Boris Strugackij [1]: “Il ritorno al sovok [2] è il risultato del decennio putiniano” |
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Lo scrittore, le cui previsioni di solito si avverano, cerca un'uscita dalla stagnazione
– Boris Natanovič, il 2009 è terminato con un'intera serie di catastrofi: il disastro della centrale idroelettrica Sajano-Šušenskaja, il “Nevskij èkspress”, l'incendio a Perm'… Casualità? O comincia a crollare il mito del “benessere putiniano” e del “miracolo putiniano”? – Da molto tempo va avanti la serie prevista di catastrofi tecnogene – risultato del disperato logorio della “parte materiale”, riparare la quale non interessa e non conviene a nessuno. “La grande potenza pagherà”. E' un parto mostruoso del passaggio dal socialismo maturo al capitalismo “rosso”: la proprietà, da cui trae vantaggio il capo (non il proprietario, ma proprio il capo, il burocrate designato), e le perdite sono riparate dallo stato (un altro burocrate). – Ma c'è stato il “miracolo”? E come si possono valutare i risultati del “decennio putiniano”? – C'è stata solo una cosa: la svolta dalla rivoluzione democratica degli anni Novanta alla “stabilità ed equilibrio” degli anni Zero. Di fatto – la rinuncia al corso delle riforme politiche ed economiche a vantaggio del corso della politica da grande potenza e della stagnazione. Il risultato del “decennio putiniano” è anche il ritorno alla stabilità e alla stagnazione di tipo brezneviano. Essenzialmente – il ritorno al sovok. – Gli attivisti per i diritti umani cercano di far appello per la condanna dei crimini staliniani da parte dello stato, ma senza successo: i leader dello stato se ne liberano con le solite frasi, ma di questi tempi ricordano i 130 anni dalla nascita di Stalin e nei manuali di storia continuano a raccontare dell'“efficace manager”. Perché avviene questo? – Perché il regime staliniano alla fin fine è l'apoteosi della stabilità e dell'equilibrio! “Stabilità guidata dalla repressione”. In essa ci sono determinati svantaggi (la burocrazia non può ritenersi al sicuro), ma questi svantaggi, come mostra l'esperienza, sono ben eliminabili: vedi il regime di stagnazione “L.I. Brežnev” – un autocrate assoluto e non cattivo a capo di una folla di boiari onnipotenti. Andiamo anche verso questo. – I veterani di guerra sono eroi o difensori del regime staliniano non meritevoli di simpatia? E il generale Vlasov [3] è un traditore o un lottatore con il “bolscevismo senza Dio”? – La memoria della Grande Guerra Patriottica [4] è diventata un sacrario. Non esiste più alcun concetto di “verità sulla guerra”, né alcun concetto di “deformazione della verità storica”. C'è il concetto di “profanazione di sacrario”. E si aspira a creare tale atteggiamento verso l'intera storia del periodo sovietico. Questa non è già più storia, questa, essenzialmente, è religione. Dal punto di vista del credente, dal punto di vista della chiesa non c'è deformazione della “verità della Bibbia” – c'è l'attentato alla santità, la profanazione della fede, l'eresia. La Bibbia della Guerra è scritta e l'apocrifo sul generale-traditore Vlasov è stato inserito in essa. E' tutto. Non lo spacchi con l'ascia [5]. Ma dal punto di vista dell'“ateo” qui non c'è e non ci può essere né semplicità, né univocità. E il generale Vlasov è un fenomeno complesso della storia, non più semplice di Giuseppe Flavio o di Aleksandr Nevskij [6]; e i veterani sono un gruppo sociale del tutto particolare, i cui membri, di regola, sono diversi tra loro in ben maggior grado di quanto siano simili. – Molti attivisti per i diritti umani fanno appello per l'abolizione dell'articolo 282 del Codice Penale della Federazione Russa – sull'istigazione all'inimicizia e all'odio interetnico, perché di questo incolpano non tanto i fascisti, quanto gli oppositori (accusandoli di “istigazione all'odio” per “gruppi sociali”, come i poliziotti, i funzionari o gli agenti dello FSB [7]). La Sua opinione? – E' ridicolo contare sulla ragionevolezza e la bontà del Codice Penale di un paese autoritario! Gli attivisti per i diritti umani sono destinati a lottare con le mostruose deformazioni del senso e dello spirito di articoli del tutto ragionevoli. Da noi gli antifascisti diventano con facilità istigatori all'odio interetnico: i critici delle violazioni della Costituzione diventano “estremisti che intervengono contro l'organizzazione socio-politica”. La burocrazia difende se stessa. La burocrazia non sopporta alcun pensiero diverso e alcuna violazione della stabilità. Tanto