La giustizia è lenta, ma inevitabile |
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Come hanno compiuto un sequestro di scritti politici
Stanislav Dmitrievskij, direttore dell'adesso chiusa Associazione per l'amicizia russo-cecena, attivista per i diritti umani, dissidente, estremista condannato ufficialmente [1], organizzatore delle Marce dei dissenzienti [2], ha portato a termine finalmente il suo libro, su cui con i colleghi ha lavorato per tre anni. E' un'indagine storica e giuridica dei crimini compiuti in Cecenia nel periodo della seconda guerra [3]. E' andata a finire che la presentazione, che ha avuto luogo il 15 luglio nel Centro Stampa Indipendente [4], è coincisa con l'omicidio di Natal'ja Èstemirova. Delle indagini di Natal'ja è composta buona parte del materiale. Sul libro hanno lavorato più di dieci persone. Milleduecento pagine di omicidi, sequestri di persona, crimini. Queste persone hanno compiuto un lavoro di cui sarebbe capace – e dovrebbe essere obbligato a fare! – solo uno stato. Ma questo non è semplicemente un'elencazione di fatti e articoli. La cosa più importante del libro è ciò a cui è indirizzato, espresso nel titolo – “Tribunale internazionale per la Cecenia. Prospettive giuridiche di chiamata in causa per responsabilità penale individuale di persone sospettate di aver compiuto crimini di guerra e crimini contro l'umanità”. – Stanislav, la creazione di un Tribunale internazionale sulla Cecenia – quanto è realistico? Come ti è venuta questa idea? – Per la prima volta è stata formulata nella risoluzione dell'Assemblea Parlamentare del Consiglio d'Europa del 2 aprile 2003. In essa si dice: “L'Assemblea ritiene che se non saranno intrapresi sforzi più attivi per chiamare in causa i colpevoli di violazioni dei diritti umani e se si conserverà il clima di impunità, allora la comunità internazionale dovrà esaminare la possibilità di creare un tribunale per i crimini di guerra e per i crimini contro l'umanità nella Repubblica Cecena”. E' chiaro che la Russia non riconoscerà mai la giurisdizione di tale tribunale, ma non di meno questo documento è stato approvato. Esistono quattro possibilità di una giurisdizione internazionale sulla Cecenia. La prima è la creazione di un tribunale come è stato fatto per il Ruanda e per la Jugoslavia. L'articolo 7 dello Statuto dell'ONU dice che il Consiglio di Sicurezza dell'ONU ha diritto di prendere decisioni obbligatorie per tutti i membri dell'ONU per mantenere la pace. Ma il fatto è che la Russia ha il diritto di veto nel Consiglio di Sicurezza. La seconda variante è la creazione di un tribunale ibrido. Questo modello funziona in Sierra Leone, in Kampuchea, in Cambogia [5]. E' quando il sistema giudiziario dopo un periodo di guerre e distruzioni non funziona e lo stato si rivolge alla comunità internazionale con la richiesta di creare un tribunale imparziale e indipendente perché da solo non è in grado di fare ciò. Neanche questa variante è per noi. La terza è l'esame del caso da parte della Corte Penale Internazionale. Questo è più realistico, ma ci sono due aspetti: in primo luogo, la giurisdizione della Corte Penale Internazionale inizia dal 2002, non è un tribunale retroattivo, può esaminare crimini compiuti solo da quel momento. Invece la maggior parte dei crimini in Cecenia è stata commessa prima. In secondo luogo, la Russia, anche se ha siglato lo Statuto di Roma della Corte Penale Internazionale, non l'ha ratificato. Finora non ne siamo partecipi e la sua giurisdizione non si estende a noi. Tutte e tre queste varianti guardano al futuro. Ma c'è una quarta variante: la più difficile, peraltro la più realistica. Esiste il concetto di “giurisdizione universale”. La sua essenza sta nel fatto che i crimini contro l'umanità sono oggetto di preoccupazione non di un singolo stato, ma di tutta la comunità internazionale. Perciò se uno stato non vuole perseguire penalmente i colpevoli, – quello che vediamo in Russia, – allora qualsiasi stato può esaminare questi crimini in un proprio tribunale. Questo è il cosiddetto obbligo erga omnes – l'obbligo per tutti. Ci sono episodi impressionanti di realizzazione di questa giurisdizione, quando, per esempio, i giudici spagnoli hanno esaminato i casi della dittatura argentina del 1978, al tempo in cui Adolfo Scilingo, che aveva preso parte ai cosiddetti voli della morte, gettò dei prigionieri dall'aereo nell'oceano. I casi del Ruanda sono stati esaminati da tribunali tedeschi, ora sono esaminati da tribunali finlandesi. – Cioè qualsiasi persona con basi abbastanza consistenti può rivolgersi per questi crimini al tribunale di qualsiasi paese ? – Teoricamente può iniziare il procedimento o una persona che sia vittima di un crimine o un'organizzazione locale interessata, per esempio degli attivisti per i diritti umani. Ma in pratica ci sono dei limiti. Nella maggior parte dei paesi, ad eccezione della Spagna, è necessaria se non la fattiva, almeno l'auspicabile presenza sul territorio dei presunti responsabili. Ma anche in Spagna ora restringeranno questa legge, perché su quel paese si è riversato un cumulo di istanze. – Qualche esempio concreto. Chi andrà, diciamo, in Germania, perché lo si possa chiamare in causa per i crimini in Cecenia? – Queste persone sono elencate nell'ottavo capitolo del libro. A cominciare da Vladimir Putin e Nikolaj Patrušev [6] per finire con Sergej Novičkov, ex comandante di compagnia del 245° reggimento di fanteria motorizzata. Tutti, tranne l'ex presidente, che, come capo del governo, gode per ora di immunità internazionale, può divenire oggetto di tale procedura . Per esempio, il generale Vladimir Šamanov [7]. Se andasse in qualsiasi paese europeo, là in Procura non si dovrebbe inviare solo la richiesta di avviare un procedimento, ma anche una cartella di materiale – con deposizioni di testimoni, con fatti raccolti. E' chiaro che in Cecenia, con la dittatura che c'è ora là, non troveremo testimoni. Ma un'enorme quantità di vittime di crimini – ceceni – vive in Europa. Un tale progetto richiede mezzi, ma se ci sarà un'unità di organizzazioni per la difesa dei diritti umani, allora potremo creare qualcosa come il Simon Wiesenthal Center. Non dico che a qualcuno metteranno subito le manette… Ma forse le metteranno pure, in Spagna lo stesso Scilingo, per esempio, fu arrestato e in fin dei conti condannato a 640 anni. Ma in ogni caso si può creare un certo clima di pressione. – E le prove? – Qualsiasi tribunale si basa sulle deposizioni dei testimoni come su una delle prove fondamentali. Per esempio, a Chankala [8] è stata trovata una fossa comune, 50 corpi. 25 di essi si sono potuti riconoscere ed è stato chiarito che tutti questi erano stati arrestati da uomini delle forze armate federali. Ma di nuovo, non dico che abbiamo stabilito la responsabilità di qualcuno. Il nostro lavoro è essenzialmente lo svolgimento di un abbozzo di atto d'accusa. Ma non più di questo – in nessun caso stabiliamo alcuna responsabilità. La presunzione d'innocenza è sacra. Noi diciamo: questi sono indizi di crimini, sono evidenti. E ci sono basi consistenti per supporre che queste o altre persone siano responsabili di averli compiuti. Il compito della Procura è di verificare questi fatti. Se un tribunale indipendente li assolverà, io chinerò il capo. – Qui sorge una questione di obbiettività. In guerra entrambe