Quando finirà il mandato
30.04.2013
Nelle mia prima gioventù un amico di
famiglia, che era passato di seguito per l'inferno dei campi di
concentramento tedeschi e staliniani, mi fece leggere di nascosto
"Una giornata di Ivana Denisovič".
Da allora per molti anni lessi avidamente tutto ciò che potevo
trovare su Stalin, sugli atroci anni del terrore e sul "culto
della personalità": la lettera di Raskol'nikov [1],
i diari di Šalamov
[2],
le memorie di Ėrenburg
[3].
Lessi molto e sconclusionatamente, raccogliendo in briciole un'idea
di quell'epoca tragica. Ma quando il paese si lacerò nel sangue in
una smania di smascheramento, persi interesse per Stalin. Non perché
avessi preso ad amarlo o l'avessi perdonato, ma perché aveva
cessato di essere un enigma per me. La mia opinione sul "padre
dei popoli" si era formato e non ritenevo necessario estenuarsi
nella rilettura dei dettagli strazianti del terrore. Anche se i miei
genitori leggono ancora tutto. Qualcosa di simile è successo con la
mia recezione di Putin. Ha cessato di essere un enigma per me. Un
enigma resta solo ciò che ci sarà dopo di lui.
Crocifisso dalla storia
La persona che siede a
cavalcioni sulla tribuna
Un atterraggio forzato
senza "paracadute d'oro"
Le tre carte di Putin
"Putin e Sečin". Putin è simile al Giano bifronte – è sia un capo di Stato, sia il leader di una comunità informale, ma molto organizzata, che per sua essenza è molto simile a un "partito di tipo leninista", dove la disciplina inflessibile è garantita con l'aiuto del famigerato "centralismo democratico". I suoi rapporti con questa comunità, il cui segretario di Stato si può ritenere Igor' Sečin, in qualche modo inafferrabile ricordano quelli di Ivan il Terribile con gli opričniki [8], uniti in un particolare ordine monastico, il cui capo era lo stesso zar. Putin è insostituibile perché controlla l'élite dominante dall'interno, come il capo di un branco e non come Presidente. Putin è il principale "addetto alla disciplina" della Russia, non permette ai clan di divorarsi l'un l'altro. Senza di lui il branco si disgrega in numerose "correnti" nemiche tra loro e perde la possibilità di controllare il paese.
"Putin e Kadyrov". Putin ha consolidato l'élite prima di tutto fermando la guerra coloniale e, conseguentemente, la disgregazione dell'Impero. Ma ha ottenuto ciò solo grazie a un compromesso molto complesso e confuso, per cui l'Impero è obbligato di fatto a pagare un contributo alle colonie in cambio di un formale riconoscimento della sovranità dell'Impero. Questo compromesso si regge su particolari rapporti di fiducia tra Putin e le élite del Caucaso in rivolta calmate per un tempo, l'espressione dei cui interessi è diventato Kadyrov. Putin è il garante personale di accordi complessi e assolutamente nascosti e nessun'altra persona lo potrà sostituire in questa qualità. L'uscita di Putin richiederà il raggiungimento di nuovi accordi, che saranno difficilmente raggiungibili pacificamente.
"Putin e Obama". Putin è ritenuto dall'Occidente una figura accettabile, che garantisce una qualche parvenza di controllo sull'enorme territorio di una potenza nucleare spaventosamente grande. Nonostante la sua retorica aggressiva, è il tipico leader intermediario, che difende con successo gli interessi delle grandi compagnie transnazionali. Singoli eccessi, tipo la necessità di regolare il "caso Magnitskij" [9], è una rabbiosa eccezione alla regola generale, che rientra nei piani dell'Occidente ancor meno che nei piani di Putin. Nel complesso l'Occidente non guarda più alla Russia come a una minaccia ai suoi interessi, lo soddisfa del tutto la sua odierna esistenza semi-soffocata e non è intenzionato a risolvere i problemi di politica interna al posto dei russi. Perciò l'"Obama collettivo" è pronto a chiudere gli occhi anche in seguito su ciò che accade in Russia, scaricando l'adrenalina con l'aiuto dei rapporti sui diritti umani (in generale è strano che Putin reagisca ad essi così aspramente). Ma tale posizione è possibile solo finché Putin garantirà effettivamente la stabilità. Non appena lo status quo sarà violato, l'Occidente si immischierà nella situazione e troverà in qualche modo alla fine tutti i soldi "sbagliati" nelle sue banche.
