Putin comanda manualmente gli elementi |
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Il premier ha rianimato la centrale idroelettrica Sajano- Šušenskaja. Delle conclusioni della commissione statale si sono infischiati con successo
| Premuto un simbolico bottone rosso alla centrale idroelettrica Sajano-Šušenskaja, Vladimir Putin ha avviato a ritmo industriale l'impianto idrico n. 6 (G-6) – il primo dei dieci ad essere ristabilito dopo il disastro di agosto. Si programma di avviare il G-5 a marzo ed è già chiaro che la tabella di marcia non sarà violata e i lavori di avvio e rimessa in ordine saranno portati avanti. Una novità di importanza vitale per tutti gli abitanti delle valli e dei terrazzamenti dello Enisej. L'avvio di due impianti idrici e la messa in ordine per il 1 giugno della prima linea di scarichi sulla riva, come si ritiene, garantisce il passaggio delle acque primaverili senza distruzioni catastrofiche. Di neve sull'altro corso dello Enisej ne è caduta molta. Prognosi in qualche modo affidabili riguardanti la piena appariranno solo ad aprile. Una precisazione indispensabile. Oltre agli altri suoi talenti Vladimir Putin possiede il dono di sdoppiare la realtà. Non appena preme un pulsante o taglia un nastro da qualche parte – sia su un ponte sull'Amur [1] o su un ponte sullo Enisej – il reale si divide nettamente in ciò di cui ci informano e in ciò che è dato percepire. I ponti poi vengono chiusi per essere completati, l'autostrada federale, “che finalmente lega con la comunicazione automobilistica le rive dell'oceano Atlantico e del Baltico”, per ora non c'è. Perciò bisogna chiarire la situazione con il bottone rosso alla centrale idroelettrica Sajano-Šušenskaja e con il flusso che lentamente e solennemente è corso per le condutture. I meno danneggiati G-6 e G-5 a ritmo ridotto funzionavano già dal 30 dicembre. Il G-6 era stato provato a tutti i regimi di funzionamento e, a quanto dicono i tecnici della centrale idroelettrica, dal 16 febbraio è in rete, dal 19 produce stabilmente energia. Non si tratta di test, ma di funzionamento continuo. Ma naturalmente, per non violare le gloriose tradizioni del nostro paese (da parte dei capi un regime di comando manuale del paese, da parte dei sottoposti servilismo, villaggi di Potëmkin [2], ecc.), è stato prodotto un avvio solenne con la partecipazione del premier. Fra l'altro è solo una coccarda e non cambia l'essenziale. L'avvio del G-6 è un grande avvenimento per la Russia. Non una gioia, certo, niente affatto – dopo tutto ciò che è successo, ma un'amara vittoria, la prima dopo la tragedia di agosto. La centrale idroelettrica Sajano-Šušenskaja sarà ristabilita, se la caverà con la piena e la catastrofe causata da un errore umano non dividerà la Russia a metà lungo il meridiano dello Enisej seppellendo centinaia di migliaia di persone – adesso la speranza in questo senso perfino per gli scettici incalliti diventa sensibile, si concretizza, acquista realtà. Il 24 febbraio sui teleschermi hanno chiamato eroi ragazze sugli sci con i fucili e ragazzi sui pattini, peccato che non abbiano notato gli sgobboni in tute da lavoro con i loghi di compagnie di tutta la Russia, che la Russia l'hanno stretta insieme, come una botte, con cerchi di ferro. Farò il nome di due soli vincitori – del ristabilimento del G-6 è stato responsabile Aleksej Bokov, designato direttore della centrale idroelettrica Votkinskaja [3] e il suo collega, responsabile del G-5, Sergej Bologov, direttore della centrale idroelettrica della Kama [4]. Per la fine di quest'anno è in programma anche l'avvio del G-3 e del G-4. I restanti sei impianti non saranno ristabiliti. Dopo l'installazione di nuove macchine al loro posto saranno sostituiti anche quei quattro impianti che adesso vengono avviati dopo la riparazione. Nel