le parti giungono abbastanza presto alla bestialità. Quanto sono stati esaminati da ogni lato i crimini in Cecenia? Intendo parlare dei crimini da parte cecena. – Dimenticare Beslan o il “Nord-Ost” [9] sarebbe cinismo. Il capitolo 43, “Crimini compiuti da rappresentanti della parte cecena in conflitto in quanto crimini di guerra” e il capitolo 45, “Crimini compiuti da rappresentanti della parte cecena in conflitto in quanto crimini contro l'umanità” sono dedicati proprio a questo. Ma in effetti nel libro ad essi è dedicata meno attenzione. Il fatto è che la maggior parte delle persone della parte cecena che si sarebbero potute definire presumibilmente responsabili o sono morte o scontano condanne. Non ho dubbi sul fatto che le bestialità di Basaev siano crimini. Ma è morto. Invece da parte russa è tutto il contrario, ma le condanne dei tribunali sono momenti singoli. E la questione della responsabilità delle più alte sfere non viene affatto posta. Vedi il massacro a Novye Aldy [10], dove furono uccise 46 persone. C'è Novičkov, comandante della sesta compagnia. C'è Bulavincev, comandante del secondo battaglione. C'è Judin, comandante del 245° reggimento, c'è l'OMON [11] di Piter [12], sopra di loro c'è il generale Bulgakov e così via. Ma questa catena non è stata affatto esaminata. La Procura cerca ottusamente chi ha direttamente premuto il grilletto. Hanno fatto un lavoro enorme, hanno interrogato una grande quantità di testimoni, ma naturalmente non hanno trovato nessuno. Noi non vogliamo che il vettore delle indagini sia diretto solo in orizzontale, ma anche in verticale – verso l'alto. C'è qui un caso indicativo, esaminato dalla Corte Internazionale per la ex Jugoslavia. Nel 1995 le forze serbe giustiziarono circa 8000 persone a Srebrenica. Uno degli imputati era il soldato Dražen Erdemović, che fu costretto a prender parte alle esecuzioni, fu posto davanti a una scelta: o fucilava o lo avrebbero fucilato. Erdemović fucilò circa 80 persone. Soffrì un fortissimo stress, fuggì in Germania e si consegnò alla giustizia. Il secondo imputato era il comandante del corpo “Drina” Radislav Krstić. Né questi, né i suoi sottoposti avevano partecipato direttamente alle fucilazioni, questi non aveva dato ordine di compiere esecuzioni e addirittura, come stabilì la corte, era interiormente contrario a tali metodi di “consolidamento del territorio”. Tuttavia, conoscendo bene le intenzioni dei propri superiori – il generale Mladić e il presidente Karadžić – fornì autobus e parte dei propri uomini per convogliare i condannati. Alla fine Erdemović è stato condannato dalla Corte a cinque anni di detenzione e Krstić a trentacinque. E io penso che questa sia una sentenza giusta. C'è un obbligatorio livello minimo di umanità, sotto cui non si può scendere. Non si possono giustiziare i prigionieri, non si possono bombardare i civili, non si possono prendere in ostaggio le scuole. Qualunque sia lo scopo – la lotta al terrorismo o la libertà di una nazione. – Chi è il destinatario del libro? – Dopo la risoluzione dell'Assemblea Parlamentare del Consiglio d'Europa c'era stato un risollevamento degli animi. Tutti aspettavano che l'assemblea cominciasse a compiere qualche passo. Non seguirono azioni. Tutto si è risolto in una sparata politica. Questo, certo, è disgustoso: tacete, ma se avete detto parole così pesanti, allora agite. E noi abbiamo deciso: una volta che la comunità internazionale non può realizzare le proprie belle intenzioni, allora, probabilmente, la si può aiutare. Io ho proposto – creiamo qualche organo preliminare, che cominci a preparare le basi giuridiche, la raccolta delle informazioni, di modo che, quando