24 marzo 2011

A proposito di Putin (XVIII)

Il cuneo di Putin




Il primo ministro ha recitato una riedizione dei tempi sovietici


Poscia appellò nel suo feudo
E disse a tutti d'intorno:
“Bene, fratello, gliele hai date, da lavoratore!
Molto esattamente hai chiarito la situazione!”
Aleksandr Galič [1]

Il capo del governo è intervenuto inaspettatamente contro i guerrafondai americani. Come un vero presidente. Forse a questo passo non standard nello scenario degli anni Dieci del XXI l'ha mosso l'atmosfera da fabbrica, caratteristica delle manifestazioni dei lavoratori a sostegno dell'eroico popolo vietnamita, di Luis Corvalán [1], di Angela Davis [3] e anche del popolo della Palestina. Non è uno scherzo – hanno gettato bombe sulla testa di un nostro alleato e acquirente delle nostre armi, il fondatore della Jamāhīriyya Mu`ammar Qadhdhāfī [4].

“Cosa vorrei dire? – è intervenuto davanti ai lavoratori il leader nazionale. – Che noi intendiamo e vogliamo vivere in pace con tutti. Non vogliamo litigare con nessuno, tanto meno combattere, Dio ci scampi. Ma gli avvenimenti odierni fatti di oggi, anche quelli in Libia, confermano ancora una volta la giustezza di ciò che facciamo per il rafforzamento della capacità difensiva della Russia. Ed ecco che quel nuovo programma “Armamenti”, di cui ho appena parlato, è chiamato per l'appunto ad assolvere questi compiti. Nell'ambito di questo programma nella fabbrica di Votkinsk [5] si trova una parte molto grande di quanto ad esso compete e speriamo molto nel vostro aiuto”.

Prima di pronunciare queste parole sul nemico esterno nella persona di Obama, il premier è intervenuto per giudicare l'operato delle potenze occidentali, chiamando la Libia “un paese difficile”, la risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell'ONU “insufficiente e dannosa” (cosa che si sarebbero difficilmente permessi perfino i leader sovietici) e gli attacchi alla Libia “una crociata” (le labbra mormorano da sole: “Contro il socialismo”). “Ma dove ha la logica e la coscienza?” (Obama) – ha esclamato il premier, circondato da semplici giovani lavoratori.

Letteralmente, è andato tutto secondo Galič:

I guerrafondai – dico – israeliani
Sono noti a tutto il mondo!
Come madre – dico – e come donna
Esigo che ne rispondano!”

L'audacia della situazione, è comprensibile, stava anche nel fatto che il premier-“dirigente economico” si è introdotto nell'ambito del presidente con tale energia da far sembrare che egli stesso fosse formalmente il capo di Stato. Questi, certo, ha precisato in anticipo che è il suo punto di vista personale. Ma la precisazione ha cambiato poco la situazione, che ha causato imbarazzo formale e politico. E' come se alla vigilia del summit USA-URSS del maggio 1972 il presidente del Consiglio dei Ministri dell'Unione Sovietica Kosygin all'improvviso si fosse messo davanti agli occhi dei lavoratori della fabbrica di Votkinsk a giudicare gli imperialisti e il sig. Nixon in persona per i bombardamenti sul Vietnam rosso. Difficilmente per lui avrebbe avuto un senso comparire dopo ciò al Politbjuro al cospetto di Leonid Il'ič [6].

Il presidente ha risposto alle dichiarazioni anti-imperialiste del suo formale sottoposto: “Non ritengo sbagliata questa risoluzione (quella del Consiglio di Sicurezza dell'ONU – nota dell'autore)… Perciò, se oggi si tentasse di battersi le ali sul tronco [7] e dire che non avremmo capito cosa facevamo, ciò sarebbe sbagliato: lo abbiamo fatto coscientemente e in questo senso erano le mie istruzioni al ministero degli Esteri. Queste sono state eseguite”.

In una parola, il tentativo di Putin V.V. di inserire un cuneo tra Medvedev D.A. e Obama B.H. è fallito. Ma si è avverato il sogno di milioni di persone di buona volontà nella stessa Russia? E' stato finalmente inserito un cuneo tra i duumviri? Non è stato poi Putin a battersi “le ali sul tronco”?

Da una parte uno scandalo evidente, confusione, quasi un'invasione. D'altra parte c'è stato un momento del genere alla fine di dicembre dello scorso anno, quando parve che Medvedev avesse direttamente rimproverato Putin per la violazione del sacro principio di presunzione di innocenza nel caso Chodorkovskij-Lebedev. Tuttavia, come si chiarì, i rapporti personali tra i duumviri non si guastarono e la sentenza sul “caso JUKOS” rifletté piuttosto le “istruzioni” di Putin senza particolare attenzione alla teorizzazione di Medvedev, costretto in seguito a limitarsi a promesse di un'“analisi” extragiudiziale del caso Chodorkovskij.

