropol’ e Krasnodar [2]. A parte questo, coinvolgeremo nel lavoro della commissione rappresentanti del governo e della Corte dei Conti della Federazione Russa”, – ha fatto notare A. Toršin in un’intervista a “Interfax” il 27 gennaio.

La commissione è intenzionata a visitare l’Inguscezia e la Karačaevo-Circassia ai primi di febbraio. “Siamo intenzionati ad incontrarci sul posto con la leadership di queste repubbliche e con i deputati degli organi legislativi. Sulla base dei risultati del nostro viaggio sarà svolta un’analisi dettagliata e steso un resoconto”, – ha promesso il vicepresidente.

Toršin ha comunicato che la proposta di entrare a far parte della commissione sarà indirizzata anche ai parlamentari di Ossezia del Sud, Abcasia, Georgia, Armenia e Azerbaijan. “In prospettiva sarà possibile invitare anche i rappresentanti dei parlamenti di una serie di altri paesi che confinano con il Caucaso. Non ci allontaneremo mai dai nostri vicini e perciò ci è necessario lavorare attivamente, coinvolgendo la diplomazia parlamentare”. “E questa diplomazia sarà messa in azione nel modo più attivo. Noi capiamo quali difficoltà si pongono davanti alla nostra commissione, considerando la situazione, che non si riassorbirà da sola”, – ha fatto notare A. Toršin.

Toršin ha ricordato che il Consiglio dei Legislatori è composto dai capi delle assemblee legislative di tutti i soggetti della Federazione Russa.

La seduta del presidium del Consiglio dei Legislatori ha avuto luogo la sera del 27 gennaio a Mosca, comunica il giornale Internet “Centr delovoj informacii” [3].

Come ha comunicato in precedenza il “Kavkazskij uzel” [4], secondo il politologo Igor’ Muradjan “dopo la “grande” vittoria sulla Georgia la Russia ha mostrato che domina il Caucaso”.

Al momento viene pure attivamente portata avanti l’idea di una “piattaforma del Caucaso del Sud”, elaborata dalla diplomazia turca, che presuppone lo sviluppo di una collaborazione regionale tra la Russia, la Turchia e i tre paesi del Caucaso del Sud. L’idea di creare una “piattaforma del Caucaso del Sud” fa parte della politica turca nel Caucaso.

http://www.ingushetia.org/news/17876.html (traduzione e note di Matteo Mazzoni)

[1] La “Camera Alta” del parlamento russo, formata dai rappresentanti dei soggetti della Federazione Russa.

[2] Città e territori della Russia meridionale.

[3] “Centro di informazione finanziaria”, giornale finanziario russo online.

[4] “Nodo del Caucaso”, giornale online indipendente.


http://matteobloggato.blogspot.com/2009/01/il-caucaso-nella-morsa-della.html

28 gennaio 2009

A proposito di Medvedev (V)

Medvedev dice parole vuote?

I tedeschi sono scioccati dall’omicidio nel centro di Mosca

“Ci sono paesi, dove per la verità si rischia la morte” – con questo slogan centocinquanta persone mercoledì sera hanno svolto una manifestazione nella Unter den Linden di Berlino, a due passi dalla porta di Brandeburgo, davanti all’ambasciata russa in Germania…
Tenevano in mano cartelli con ritratti di Stanislav Markelov, Anastasija Baburova e Anna Politkovskaja. Lungo i bordi delle strade ardevano candele e le macchine che passavano per la Unter den Linden rallentavano.
Queste persone si sono riunite su appello di “Reporters sans frontières” e “Amnesty International” per esprimere dolore e inquietudine per lo sfrontato omicidio di Markelov e Baburova e per ricordare che esecutori e mandanti dell’omicidio di Politkovskaja non sono ancora sul banco degli imputati.
L’arrivo a Berlino del direttore della “Novaja gazeta” Dmitrij Muratov era pianificato da tempo e i suoi incontri e i suoi dibattiti con i deputati del Bundestag e con i rappresentanti della società, forse, non avrebbero neanche attirato tanta attenzione. Ma ciò che è accaduto sulla Prečistenka [1] ha avuto grande risonanza in Germania.
Al lungo tavolo del pranzo-dibattito alla fondazione Bertelsmann [2] si è riunito un numero di partecipanti doppio rispetto a quelli che si erano iscritti solo due giorni prima. Erano parlamentari, uomini d’affari, esperti, funzionari del ministero degli Esteri e degli uffici del cancelliere federale, giornalisti – tutti quelli che in un modo o in un altro hanno a che fare con le relazioni tedesco-russe.
Il vice-presidente del gruppo parlamentare CDU/CSU al Bundestag e coordinatore delle relazioni tedesco-russe in campo sociale presso il governo della RFT Andreas Schockenhoff ha letto una dichiarazioni del gruppo parlamentare riguardante l’omicidio di Markelov e Baburova. Nessuno ricorda un testo così duro a nome del partito del cancelliere.
La sala della fondazione Adenauer [3], che può contenere 350 persone, era piena. Là si è svolto il dibattito sul tema “Un presidente prigioniero? Quali chance di modernizzazione ha la Russia con il tandem Medvedev-Putin?”. Tra i partecipanti – Dmitrij Muratov, il corrispondente da Mosca della rivista “Focus” Boris Reitschuster, assai popolare in Germania, e il noto politologo e biografo di Putin Alexader Rahr.
Quest’ultimo ha fatto notare che l’emotività del momento non permette di esaminare costruttivamente i processi in atto in Russia e di valutare la situazione. A suo dire, un atteggiamento totalmente negativo è inutile, bisogna vedere i processi positivi e sviluppare relazioni economiche mutuamente vantaggiose con la Russia, rispettando il particolare cammino da essa scelto. In Germania c’è anche un tale, diffuso punto di vista.
Non di meno si è esaminato e valutato. Le emozioni non lo hanno impedito. Ma poi sulla scena sono stati dispiegati i ritratti di Markelov e Baburova e tutta la sala ha onorato la loro memoria con un minuto di silenzio…
“Questi omicidi in una strada piena di gente hanno aspetti da linciaggio”
Dalla dichiarazione del gruppo parlamentare CDU/CSU al Bundestag della RFT
Il gruppo parlamentare CDU/CSU al Bundestag della RFT condanna nel modo più deciso gli omicidi dell’avvocato e attivista per i diritti umani russo Stanislav Markelov e della giornalista della “Novaja gazeta” Anastasija Baburova. Questi omicidi mostrano per l’ennesima volta quanto sia pericoloso in Russia lavorare per le organizzazioni per la difesa dei diritti umani e per la stampa indipendente.
Questi omicidi in una strada piena di gente hanno aspetti da linciaggio e rivelano quello stesso “nichilismo nel campo del diritto” con cui in Russia vorrebbe lottare il presidente Dmitrij Medvedev. Purtroppo, proprio nell’ambito del diritto, che il presidente russo ha dichiarato propria priorità, si è notata tutta una serie di passi indietro già dopo il suo arrivo al potere. Contrariamente alle rassicurazioni del presidente finora non è seguito alcun miglioramento nella situazione dei diritti umani in Russia.
Un tale sviluppo degli avvenimenti semina dubbi sulla capacità dello stato russo di garantire la legge e l’ordine. Si rafforza l’impressione che l’insufficiente prosecuzione penale equivalga a una copertura politica di questo tipo di omicidi o perlomeno a un consenso ad essi.
Lo stato russo e in primo luogo il presidente Medvedev debbano preoccuparsi di dissipare immediatamente questi dubbi dandosi da fare senza posa per individuare e punire i colpevoli, compresi i mandanti, in un processo indipendente ed equo. Lo stato deve svolgere meglio la propria funzione: difendere i propri cittadini. Altrimenti le dichiarazioni del presidente sul fatto che ci sia bisogno di più potere alla legge e di più libertà e che ci sia bisogno di rafforzare i diritti dell’uomo, vanno considerate parole vuote.
P.S. Durante una riunione del gruppo parlamentare CDU/CSU al Bundestag 70 deputati hanno sostenuto l’iniziativa del vice-presidente del gruppo parlamentare Andreas Schockenhoff di proporre la candidatura dell’organizzazione per la difesa dei diritti umani “Memorial” [4] al premio Nobel per la Pace.