Cadere per sollevarsi
Vladimir Pastuchov, "Novaja gazeta", http://www.novayagazeta.ru/politics/57953.html (traduzione e note di Matteo Mazzoni)
Dopo il famoso "rimpastino di settembre"
molti erano sinceramente convinti che ancora un poco, ancora un po'
e gli sarebbe apparso un Putin del tutto diverso da prima. Ci sono
persone che ancora lo aspettano, convincendo se stesse e chi hanno
intorno che non più tardi che tra sei mesi, al massimo tra un anno
inizierà finalmente la cosa più interessante. Temo che la cosa più
interessante ci sia già stata.
Penso che non ci sarà alcun nuovo Putin. Ci sarà
solo il vecchio o il molto vecchio. Semplicemente Dio non ha un
altro Putin per la Russia. Putin non è tanto insostituibile, quanto
immutabile. In questo sta la sua tragedia e lo rende una figura che
ispira più compassione che invidia.
L'immagine dello "schiavo sulle galere" [4] era in realtà molto precisa. Putin non è semplicemente incatenato alla galera, è crocifisso all'albero maestro della storia russa, sul bordo della quale è scritto: "Missione non compiuta".
Oggi se per la Russia è pure necessario uno zar, è
uno zar costruttore, uno zar creatore, che erigerà il nuovo Tempio
sulle fondamenta. Putin non è un creatore, è un difensore, più
precisamente – un protettore. E' venuto non per costruire il
nuovo, ma per ristabilire il vecchio. Il suo orientamento è "La
Russia che abbiamo perduto". Ma questa Russia non è neanche
mai esistita. L'ideale di Putin è un miraggio.
Putin non ha avuto fortuna con i tempi, non è
risultato al suo posto storico e con questo non si può far nulla.
Se si nomina direttore generale di un ufficio per la costruzione di
missili il migliore, sia pure geniale direttore di una ČOP
[5], ciò non
aiuterà in alcun modo i voli nello spazio.
Putin è il principale ostaggio della Russia. Ma più
che dalle pesanti circostanze esterne è chiuso in un angolo dalle
proprie paure gonfiate senza misura. In un momento critico per la
storia russa è caduto vittima dei demoni che straziano la sua
anima.
Continua ancora a unire le Germanie con l'aiuto di un tunnel sotto il Muro di Berlino, non notando che questo muro è stato abbattuto da tempo.
Quando un leader politico nuota nella corrente della
storia, le sue qualità personali, per strano che sembri, non hanno
un significato così sostanziale perché la corrente stessa lo porta
avanti. Quando questi capita nell'imbuto della storia, il suo
carattere e la sua mentalità significano moltissimo – se la
storia è ferma sul posto, ogni leader cerca da solo il modo di
raggiungere la riva. Putin nuota contro corrente, come nella famosa
foto, a rana, lasciando solo schizzi di storia. La storia agitata lo
ripagherà con la stessa moneta.
Per alcuni Putin è oggetto di culto, per altri è
oggetto di malcelata invidia e di disprezzo. In realtà non ci sono
motivi per la canonizzazione né per la demonizzazione di Putin. E'
del tutto degno di apparire nel pantheon dei capi sovietici.
Non è meno istruito di Stalin o di Andropov e non è meno artistico di Chruščëv. In lui è presente una mente tenace e un indubbio carisma e sa ottenere ciò che vuole. Tanto più che non c'è la sensazione che ceda a qualcuno dei leader stranieri contemporanei – piuttosto è il contrario. Non è così?
Nella visione del mondo di Putin c'è un difetto che
ha un significato di principio per i destini della Russia. Al posto
della coscienza del diritto ha un "punto cieco". La
giustizia gli esce da una tasca come le orecchie del coniglio dal
capello di un mago da baraccone. Manipola il diritto come uno
strumento per raggiungere i propri scopi. Recentemente ha dichiarato
il proprio interesse per le materie giuridiche come hobby. Ciò è
suonato blasfemo, con lo stesso successo un macellaio potrebbe
dichiarare il proprio interesse per le ricerche nel campo
dell'anatomia.
Nell'ambito del diritto Putin ha gettato la Russia indietro di qualche decennio o forse anche di qualche secolo.
Nichilista nato del diritto, Putin crea il caos in
tutto ciò che tocca. In realtà non è tanto che comanda i processi
politici, quanto che si trova sotto il controllo delle forze degli
elementi che non è in grado di dominare. E' simile alla "persona
che siede a cavalcioni sulla tribuna" di Vizbor [6].
Putin vola con una traiettoria forzata per cadere là, dov'è
prescritto dalle leggi della meccanica politica. E tutta la Russia
vola là con lui.
Ancora prima della sua seconda venuta il leader
nazionale aveva sconcertato il paese con una domanda non da poco:
"Dove sono gli atterraggi?". Anni dopo si può dire con
certezza - l'atterraggio, come minimo uno, ci sarà e tale che non
sembrerà poco. La traiettoria di volo della turbina con il popolo
aggiogato ad essa è in generale del tutto comprensibile. Scivolerà
sulla superficie della catastrofe finché le mani di Putin che si
indeboliscono la tratterranno dalla caduta, ma in seguito andrà in
avvitamento (se, certo, non l'abbatterà prima il sistema
antimissile della crisi mondiale o all'interno di essa non entrerà
in funzione qualche meccanismo segreto di auto-liquidazione
storica).
La schiacciante maggioranza dei russi perciò augura del tutto sinceramente lunga vita a Putin, capendo istintivamente che starà bene solo finché Putin sarà al Cremlino.
Putin fa effettivamente sforzi titanici per
mantenere la Russia come (alla sovietica) la conosce e la ama.
Stende tubature, conquista piattaforma continentale, fa aumentare la
natalità, fa calare la mortalità, salva le tigri alla fin fine e
fa molte altre cose, effettivamente grandi e necessarie. In realtà
"ci da dentro", cosa che non sempre si può dire dei suoi
oppositori. Il problema è che è un "lavoro di Sisifo".
Il baccanale del diritto organizzato da Putin
esercita sulla vita della società russa la stessa azione di un
agente lievitante sulla pasta. Tutte le istituzioni sociali e
statali sotto l'azione dello sfrenato abuso del potere si
trasformano in un poroso e friabile "biscotto". La Russia
oggi è malata di indebolimento del tessuto statale.
Putin non può superare la corruzione per il
semplice motivo che ne è la fonte. Vuole essere il Lee Kuan Yew
russo, ma non vuole fare ciò che fece Lee Kuan Yew. Per strappare
il paese dalla morsa della corruzione il dittatore singaporiano,
stando alle sue memorie, mise in prigione 26 carissimi amici. Putin
ha messo "26 amici" a dirigere la lotta alla corruzione e
li ha resi intoccabili.
L'intoccabilità della "guardia di Putin" perverte il paese più di tutti i pedofili messi insieme, più forte di tutte le parole indecenti dei mezzi di comunicazione di massa. Il popolo apprende a mentire nel grande e nel piccolo, per un motivo e senza motivo, per avidità o senza scopo pratico.
Uno stato costruito sulla menzogna è simile a un
castello costruito sulla sabbia. Sembra grandioso fino alla prima
pioggia.
Bisogna essere pronti al fatto che dopo Putin resterà terra bruciata. L'economia e la sfera sociale saranno in rovina.
Tutte le branche dell'economia, tranne
l'esportazione di risorse naturali e il commercio primitivo,
decadranno. Criminalità e corruzione deprezzeranno gli enormi
investimenti nella medicina, nell'istruzione e nello sport,
parificandoli non agli standard europei, ma a quelli africani.
L'irritazione generale e l'insoddisfazione per la vita saranno
universali come al tramonto dell'epoca brezneviana e lo scatenamento
della criminalità sarà paragonabile forse agli anni della guerra
civile. La "Kuščëvka"
[7] coprirà di metastasi
tutto il paese, penetrerà letteralmente in ogni paese, in ogni
strada, in ogni casa. Solo che tutto questo sarà dopo.
Dopo Stalin la Russia restò con un'economia vitale,
anche se sbilenca, con istituzioni funzionanti, anche se per
inerzia, ma con un'élite impaurita e demoralizzata. Alla fine
dell'era brezneviana arrivò con un'economia semidistrutta e
istituzioni mezze marce, ma con un'élite energica, puntata alla
trasformazione. Putin lascerà un paese con un'economia distrutta,
senza istituzioni e con un'élite moralmente degradata. La crisi con
cui alla Russia toccherà scontrarsi è paragonabile solo a quella
che le toccò sperimentare all'inizio del XVII e del XX secolo.
Le chance di qualsiasi "Maduro" che
prenderà le redini del comando da Putin di dominare la situazione e
trattenere il paese dal crollo non sono grandi. Che Putin non possa
cambiare è una mezza disgrazie, la disgrazia sta nel fatto che non
si può sostituire. Putin ha chiuso la Russia in se, le ha dato la
sua forma e perciò al suo posto non si può mettere nessun altro
senza cambiare tutta la configurazione del potere. La stabilità del
regime di Putin si basa su numerose unioni personali, tre delle
quali, dal mio punto di vista, sono le principali.
