"Novaja
gazeta", 09-10-2013, 02.03.00
Tra il potere e la macchia [1]
A
Mosca il 7 ottobre si è svolta la presentazione del rapporto "Il
Caucaso del Nord: difficoltà di integrazione" preparato dal
Gruppo di Crisi Internazionale
L'organizzazione
indipendente di esperti "Gruppo di Crisi" è specializzata
nello studio dei conflitti armati in tutto il mondo e dopo l'analisi
delle cause elabora una lista dettagliata di raccomandazioni per il
superamento dei contrasti.Il progetto del gruppo per il Caucaso del Nord include una serie di rapporti dedicati a diversi problemi. La questione nazionale, la clandestinità armata, il ruolo delle strutture armate, la crisi di fiducia nel potere, i problemi dell'autogoverno locale – gli autori non solo descrivono ciò che si verifica adesso in ogni concreta repubblica, ma seguono anche le fonti di tensione.
Il voluminoso studio conta più di 200 pagine. Nel corso di un anno e mezzo gli autori del rapporto hanno raccolto materiale in tutte le repubbliche del Caucaso del Nord. I dati statistici, i lavori scientifici, i documenti ufficiali e la parte più importante dello studio – le interviste con centinaia di persone in tutta la regione – hanno permesso di fare un lavoro importante e necessario. Necessario proprio ora, quando 20 anni dopo l'inizio del conflitto armato diventa sempre più evidente: con i soli metodi basati sull'uso della forza non si ferma la contrapposizione armate.
La causa principale del conflitto civile nel Caucaso non si cela nell'estremismo e nel terrorismo, ma nella mancata soluzione di problemi religiosi, politici ed economici, il superamento dei quali dipende direttamente dalla volontà politica del centro federale, – sono convinti gli autori.
Pubblichiamo alcuni estratti del rapporto* e anche una piccola intervista al capo della rappresentanza del Gruppo di Crisi in Russia Ekaterina SOKIRJANSKAJA sulle ultime iniziative legislative sul Caucaso.
Al
giorno d'oggi il conflitto nel Caucaso del Nord resta il più
sanguinoso in Europa. Nel 2012 ne sono state vittime non meno di 1225
persone (700 uccise, 525 ferite) e nella prima metà del 2013 come
minimo sono state uccise 242 persone e 253 ferite. Il livello di
violenza più alto è in Daghestan, lo seguono Cecenia e Inguscezia
(in quest'ultima la situazione è peggiorata nel 2012).
La crisi del modello di
amministrazione
"In
pratica il modello di amministrazione del Caucaso del Nord si è
trasformato in quello che molti abitanti del luogo chiamano
"neocolonialismo", in cui il territorio è amministrato da
élites designate, che rendono conto ai propri capi, ma non agli
elettori locali. Queste assicurano la sottomissione della regione al
centro e i risultati necessari alle elezioni e garantiscono alle
strutture armate lo svolgimento senza ostacoli di operazioni che sono
tra l'altro accompagnate da un uso indiscriminato della forza. Un
grande esperto russo di federalismo spiega: "Tutti i distretti
federali sono amministrati in modo coloniale, ma quando si aggiungono
differenze etniche la sensazione di colonialità si rafforza. Ma una
colonia è un luogo da cui si traggono risorse e nel Caucaso si
versano enormi mezzi finanziari. Perciò qui vediamo non un sistema
coloniale nell'aspetto classico, ma un sistema di amministrazione
super-centralizzato che cerca di risolvere i problemi del Caucaso del
Nord con un'inondazione di denaro".
"Le
regioni del Caucaso del Nord si trovano in stato di forte dipendenza
finanziaria dal centro. Ma al contempo gran parte delle entrate
fiscali vanno al bilancio federale, attraverso cui sotto forma di
sussidi si ridistribuiscono nelle regioni. L'ex presidente Medvedev
ammise che l'eccessiva centralizzazione fiscale e di bilancio è un
serio problema e nel suo ultimo messaggio sul bilancio invitò a
compiere una riforma. Allo stesso tempo la centralizzazione formale
coesiste con un'autonomia non ufficiale e la spesa dei mezzi
finanziari è spesso controllata scarsamente".