apparirà la possibilità, da noi sia tutto fatto. Perciò il primo auditorio a cui ci si indirizza sono le organizzazioni per la difesa dei diritti umani. Queste hanno raccolto un materiale unico, ma non hanno conoscenze nell'ambito del diritto. E la luce della scienza giuridica, Antonio Cassese, primo presidente della Corte Internazionale per la Jugoslavia e anche Cherif Bassioni [13], giurista americano sono molto poco informati sull'aspetto fattuale della questione cecena. E il compito dello studio è gettare un ponte tra il diritto e i fatti. Il libro è pure fatto così: da una parte le norme del diritto, che sono principalmente indirizzate agli attivisti per i diritti umani e dall'altra i fatti, indirizzati agli specialisti. Nel corso del lavoro siamo riusciti a creare un nuovo metodo di analisi, che ora le corti internazionali sono già pronte a utilizzare. Per noi è importante mostrare che questi non sono singoli episodi, ma un modo di agire sistematico. Ci siamo sforzati di evitare giudizi politici e di valore. Questo è diritto della più bell'acqua. Ma indubbiamente contiamo che il libro spinga la diplomazia internazionale a qualche passo. Sì, ora non ci sono possibilità di creare un tribunale – così creiamo una commissione per stabilire i fatti. Sul tipo della commissione di Cherif Bassioni che lavorava sulla Jugoslavia. – Non ha la sensazione di battere la testa contro un muro? – Noi ci battiamo la testa comunque da 10 anni. Beh, sì, ci sono oltre 100 sentenze della Corte Europea, oltre 100 persone hanno ricevuto un giusto risarcimento. Ma la situazione non cambia radicalmente. Noi proponiamo un nuovo approccio. Sì, non può dare frutti domani. Ma nel 1974 alcuni parenti delle vittime della giunta golpista cilena ebbero l'idea di documentare i crimini per un futuro tribunale – essi stessi allora non capivano per quale. Per 30 anni hanno cercato giustizia, ma poi l'hanno ottenuta! Oltre a Pinochet tutte quelle persone che avevano guidato le repressioni, a cominciare dal generale Contreras, sono finiti davanti a una corte. Ora sono tutti in prigione. La giustizia, purtroppo, procede lentamente, ma procede. Il mondo negli ultimi decenni non è diventato più buono, ma è diventato di qualche millimetro più giusto. Cioè, quando giungeremo a questo tribunale, e ci giungeremo, sono certo, avremo già le prove in mano. – Un lavoro del genere in tre anni… – Mi sono affrettato. In qualche momento percepivo davvero che ci fosse la possibilità di non fare in tempo. Solo di questo ho vissuto. Mia figlia aveva già preso a domandarmi: “Papà, ma i fascisti non ci tireranno più i mattoni alle finestre?” Noi discutiamo molto di dottrine del diritto, di presunzione d'innocenza, di supposta responsabilità e altre definizione, che, indubbiamente, sono importanti. Ma il mio caro Cassese diceva che non si può mai dimenticare che dietro il diritto ci sono terribili tragedie umane. La morte di Nataša [14]… Mi sembrava che ci sarebbe sempre stata. L'ennesima conferma dell'impunità. E della giustezza delle nostre azioni. Questo libro ha molti autori. Il materiale di Nataša, i fatti da lei raccolti sono di fatto in ogni capitolo[15]. Ora anche il suo nome si è aggiunto alle file di quelli che risultano nelle statistiche delle perdite. Come pure il nome di Anna Politkovskaja, sugli articoli della quale si basa pure buona parte del libro. Sono del tutto meravigliato, perché non hanno sequestrato la tiratura. Gli è andata buca, evidentemente. Tutto questo è stato stampato in gran segreto, neanche io so in quale tipografia. – Hai detto che alla frontiera hanno cercato di sequestrartelo… – Sì, ci era necessario recare il testo alla nostra collega