Aleksandr Mineev
nostro corrispondente da Bruxelles

25.01.2009, “Novaja gazeta”, http://www.novayagazeta.ru/data/200/007/10.html (traduzione e note di Matteo Mazzoni)


[1] La via del centro di Mosca dove sono avvenuti gli omicidi di Markelov e Baburova.
[2] Istituto di studi politici e sociali legato all’omonimo colosso editoriale tedesco.
[3] Istituto di studi politici e sociali legato alla CDU.
[4] “Memoriale”, associazione nata per difendere la memoria delle vittime delle repressioni sovietiche e tuttora attiva per la difesa dei diritti umani in Russia.


http://matteobloggato.blogspot.com/2009/01/ad-ovest-qualcosa-di-nuovo.html

26 gennaio 2009

A proposito di Medvedev (IV)

Il viaggio di Dmitrij Anatol’evič in veste di bogatyr’ [1]
Andrej Babickij [2], 25.01.2009 18:51



Qualcuno capisce cosa abbia dimenticato in Inguscezia Dmitrij Anatol’evič Medvedev? Beh, perché non aveva voglia di starsene seduto in casa? Perché questi, caparbio [3], ha imposto a questi suoi sudditi, non indifferenti e anzi gravati, il pesante fardello di sciogliere il mistero della propria visita a questo, sia concesso dirlo, assai turbolento soggetto della Federazione?

Forse quando Vladimir Vladimirovič [4] scese dal caccia cosmico d’oro con brillanti nel centro di Groznyj avvolta dalle fiamme tra i mujaheddin inferociti, questi trovò parole, che penetrarono il cuore di ogni russo. Perfino di coloro, che per tutta la vita hanno saputo solo far ronzare a tempo il telaio in un buio posto da lupi [5]. Agitando la spada magica [6], Vladimir Vladimirovič tagliò una dozzina di teste basurmane [7] e l’annunciò con un forte ululato all’intorno. I mujaheddin allora intuirono, che era giunta la loro fine, inevitabile come l’abbraccio di Iblis [8], scurirono in volto e se la squagliarono nei cessi [9]. Là era stabilito che trovassero il loro ultimo riposo.

Sapeva Vladimir Vladimirovič, dove corrono e si attorcono le vie e le strade dello spirito russo, come di nuovo abbeverarlo della sua inebriante, potente forza, farne un'arma insuperabile, che cancellasse dal volto dell’inimico lo sfrontato e sfacciato riso. Con i propri corpi speciali in Cecenia Vladimir Vladimirovič per lunghi anni agitò il sangue dei bogatyri, rinvigorì la loro piccola forza e consacrò le gesta della gloriosa armata.

Insomma, quanto a Vladimir Vladimirovič tutto è più o meno chiaro. Avrebbe superato il serpente basurmano dalle molte teste e l’avrebbe ricacciato nel suo fetido covo, avrebbe conferito coraggio e forza mai vista ai bravi russi, avrebbe liberato il popolo dal giogo [10]. Per la prima volta dopo lunghi anni presero a respirare liberamente le genti russe a pieni polmoni – nessuno più impediva loro di abbracciare teneramente le betulle e ballare in tondo [11] nelle steppe senza fine…

Ma Dmitrij Anatol’evič? Questi è giunto in volo inaspettatamente, come un vortice [11], desiderando fare il bogatyr’ sull’esempio del vecchio compagno. Anche in Inguscezia, come sappiamo, non è semplice, e a rigor di logica dopo Il’ja Muromec [13] dovrebbe comparire Dobrynja Nikitič [14] o nel peggiore dei casi Alëša Popovič [15]. Forse così era stato anche pensato, poiché di nuovo, come pure nei tempi più antichi, l’inimico solleva la sua testa di serpente, sibila, fende l’aria con un duplice pungiglione, minaccia la fine della Madre Russia.

E’ solo che a Dmitrij Anatol’evič non è riuscito saltar giù altrettanto elegantemente da un caccia cosmico d’oro e annunciare all’intorno con un ululato da bogatyr’. Dal suo stretto petto è uscito un prolungato gemito. Né “fare fuori nei cessi”, né altre magiche ricette ha portato questi agli ingusci, ma ha promesso oro a profusione, perché le piccole genti vivano onestamente e dimentichino di dar battaglia per le strade.

Ha detto, in verità, qualcosa su misure straordinarie e si fece minaccioso come un adulto, ma i furboni ingusci hanno fatto entrare le sue parole da un orecchio per farle uscire dall’altro [16]. Invece quando Vladimir Vladimirovič menzionò tali misure, tutti all’improvviso ebbero caldo e se la fecero sotto. Sapevano che questo non si sarebbe fermato davanti a nessuno, poiché era pronto per la Rus’ [17] ad abbattere l’inimico senza fine e senza tener conto di nulla. E non solo l’inimico, ma in generale chiunque capitasse a tiro. Ma ecco che con Dmitrij Anatol’evič è tutta un’altra storia. E’ come se si dolesse di questa piccola gente, pensa che ai suoi giochi da brigante abbiano acconsentito per la brutta vita che fa e che si dovrebbe lasciarle 29 miliardi [18]. Allora si rappacificherà definitivamente la terra inguscia.

E non con un minaccioso, sfrontato ululato si è compiuto la prodigiosa apparizione di Dmitrij Anatol’evič alle genti ingusce, ma con dolci discorsi e persuasioni. Fra l’altro, le parole sui 29 miliardi i furboni le hanno succhiate come latte materno. Ci sarà di che occuparsi in breve tempo. Ed ecco che le misure eccezionali sono rimaste a colare a goccioline dalla punta delle dita infantili di Dmitrij Anatol’evič. Il mattino dopo ne ha rimosso le tracce secche con uno straccio un’anziana sguattera.

Non ne è venuta fuori una fiaba, non è stata raccontata né così né cosà. Va Dmitrij Anatol’evič per gli stessi sentieri di Vladimir Vladimirovič, ma pone i piedi come un’anatra, prova attentamente con le mani la pista, come se lo potesse ingannare. Parla amorevolmente, anche se si da un aspetto severo. Ma con lui il popolo, pare, giace senza misura, finché non lo sostituirà il vecchio compagno. E solo questi sa come premere, gettare a terra e decapitare. E senza questa capacità non sanno andare per la terra caucasica e ancora a lungo non impareranno.

L’illustrazione è tratta dal sito Blog umnych myslej [19].

Ingushetia.org, http://www.ingushetia.org/news/17825.html (traduzione e note di Matteo Mazzoni)


[1] Guerriero dotato di forza sovrumana (la radice del nome è bog, “dio”), eroe del folclore russo.
[2] Andrej Maratovič Babickij, giornalista russo spesso in contrasto con l’establishment.
[3] Il termine è arcaico, biblico (nella versione italiana è tradotto con “di dura cervice”). Da qui in poi Babickij usa ironicamente il linguaggio arcaico delle fiabe e delle leggende russe, assai difficile da tradurre.
[4] Putin, s’intende. Ma gli eroi delle fiabe e delle leggende russe in genere hanno solo nome e patronimico (vedi nota 3).
[5] Letteralmente “angolo da orsi”.
[6] Il kladenec (nome con molteplici tentativi di interpretazione) del bogatyr’ colpisce praticamente da solo.
[7] I nemici dei leggendari guerrieri russi sono detti basurmane, evidente corruzione di musul’mane (“musulmani”). Gli slavi orientali hanno iniziato a combattere con popoli islamici ancor prima della loro cristianizzazione. Il corsivo è mio.
[8] La principale figura negativa della demonologia islamica (confusa forse qui con l’Ade greco).
[9] Allusione all’affermazione di Putin, secondo cui i russi avrebbero stanato e “fatto secchi” i terroristi “anche nei cessi” (la frase è stata tradotta in vari modi, ma ciò che è certo è che usò termini gergali assai rozzi).
[10] Si allude al “giogo tataro”, ovvero alla sottomissione della Russia ai Tatari nei secoli XIII-XVI.
[11] I riti legati ai culti arborei e solari sono sempre stati praticati dal popolo russo anche dopo la cristianizzazione e anzi sono ritenuti da questo costitutivi della propria identità.
[12] Per vichr’ si può intendere anche un leggendario essere malefico che si manifesta come un piccolo turbine di vento. Al di là della leggenda, va detto che in Russia (come ho potuto constatare di persona) il fenomeno meteorologico delle “trombe d’aria microscopiche” è frequente.
[13] “Elia di Murom”, il più celebre bogatyr’ nella cui figura si mescolano tra gli altri i tratti del profeta Elia e della divinità tonante precristiana Perun (sorta di Giove slavo). Murom, nella Russia centrale, è una delle più antiche città russe.
[14] “Dobrynja, figlio di Aniceto”, altro celebre bogatyr’. Dobrynja deriva da dobryj, “buono”.
[15] “Alëša (diminutivo di Aleksej, “Alessio”), figlio di pope”, bogatyr’ forse meno popolare in cui la commistione tra paganesimo e cristianesimo appare più evidente.
[16] Letteralmente “hanno fatto passare le sue parole accanto alle orecchie”.
[17] Antico nome della Russia.
[18] 29 miliardi di rubli sono oltre 685 milioni di euro…
[19]”Blog dei pensieri intelligenti”, opera del giornalista Vladimir Rudol’fovič Solov’ëv. Indirizzo: http://vsoloviev.livejournal.com/


http://matteobloggato.blogspot.com/2009/01/il-bogatyr-medvedev.html

23 gennaio 2009

A proposito di diritti umani violati (VI)

Niente paura

Niente paura per gli assassini. Perché sanno che non saranno puniti. Ma niente paura neanche per le loro vittime. Perché quando difendi gli altri, smetti di avere paura

Il 19 gennaio in pieno giorno nel centro di Mosca con colpi a bruciapelo sono stati uccisi la giornalista della “Novaja gazeta” Anastasija Baburova e l’avvocato Stanislav Markelov. Il killer ha sparato da dietro, alla nuca. Questi poteva non aver paura – nessun omicidio politico pubblico è ancora stato giudicato secondo la legge.

Stanislav Markelov era un avvocato unico: si dedicava a cause disperate e pericolose per la vita. Questi – giurista moscovita – lavorava costantemente in Cecenia, rappresentando gli interessi delle vittime di esecuzioni extragiudiziali e di torture. Curava le cause delle vittime degli assalti dei fascisti.

Difendeva coloro che venivano uccisi e umiliati dallo Stato. Era amico del nostro giornale e nostro giurista. Curò le cause civili di Anna Politkovskaja e difese gli eroi dei suoi articoli, perorò gli interessi dei giornalisti della “Novaja gazeta” nei tribunali, fu l’avvocato della famiglia del redattore del nostro giornale Igor’ Domnikov, ucciso nel 2000 – tentò di spingere le autorità ad avviare un procedimento penale nei confronti dei mandanti [1] di questo omicidio, che sono ancora in libertà.

Anastasija era giunta da noi solo ad ottobre dello scorso anno.

Voleva tanto lavorare per la “Novaja gazeta”. Aveva deciso di occuparsi delle indagini sui crimini commessi dai nazisti [2].
E’ riuscita a fare molto poco.

In realtà sia Stanislav, sia Anastasija erano semplicemente persone oneste, che fisicamente non potevano abituarsi a ciò a cui si abitua la maggioranza. Questo era sufficiente per meritargli la condanna emessa dai padroni della Russia. Quelli a cui è permesso uccidere.

Questo non è già più terrore, questa è una guerra.

Sergej Sokolov,
caporedattore della “Novaja gazeta”


Questo è stato l’ennesimo omicidio perpetrato dal sistema ai danni di persone fuori dal sistema. Un avvocato di 34 anni, che difendeva i ceceni dai militari russi e i militari russi dai comandanti corrotti. Interveniva contro i neonazisti, che il potere appoggia e difendeva gli antifascisti, che il potere imprigiona. Difendeva i giornalisti-attivisti per i diritti umani ed era egli stesso un attivista per i diritti umani, per cui nell’ambiente elitario degli avvocati si era fatto la fama di uomo ai margini.