Non accade questo ora davanti ai nostri occhi? E' la lotta dei ragazzi Nanai [8]. Un'imitazione di conflitto. Una distribuzione di ruoli. Il poliziotto cattivo e quello buono. Si siederanno e si metteranno d'accordo. Ecc, ecc. O forse Medvedev previene semplicemente un conflitto internazionale come qualche volta un addetto stampa parla di come il suo padrone non intendeva affatto dire quello che ha detto, ma qualcos'altro? O forse Medvedev instilla una speranza che ha cominciato a svanire nei cuori dei concittadini orientati alla modernizzazione, alludendo al fatto che è il vero presidente e lo resterà per altri sei anni? O tutto è, come ha detto Gleb Pavlovskij [9], simile a tutte le persone vicine ai due imperatori, che puntano tra il boudoir e la cappella: “Le dichiarazioni di Putin hanno causato una secca replica di Medvedev, che va interpretata come un rammentare la norma dell'indispensabile lealtà per i membri del tandem, che non possono tenere campagne elettorali concorrenziali… Putin non può non capire che potrebbe avere inizio la formazione di varie piattaforme e che a dirigere questo processo non sarebbero già più Putin o Medvedev, ma gli umori populisti di protesta delle masse. Se il premier è pronto a questo, allora può muoversi in questa direzione. Ma suppongo che non voglia questo”.

Questa cosa viene citata non da un posto qualsiasi, ma dal nastro dell'Interfax. E il tono testimoniava la convinzione che Medvedev andrà alle elezioni. O semplicemente Pavlovskij a suo rischio e pericolo si decideva su chi sostenere. Con pieno diritto di sbagliarsi.

Ma cos'è accaduto alla fin fine?

La cosa più probabile è che Medvedev abbia semplicemente sfumato la goffaggine del collega dalla lingua tagliente, affermandosi nel proprio diritto di presidente. Difficilmente Putin se ne offenderà. E' una persona accondiscendente, semplicemente sembra temibile. E ha una terribile nostalgia del passato sovietico, perché è nato tardi.

E così avrebbe chiamato Boris Efimov [10] e questi avrebbe disegnato Obama con un ghigno bestiale e Biden con l'aspetto di un gorilla. Li avrebbero messi, come si usava, nei giornali “Izvestija” e “Pravda” (.ru)…

E all'improvviso Putin ha comunque detto questo apposta per far cadere in una trappola il compagno? All'improvviso entrambi i duumviri già sapevano che Vladimir Vladimirovič si era deciso, aveva creato il proprio quartier generale elettorale e che tutto il resto era una questione tecnica? Allora risulta che Medvedev abbia semplicemente insistito sul proprio diritto di adempiere gli obblighi presidenziali. Perlomeno fino alla fine del periodo stabilito dalla Costituzione.

Presto o tardi sapremo la risposta a queste domande di tipo retorico. Ma la cosa importante è che adesso la stampa democratica urlante è stata pienamente riabilitata agli occhi della direzione per la politica interna dell'amministrazione presidenziale della Federazione Russa. Non questa, di certo non questa spaccherà il tandem, unito e indivisibile come l'Operaio e la Colcosiana [11], ma il primo ministro e leader nazionale.

Andrej Kolesnikov
osservatore della "Novaja gazeta"

22.03.2011, “Novaja gazeta”, http://www.novayagazeta.ru/data/2011/030/00.html (traduzione e note di Matteo Mazzoni)

[1] Aleksandr Arkad'evič Galič (Aleksandr Aronovič Ginzburg), poeta, scrittore e cantautore sovietico inviso al potere.

[2] Segretario del Partito Comunista cileno, rifugiatosi in URSS ai tempi di Pinochet.

[3] Angela Ivonne Davis, attivista comunista afro-americana.

[4] Anche i russi usano la forma più vicina a quella araba standard.

[5] Città della repubblica autonoma di Udmurtia, nella Russia europea centro-orientale.

[6] Nome e patronimico di Brežnev.

[7] Qualcosa tipo “battersi il petto”. Trovata fantasiosa di Medvedev.

[8] Gruppo etnico dell'Estremo Oriente della Russia asiatica.

[9] Gleb Olegovič Pavlovskij, politologo.

[10] Boris Efimovič Efimov (nome d'arte di Boris Efimovič Fridljand), il più grande caricaturista sovietico.

[11] Statua-emblema del realismo socialista, che rappresenta un operaio e una contadina di un kolchoz che accostano un martello e una falce a formare il simbolo comunista.


http://matteobloggato.blogspot.com/2011/03/con-la-sua-dichiarazione-irrituale.html

Nessun commento: