"Novaja gazeta", 28-09-2013, 14.31.00
La Russia va sul mercato degli imperi politici
Ucraina e Bielorussia vengono coinvolte in una setta totalitaria antioccidentale slava
Se non puoi risolvere i tuoi problemi – fai finta di risolvere quelli altrui. Sullo sfondo del sempre più evidente fallimento del corso economico (il paradosso della storia sta nel fatto che Putin alla fin fine, probabilmente, lascerà l'economia russa in uno stato non migliore di quello in cui la prese nel 2000) la Russia si è preparata a sostenere la causa della pace in tutto il mondo. Per questo va anche sul mercato poco affollato e inefficace degli imperi politici, di "quelli che risolvono le questioni" lontano dai propri confini geografici.
E' iniziato tutto in Siria, dove i vertici russi hanno antichi interessi commerciali. Si avvicina l'Afghanistan, che nel 2014 dovranno lasciare le forze internazionali per la collaborazione alla sicurezza sotto la guida degli USA. Ma subito hanno restituito al Cremlino Vladislav Surkov[2] – per coinvolgere Ucraina e Bielorussia in una nuova setta totalitaria ortodossa antioccidentale slava chiusa. Quale, stando al discorso di Putin alla seduta del club "Valdaj" [3], si prepara a diventare la nuova Russia.
D'ora in poi Mosca è la principale responsabile del conseguimento della pace in Siria per via politica. Per propria volontà o, come in proposito scrivono molto nel mondo, per astuta intenzione del Dipartimento di Stato degli USA. Questo, come capendo quanto impopolare fosse l'idea di un'operazione militare contro la Siria negli stessi States e quanto imprevedibili potessero risultare le sue conseguenze, ha lanciato al nuovo presidente iraniano Hassan Rouhani proprio prima dell'incontro con il collega russo l'idea del controllo internazionale sulla liberazione del regime di Assad dalle armi chimiche. Ma poi Putin ha enunciato questa iniziativa come russa. Personalmente questa idea mi ricorda l'apocrifo su come l'Islam fu inventato dai giudei per far dispetto ai cristiani, ma il fatto resta un fatto: la Russia si è chiamata lattario ed è andata nel cesto [4] di un lungo e sanguinoso conflitto internazionale.
Gli entusiasmi per la classe della diplomazia russa, che ha fermato l'intervento in Siria che sembrava inevitabile (per giunta la guerra civile con la partecipazione di mercenari internazionali e con un numero di vittime che ha superato le 100 mila, è in corso là da due anni), svaniranno rapidamente. Questa iniziativa in ogni caso non fermerà la guerra. Non esclude un'operazione militare dall'esterno. Ma alla Russia nel caso di un molto probabile fallimento non resterà una carta vincente per sostenere il mantenimento al potere del regime del proprio alleato.
Ma con qualsiasi scenario di sviluppo della situazione in Siria perlomeno non c'è una diretta minaccia alla sicurezza della stessa Russia. Nel peggiore dei casi dimostreremo semplicemente che non siamo in grado di rispondere dei nostri straordinari amici politici. Ma il quasi inevitabile ritorno geopolitico della Russia in Afghanistan può minacciare direttamente i russi.
Il summit di Soči dell'Organizzazione del Trattato per la Sicurezza Collettiva (ODKB [5]), l'analogo russo della NATO, è stato costretto a fare quasi il tema principale di discussione l'imminente uscita nel 2014 del contingente militare internazionale (leggi: delle truppe americane) dall'Afghanistan. Dei paesi con cui l'Afghanistan confina – sono Cina, Iran, Turkmenistan, Tagikistan e Uzbekistan – solo i primi due sono in grado di garantire una relativa stabilità alle frontiere. Ma Uzbekistan e Turkmenistan non fanno ancora parte dell'ODKB. Tra l'altro tutte e tre queste ex repubbliche sovietiche dell'Asia Centrale sono ancora nemiche fra loro. E accanto c'è l'inquieto, misero Kirghizistan. Fra l'altro la stabilità nello stesso Afghanistan, pare, non è in grado di garantirla nessuno.
Dopo l'uscita degli americani dall'Afghanistan le sue frontiere con gli stati post-sovietici diventeranno automaticamente una zona di responsabilità politica (e, con molta probabilità, militare) della Russia. A Mosca, forse, toccherà intensificare la presenza militare nella regione, dove a suo tempo una guerra finì l'URSS. Nel frattempo la presenza militare americana in Afghanistan ha soffocato notevolmente i gruppi armati clandestini negli stati dell'Asia Centrale. Se gli States se ne andranno, la probabilità di penetrazione in Russia di potenziali esecutori di atti terroristici e corrieri della droga che trasportano la merce dall'Afghanistan, leader mondiale della produzione di eroina crescerà nettamente.
Finora tutta la politica estera reale della Russia è stata costruita sulla critica dell'impotenza dell'America nella risoluzione dei conflitti internazionali o nelle accuse per la loro escalation. La stessa Russia non ha fatto proprio niente da nessuna parte, nonostante il continuo gonfiarsi delle proprie ambizioni imperiali. Beh, forse ha allenato senza troppo successo i muscoli geopolitici nella "cassa con la sabbia" del Caucaso – in Abcasia e in Ossezia del Sud. In questi territori, che per lunghi anni hanno ritenuto il riconoscimento della loro indipendenza da parte di Mosca la panacea di tutti i mali e la ricetta della prosperità, cinque anni dopo la guerra non sono evidentemente aumentate le speranze di uno sviluppo normale. Anche se si trovano nella situazione di mantenute della Russia.
Cosicché Siria e Afghanistan, come pure il nuovo fronte di lavoro di Surkov – i paesi slavi della CSI – possono diventare il primo test pratico in molti anni dell'adeguatezza professionale delle ambizioni imperiali della Russia. Una cosa è criticare aspramente i pindosy [6]per la dimostrazione della loro eccezionalità nell'articolo di Putin sulla stampa libera americana e tutt'altra cosa è rispondere da soli del comportamento di qualche troglodita politico tipo Assad o garantire una pace stabile alle frontiere degli stati dell'Asia Centrale con l'Afghanistan.
[1] "Nuova Politica Estera". In realtà la sigla significa perlopiù Načal'naja Voennaja Podgotovka (Preparazione Militare Iniziale). Il corsivo, qui e altrove, è mio.
[2] Vladislav Jur'evič Surkov, "ideologo" della Russia di Putin.
[3] Club che ha lo scopo di curare l'immagine della Russia e prende il nome da una città della Russia nord-occidentale.
[4] "Se ti chiami lattario, vai nel cesto" in Russia significa "agisci secondo quanto proclami".
[5] Dalla dicitura russa Organizacija Dogovora o Kollektivnoj Bezopasnosti.
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