Anche la venticinquenne Nastja Baburova era una rivoltosa-romantica – era un’anarchica, aveva preso parte al movimento antifascista e alla Marcia dei Dissenzienti [3]. Questo non è un casuale armamentario sociale, questa è la scelta consapevole di un percorso di vita. Dal punto di vista del potere e del popolo, che vive di un unico desiderio – estraniarsi da questo potere e sopravvivergli tranquillamente, – anche la scelta di Nastja era marginale. Perciò pochi nel nostro paese potrebbero morire come Nastja – cercando di fermare un killer. Le persone nell’ufficio davanti al quale hanno sparato a Stas e Nastja hanno sentito il rumore degli spari. E hanno anche capito subito cosa stava succedendo. Ma hanno avuto paura di uscire o semplicemente di guardare dalle finestre del proprio ufficio.

Il motivo dell’omicidio dell’avvocato Markelov avrebbe potuto essere quasi ogni sua causa. Fra l’altro anche il caso di Budanov, per cui Markelov rappresentava una reale minaccia, perché aveva ottenuto l’avvio del procedimento per lo stupro di Èl’za Kungaeva. E questa era del tutto reale, perché lo stupro del tutto reale era registrato nei materiali dell’indagine.

Avrebbero potuto certamente uccidere l’avvocato gli ex capi e i complici dello sbirro di Chanty-Mansijsk [4] Lapin, più noto con il soprannome Kadet [5] e condannato a 11 anni per il sequestro, le torture e l’omicidio del ragazzo ceceno Zelimchan Murdalov. (Gli interessi di suo padre e di sua madre erano rappresentati da Stanislav Markelov.) I suoi capi, che avevano preso parte alle torture e ai sequestri, sono ricercati e già da qualche anno pare che non riescano a trovarli.

L’ordine dell’omicidio avrebbe potuto venire anche dalla Cecenia. Perché l’avvocato Markelov in modo clamorosamente coraggioso si era dedicato al caso delle prigioni segrete costruite nel villaggio natale dei Kadyrov Centoroj [6], dove i ceceni vengono torturati e uccisi.

Dopo l’omicidio di Anna Politkovskaja, che era strettamente legata a Stanislav Markelov per via del Caucaso del Nord, ci rendiamo conto, che le uccisioni a colpi d’arma da fuoco dei nostri – giornalisti del nostro giornale, avvocati, attivisti per i diritti umani – potrebbero continuare. Dopo l’omicidio di Anja molte persone hanno atteso con noi dalle autorità parole chiare e azioni evidenti. Ci hanno ascoltato come meglio no avrebbero potuto. Lunedì Markelov e Baburova hanno allungato la lista delle nostre perdite. Non a caso: i segnali delle autorità non li ascoltiamo solo noi, li coglie anche tutta la feccia di orientamento fascista.

Stanislav e Nastja, che non a caso era amica di Markelov da molti anni (e ne aveva in tutto 25!), erano persone che sapevano dare un significato chiaro a concetti astratti come “bene” e “male”.

Queste astrazioni si riempiono di senso quando le persone compiono degli atti. Niente paura per gli assassini. Perché sanno che non li puniranno. Ma niente paura neanche per le loro vittime. Perché quando difendi gli altri, smetti di avere paura.

Ha paura chi si è estraniato e cerca di sopravvivere tranquillamente a tempi cattivi, che chissà perché non finiscono in nessun modo.

Elena Milašina

20.01.2009, "Novaja gazeta", http://www.novayagazeta.ru/data/2009/005/00.html (traduzione e note di Matteo Mazzoni)


[1] Tra questi vi è l’ex vice governatore della regione di Lipeck, nella Russia meridionale. Domnikov aveva spesso puntato il dito contro la corruzione delle alte sfere della regione.
[2] Per “nazisti” vanno intesi i neonazisti russi, che negli ultimi anni si sono macchiati di decine di omicidi.
[3] Manifestazione dell’opposizione a Putin compiuta nel marzo 2007 e duramente repressa.
[4] Città della Siberia occidentale.
[5] “Cadetto”.
[6] Villaggio della Cecenia sud-orientale.

22 gennaio 2009

A proposito delle forze dell'ordine russe (III)

I padroni di Mosca

Arrivano nella capitale su Mercedes con i bagagliai pieni di armi, uccidono i propri nemici nel centro della città, sequestrano persone e si impossessano di affari altrui, sparano su un autobus di linea con i passeggeri a bordo che non gli ha dato strada, vengono rilasciati subito dopo l’arresto perché hanno in mano i distintivi dei servizi segreti, le loro automobili sono fornite di permessi “per qualsiasi posto”, il loro principale argomento è la Stečkin [1]

Cos’è successo all’autobus n. 752

Questa storia viene raccontata in Internet come una barzelletta. Anche se, a nostro modo di vedere, c’è poco di divertente. Il 5 gennaio di quest’anno a Mosca il conducente di un autobus di linea non ha dato strada ad una berlina Mercedes МL 500. La macchina straniera era guidata dal plenipotenziario operativo dell’USB [2] del ministero degli Interni della Repubblica Cecena, il passeggero era il plenipotenziario operativo dell’UBOP [3] dello stesso ministero degli Interni. I poliziotti sono entrati all’interno dell’autobus e hanno picchiato il conducente, che, per difendersi, ha sferrato qualche colpo con il cric sul volto di uno degli assalitori. In seguito il conducente dell’autobus ha tentato di allontanarsi con il mezzo dal luogo dello scontro, ma uno dei poliziotti ceceni ha aperto il fuoco con una pistola Stečkin.

Per vie ufficiali non si è riusciti a chiarire nulla di questa storia. Gli uomini di turno all’OVD [4] “Troparevo-Nikulino” [5] hanno riso quasi a crepapelle: “Non ricordiamo proprio nulla! Chiamate lo ZAO [6], là lo ricordano”. Gli uomini di turno all’UVD [7] dello ZAO si sono rifiutati istericamente: “Ma noi qui non abbiamo a che fare con questo!” – e hanno consigliato di insistere a Troparevo.

Alla fine un poliziotto si è accordato per parlare con noi in forma anonima, “senza che, Dio ci scampi, mi si menzioni!”. (Certo, che c’è da stupirsi? Non si tratta della mafia, ma della polizia.)

