2008? NON C’E’ PROBLEMA
In Russia è stata creata una “holding”, che controlla le principali branche dell’economia e il 10% del PIL. La guidano gli amici personali del presidente
Anche immaginando un’antiutopia[1] (le elezioni presidenziali del 2008 si sono svolte e le ha vinte non un erede, ma l’opposizione), al nuovo capo di Stato non resterà altro che gonfiare le guance e agitare le mani. Perché avrebbe un paese senza le principali attività. Con un apparato di funzionari (dai servizi segreti ai tribunali fino agli amministratori dei servizi pubblici), che lavora a pieno regime esclusivamente per i propri interessi. Insomma è come se aveste comprato una macchina, ma senza motore, arrugginita e con le serrature delle porte che si aprono solo con una chiave altrui.
Di tutti i guai si può venire a capo, ma senza motore non si può andare. In questo caso, senza le principali e più fruttuose branche dell’economia: il settore del gas e del petrolio, il VPK[2], l’energia atomica, i trasporti. Tutto questo, se Putin uscisse dalla scena politica, resterebbe in mano a lui e ai suoi amici. E qui non si tratta solo di geografia. Tra pietroburghesi e pietroburghesi c’è differenza[3].
Quando il giovane ufficiale del KGB di Leningrado Viktor Ivanov fece entrare al servizio degli organi[4] lo studente dell’LGU[5] Vladimir Putin, certamente non sapeva che anni dopo sarebbe diventato vice direttore dell’ufficio di presidenza della Russia, semplicemente gli servivano quadri ben addestrati per fare carriera. Quando dette una raccomandazione all’ufficiale alle prime armi del KGB V. Putin perché entrasse all’istituto Krasnoznamennyj[6] a imparare lo spionaggio certamente non immaginava che il secolo seguente l’avrebbe trovato supervisore dell’“Аèroflot[7]” e dell’NPO[8] “Almaz-Antej[9]”.
Quando lo studente del KI[10] Sergej Ivanov frequentava lo stesso corso dello studente Vladimir Putin (si dice che fossero perfino compagni di stanza) non poteva immaginare che sarebbe divenuto ministro della Difesa e vicepremier, responsabile del VPK.
E nel gruppo spionistico di Dresda, a cui fu assegnato il nuovo agente, nessuno indovinava come sarebbe stato fortunato. Adesso gli ufficiali di quel gruppo spionistico hanno occupato i posti chiave dell’economia: Nikolaj Tokarev è divenuto capo dello “Zarubežneft’[11]”, Sergej Čemezov[12] del Rosoboronèksport[13], che guarda caso ha acquisito l’AvtoVAZ[14] e Andrej Bel’janinov (corriere finanziario del KGB di Mosca) del Servizio federale per le acquisizioni di tecnologie per la difesa dello stato.
Questa è la prima cerchia di amici. Ma ci sono anche la seconda e la terza.
L’ufficio dalla poco comprensibile abbreviazione KUGI (Komitet Upravlenija Imuščestvom[15] di San Pietroburgo), guidata un tempo da Vladi-mir[16] Putin e le strutture affaristiche ad esso legate ne sono diventate una seconda fonte e una seconda componente. Da qui sono venuti: Dmitrij Medvedev, primo vicepremier e responsabile della “Gazprom[17]”, Igor’ Sečin, responsabile della “Rosneft’[18]”, Boris Alëšin dello stesso Rosoboronèksport e un altro Ivanov, che dirige la corte di arbitrato russo[19].
C’è anche una terza cerchia: il villaggio di dacie[20] “Ozero[21]” di Solov’ëvka, vicino a Piter[22]. Anche centinaia di vicini e amici dei vicini del presidente hanno avuto la loro parte. Timčenko è un grosso commerciante di prodotti petroliferi, le cui compagnie, secondo quanto pubblicato dai mezzi d’informazione di massa, sono derivate dalla vendita delle spoglie della “JUKOS[23]” smembrata e di parte della “Rosneft’” e della “Zarubežneft’”; Vladimir Smirnov ha la “Techsnabèksport[24]”, che controlla più di un terzo del mercato mondiale dell’uranio.
