Perché tacete?
Appello degli attivisti per i diritti umani ai
rappresentanti dell'intellighenzia russa
21.08.2013 
Egregi signori!
Ci rivolgiamo a voi – studiosi, scrittori,
 artisti, compositori e attori, in quanto vi riteniamo l'élite
 dell'intellighenzia russa – e speriamo che alla vostra opinione
 dia ascolto il grande pubblico che vi conosce. Ci rivolgiamo a voi
 con l'appello a intervenire con tutti i mezzi a voi accessibili per
 placare quell'isteria anti-immigrati che si rafforza ogni giorno.
La nostra società si sta infossando in una voragine
 d'odio così impenetrabile da avere una sola uscita – la guerra
 civile. La situazione nel paese è talmente esplosiva che per farla
 scoppiare è sufficiente un fiammifero e questo "fiammifero"
 possono essere i rapporti interetnici – il materiale più
 facilmente infiammabile. Le autorità, utilizzando la xenofobia da
 esse inculcata nella popolazione, deviano da se gli umori di
 protesta sul "nemico n°1" – gli immigrati. E' in corso
 una cinica manipolazione della coscienza sociale e oggi sono troppo
 importanti le voci di rinsavimento di persone note e stimate dalla
 società e non partecipi di giochi politici. Ma tali voci,
 purtroppo, quasi non si sentono.
Capiamo: vi è difficile proporre un uscita dal
 vicolo cieco in cui si è cacciata oggi l'emigrazione in Russia. E'
 uno scandalo che milioni di emigranti giunti da noi non da paesi in
 cui facevano una bella vita per guadagnare i mezzi per la
 sussistenza delle proprie famiglie siano costretti al lavoro nero.
 Ma questi entrano del tutto legalmente, secondo un regime senza
 visti, poi da noi cadono in trappola: è impossibile registrarsi e
 ricevere un permesso di lavoro legalmente, anche se il lavoro c'è
 sempre. Ecco pronto l'immigrato clandestino. E' noto che
 l'immigrazione clandestina è il Klondike per ogni genere di
 corruzione e difficilmente gli insaziabili corrotti si metteranno a
 lottare con ciò che è così vantaggioso per loro. Ma ecco che
 gettare polvere negli occhi al popolo va sempre bene.
L'attuale ondata di "lotta"
 all'immigrazione clandestina è semplicemente un'operazione di PR
 prima delle prossime elezioni. Essenzialmente, cos'è successo? C'è
 un'agitazione come se un gruppo di extraterrestri (un nugolo di
 cavallette?) fosse improvvisamente calato sulla capitale e infatti
 si è verificata la rissa al mercato Matveevskij [1].
 Dei venditori del Daghestan hanno picchiato un poliziotto, cioè dei
 cittadini russi si sono azzuffati con dei cittadini russi, ma in un
 campo di tende montato in fretta (con ordinamenti da campo di
 concentramento) chissà perché hanno chiuso a chiave centinaia di
 vietnamiti e chissà perché in tutto il paese si acchiappano
 tagiki-uzbeki-chirghisi. Beh, ma i vietnamiti (questi, è chiaro, in
 un qualche momento sono giunti da noi con dei visti, ma questo, come
 vediamo, non gli ha affatto impedito di diventare immigrati
 clandestini) adesso vengono mandati in patria con gli aerei
 (peraltro con denaro pubblico, cioè a spese nostre, di noi
 contribuenti). E al contempo i candidati della competizione
 elettorale, dimenticate le divergenze, chiedono unanimemente di
 introdurre i visti per i paesi della CSI. Sanno, a dire il vero, che
 la Russia non ha una frontiera reale con questi paesi e che
 l'organizzazione di posti di frontiera e così via richiede spese
 della misura del bilancio annuale del paese, ma questo fatto chissà
 perché non agita affatto alcuno dei politici.
In generale, nell'orto c'è un sambuco e a Kiev [2]…
 A sua volta l'elettorato, accecato dall'odio per la "gente
 arrivata", non nota il cumulo di assurdità, molti si
 rallegrano: "Almeno grazie alle elezioni il potere si è dato
 da fare con gli immigrati". Che siano regolari o no, per
 l'elettorato è indifferente per principio: "Cacciare tutti!
 Cos'è, noi russi non sapremo lavorare come netturbini?!"