più che neanche a grandi masse popolari piace questo. – C'è anche un punto di vista per cui in generale non si può perseguire penalmente nessuno per l'espressione di un'idea qualsiasi, anche fascista o razzista: si dice, con le parole bisogna lottare solo per mezzo delle parole e non della violenza di Stato. Ma davvero nella società dev'essere permesso predicare idee fasciste impuniti? – Questa è una domanda molto complessa e sottile. Se si trattasse di pensiero alternativo nella scienza, non sorgerebbe alcuna domanda: la libertà di pensiero, la libertà di formulazione qui sono limitate solo dalla logica e dai fatti provati. Ma quando ci avviciniamo all'ambito dell'ideologia, della filosofia, della sociologia, su di noi “da dietro l'angolo” si abbatte il chiacchierato principio “un'idea che possiede le masse diviene una forza materiale” – e allora attenzione! E comunque… e comunque… A un'idea si può e si deve contrapporre solo un'idea. E' un crimine bruciare sul rogo i portatori di idee – siano libri o profeti. Poiché la nefandezza non è nelle parole, non è nei pensieri, non è negli slogan – la nefandezza è sempre nelle zanne, nei pugni e nelle mazze da baseball. Per il “nazismo nella testa” non è permesso punire, come non si può punire per un piano per rapinare una banca. Questo principio fondamentale di giustizia – “punire il crimine e non l'intenzione” – è impossibile da fondare logicamente, ma siamo costretti ad accettarlo, poiché fin troppo facilmente viene condotto all'assurdo. E giungiamo alla conclusione che l'unica arma contro la parola dev'essere la parola, contro l'idea – l'idea, contro il libro – il libro. E' fin troppo facile in caso contrario scivolare dalla disputa allo scontro cruento. Tanto più che allo scontro cruento indulgono a scivolare non i vincitori delle dispute, ma gli sconfitti. – E' passato quasi un anno e mezzo dalla guerra russo-georgiana. Come valuta le sue conseguenze? – Questa è stata, pare, la prima dimostrazione di forza applicata ai problemi fondamentali della nuova politica estera. E la dimostrazione di prontezza dell'attuale elite di potere di andare lontano quanto le conviene nell'aspirazione a mantenere nella sfera d'influenza russa le ex repubbliche fraterne “in rivolta”. Adesso è chiaro che l'elite russa al comando non lascerà mai in libertà né la Georgia, né l'Ucraina (né la Bielorussia, peraltro) e non permetterà mai l'uscita di questi ex “paesi fratelli” per entrare nella sfera d'influenza dell'Occidente. La guerra ha dimostrato quanto lontano siamo pronti ad andare in questo senso. Molto lontano. Pericolosamente lontano. Inadeguatamente lontano per un paese che per inerzia dà ancora voce ai vecchi, buoni slogan: “Pace al mondo!” [8], “No alla guerra!”, ecc. E adesso è evidente che c'è un unico motivo che non permette alla Russia di includersi tra le grandi potenze indubbiamente aggressive: il cattivo stato dell'esercito. – Dopo le scandalose rivelazioni del maggiore Dymovskij [9] e dei suoi emuli era parso che I mutamenti nell'ambito della polizia fossero inevitabili. Ma il vapore è uscito dal fischietto [10] e la cosa più probabile è che tutto si risolva in piccoli cambiamenti. Che fare con la polizia, che i cittadini temono più dei criminali? – Che fare con il potere della burocrazia in generale? Ecco la domanda! Tutti noi, a cominciare dalle più alte sfere, volevamo equilibrio e stabilità. Le abbiamo ottenute – a prezzo della creazione di una classe burocratica onnipotente, che in generale non ha bisogno di nulla, tranne che dell'equilibrio e della stabilità stessi. Lo sviluppo, il progresso, il movimento sono sempre una violazione dell'equilibrio e della stabilità, sono sempre un rischio, sono sempre una disuguaglianza impossibile da guidare. La burocrazia bada con attenzione che non ci sia nulla del genere, che ogni grillo conosca il suo trespolo [11], che a una tangente segua una tangente e il progresso… che bruci nel fuoco questo progresso, a chi serve?! Questa è pure la classica situazione di stagnazione: la stabilità è tutto, il progresso è niente. E in questa situazione l'avvio di qualsiasi cosa (a parte un picchetto con dei cartelli) è impossibile. La burocrazia non si metterà mai ad attivare se stessa – a violare il principio fondante dell'equilibrio e della stabilità. – Dmitrij Medvedev può diventare una figura indipendente? O resterà comunque nell'ombra di Vladimir Putin? E vale la pena di cercare segnali di divergenza tra loro? – Io e Lei possiamo decidere in un modo o in un altro, ma