Il nodo del Caucaso
FANNO PASSARE RACCOGLITORI DI ROTTAMI METALLICI PER MILITANTI
In Cecenia continuano a rapire e uccidere civili[1]
Continuiamo a pubblicare estratti della “Cronaca della violenza” nella zona del conflitto armato nel Caucaso settentrionale portata avanti dai collaboratori di “Memorial”[2]. In questo numero – quattro storie di dicembre. Uomini mascherati irrompono nelle case di privati cittadini[3] e arrestano degli uomini. Fanno passare per militanti comuni cittadini. Per esempio, prima sparano dall’elicottero sui primi ragazzi che gli capitano a tiro: due vengono uccisi, uno viene ferito, i sopravvissuti vengono minacciati di azioni penali. Perché? Perché sì. Nessun cittadino dell’odierna Cecenia è al sicuro da cose del genere. E i criminali, tranne rare eccezioni (una delle quattro storie che seguono parla di questo), restano impuniti. In Cecenia ufficialmente c’è la pace. Nell’ospedale del villaggio di Kurčaloj[4] si trova un abitante del villaggio stesso, Usman Timerbulatov, 25 anni. Usman era stato portato via il 4 dicembre da uomini del ROVD[5] di Kurčaloj ed era stato consegnato[6] alla base dei “kadiroviani”[7] nel villaggio di Centoroj[8]. L’11 dicembre Temirbulatov fu rilasciato. I familiari lo fecero subito ricoverare in ospedale. A quanto hanno detto i suoi compaesani, durante la sua reclusione Temirbulatov è stato colpito con ferocia con un manganello (sono stati danneggiati seriamente i muscoli della schiena, del ventre, delle braccia e delle gambe), è stato colpito sui genitali, gli è stata versata addosso acqua gelata mentre si trovava all’aperto. Come hanno detto i medici, Usman non aveva praticamente possibilità di sopravvivere. Sulla morte di Temirbulatov la procura provinciale ha avviato un procedimento penale. Gli uomini della procura hanno interrogato suo padre e suo cugino. Dopo l’interrogatorio del padre di Usman, Uvajs Temirbulatov, è giunto il capo degli organi di pubblica sicurezza del ROVD per consegnare un documento con deposizioni già pronte, che Uvajs avrebbe dovuto dare agli uomini della procura. Verso le 4.00 nel villaggio di Alchan-Jurt nella provincia di Urus-Martan in Cecenia[9] alcuni sconosciuti armati hanno portato via un abitante del villaggio stesso, Musa Adnanovič Pajchaev, anno di nascita 1962. Una ventina di uomini mascherati si sono avvicinati a bordo di automobili Gazel’[10] e Niva di colore bianco senza targa e, dopo aver sfondato la porta, hanno fatto irruzione nella casa, dove si trovavano Musa Pajchaev, suo suocero, suo figlio di 17 anni e altri due suoi figli – di quattro e sei anni. Gli sconosciuti non si sono presentati, non hanno mostrato documenti, si sono comportati in modo aggressivo. Hanno costretto tutti a stendersi sul pavimento, hanno legato il figlio maggiore e il suocero. Musa è stato fatto alzare dal letto e senza permettergli di vestirsi, è stato trascinato all’aperto scalzo e portato via. A nessuno dei familiari è stato comunicato, dove l’avrebbero portato e dove sarebbe stato detenuto. All’inizio del 2007 non si sa dove si trovi Musa Pajchaev. Nella notte del 19 dicembre nel bosco presso il villaggio di Čoži-Ču nella provincia di Ačchoj-Martan in Cecenia[11] spararono da un elicottero militare su cinque abitanti del villaggio di Katyr-Jurt e di conseguenza morirono Salman Mintaev, anno di nascita 1977, e Vischan Arsanukaev, anno di nascita 1981, e rimase ferito il fratello di Vischan, Lema. Il giorno prima, passando fuori dalle strade, a bordo di due camion erano andati in cerca di rottami metallici in un impianto petrolifero abbandonato in un bosco della provincia, dove durante la prima e la seconda guerra cecene[12] vi erano state operazioni militari (a causa della disoccupazione in Cecenia la gente si da alla “metallurgia clandestina”: raccolgono rottami metallici per venderli). Una delle macchina si guastò e si fermò a meno di un chilometro dalla meta. Passarono la notte in un capanno. Sentito il rumore dell’elicottero, non gli dettero importanza. Improvvisamente risuonò un’esplosione – probabilmente un razzo lanciato dall’elicottero. Salman morì sul colpo, Vischan sopravvisse due ore. Magomed Arsanukaev e Mansur Mintaev portarono Lema ferito in macchina e tornarono al villaggio. Al mattino comunicarono l’accaduto alla polizia, chiesero aiuto per portare via i corpi. I poliziotti non raccolsero le schegge dei proiettili dal luogo del crimine e non portarono con se il medico legale. I corpi di Mintaev e Arsanukaev furono portati via e sepolti solo il 20 dicembre. Il 20 dicembre Mansur Mintaerv, Magomed e Lema Arsanukaev furono convocati alla procura della provincia di Ačchoj-Martan e da là furono portati a Chankala[13]. Là li interrogarono, gli mostrarono trascrizioni di conversazioni telefoniche di Salman Mintaev e li lasciarono andare alla sera. Il tipo di domande e il comportamento degli agenti delle forze dell’ordine fanno supporre che vogliano far passare i “metallurghi clandestini” per un gruppo di