“Il conducente guidava l’autobus n. 752. Da qualche parte a un incrocio qualcuno non ha dato strada a qualcun altro. E’ una questione di cultura, della GAI [8] in fin dei conti. Ma non si fa così! Non si spara! Ad accusare penserà il tribunale, ma il guidatore e il passeggero della Mercedes non erano di indole pacifica. Sono giunti alla fermata successiva, hanno aspettato quest’autobus, sono entrati all’interno, si sono messi a spiegare la situazione al conducente. Non so cosa gli abbia risposto il conducente. C’è stata una rissa, il conducente è stato trascinato per strada. Ha afferrato il cric – beh, capite, erano in due e questi era da solo. A uno ha rotto una mascella, anch’essi l’hanno malmenato. Poi il conducente è saltato dentro l’autobus e ha chiuso le porte. E attraverso una porta chiusa uno dei ceceni ha aperto il fuoco sull’autista con una pistola Stečkin. Ha sparato 7 proiettili. Al conducente, certo, è andata molto bene: un proiettile gli è entrato in una gamba – e basta! All’interno c’era gente, sono finiti sul pavimento, si sono nascosti in qualche modo”.

I passeggeri hanno chiamato un’ambulanza e la polizia. E’ giunto il gruppo ad azione rapida dell’OVD “Troparevo-Nikulino”. E qui gli sparatori hanno mostrato i propri distintivi. I poliziotti non hanno badato ai distintivi: “Qui siamo a Mosca, non sulle montagne e il conducente non è un militante”.

Il conducente è stato ricoverato in ospedale. “Ma questi colleghi… Uno è stato portato all’ospedale n. 31 con uno zigomo rotto, l’altro è stato portato sotto buona scorta alla procura di Nikulino: quando un poliziotto in qualche modo fa fuoco, la cosa è di competenza della procura. La procura ha preso subito tutti i dati degli agenti operativi e ha rimesso lo sparatore in libertà. E il suo compagno dall’ospedale n. 31 è stato portato non si sa dove – adesso non sappiamo neanche se è stato aperto un procedimento penale!”

Fra l’altro i poliziotti hanno dimenticato i nomi della vittima e dei ceceni perfino parlando in forma non ufficiale. Ma abbiamo potuto ristabilire i nomi di alcuni di quelli che hanno preso parte alla vicenda. In particolare il conducente, caduto sotto la scarica, si chiama Michail Poršnev, lavora al parco degli autobus n. 14 di Mosca.

Michail è entrato allo NII [9] Sklifosovskij il cinque gennaio con una ferita da arma da fuoco alla tibia. E’ stato operato e trasferito al secondo reparto traumatologico. “Il paziente si trovava sotto sorveglianza continua. Giorno e notte lo sorvegliavano due agenti di polizia – a turno. Era perché non lo finissero da noi, – ha raccontato uno degli uomini dello NII Sklifosovskij. – Il fatto è che, dicono, erano kadyroviani [10] e questi ha spaccato la testa ad uno di loro”. Il medico non ha più risposto ad alcuna altra domanda: “Anche così vi ho già detto più di quanto potessi”.

Il parco degli autobus n. 14, dove lavorava Michail, ci ha accolti in modo guardingo. All’ingresso ci hanno bloccati subito due guardiani, in attesa che il loro capo telefonasse ai dirigenti. I dirigenti si sono consultati per un po’ di tempo, poi hanno richiamato: “Purtroppo non vi possiamo accogliere. Andate al Mosgortrans [11], qui non avete nulla da fare”.

Fra l’altro il guardiano ha precisato: “Abbiamo una disposizione – per parlare della sparatoria non fare entrare assolutamente nessuno”. Di conseguenza la sorveglianza del parco degli autobus non ha permesso al nostro fotoreporter di fare foto neanche in campo lungo – si sono messi a gridare e ad agitare i pugni.

Il 15 gennaio è finita la breve degenza di Michail Poršnev, il conducente dell’autobus è stato dimesso. Non ci è riuscito neanche stabilire dove si trovino attualmente gli sparatori. Probabilmente vanno da qualche parte…

Rostislav Boguševskij [12]
Elena Kostjučenko

Novaja Gazeta, 19 gennaio 2009, http://www.novayagazeta.ru/data/2009/004/00.html (traduzione e note di Matteo Mazzoni)

[1] Pistola di fabbricazione russa.

[2] Upravlenie Sobstvennoj Bezopasnosti (Direzione della Sicurezza Interna).

[3] Upravlenie po Bor’be z Organizovannoj Prestupnost’ju (Direzione per la Lotta alla Criminalità Organizzata).

[4] Otdel Vnutrennich Del (Sezione degli Affari Interni), in pratica la polizia di quartiere.

[5] Quartiere della zona sud-occidentale di Mosca.

[6] Zapadnyj Administrativnyj Okrug (Circondario Amministrativo Occidentale).

[7] Upravlenie Vnutrennich Del (Direzione degli Affari Interni), in pratica la polizia di circoscrizione.

[8] Gosudarstvennaja Avtomobil’naja Inspekcija (Ispettorato Automobilistico di Stato), in pratica la polizia stradale.

[9] Naučno-Issledovatel’skij Institut (Istituto di Ricerca Scientifica).

[10] Membri dell’esercito privato di Kadyrov, noto per la sua ferocia.

[11] MOSkovskij GORodskoj TRANSport (Ente Cittadino dei Trasporti di Mosca).

[12] Giornalista della “Novaja gazeta”, che ha sperimentato anche in proprio la violenza dei “tutori dell’ordine” russi.


http://matteobloggato.blogspot.com/2009/01/il-potere-criminale-di-mosca.html

20 gennaio 2009

A proposito di Kadyrov (XIII)

Cecenia: la guerra tra le generazioni

Come i militanti, giunti al potere, distruggono la generazione dei militanti in erba

Negli ultimi due anni la gioventù cecena ha preso a riempire in massa le file delle formazioni armate illegali. Secondo i dati da noi raccolti in uno dei comandi militari della repubblica e confermati dalla procura, da gennaio 2007 si sono dati alla macchia più di 1000 ceceni in età compresa tra i 16 e i 30 anni. Secondo dati operativi, l’età media dei membri delle organizzazioni segrete cecene è di 20-25 anni. Questi giovani, essenzialmente, occupano il posto lasciato libero da quelli che non tanto tempo fa combattevano insieme a Maschadov e Basaev. In tal modo “nella macchia” ha avuto luogo un cambio generazionale. La lotta con le “reclute” adesso è condotta da ex militanti, amnistiati e giunti al potere in Cecenia. Al di sopra dello scontro sta il potere federale, che è riuscito a far scontrare frontalmente una generazione di ceceni con l’altra.