Così sulla base dell’amicizia personale, della fedeltà, di un corporativismo da cekisti[25] si è formata la holding più potente della Russia e una delle più potenti al mondo, unitaria tanto nel criterio di selezione del management (la vicinanza al presidente), quanto nella forma di proprietà (statale). Ma chi è lo Stato da noi?
Una struttura così solida, priva di un nome proprio ma che si può identificare come la ZAO[26] “Rossija[27]” indubbiamente merita un resoconto più dettagliato.
Capitalizzazione e rendita
Misurare il valore complessivo della holding “presidenziale” è problematico perché le azioni di una parte significativa delle sue compagnie non vengono trattate in borsa e le informazioni che permetterebbero di misurare il valore di alcune di esse sono coperte dal segreto assoluto. Ma anche con la massima approssimazione questa holding vale più di duecento miliardi di dollari[28]. C’è un solo indice di pubblico dominio, che, tra l’altro, riflette piuttosto bene la misura dei flussi finanziari che passano attraverso questa struttura: la rendita complessiva, che, secondo i dati dello scorso anno, assomma a più di 63 miliardi di dollari. E questo, per inciso, è il 10,7% del prodotto interno lordo. Insomma un rublo su dieci prodotti nel paese appartiene alle compagnie che sono sotto il controllo degli amici del presidente.
Struttura e ramificazione
Evidentemente la holding si articola in modo non sistematico, senza una particolare strategia, secondo il principio: ognuno si intrufola dove può. Non di meno sono state circoscritte[29] praticamente tutte le branche dell’economia nazionale più fruttuose e con maggiori prospettive.
Settore del gas e del petrolio (48,408 miliardi di dollari*)
La “Gazprom”, evidentemente, è un monopolista (specialmente se si considera la storia con la “Sibneft’”), la “Rosneft’” dopo essersi impossessata della “Juganskneftegaz[30]” è divenuta la seconda compagnia petrolifera della Russia e la “Zarubežneft’”, nonostante gli scarsi indici finanziari, ha un diritto di prelazione di grande valore come la possibilità di lavorare in paesi, per così dire, di un mondo molto “terzo” (Siria, Irak, Vietnam). Il vero volume dei suoi flussi finanziari è noto a pochi, ma il controllo su di essi è minimo. Fra l’altro bisogna considerare la catena di operatori off-shore[31], che trattano questo petrolio e giocano sulla differenza tra i prezzi interni e quelli del mercato mondiale.
VPK ed energia atomica (6,741 miliardi di dollari)
Il “Rosoboronèksport”, l’NPO “Almaz-Antej” e il “Techsnabèksport” sono compagnie di “duplice funzione”, che lavorano secondo regole che non sono state scritte per i comuni mortali: molti contratti sono segreti di stato nel vero senso della parola. Inoltre sono aziende a indirizzo prevalentemente commerciale e trattare merci già pronte, com’è noto, è sempre più facile che produrre qualcosa di proprio. Quello che producono è sotto controllo del vice-premier Ivanov e le commesse statali sotto controllo di Andrej Bel’janinov, che in precedenza guidava egli stesso questa struttura, da cui adesso acquista merci con denaro pubblico e a capo della quale si trova un suo buon conoscente. Tutto questo è molto comodo.
Trasporti (1,825 miliardi di dollari)
L’“Aèroflot” era e chiaramente resterà ancora a lungo la principale compagnia aerea del paese. La sua prosperità si basa non tanto sulla sua capacità di reggere la concorrenza, quanto su un marchio consolidato, sul parco aereo e sulle rotte ereditate dall’Unione Sovietica.
Settore metalmeccanico civile (5,632 miliardi di dollari)
L’“AvtoVAZ”, nonostante il grande fatturato, si trova in una situazione che non può definirsi facile. Ma, com’è noto, la bassa qualità dei prodotti dell’industria automobilistica russa è compensata dall’imposizione di alte imposte doganali. Gli sforzi dello stato come giocatore consolidato possono essere ancora più efficaci degli sforzi dei singoli lobbysti.