i “segnali di divergenza” li cercheremo lo stesso. Sarebbe strano e innaturale non cercarli. Perché tale divergenza ora è l'unico “punto di discontinuità” nell'oceano di stabilità che ci circonda e proprio in questo punto, parrebbe, dobbiamo trovare i primi segnali di decadenza della stagnazione. “Dov'è fine, là si strappa…” Ma bisogna pensare che non solo noi capiamo questo e ciò significa che da parte dell'elite al comando verranno prese le opportune misure. – Lei crede nella modernizzazione di cui parla il presidente? O è lo stesso tipo di slogan dell'“intensificazione” sovietica? E quale modernizzazione ci è realmente necessaria? – Temo che siano solo parole. Bisogna modernizzare la vita politica, senza questa nessuna modernizzazione dell'economia e della scienza è possibile (forse la militarizzazione, che non è l'uscita dal vicolo cieco, ma l'approfondimento in esso). Ma la modernizzazione della vita politica significa lotta tra le elite (“sostenitori della grande potenza” e “liberali”, “asceti” ed “edonisti”, “antioccidentali” e “filooccidentali”). Nessuna delle elite è pronta a questa lotta, il rischio è troppo grande, si può distruggere il paese e perdere tutto. Perciò non avverrà alcuna modernizzazione, ma verranno solo “dominio e unione” [12], una lenta decomposizione senza movimenti bruschi fino all'ennesima crisi. E praticamente fino alla comparsa di un nuovo Gorbačëv o di un nuovo Stalin. – Più scorrette diventano le elezioni, meno cittadini attivi vanno a votare e più facile è falsificare i loro risultati e rendere le elezioni ancora più scorrette e il potere ancora meno riflettente la volontà dei cittadini. E ancora: non si vota per l'opposizione perché questa non potrà avere influenza su nulla, né risolvere i problemi dei cittadini, ma avere influenza e risolvere i problemi non può perché non si vota per essa… Come rompere questo circolo vizioso? – “Tu l'hai voluto, George Dandin...” [13] Volevamo la tranquillità – l'abbiamo ottenuta. Adesso durerà a lungo. Per esempio, fino all'ennesima caduta catastrofica del livello dei prezzi del petrolio. O fino all'acutizzarsi della crisi finanziaria. O, Dio non voglia, fino a una sfortunata spedizione militare in X-landia… E' necessario uno strappo dell'inflazione. L'irruzione del deficit. Il default della Sberbank [14]… (Manifestazioni e scioperi non sono da proporre – non sono efficaci.) Ecco che allora soffieranno da noi i venti dei mutamenti, la stabilità ci andrà all'improvviso di traverso e urleremo (come in Saltykov-Ščedrin [15]): “Puzza! Basta!” Ha condotto la conversazione 08.02.2010, “Novaja gazeta”, http://www.novayagazeta.ru/data/2010/013/38.html (traduzione e note di Matteo Mazzoni). |
[1] Boris Natanovič Strugackij, autore di fantascienza, noto per i romanzi e i racconti scritti con il fratello Arkadij Natanovič, fra cui il romanzo che ha ispirato Stalker di Andrej Tarkovskij.
[2] Letteralmente “paletta (per raccogliere la sporcizia)”. Sovok viene definito nella Russia post-sovietica chi vive e pensa ancora da homo sovieticus.
[3] Andrej Andreevič Vlasov, generale sovietico passato al nemico durante la guerra con la Germania nazista e i suoi alleati.
[4] Così viene chiamata la guerra tra l'Urss e la Germania nazista.
[5] Allusione al detto russo “Ciò che è scritto con la penna, non lo spacchi con l'ascia”.
[6] Aleksandr Jaroslavič Nevskij, principe russo del XIII secolo, che sconfisse gli Svedesi, restando al contempo succube dei Tatari che avevano occupato la Russia.
[7] Federal'naja Služba Bezopasnosti (Servizio Federale di Sicurezza), l'erede del KGB.
[8] “Suona meglio” in russo, in cui mir significa sia “pace”, sia “mondo”.
[9] Aleksej Aleksandrovič Dymovskij, maggiore di polizia che ha rivolto un appello a Putin tramite YouTube, denunciando corruzione e abusi.
[10] Come dire, “tanto rumor per nulla”.
[11] Detto russo che sfrutta la rima tra sverčòk, “grillo” e šestòk, “trespolo”.
[12] Strugackij allude a un'espressione utilizzata in uno dei libri scritti col fratello, divenuta quasi proverbiale.
[13] Deformazione di una frase che il George Dandin della commedia di Molière, rivolge a se stesso, rimproverandosi la rovina causatagli dai propri desideri insensati.
[14] SBERegatel'nyj BANK (Banca di Risparmio), importante banca russa.
[15] Michail Evgrafovič Saltykov, scrittore russo di romanzi e racconti a sfondo sociale che pubblicava con lo pseudonimo Ščedrin. La citazione è tratta dal romanzo “Un idillio contemporaneo”.
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