Tutti per uno

Al flusso di persone che si danno alla macchia Ramzan Kadyrov si è opposto con la forza. Le persone arrestate come sospette di appartenere a NVF [1] sono diminuite.
In compenso è aumentato di molte volte il numero di esecuzioni extragiudiziali. In Cecenia è riapparsa una paura ben conosciuta: i “kadyroviani” [2] possono irrompere in qualsiasi casa e uccidere chi gli pare.
Ben poco tempo fa hanno agito così con la famiglia di Datchu Ilaev. Datchu era partito per lo hajj [3] e in casa sua sono giunti i “kadyroviani” e gli hanno ucciso tre figli. Né Datchu, né i suoi figli hanno alcun legame con le organizzazioni segrete. Piuttosto qualcuno ha fatto una falsa delazione ai danni della famiglia Ilaev. La delazione generale, che fiorisce particolarmente nel villaggio natale dei Kadyrov Chosi-Jurt, è un altro segno dei tempi di Ramzan.
Non si sono dati alla macchia solo i ragazzi, ma anche le ragazze. In modo vistoso, a gruppi, capendo bene che già dopo un giorno o due la loro scomparsa sarà denunciata e i loro parenti se la vedranno molto brutta.
Il principio della punizione collettiva è stato applicato per la prima volta nel maggio 2007. Al ministero degli Interni ceceno furono convocati circa 100 genitori di militanti. Il vice-premier ceceno Adam Delimchanov dichiarò che per nessuno di quelli che si erano dati alla macchia ci sarebbe stato perdono. “Gli verrà tagliata la testa”. Delimchanov dichiarò che la responsabilità per le azioni dei figli ricade pienamente sulle loro famiglie. Avranno una punizione anche i vicini, che “probabilmente sapevano, ma non l’hanno comunicato a chi di dovere”.
Alla fine di questa riunione i presenti sono stati costretti a rinnegare pubblicamente coloro che si erano dati alla macchia. Inizialmente nella sala regnava un silenzio opprimente, poi si è alzato un uomo anziano e ha detto: “Se prenderanno mio figlio, do il permesso di ucciderlo”. Dopo queste parole una donna, quattro figli della quale si sono dati alla macchia, si è messa a piangere. Questa ha preso a implorare pietà, ma Delimchanov le ha risposto: “Per uno risponderanno tutti…”
Questa estate il presidente Kadyrov è intervenuto alla televisione della repubblica e ha dichiarato: “Non è un segreto che molti nostri capi e direttori sono parenti di giovani che si sono dati alla macchia. So che questi hanno contatti con loro, garantiscono loro perfino il sostentamento. Io avverto che se nel corso dei prossimi dieci giorni questi giovani non saranno riportati a casa, tutti i capi e i dirigenti andranno sotto processo. Proibisco di seppellire chi combatte contro di noi. Se vengo a sapere che in qualche villaggio è sepolto qualcuno che si era dato alla macchia, nessuno resterà al suo posto: né il capo della polizia, né il capo dell’amministrazione [4], né l’imam della moschea…”
Alle parole sono seguiti i fatti. Il capo dell’amministrazione della città di Argun [5] Ibragim Temirbaev, gli ufficiali e i capi della polizia hanno stilato una lista di 17 famiglie, i cui figli si sono dati alla macchia. A queste persone è stato ordinato di lasciare la città.
Così la lotta contro i militanti è diventata una guerra contro il proprio popolo.

La ripulitura [6] con il fuoco

Dalla casa di Jachita, bruciata a luglio, si spande odore di bruciato. Fuori è dicembre. Già cento volte ha piovuto, qualche volta ha tremato la terra, la neve è caduta e si è sciolta. Ma l’odore penetrante non è andato da nessuna parte, si fissa nelle narici.
Le case di Jachita e di suo fratello Achmad erano disposte come la lettera “Г” [7]. Entrambe sono state bruciate. La casa del fratello perché suo figlio si è dato alla macchia, la casa di Jachita per compagnia. Se si attraversa la strada e si sale, si possono vedere le ceneri di una terza casa, davanti a cui sta una Volga [8] annerita. Questa era la casa del secondo fratello di Jachita. Anche suo figlio si è dato alla macchia.
La stessa Jachita ha una figlia di 32 anni, invalida di I categoria: già da 13 anni soffre di una grave malattia psichica.
Quella notte, quando giunsero uomini in tuta mimetica e mascherati, Jachita riuscì solo ad avvolgere la figlia in un lenzuolo e a portarla fuori di casa. Dimenticò in casa le medicine della figlia e la ricetta che le avevano scritto a Kislovodsk [9].
Quando hanno bruciato la casa, Jachita “ha chiuso subito gli occhi e non ha neanche dato uno sguardo”. L’ha riportata in se il grido della figlia. Questa cercava di gettarsi dritta nel fuoco che divampava al suono delle tegole che esplodevano per l’alta temperatura.
In questa casa la stessa Jachita viveva da quando aveva 7 anni. Dopo l’incendio sono rimasti i muri di saman [10], molto resistenti. Anche se all’interno tutto è bruciato e i tetti sono crollati, non hanno fatto una sola crepa durante il terremoto di ottobre. Di principio la casa potrebbe essere rimessa in piedi. Ma non viene permesso di farlo. E dopo l’inverno non ci sarà più nulla da rimettere in piedi. I muri di saman saranno intrisi dalla neve e a primavera si scioglieranno.
La casa di Umar Musichanov bruciò per la prima volta durante la prima guerra cecena [11]. Allora i federali bombardarono metà delle case del tristemente noto villaggio di Samaški [12]. Poi Umar, sua moglie e i loro otto figli hanno vissuto per molti anni in una tenda in un campo profughi in Inguscezia. Nel 2003 sono tornati in Cecenia. Umar fu incitato personalmente in questo senso da Achmat Kadyrov. Umar aiutò Kadyrov-senior a convincere i profughi che in Cecenia la guerra era finita e che bisognava tornare a casa. Umar avrebbe voluto mostrarci una fotografia che lo ritrae insieme ad Achmat-Chadži, ma è bruciata con la casa.
La seconda volta la casa è bruciata questa estate. A dire il vero, Umar non sa chi sia stato. Avrebbero potuto essere sia i militanti, sia i kadyroviani.
– Ma forse c’è differenza tra loro? – dice irritato Umar. – Hanno preso i miei figli!
C’erano quattro figli. Il primo è in prigione, il secondo si è dato alla macchia, il terzo alla macchia, essenzialmente, è stato costretto ad andarci, il quarto è stato sequestrato dagli uomini delle strutture armate. Con la perdita del figlio minore per Umar è più difficile di tutto riconciliarsi: “Israpil era un bravo ragazzo. Odiava questa macchia. Ai fratelli diceva: se nostro padre morirà di crepacuore, vi ucciderò io stesso…”
Negli ultimi mesi i kadyroviani hanno preteso con insistenza dai Musichanov che questi si mettessero in contatto con i figli e li costringessero a tornare dai loro nascondigli. Umar ha fatto capire che l’operazione speciale (e questa era un’operazione speciale per la liquidazione delle organizzazioni segrete) fu coordinata dal capo dello ROVD [13] di Šatoj [14] Ibragim Dadaev.
Questa estate il figlio di Umar Salman, datosi alla macchia nel 2005, si è messo in contatto con i familiari e ha detto che sei persone erano pronte a tornare. Comunque fu posta una condizione categorica: nessuna trappola!
Ma la condizione fu ignorata. All’incontro andarono il plenipotenziario operativo Arsanukaev e il capo della polizia criminale dello ROVD di Šatoj Abdulov (evidentemente avevano molto voglia di mettersi in luce) e anche i familiari dei Musichanov, che di fatto erano stati presi in ostaggio.
Lo stesso Umar è gravemente malato (ha un cancro). Era categoricamente contrario all’operazione speciale. Disse: “Che ci vada la madre dei miei figli. Che muoia solo lei. Non c’è bisogno che ci vadano i poliziotti. Sarà una provocazione…”
Umar aveva visto lungo. All’entrata nel bosco i militanti uccisero i poliziotti. Come rappresaglia gli agenti delle strutture armate della provincia di Šatoj, che coprivano l’operazione speciale, presero a sparare sui familiari dei Musichanov. Quella sera gli uomini delle strutture armate arrestarono l’ultimo figlio di Umar. Cinque giorni dopo la casa bruciò.
Proprio dopo questo caso il presidente ceceno Kadyrov e il sindaco di Groznyj Chučiev intervennero in televisione e dichiararono guerra: “Non dialoghiamo più sulla base delle leggi di questo stato. Agiremo secondo le usanze cecene… Il male che fanno i vostri familiari che si sono dati alla macchia, sarà restituito a voi nelle vostre case. In breve tempo sentirete questo sulla vostra pelle. Chiunque abbia familiari che si siano dati alla macchia sentirà la responsabilità. Chiunque! Chiunque!”
Da allora nelle case dei ceceni hanno preso a irrompere di notte incendiari in tuta mimetica e mascherati. Questi cacciano le persone in strada, versano benzina nella casa e aspettano finché il tetto non crolla in fiamma. I pompieri e la polizia chiamati sul luogo non arrivano. I crimini (alcune vittime degli incendi hanno avuto il coraggio di sporgere denuncia) non vengono indagati. La procura non si immischia.
Da luglio a dicembre in Cecenia sono già state bruciate 24 case.