Le elezioni e la crisi di legittimità
"Nel
marzo 2013 la Duma di Stato rifiutò il ritorno alle elezioni dirette
dei governatori, facendo riferimento al potenziale destabilizzante
delle elezioni e trasmise il potere di designare i capi dei soggetti
della Federazione ai parlamenti delle regioni, compresi sette
soggetti dello SKFO [2].
Né
la cultura politica, né il rischio di destabilizzazione sono motivi
sufficienti per l'abrogazione della riforma più importante, che
eleva la democratizzazione a livello regionale. L'insufficiente
legittimità e la mancanza di controllo sul potere con maggior
probabilità porteranno una maggiore destabilizzazione che elezioni
locali libere e oneste. Nel Caucaso del Nord il federalismo per molti
versi ha perso senso. I processi democratici sono stati sostituiti da
loro imitazioni e le élites regionali e locali sono state private di
autonomia politica e finanziaria. In mancanza di elezioni
democratiche la società ha poche leve di influenza sul potere. Molti
abitanti ritengono di essere discriminati, che si rivolgano a loro
come a cittadini di seconda categoria, insufficientemente sviluppati
per scegliersi i leader. Anche se il ristabilimento delle elezioni
dirette è in grado di attivare alcune frizioni interetniche, i
rischi possono essere ridotti al minimo con un supporto supplementare
da parte del centro federale e della società civile. Il ritorno
delle elezioni dirette sarebbe un passo importante nella direzione
giusta, nella tappa iniziale sarebbe possibile attirare alla
partecipazione moderatori competenti, che aiuterebbero i gruppi di
interesse ad accordarsi".
"La
perdita di fiducia nelle procedure democratiche e l'assenza di
diritti si riflettono più acutamente sugli specialisti di talento,
che lasciano la regione. La "fuga dei cervelli" indebolisce
ancor più la capacità delle élites locali di risolvere i numerosi
conflitti. Il rifiuto dell'elezione diretta dei capi dei soggetti
della Federazione probabilmente causerà di nuovo una forte
disillusione. A causa dei brogli alle elezioni per la Duma i partiti
politici federali nella regione hanno quasi cessato di giocare un
qualche ruolo significativo e non possono aiutare l'integrazione
della regione con la parte restante della Russia. I brogli alle
elezioni municipali soffocano l'autogoverno locale".
"Le
elezioni dei parlamenti locali e degli organi di autogoverno sono
rimasti l'unica procedura concorrenziale per dei posti nel Caucaso
del Nord. Durante le ultime campagne del 2012 le comunità locali si
sono mobilitate e in alcuni casi si sono contrapposte con successo
alle autorità, cercando di influenzare i risultati delle votazioni.
Gli abitanti del Caucaso del Nord sono inclini a ritenere più vicine
a loro le autorità municipali e la loro capacità di risolvere i
problemi di tutti i giorni legati alle infrastrutture, alle terre o
alla sicurezza sociale ha un grande significato".
"Le
persone che hanno ottenuto l'accesso alle risorse politiche ed
economiche sono interessate al mantenimento dello status quo. Molte
altre si astengono dalla partecipazione civica e ignorano le
elezioni. Ci sono quelle che cercano vie alternative di autogoverno
basate sulla religione e sul diritto consuetudinario e si consolidano
nelle proprie convinzioni nazionaliste e islamiste. Nonostante il
fatto che alla clandestinità si dia una minoranza, la mancanza di
canali legali per la partecipazione politica e la falsificazione
delle procedure politiche aiutano la crescita della popolarità di
sistemi alternativi di amministrazione, alimentano il movimento
estremista e aiutano l'estraniazione del Caucaso del Nord dalla parte
restante del paese. Un innalzamento significativo della qualità
dell'amministrazione, un indebolimento dei contrasti e una riduzione
del potenziale di protesta (condizioni necessarie per una soluzione
duratura del conflitto) sono difficilmente possibili senza il ritorno
alle procedure democratiche, alle elezioni concorrenziali a tutti i
livelli e al decentramento.