Oksana Čelyševa in Finlandia. E' andato Il'ja Šamazov, nostro collaboratore, ha portato la versione elettronica. I doganieri hanno fermato il treno per mezz'ora, hanno perquisito accuratamente Il'ja, la figlia di Oksana, Anna, poi non hanno cominciato semplicemente a frugare tra le cose, ma a togliere i pannelli nello scompartimento e nel bagno… In generale, salve, anni '70. Sono già arrivati al sequestro di scritti politicamente pericolosi alla frontiera. Si può far conoscenza con la versione elettronica del libro al sito www.tribunalchr.info P.S. Il 16 luglio il direttore del Comitato contro la tortura Igor' Kaljapin portava con la propria macchina parte della tiratura da Mosca a Nižnij Novgorod [16]. All'ingresso della città è stato fermato dagli agenti del centro “È” [17]. Alla stazione della GIBDD [18] già lo aspettavano, gli osservatori [19] erano già stati preparati in precedenza. Gli esemplari del libro che erano stati trasportati sono stati sequestrati. Ora il Comitato contro la tortura, di cui Kaljapin è direttore, sta preparando un'istanza al tribunale. Arkadij Babčenko 22.07.2009, “Novaja gazeta”, http://www.novayagazeta.ru/data/2009/078/01.html (traduzione e note di Matteo Mazzoni) |
[1] Attualmente in Russia chiunque dissenta dalla linea dell'establishment putiniano può essere condannato come “estremista”.
[2] Manifestazioni del composito fronte degli oppositori dell'establishment putiniano.
[3] La “seconda guerra cecena” è iniziata nel 1999 come reazione a una serie di attentati mai chiariti, ma attribuiti a terroristi ceceni.
[4] Centro giornalistico di Mosca.
[5] La “Kampuchea Democratica” di Pol Pot e la Cambogia sono ovviamente lo stesso paese. Credo che Dmitrievskij voglia precisare, non distinguere.
[6] Nikolaj Platonovič Patrušev, capo dello FSB (Federal'naja Služba Bezopasnosti – “Servizio Federale di Sicurezza”, l'erede del KGB) dal 1999 al 2008.
[7] Vladimir Anatol'evič Šamanov era a capo dei reparti che hanno compiuto i peggiori crimini di guerra in Cecenia ed è una figura tristemente emblematica.
[8] Città nei pressi di Groznyj, dove ha luogo la base delle truppe russe in Cecenia.
[9] “Nord-Ost” (Nord-Est) era il titolo del musical in scena al teatro di Dubrovka, a Mosca, dove nel 2002 i terroristi ceceni sequestrarono gli spettatori. Il tutto si concluse con un blitz delle forze speciali russe con i gas, che uccisero oltre 100 sequestrati.
[10] Villaggio nei pressi di Groznyj.
[11] Otrjad Milicii Osobogo Naznačenija (Reparto di Polizia con Compiti Speciali), sorta di Celere russa, nota per la sua durezza.
[12] Nome colloquiale di San Pietroburgo.
[13] Mahmoud Cherif Bassiouni, giurista egiziano espatriato negli USA dopo aver subito ritorsioni per le sue critiche agli abusi del regime di Nasser.
[14] Natal'ja Chusajnovna Èstemirova. I russi chiamano sempre gli amici con diminutivi o vezzeggiativi.
[15] Il bisticcio è nell'originale. L'emozione prende un attimo il sopravvento su Dmitrievskij, che si esprime sempre molto bene (è anche autore di poesie e canzoni).
[16] La Gor'kij del periodo sovietico, nella Russia centrale.
[17] E' il reparto di polizia che opera ufficialmente contro l'estremismo (È sta per Èkstremizm, “estremismo”), ma che si segnala sempre più per metodi da vera polizia politica.
[18] Gosudarstvennaja Inspekcija po Bezopasnosti Dorožnogo Dviženija (Ispettorato Statale per la Sicurezza del Traffico Stradale), in pratica la polizia stradale.
[19] In Russia le perquisizione dovrebbero svolgersi in presenza di osservatori esterni. Che non si creda che anche quando così avviene, ciò costituisca una reale garanzia...
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