Centoroj

Centoroj (o Chosi-Jurt) è il villaggio natale dei Kadyrov. Si fonde uniformemente con Alleroj – il villaggio natale dei Maschadov. Questi due villaggi sono considerati il feudo di Kadyrov, sono completamente chiusi e rappresentano uno “stato nello Stato”. Entrare nel villaggio e uscirne si può solo dopo aver presentato i documenti che attestano l’identità. Gli altri ceceni possono capitare in questa zona solo se li ha invitati qualcuno degli abitanti di Centoroj o di Alleroj. L’anfitrione deve obbligatoriamente incontrare i propri ospiti al KPP [15] e poi riportarceli.
Le notizie da Centoroj giungono nel grande mondo solo se sono del tutto infelici. Il 20 luglio a Centoroj è stato compiuto un attentato a Ramzan che non ha avuto successo.
L’operazione, l’ideazione della quale è attribuita al capo delle organizzazioni segrete cecene Dokku Umarov, è stata a suo modo qualcosa di unico. Hanno giocato sull’amore di Kadyrov per la poligamia: questi va quasi sempre ai matrimoni di chi si sposa per la seconda volta. Tanto più nel suo Centoroj. Avevano progettato di introdurre dei militanti nel villaggio sotto la copertura di un rumoroso corteo nuziale.
L’attentato (per dirla più direttamente – la sparatoria contro Kadyrov) ha avuto luogo, ma non ha avuto successo. I dettagli finora sono ignoti, comunque è noto che all’attentato hanno partecipato i figli di alti funzionari della repubblica. Sono state arrestate più di 20 persone. Gli esecutori materiali sono stati uccisi sul posto, due di essi (i cognomi sono ignoti) sono stati bolliti o sepolti vivi. Le grida provenienti dalla base kadyroviana “Brat” [16] al limite occidentale di Centoroj si sono sentite fino a tarda notte…
Secondo informazioni in possesso degli attivisti per i diritti umani, nei villaggi di Centoroj e di Alleroj i giovani si danno regolarmente alla macchia. Solo in una settimana ad Alleroj si sono date alla macchia 4 persone. Tra loro un cugino e una cugina di terzo grado di Ramzan Kadyrov. Le case dei loro genitori sono state bruciate.

Le persone che sono tornate

Ad Argun siamo riusciti a incontrarci con due giovani che sono tornati un mese fa dopo essersi dati alla macchia. Alichan Markuev e Aschab Èl’murzaev sono stati mostrati alla televisione cecena, cercando di farne eroi nazionali alla pari dei campioni olimpici ceceni. A dire il vero, neanche con gli olimpionici locali Ramzan Kadyrov riesce a passare dalla lingua delle minacce a un normale tono pacifico. All’ingresso di Gudermes [17] sta un cartellone, in cui Ramzan è fotografato insieme al campione locale di lotta che morde l’oro di Pechino. E a lettere molto grandi (delle dimensioni della testa del campione) sta scritto: “Meglio la morte che essere secondo!”
Aschab e Alichan sono coetanei, hanno sui 22 anni, sono amici d’infanzia. Ma sono molto diversi. Aschab capisce e parla molto male il russo. Ma con grande sincerità, anche se parlando male, parla di chi lo ha convinto a darsi alla macchia e perché lo ha fatto. A quanto viene fuori, motivi particolari, a parte la curiosità, non c’erano. La famiglia di Aschab, come si esprime il capofamiglia, ha sofferto a causa delle due campagne militari “solo moralmente”. Comunque, dopo che Aschab si è dato alla macchia sono cominciate le vere sofferenze. Il padre e i fratelli venivano portati continuamente alla polizia, venivano minacciati, hanno cercato di cacciare la famiglia dalla città. Il fratello maggiore di Aschab è stato costretto a vendere il proprio camion con il cassone ribaltabile, perché ha capito: in qualsiasi momento alla famiglia avrebbero potuto servire contanti. I fratelli Èl’murzaev hanno detto insieme che “se solo avessero saputo i piani di Aschab, gli avrebbero storpiato le gambe”. Dopo il suo ritorno hanno proposto ad Aschab di lavorare nelle strutture armate ufficiali (cioè di diventare un kadyroviano). Il padre ha proibito categoricamente al figlio di prendere un’arma in mano, anche se trovare un altro lavoro nella repubblica non è facile.
Alichan Markuev si è rivelato tutt’altro. E’ un giovane intelligente, istruito, che padroneggia bene la lingua russa. Alle domande sulla vita nelle organizzazioni segrete ha risposto volentieri, si può dire perfino in modo sfacciatamente sincero.
Quando gli abbiamo chiesto se chi vive alla macchia faccia uso di droghe (reggere una vita del genere senza doping è troppo difficile), Alichan ha sorriso in modo condiscendente: “Per chi vive alla macchia c’è solo una droga – il Corano”.
Non siamo certi se nel mondo musulmano sia permesso paragonare il libro sacro all’eroina, ma dopo la conversazione con Markuev è rimasta una domanda: “Se questa persona non nasconde in questo modo le proprie convinzioni religiose, perché è ancora viva?”
Due fatti mettono in guardia: 1) nel ritorno di Aschab e Alichan ha giocato un ruolo attivo Асхаба il capo di Argun Ibragim Temirbaev, che ha tentato con crudeltà di scacciare le famiglie dei militanti dalla propria città; 2) per qualche motivo i militanti non si sono vendicati sui “fuggitivi” Èl’murzaev e Markuev…