La
sfiducia nelle istituzioni chiamate a garantire la supremazia del
diritto è perfino più forte dei dubbi sulla prontezza delle
autorità regionali ad attuare un'amministrazione di qualità. Il
principio della supremazia del diritto è stato sacrificato fin dai
tempi della prima e della seconda guerra cecena [3].
Allora i rappresentanti dello stato commisero gravissime violazioni
dei diritti umani, comprese sparatorie e bombardamenti
indiscriminati, le sparizioni con l'uso della violenza e la creazione
di prigioni segrete, le esecuzioni extragiudiziali e l'uso di
squadroni della morte. Secondo i dati della Procura Generale della
Federazione Russa il numero di persone scomparse senza lasciare
traccia supera le 5000 e "accertare dove si trovino queste
persone oggi è praticamente impossibile".
Gli agenti delle strutture armate
come parte del conflitto
"Per
più di un decennio Mosca ha risposto alle minacce terroristiche con
dure misure di forza, perseguendo i sostenitori dell'Islam
fondamentalista e provocando così la diffusione dell'attività della
clandestinità armata nella regione".
"Gli
agenti delle forze dell'ordine riportano come in precedenza le
maggiori perdite, inoltre lo stress permanente esercita una forte
azione psicologica e per alcuni la vendetta diventa un motivo
importante per l'attività professionale. Anche il fatto che un
numero significativo di poliziotti russi abbia passato come minimo
sei mesi in Cecenia influenza seriamente la situazione delle forze
dell'ordine in tutto lo stato. Per la riabilitazione psicologica e
clinica degli agenti che hanno prestato servizio nei punti caldi del
Caucaso sono necessari programmi speciali e anche nuovi centri di
riabilitazione. Tutti gli agenti che sono rimasti feriti, come pure i
familiari dei caduti devono ricevere i risarcimenti stabiliti per
loro dalla legge senza eccessivi ostacoli burocratici. La lotta con
la violenza nel Caucaso del Nord non può essere demandata solo alle
forze dell'ordine. E' necessaria una strategia complessa, che metta
in moto tutti gli elementi del sistema statale e sia indirizzata allo
stabilimento della supremazia del diritto, allo sviluppo economico e
alla riforma del sistema dell'amministrazione statale. Solo un
approccio complesso e duraturo può collaborare a cancellare le cause
principali della formazione della clandestinità armata, come pure
dei conflitti interetnici della regione legati ad esse, che finora
non si riesce a superare".
I metodi di lotta con il terrore
"Al
momento presente nel Caucaso del Nord si usano due metodi
fondamentali di lotta al terrorismo. Uno, attuato principalmente in
Cecenia, non differenzia i membri della clandestinità ed è
indirizzato al pieno sradicamento dell'ideologia salafita anche
tramite l'uso di duri metodi di forza contro i guerriglieri e in
parte anche contro i loro fiancheggiatori. Il modello che sottintende
una politica religiosa più aperta è stato approvato in Daghestan.
Questo combina i metodi di forza ai meccanismi non violenti, offre
una grande libertà religiosa, presuppone il dialogo tra diverse
parti della società, compresi i salafiti moderati, come pure il
ritorno degli ex guerriglieri alla vita civile". "Le
possibilità di un dialogo tra le autorità e i salafiti che non
ricorrono alla violenza, che aiuterebbe a superare il conflitto e
servirebbe alla loro integrazione, esistono come in precedenza. Le
commissioni per l'adattamento dei guerriglieri create nelle
repubbliche del Caucaso del Nord negli anni 2010-2012 sono un
meccanismo per mezzo del quale si può lavorare con i guerriglieri.