Branche dotate di prospettive
Prima di tutto si tratta dell’industria delle tubature e della metallurgia. A tal riguardo è molto sintomatica l’attività attorno all’oleodotto nord-occidentale nella Russia europea e a quello orientale, diretto in Cina – quello che a Chodorkovskij non è stato permesso di costruire. Restano da conoscere i nomi dei futuri responsabili di queste iniziative. Ma l’attività della procura generale con l’industria del titanio fa pensare che sia iniziata un rinnovamento anche nella branca metallurgica[32].
Rischi principali
A differenza degli oligarchi[33] della prima ondata gli “amici del presidente” non sono proprietari. Controllano. In questo c’è un vantaggio – queste attività non possono essere loro tolte o nazionalizzate. Ma c’è anche un enorme svantaggio — possono allontanarti dalla greppia con un tratto di penna. Insomma il benestare dura giusto fino a quando questa penna si trova in mani amiche.
Strategia
Perciò non se ne andranno. Anche se il progetto-erede[34] risulterà un fiasco. Perché in teoria è facile cacciare il capo di un’azienda statale. Se è un manager. Ma se questi riceve l’azienda “in pasto”, presto crea delle metastasi ad ogni livello. E la struttura diventa inservibile separato dal proprio capo. Specie se questi poi fa crescere tutte le possibili “figlie”, strutture commerciali e off-shore, nei punti chiave più ristretti, non ci si può fare più nulla, com’è successo con l’“Itera[35]” e la “Gazprom”.
Non se ne andranno anche perché non avrebbero dove andare. Berezovskij e Abramovič[36] hanno potuto, anche se con difficoltà, sistemarsi in Occidente, ma là gli amici del presidente, a dirla gentilmente, non li aspetta nessuno. E cosa potranno fare là senza le risorse dello stato?
In poche parole, la strategia della holding “presidenziale” per i prossimi due anni è abbastanza facile da prevedere. E’ la prosecuzione di un espansionismo ampio e cinico per cui il valore e il tipo di attività acquisite non avrà particolare significato. I beni, come in qualsiasi holding, sono a disposizione nelle banche affiliate – in questo caso statali – che sono pronte a finanziare praticamente qualsiasi affare. Fra l’altro un accento particolare sarà posto sulla lotta coi concorrenti – non proprio sul piano economico, ma su quello economico-politico. Figurano cioè come oppositori tutte le forze politiche e le aziende che le appoggiano, che minacciano l’esistenza della holding legata direttamente all’uomo più importante dello stato. La lotta sarà condotta fino alla distruzione totale – non solo delle compagnie, ma anche dei proprietari.
L’esempio della “JUKOS” in questo senso è più che indicativo. Le condanne sempre più dure e assurde inflitte a persone in qualche modo legate a un’azienda che scotta sono facilmente spiegabili: è necessario che entro il 2008 la “JUKOS” non abbia più “eredi” legali. Nel senso che tutti questi allora dovranno essere, per così dire, giuridicamente incapaci, cioè all’estero o dietro le sbarre. Di modo che una potenziale rivoluzione non abbia sponsor e che nel caso di un risultato insoddisfacente per l’attuale elite sia impossibile procedere alla restituzione dei beni espropriati. Se si potrà realizzare questa strategia, per l’attuale regime il problema-2008 cesserà davvero di esistere. E allora chiunque potrà essere eletto presidente.
* Qui e in seguito si riportano informazioni sui ricavi del 2004
Sergej MICHALYČ, Aleksej POLUCHIN
“Novaja Gazeta[37]”, 08.12.2005, http://2005.novayagazeta.ru/nomer/2005/92n/n92n-s00.shtml (traduzione e note di Matteo Mazzoni)
[1] Qui l’autore sposa ironicamente il punto di vista di Putin.
[2] Voenno-Promyšlennyj Kompleks, “Complesso industriale militare”.
[3] Putin viene da San Pietroburgo, ma i suoi favoriti non sono solo suoi concittadini…
[4] “Organi” (più raramente “organi del ministero degli Interni”) sono chiamati in Russia i servizi segreti.
[5] Leningradskij Gosudarstvennyj Universitet, “Università Statale di Leningrado”.