Il procuratore

Qualcosa, strano a dirsi, ci ha spiegato uno degli uomini della procura cecena, che ci ha chiesto di non fare il suo cognome.
Il procuratore Ženja [18] era un russo di Groznyj. All’inizio degli anni ‘90 la sua famiglia fu costretta a lasciare Groznyj, ma Ženja completò i suoi studi e tornò nella repubblica.
Era tarda sera. Ženia era un po’ ubriaco e noi siamo stati molto gentili. E comunque abbiamo fatto, dal punto di vista di Ženja, domande molto stupide.
Perciò Ženja ha parlato. Ha detto che in Cecenia agisce un intera rete di reclutamento di militanti, comunque quasi nessuno dei reclutatori (gli organi [19], come abbiamo capito, li conoscono bene tutti) viene preso. Se una volta succede, allora il procedimento penale nei confronti di queste persone viene catalogato a parte, su queste cose indagano gli agenti dello FSB [20] e del destino ulteriore di questi procedimenti e degli stessi indagati è nota solo una cosa – non giungeranno mai a un processo.
(Di uno di questi procedimenti, che comunque è arrivato [21] fino a una sentenza, ci è riuscito di sapere da avvocati ceceni. Nel villaggio di Asinovskaja [22] si sono dati alla macchia 37 giovani. Tutti questi sono stati presi da un reclutatore dal cognome Imaev. Sono riusciti ad arrestarlo, il procedimento è stato messo a parte, se ne sono occupati i servizi segreti. Al processo, che si è svolto in modo particolare (cioè senza un indagine della magistratura), il tribunale ha considerato la “confessione” di Imaev, lo ha condannato, ma subito lo ha amnistiato e lo ha scarcerato. Ben presto Imaev è fuggito all’estero).
Il procuratore Ženja, fra l’altro, ha riconosciuto che i reclutatori sono molto attivi anche in Europa. E’ assai noto il caso di un ceceno tornato dall’Austria, che si è dato alla macchia ed è stato ucciso. (Anche se questa persona non si era sistemata male all’estero). Ženja lo ha raccontato anche perché gli organi per la tutela dell’ordine della Cecenia hanno una statistica completa di chi e quando si è dato alla macchia. Non si tratta solo della delazione diffusa ovunque. Si da il caso che i nuovi membri delle organizzazioni segrete una volta che si sono dati alla macchia vengano per prima cosa fotografati. Molto spesso insieme a Dokku Umarov. E poi queste foto vengono inserite nel sito “Kavkaz-centr” [23] e gli MMS con queste foto girano per tutta la repubblica. In seguito i kadyroviani bruciano con precisione e rapidamente le case delle famiglie dei militanti-“reclute”. Ecco il procedimento controllato da due parti.
Il procuratore Ženja raccontava, osservando con piacere le nostre fisionomie un po’ tese.
– Se le cose stanno come dice, allora perché i giovani si danno alla macchia in massa? – abbiamo chiesto a Ženja.
– I soldi, la mancanza di istruzione e di lavoro, un buon lavoro psicologico. Ma in generale i ceceni devono seguire meglio i propri figli. Kadyrov, comunque sia, è necessario a questo popolo. A dirla più appropriatamente, la “pulizia della repubblica” da “wahhabiti [24] e šajtany [25]” è la principale funzione del presidente Kadyrov. Perciò non è affatto un caso che i reclutatori si siano decisamente attivati nella repubblica proprio dall’inizio del 2007. (Cioè dal momento della nomina di Kadyrov a presidente – nota del redattore)
– E questo quando finirà?
– Noi potremo considerare membri della società sicuri per la Russia solo quelli della generazione che nasce adesso in Cecenia.
Non ci siamo messi a chiedere al procuratore Ženja chi sia questo “noi”. E questi non si è messo a spiegarlo.
Siamo stati zitti. Poi Ženja, come se fosse tornato sobrio, ha guardato dalla finestra e ha detto:
– E’ ora che andiate via. Già fa buio. Qui di notte non è sicuro.

Magomet Aliev
Elena Milašina
Cecenia

14.01.2009, “Novaja gazeta”, http://www.novayagazeta.ru/data/2009/002/00.html (traduzione e note di Matteo Mazzoni)


[1] Nezakonnye Vooružënnye Formirovanija (Formazioni armate illegali).
[2] Sorta di esercito privato di Kadyrov, noto per la sua crudeltà.
[3] Il pellegrinaggio alla Mecca.
[4] Cioè il sindaco.
[5] Nei pressi di Groznyj.
[6] “Ripuliture” (začistki) vengono chiamate le operaazioni repressive.
[7] La “g” dell’alfabeto cirillico.
[8] Marca di automobili russa.
[9] Città della Russia meridionale.
[10] Impasto a base di paglia e letame con cui si fanno mattoni.
[11] Quella combattuta tra il 1994 e il 1996.
[12] Nella Cecenia occidentale.
[13] Rajonnyj Otdel Vnutrennich Del (Sezione Provinciale degli Affari Interni), in pratica la polizia provinciale.
[14] Nella Cecenia centrale.
[15] Kontrol’no-Propusknoj Punkt (Punto di Controllo e di Passaggio).
[16] “Fratello”.
[17] Città nei pressi di Groznyj.
[18] Diminutivo di Evgenij.
[19] Per “organi” in Russia si intendono gli apparati del ministero degli Interni e in particolare i servizi segreti.
[20] Federal’naja Služba Bezopasnosti (Servizio Federale di Sicurezza), l’erede del KGB.
[21] Letteralmente “è giunto a vivere”.
[22] Nella Cecenia occidentale, ai confini con l’Inguscezia.
[23] Sorta di sito ufficiale dei separatisti ceceni.
[24] Per wahhabiti in Russia si intendono gli estremisti islamici in generale.
[25] “Demoni”, cioè persone malvagie.


http://matteobloggato.blogspot.com/2009/01/la-cecenizzazione-completa.html