complesso si programma di portare a compimento la ricostruzione della centrale idroelettrica Sajano-Šušenskaja nel 2014. Come ha detto Putin, “la centrale sarà ristabilita tenendo conto delle più severe esigenze di sicurezza”. E così ci saranno nuove turbine (ma fino ad allora funzioneranno le quattro vecchie), un nuovo sistema automatico già c'è, ai lavoratori della sala macchine sono stati dati giubbotti di salvataggio. Tra l'altro ricordo le conclusioni della commissione statale: questa raccomandò di non riparare la centrale idroelettrica, ma di elaborare un nuovo progetto, corrispondente al livello di pericolosità dell'oggetto. E inizialmente c'era speranza che, come dopo Černobyl', la reazione tecnologica e organizzativa alla catastrofe sarebbe stata più adeguata di tutti i discorsi ufficiali. Non so se si possa considerare la sostituzione delle turbine e i sistemi automatici alle chiuse un “nuovo progetto di centrale idroelettrica”. Ma è chiaro che la catastrofe ci ha messi in un vicolo cieco, tutte le decisioni sono forzate. Il corso dello Enisej non si può fermare. Alla cerimonia di avvio Putin ha dichiarato: “Si riduce il peso sul sistema energetico, spero che anche sulle tariffe questo si rifletta nel senso di una riduzione”. Purtroppo il premier non ha chiarito in che modo le sue speranze possano realizzarsi. E la sua successiva rivelazione ha lasciato un brivido alla popolazione locale. Risulta che, tenendo qui una riunione dopo l'incidente, Putin considerasse il problema principale questo: “si tratta, certo, di non permettere la distruzione dello stesso corpo della diga, avendo in vista le complesse condizioni invernali della Siberia: gli scarichi e così via”. Ora il premier ha constatato: il problema è risolto. “Siamo venuti a capo di tutto questo”. Centinaia di migliaia di persone che vivono sotto la diga, non avrebbero dovuto sapere prima di questi problemi? Ma tutto quello che il premier ha detto più tardi non ha suscitato domande – tutta quella reprimenda che ha fatto al grande business che ha preso parte allo smembramento della Spa EÈS [5] e che adesso non hanno adempiuto le loro obbligazioni di investimento. E' curioso che Putin abbia rammentato personalmente molti magnati dell'energia – Michail Prochorov, Leonid Lebedev, Viktor Veksel'berg. Ma non tutti. Così, parlando dei problemi della OGK-3 [6], Putin ha fatto rimostranze nei confronti di Vladimir Potanin. Fra l'altro la OGK-3 è controllata dalla “Nornikel'” [7], nel capitale di base della quale la quota di Potanin è pari alla quota della Rusal [8] (di Oleg Deripaska). Questi hanno circa il 25 %. Ma Deripaska non è stato rimproverato da Putin. Il discorso del premier ha dimostrato il suo preciso controllo della situazione. Era la conversazione del capo con i sottoposti, costruito secondo le leggi del genere, con note concilianti conclusive. Quando la conversazione verte su progetti e soldi e non sulle persone, sulla loro vita e la loro morte, questo potere è molto convincente. Aleksej Tarasov 26.02.2010, “Novaja gazeta”, http://www.novayagazeta.ru/data/2010/020/04.html (traduzione e note di Matteo Mazzoni) |
[1] Fiume dell'estremo oriente della Siberia.
[2] Si dice che il favorito di Caterina II Grigorij Aleksandrovič Potëmkin avesse fatto costruire villaggi di cartapesta da mostrare alla sovrana come “colonie agricole”. Una leggenda, pare, ma qualcosa di emblematico.
[3] Centrale della Russia europea orientale.
[4] Fiume della Russia europea orientale.
[5] Edinaja Ènergetičeskaja Sistema (Sistema Energetico Unito), grande società energetica russa.
[6] Ob''edinënnaja Generirujuščaja Kompanija (Compagnia Riunita di Generazione di Energia).
[7] NORil'skij NIKEL' (Nichel di Noril'sk). Noril'sk è una città della Siberia settentrionale.
[8] RUSskij ALjuminij (Allumino Russo).