[6] “Della bandiera rossa”.
[7] La compagnia aerea di bandiera russa.
[8] Naučno-Proizvodstvennoe Ob’’edinenie, “Consorzio di Ricerca e Produzione”.
[9] “Diamante Anteo”, industria militare.
[10] Komandno-Inženernyj, “di Ingegneria Militare” (istituto).
[11] Abbreviazione di Zarubežnaja Neft’ (“Petrolio Estero”) compagnia che controlla l’attività petrolifera russa all’estero.
[12] Nomen omen, il destino è nel nome: čemez nei dialetti della Russia centrale significa “borsa” e per traslato “ricchezza”.
[13] Abbreviazione di Rossijskij Oboronnyj Èksport (“Export Russo di Tecnologia Difensiva”), impresa di stato che si occupa di acquisto e vendita di tecnologia militare.
[14] Industria automobilistica che produce le “Lada”. “Avto” sta per avtomobil’nyj, “automobilistico”, VAZ sta per Volžskij Avtomobil’nyj Zavod (Fabbrica di Automobili del Volga).
[15] “Comitato di Controllo delle Proprietà”, la “g” sta per gosudarstvennyj, “statale”.
[16] Gioco di parole. In russo Vladi mir significa “domina il mondo”.
[17] Abbreviazione di Gazovaja Promyšlennost’ (Industria del Gas), il colosso che controlla gran parte della produzione di gas naturale in Russia, noto per la “guerra del gas” con l’Ucraina.
[18] Abbreviazione di Rossia-Neft’ (Russia-Petrolio), industria petrolifera di stato.
[19] Organo atto a dirimere le controversie civili.
[20] Villaggio formato unicamente da dacie, le casette di campagna russe.
[21] Lago.
[22] Nome colloquiale di San Pietroburgo.
[23] L’impresa petrolifera di Michail Chodorkovskij, che dopo l’arresto e la condanna di questi in un processo quantomeno dubbio, è stata smembrata per ordine di Putin.
[24]Abbreviazione di Techničesko-Snabdenčeskij Èksport (“Export di materiale tecnologico”), impresa di stato del settore dei materiali tecnologici, in particolare uranio.
[25] Cekisti erano chiamati gli agenti della prima polizia politica sovietica, la ČK (si pronuncia “cecà”; è l’abbreviazione di Črezvyčajnaja Komissija po bor’be s kontrrevoljucej i sabotažem, “Commissione Straordinaria per la lotta contro la controrivoluzione e il sabotaggio”) e per estensione si chiamano così gli agenti segreti russi.
[26] Zakrytoe Akcionernoe Obščestvo (Società per Azioni Chiusa, cioè con un numero limitato di soci).
[27] Russia.
[28] 400.000 miliardi del vecchio conio, direbbe Bonolis…
[29] Letteralmente “si è vangato intorno a”.
[30] Vedi nota 23.
[31] Cioè non operanti sul territorio nazionale e che rappresentano un passaggio intermedio negli scambi commerciali.
[32] In pratica Putin e il suo entourage userebbe la magistratura per togliere di mezzo i magnati del titanio a loro sgraditi per sostituirli con i loro uomini (quello che è avvenuto con Chodorkovskij).
[33] Così vengono chiamati i ricchi e potenti (ma meno di Putin e del suo entourage) miliardari russi.
[34] Il progetto di dare un “erede” a Putin, che non potrà concorrere a un terzo mandato presidenziale.
[35]
[36] Boris Berezovskij, discusso magnate del petrolio, era divenuto sotto El’cin vice-segretario del consiglio di sicurezza della Federazione Russa. Sotto Putin è caduto in disgrazia ed è fuggito in Gran Bretagna (dove vive addirittura con lo status di rifugiato politico) per sfuggire al destino di Chodorkovskij. Abramovič, noto ai più come proprietario del “Chelsea”, si è stabilito volontariamente in Gran Bretagna, ma forse trattavasi di fuga preventiva…
[37] “Giornale Nuovo”, uno dei pochi giornali russi realmente indipendenti, dalla cui edizione on-line ho tratto questo articolo.
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