Rabbiosi talk-show sui danni fatti dagli immigrati
 hanno riempito tutti i canali televisivi, i giornali interrompendosi
 l'un l'altro sommergono il pubblico di cifre prese chissà dove
 sull'aumento della criminalità e sull'infettività degli immigrati
 (e non ha importanza che questi spauracchi contraddicano le
 statistiche del Ministero degli Interni e del Ministero della
 Salute). Ma ecco che nessun giornalista che corre dietro a cose
 sensazionali chissà perché ha ricordato questo strano fatto: la
 fabbrica scoperta (all'improvviso!) con vietnamiti tenuti in
 schiavitù e il campo di tende si trovano sul territorio dello
 stesso tristemente famoso quartiere di Gol'janovo [3],
 dove alla fine dello scorso anno un gruppo di volontari liberò
 dalla schiavitù i lavoratori del negozio "Produkty" [4].
 La storia fu clamorosa, ma finora non si è riusciti a portare il
 caso in tribunale, nonostante la professionalità e la caparbietà e
 dei giuristi del comitato "Collaborazione Civica". Però
 adesso, cioè, con la schiavitù combattono quei "tutori
 dell'ordine" di Gol'janovo che per 10 anni hanno preso
 bustarelle dal negozio "Produkty" (peraltro questo negozio
 e i suoi padroni prosperano come prima).
Beh, guardate: il nostro paese davanti agli occhi di
 tutto il mondo si sta trasformando in uno stato schiavista, ma le
 autorità indicano come colpevoli di questa vergogna le vittime
 stesse.
Non ricordiamo un solo clamoroso processo agli
 schiavisti, anche se conosciamo molti casi (abbiamo portato noi
 stessi le vittime in procura) in cui i lavoratori edili immigrati
 vengono gettati per strada, gli vengono presi i documenti e non gli
 viene pagata un copeco per il lavoro schiavile. A voi, signori, non
 fanno affatto pena gli schiavi? Tra l'altro appellarsi oggi alla
 misericordia, difendere i diritti degli immigrati è come sputare
 controvento. Adesso non si tratta già più dei diritti degli
 immigrati, ma dell'oscurantismo nei confronti dei nostri stessi
 cittadini e del futuro del paese. Basterebbe portare l'elettorato a
 conoscenza almeno di una cifra del genere: la popolazione in età
 lavorativa della Russia si riduce di un milione di persone (ogni
 anno!). Cosa sarà della Russia quando gli emigranti si volgeranno
 verso altri, più benevoli paesi? Numerosi studi lo dimostrano:
 senza l'afflusso di immigrati l'economia della Russia inizierà a
 deperire e ognuno di noi russi diventerà più povero. Oggi il
 contributo degli immigrati alla nostra economia è il 7% del PIL.
La campagna nel contempo si allarga, dure retate
 poliziesche si sono già svolte in molte città e paesi della
 Russia. I mezzi di comunicazione di massa riferiscono con un fervore
 da commentatori sportivi il numero di persone acchiappate, le gesta
 delle milizie popolari (le ha chiamate in aiuto lo FMS [5])
 e le mostruose iniziative locali. A Kronštadt
 [6], per esempio,
 nei luoghi frequentati hanno posto cassette per le denunce anonime e
 si sta introducendo una linea telefonica gratuita – riferite della
 "gente che arriva", non abbiate paura! Hanno anche pensato
 già di mettere qualche marchio sugli abiti degli immigrati (perché
 non subito delle stelle gialle?)
Tutto ciò ricorda tanto i metodi con cui Hitler,
 giunto al potere, conquistò l'amore delle grandi masse, ispirando e
 compattando la nazione…
Ljudmila Alekseeva,
Gruppo di Helsinki [7] di Mosca
Svetlana Gannuškina,
Comitato "Collaborazione Civica"
Lidija Grafova,
"Forum delle organizzazioni per i migranti"
Sergej Kovalëv,
Centro Sacharov
Arsenij Roginskij,
Associazione internazionale "Memorial" [8]
"Novaja gazeta", http://www.novayagazeta.ru/politics/59601.html (traduzione e note di Matteo Mazzoni)
[1]
Mercato della zona sud-occidentale di Mosca.
[2]
"Nell'orto ho un sambuco e a Kiev uno zietto" si dice in
Russia a chi dice cose sconnesse.
[3]
Quartiere della periferia orientale di Mosca.
[4]
"Generi Alimentari".
[5]
Federal'naja
Migracionnaja Služba (Servizio
Federale per l'Immigrazione).
[6]
Isola del Mar Baltico presso San Pietroburgo.
[7]
Il Gruppo di Helsinki nacque per chiedere all'URSS il rispetto degli
impegni per i diritti umani presi nella Conferenza di Helsinki del
1975. Impegni spesso disattesi anche dalla Russia di Putin...
[8]
"Memoriale", associazione nata per difendere la memoria
delle vittime delle repressioni sovietiche e ancora attiva sul fronte
della difesa dei diritti umani.

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