Queste possono anche aiutare gli ex guerriglieri che hanno scontato
le pene carcerarie e hanno bisogno di sostegno per la reintegrazione
economica e sociale nella vita civile, per non permettere il loro
ritorno alla clandestinità. Tuttavia il lavoro delle commissioni
causa obiezioni in alcune strutture armate e, com'è stato notato
sopra, in Daghestan l'organo è stato soppresso e sostituito da uno
nuovo con un mandato più ampio e una procedura non chiara. Al
contrario, si sarebbe dovuto rafforzare i poteri delle commissioni,
tra cui il ruolo dei rappresentanti della società civile in esse".
"Quasi
vent'anni di abusi delle strutture armate hanno privato i cittadini
di fiducia nella supremazia del diritto e hanno spinto alcune vittime
della violenza alla fuga nella clandestinità islamista. L'impunità
ha portato a far entrare saldamente la violenza nella pratica delle
forze dell'ordine anche nelle indagini sui reati minori. Le
organizzazioni per la difesa dei diritti umani hanno documentato
molti casi di scomparse con l'uso della violenza, torture ed
esecuzioni extragiudiziali, tuttavia le vittime non trovano mezzi di
difesa legale a livello nazionale. Per molti di loro l'ultima
speranza di ristabilimento dei propri diritti resta la Corte Europea
dei Diritti dell'Uomo (CEDU), dove la Russia è in testa per numero
di denunce da esaminare".
"Nell'insieme
tutti questi fattori generano nella gente la sfiducia nelle
istituzioni statali. Per buona parte della popolazione di questa
regione prevalentemente musulmana leggi e regole dello stato laico si
sono screditate, cose che aumenta l'attrattiva di modelli più
conservatori fondati sul diritto islamico e consuetudinario e riduce
a niente i timidi tentativi di ottenere l'appoggio degli abitanti del
luogo nella lotta al terrorismo. Molti cercano metodi alternativi per
l'organizzazione della vita delle proprie comunità. In particolare
nelle repubbliche orientali del Caucaso del Nord, dove sia le
comunità sufi, sia quelle salafite creano una realtà parallela con
istituzioni alternative".
"Il
Caucaso del Nord è soffocato da istituzioni corrotte, da
un'amministrazione inefficiente, da un'inosservanza delle leggi
diffusa ovunque e da uno sviluppo economico ineguale, cose che
nell'insieme creano un vuoto che parte della gioventù insoddisfatta
cerca di riempire unendosi a gruppi che, come ad essa pare, si
pongono scopi precisi. La debolezza delle istituzioni statali e del
sistema economico mina gli sforzi di Mosca indirizzati
all'integrazione della regione e la lotta alle manifestazioni di
estremismo. Anche il superamento di questi problemi sistematici è
una condizione imprescrittibile di una felice soluzione del
conflitto".
*Il
testo completo del rapporto è disponibile sul sito:
http://www.crisisgroup.org/en/
Ekaterina SOKIRJANSKAJA, capo della
rappresentanza del Gruppo di Crisi Internazionale in Russia:
"Il fatto
è che le madri corrono tra il cordone e i guerriglieri"
– Recentemente
Vladimir Putin ha proposto una serie di emendamenti che inaspriscono
la legislazione antiterroristica.
Lei ritiene che il "giro di vite" renda più efficace la
lotta al terrorismo?
– Le correzioni
proposte
introducono il principio della responsabilità collettiva, che
contraddice i principi del diritto russo e internazionale. Secondo le
correzioni i familiari dei guerriglieri e "altre persone vicine
a loro" dovranno risarcire lo stato dei danni causati dagli atti
terroristici e qualsiasi proprietà acquistata con "mezzi
economici illegali" potrà essere confiscata dallo stato. Ma
qualcuno proverà qualcosa? Ed è possibile provare che una proprietà
è stata acquistata con mezzi economici derivanti dall'attività
terroristica? Probabilmente questa norma sarà usata per distruggere
le proprietà non solo dei familiari dei terroristi, ma anche dei
semplici guerriglieri e dei loro familiari senza una sentenza di un
tribunale. E questo acutizza ancora una situazione comunque tesa.
– Le
iniziative dei funzionari federali
si possono spiegare con l'ignoranza
dello specifico della situazione nelle regioni. Ma come si può
comprendere la dichiarazione del presidente dell'Inguscezia Junus-bek
Evkurov, che propone non solo di distruggere le case dei
fiancheggiatori e dei familiari, ma anche di confiscarne le terre?