militanti, giustificando l’attacco aereo notturno (in questo caso le famiglie dei caduti non riceverebbero risarcimenti e i sopravvissuti sarebbero chiamati in giudizio). Il tribunale militare di Groznyj ha emesso una condanna nei confronti di Oleg Soslanbekovič Bidžakov, nativo di Beslan e di Rolan Ruslanovič Abiev, nativo di Vladikavkaz[14], ai sensi degli art. 162 (“Rapina a mano armata”) e 167 (“Distruzione o danneggiamento intenzionale di proprietà privata”), e per quanto riguarda Bidžakov anche ai sensi dell’art. 105 (“Omicidio”) del Codice Penale della Federazione Russa. Il 17 gennaio 2005 sulla strada Rostov-Baku[15] presso il fiume Assa si ribaltò un BMP[16]. Per la sua rimozione giunsero alcuni soldati di un reparto militare, tra questi, di loro spontanea volontà, Bidžakov e Abiev, che, a quanto hanno detto i testimoni, erano ubriachi. Gli altri si occuparono del BMP, ma Bidžakov e Abiev fermarono la macchina VAZ[17]-2106, in cui si trovavano il dipendente dell’agenzia di sicurezza “Lider”[18] Aslanbek Šovchalov e l’agente delle forze dell’ordine Anzor Kaimov. I soldati trovarono nella macchina alcune armi automatiche e granate. Šovchalov e Kaimov tentarono di dimostrare che trasportavano le armi legalmente, ma i soldati comunicarono al comandante Derezan, giunto sul posto, di aver catturato dei militanti. Questi portò via le armi dalla macchina e se ne andò, senza arrestare a norma di legge i “sospetti” e senza rimandare al reparto i soldati ubriachi. Dalle persone fermate pretesero soldi e oggetti di valore (a Šovchalov portarono via un anello d’oro, una catenina e il telefono cellulare), gli ordinarono di stendersi a terra e li picchiarono con ferocia (a Kaimov sono state riscontrate tre ferite lacero-contuse alla nuca e numerose contusioni). Abiev rimase con Kaimov, Bidžalov ordinò a Šovcahlov di sedersi al volante e andare avanti. Dopo una quarantina di metri la macchina si fermò, risuonarono dei colpi d’arma da fuoco. Abiev si distrasse sentendo gli spari e Kaimov si gettò in un fiumiciattolo e riuscì a sfuggire alle ricerche. Il cadavere di Šovchalov fu ritrovato al mattino, accanto a lui stava il suo tesserino. Dopo essere stati smobilitati, Bidžalov e Abiev se ne andarono a Vladikavkaz. Venuto a sapere di essere ricercato, Abiev si consegnò il 27 gennaio, mentre Bidžalov fu arrestato il 3 febbraio 2006. Nel corso del processo Abiev ha riconosciuto in pieno la propria colpevolezza, Bidžalov l’ha riconosciuta in parte e ha dichiarato di non aver ucciso Šovchalov. Il tribunale presieduto dal giudice Romanov ha condannato Abiev a tre anni di soggiorno obbligato e Bidžalov a 14 anni di colonia penale a regime duro[19]. Il tribunale ha tenuto conto della negligenza del comandante Derezan[20]. “Novaja Gazeta”, n. 03, http://www.novayagazeta.ru/data/2007/03/05.html (traduzione e note di Matteo Mazzoni) 20.01.2007 |
http://ceceniasos.ilcannocchiale.it/?id_blogdoc=1344456
[1] Letteralmente “pacifici cittadini”.
[2] “Memoriale”, associazione che difende la memoria delle vittime del regime sovietico e che si occupa attivamente di diritti civili.
[3] Letteralmente “case pacifiche”, “case di gente pacifica”.
[4] Capoluogo dell’omonima provincia della Cecenia orientale.
[5] Rajonnyj Otdel Vnutrennich Del (Sezione Provinciale del ministero degli Interni), in pratica la sede provinciale della polizia.
[6] Letteralmente “trasmesso”, in pratica trattato come un oggetto.
[7] Sorta di esercito personale di Ramzan Achmatovič Kadyrov, figlio di Achmat Abdulchamidovič Kadyrov, eletto presidente della Cecenia grazie a brogli giganteschi nel 2003 e ucciso nel 2004. Ramzan aspira a seguire le orme paterne e intanto i suoi uomini si fanno notare per numerosissime violazioni dei diritti umani.
[8] Villaggio a sud est della capitale Groznyj, dove Ramzan Kadyrov è nato ed ha il suo quartier generale.
[9] Più precisamente a sud-ovest di Groznyj.
[10] “Gazzella”, furgone prodotto dalla GAZ (Gor’kovskij Avtomobil’nyj Zavod, “Fabbrica di Automobili di Gor’kij”).
[11] Più precisamente a sud-ovest di Groznyj.
[12] La prima guerra cecena fu condotta da El’cin negli anni 1994-1996 e si concluse con l’armistizio firmato a Chasavjurt in Daghestan. L’armistizio prevedeva un cessate il fuoco quinquennale, ma la Russia tornò ad attaccare la Cecenia nel 1999 e, anche se non ufficialmente, la seconda guerra cecena è ancora in corso.
[13] Base russa presso Groznyj.
[14] Capitale dell’Ossezia Settentrionale, sul cui territorio si trova anche Beslan.
[15] La strada che collega cioè la città di Rostov, nella Russia meridionale, a Baku, capitale dell’Azerbaijan.
[16] Boevaja Mašina Pechoty, “Mezzo da Combattimento da Fanteria”, in pratica un piccolo blindato.
[17] Volžskij Avtomobil’nyj Zavod (Fabbrica di Automobili del Volga).
[18] Cioè “Leader” trascritto in russo.
[19] Una sorta di gulag, sopravvissuto nella democratica Russia di Putin…
[20] Ma, pare di capire, non ha preso provvedimenti…
Nessun commento:
Posta un commento