[9] Città della Siberia centrale.
http://matteobloggato.blogspot.com/2010/02/putin-comanda-manualmente-gli-elementi.html

Sig. Hammarberg, mi sono rivolto a Lei con una lettera il 3.11.2006, subito dopo la Sua entrata in carica come Commissario, anche a nome della nostra associazione ci siamo rivolti a Lei nel novembre 2009 riguardo al sequestro di Tazbaev [1] in Georgia. Ma Lei ha ignorato le nostre lettere. Più di una volta mi sono rivolto a Lei con la richiesta di un incontro, ma mi è stato opposto un rifiuto, motivandolo con i suoi impegni. Forse Lei ha motivi più reali per questo, ma li vorrei sapere, in quanto mi rivolgo a Lei non come privato cittadino, ma come Commissario. Lei trova il tempo per incontrarsi con i rappresentanti delle forze politiche e militari russe, che non solo violano pesantemente i diritti umani in Cecenia, ma hanno anche compiuto e compiono crimini contro il popolo ceceno. Questa non è una vana affermazione, ma fatti esplicati nella mia lettera al Presidente della PACE [2], che ho mandato a Lei e che allego di nuovo a questa lettera. Se Lei ritiene che abbia torto, allora mi controbatta con dei documenti. Sarebbe logico e giusto ascoltare diversi punti di vista e non trarre le sue conclusioni ascoltando solo la parte russa e chi parla a suo favore. Durante il seminario per la difesa dei diritti umani del 15.11. 2009 a Stoccolma, ha condotto tutti i suoi interventi per giustificare la leadership russa, affermando che il potere respinge gli attacchi dei terroristi, ma di conseguenza muoiono dei civili, alludendo al fatto che ciò è normale. E durante l'incontro con Ramzan Kadyrov nel settembre 2009 ha creduto alle parole di chi dice che le forze della repubblica fantoccio “eliminano i terroristi”. Fra l'altro, forse a causa dei suoi “impegni”, Lei non si sforza di indagare la situazione reale e non desidera chiarire se questi fossero effettivamente terroristi o civili puniti per il loro dissenso. Mi permetto di farle notare, signor Commissario, che da parte Sua non si vede interesse a sapere se queste persone siano state riconosciute terroristi da un tribunale o se questa etichetta gli sia stata appesa dopo la loro uccisione? Finora purtroppo Lei non vuole porsi una domanda elementare: da dove viene una tale quantità di terroristi e da dove si sviluppa la “radice del terrorismo”? Forse allora Lei potrebbe chiarire che sotto la copertura dell'“etichetta di terroristi” senza il loro riconoscimento come tali da parte di tribunali indipendenti e senza fare i loro cognomi è più facile uccidere anche chi cerca di lottare contro l'ingiustizia e il terrorismo dei criminali al potere. Se Lei comunque acconsentisse a incontrarmi, Le farei molte domande, che certamente non Le piacerebbero e, suppongo, non perché non sono fondate e perché rispondervi non rientra tra i suoi doveri, ma perché è meglio avere a che fare con chi ha convenienza ad annuire a quanto dice che con chi Le dice la verità in faccia, anche se Lei non ne sarà soddisfatto. Tra queste domande ci sarebbe anche qualcosa del genere: Lei, sig. Commissario, sa quanti ceceni e cittadini innocenti di altre etnie soffrono nelle prigioni russe, sperimentando incredibili dolori e sofferenze? Vorrei chiederle: Lei si è interessato qualche volta se queste persone (che pure dovrebbero avere i loro diritti) siano state condannate da tribunali equi e indipendenti o siano state condannate per motivi politici o di altro genere? Per non rispondere a tali domande scomode ci sono due metodi: costringere a tacere o ignorare. Lei ha preferito ignorare. Lei preferisce incontrarsi solo con i rappresentanti del potere e i loro fantocci “attivisti per i diritti umani”, che non Le diranno mai una verità sui loro padroni scomoda per Lei. Ma mi permetto comunque di chiederLe con insistenza un incontro con me, anche solo per chiedere: sig. Commissario, i diritti di chi difende Lei in realtà?