– Alcuni
anni fa tali metodi furono usati attivamente in Cecenia,
ciò non regolò il conflitto, ma lo ha semplicemente cacciato in
profondità.
E'
necessario comprendere che la maggioranza assoluta dei familiari, in
particolare i genitori dei guerriglieri, condannano le azioni dei
propri figli e vivono di una sola speranza – farli tornare alla
vita civile. Queste madri durante le operazioni speciali corrono
intorno ai cordoni, sperando di convincere gli agenti delle strutture
armate a permettere trattative e poi di convincere i figli ad
arrendersi. Questi padri pubblicano su Internet filmati con appelli
ai figli a tornare alla vita civile. Molti giovani si sono arresi
alle autorità grazie agli sforzi delle persone a loro vicine. Dei
familiari bisogna fare degli alleati e non dei nemici nella lotta al
terrorismo. E' un esperimento pericoloso, gravido di conseguenze
imprevedibili. L'introduzione di tale pratica porterà a un
escalation della violenza e incrementerà l'andata alla macchia della
gioventù. Inoltre probabilmente i guerriglieri inizieranno ad agire
simmetricamente, attaccheranno i familiari degli agenti delle
strutture armate e faranno esplodere le loro case.
– Nel
vostro rapporto quasi non si tocca il tema dell'Olimpiade di Soči.
La preparazione ad essa ha influenzato la situazione del Caucaso del
Nord?
– Prima
dell'Olimpiade
sono state dispiegate tutte le misure lievi per la lotta al
terrorismo provate negli ultimi anni; è in corso un orientamento su
metodi duri, di forza per la garanzia della sicurezza. In prospettiva
a breve termine questo può avere un determinato effetto, tuttavia
dopo l'Olimpiade probabilmente si può pronosticare una nuova ondata
di violenza.
– Recentemente
Vladimir Putin
è intervenuto con dichiarazioni dure all'indirizzo delle
organizzazioni internazionali che lavorano nel Caucaso. Ha definito
la loro attività "anti-russa" e ha chiamato le forze
dell'ordine a non tralasciare di fare attenzione alle "accuse
generalizzate" sulla "cosiddetta violazione dei diritti dei
cittadini del Caucaso del Nord diffusa ovunque". Questo
complicherà il vostro lavoro in questa regione comunque complessa?
– Non
mettiamo questa dichiarazione sul nostro conto
perché i nostri rapporti non contengono accuse generalizzate.
Scriviamo molto sulle violazioni dei diritti umani, ma tutte le
nostre conclusioni si basano su casi concreti, molto ben documentati.
Noi stessi interroghiamo le vittime e rafforziamo i nostri articoli
con riferimenti a pubblicazioni di note organizzazioni per la difesa
dei diritti umani, alle sentenze della Corte Europea e a
pubblicazioni dei mezzi di informazione di massa.
Ritengo
che il nostro lavoro e le nostre raccomandazioni possano essere utili
alla leadership del paese, agli agenti delle strutture armate e ai
capi degli enti responsabili della situazione nella regione. Senza la
ricerca di una soluzione pacifica e duratura dei conflitti del
Caucaso del Nord, senza una maggiore e migliore integrazione con le
altre parti del paese la Russia non potrà svilupparsi come uno stato
democratico ed efficiente. Lo scopo del nostro lavoro è aiutare
nella ricerca di soluzioni mutuamente accettabili per i complessi
problemi della regione. Spero che anche in seguito potremo continuare
tranquillamente i nostri studi.
Autrice:
Irina
Gordienko
[1]
Letteralmente "il bosco" (inteso come luogo in cui si
nascondono i guerriglieri). Mi rifaccio all'espressione "darsi
alla macchia".
[2]
Severo-Kavkazskij Federal'nyj Okrug
(Distretto Federale del Caucaso del Nord).
[3]
I conflitti russo-ceceni degli anni 1994-1996 e 1999-2009.
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