"Putin e Sečin". Putin è simile al Giano bifronte – è sia un capo di Stato, sia il leader di una comunità informale, ma molto organizzata, che per sua essenza è molto simile a un "partito di tipo leninista", dove la disciplina inflessibile è garantita con l'aiuto del famigerato "centralismo democratico". I suoi rapporti con questa comunità, il cui segretario di Stato si può ritenere Igor' Sečin, in qualche modo inafferrabile ricordano quelli di Ivan il Terribile con gli opričniki [8], uniti in un particolare ordine monastico, il cui capo era lo stesso zar. Putin è insostituibile perché controlla l'élite dominante dall'interno, come il capo di un branco e non come Presidente. Putin è il principale "addetto alla disciplina" della Russia, non permette ai clan di divorarsi l'un l'altro. Senza di lui il branco si disgrega in numerose "correnti" nemiche tra loro e perde la possibilità di controllare il paese.
"Putin e Kadyrov". Putin ha consolidato l'élite prima di tutto fermando la guerra coloniale e, conseguentemente, la disgregazione dell'Impero. Ma ha ottenuto ciò solo grazie a un compromesso molto complesso e confuso, per cui l'Impero è obbligato di fatto a pagare un contributo alle colonie in cambio di un formale riconoscimento della sovranità dell'Impero. Questo compromesso si regge su particolari rapporti di fiducia tra Putin e le élite del Caucaso in rivolta calmate per un tempo, l'espressione dei cui interessi è diventato Kadyrov. Putin è il garante personale di accordi complessi e assolutamente nascosti e nessun'altra persona lo potrà sostituire in questa qualità. L'uscita di Putin richiederà il raggiungimento di nuovi accordi, che saranno difficilmente raggiungibili pacificamente.
"Putin e Obama". Putin è ritenuto dall'Occidente una figura accettabile, che garantisce una qualche parvenza di controllo sull'enorme territorio di una potenza nucleare spaventosamente grande. Nonostante la sua retorica aggressiva, è il tipico leader intermediario, che difende con successo gli interessi delle grandi compagnie transnazionali. Singoli eccessi, tipo la necessità di regolare il "caso Magnitskij" [9], è una rabbiosa eccezione alla regola generale, che rientra nei piani dell'Occidente ancor meno che nei piani di Putin. Nel complesso l'Occidente non guarda più alla Russia come a una minaccia ai suoi interessi, lo soddisfa del tutto la sua odierna esistenza semi-soffocata e non è intenzionato a risolvere i problemi di politica interna al posto dei russi. Perciò l'"Obama collettivo" è pronto a chiudere gli occhi anche in seguito su ciò che accade in Russia, scaricando l'adrenalina con l'aiuto dei rapporti sui diritti umani (in generale è strano che Putin reagisca ad essi così aspramente). Ma tale posizione è possibile solo finché Putin garantirà effettivamente la stabilità. Non appena lo status quo sarà violato, l'Occidente si immischierà nella situazione e troverà in qualche modo alla fine tutti i soldi "sbagliati" nelle sue banche.
Con queste tre carte indicate Putin ha formato la
sua comoda casetta di carte. Ma in essa può vivere solo lui.
Rimasta senza padrone, la casetta si comporrà in un semplice mazzo
senza un solo atout. Con questo mazzo i successori di Putin saranno
costretti a giocare contro la crisi.
La Russia non toccherà il fondo sotto Putin, ma dopo Putin.
E' una realtà oggettiva, anche se finora non ci è
dato di percepirla, ma per questo non è divenuta meno
irreversibile. Da una parte c'è un avvertimento minaccioso, che tra
l'altro pochi sentono: in Russia finché il tuono non rimbomba, il
contadino non si segna. D'altra parte in questo avvertimento c'è
una qualche speranza nascosta. La Russia è in generale una "civiltà
del fondo", in cui solo "sul fondo" inizia la vera
vita. Non è necessario temere il fondo, ma che manchino le forze
per prendere lo spunto da esso. Perciò oggi non bisogna perdere
invano le forze, ma accumularle. E allenarsi molto perché, caduti
sul fondo, ci si possa sollevare.
Vladimir Pastuchov, "Novaja gazeta", http://www.novayagazeta.ru/politics/57953.html (traduzione e note di Matteo Mazzoni)
[1]
Fëdor Fëdorovič Raskol'nikov, diplomatico sovietico che rifiutò
di tornare in patria per non essere fucilato e scrisse una lettera
aperta a Stalin sulle repressioni da questi compiute.
[2]
Varlam Tichonovič Šalamov, scrittore russo che visse e descrisse
gli orrori del GULag.
[3]
Il'ja Grigor'evič Ėrenburg, scrittore russo.
[4]
Così si è descritto Putin stesso...
[5]
Častnoe Ochrannoe
Predprijatie
(Impresa di Sicurezza Privata).
[6]
Jurij Iosifovič Vizbor, cantautore di epoca sovietica.
[7]
Nome colloquiale del villaggio cosacco di Kuščëvskaja nella Russia
meridionale, dove nel 2010 in una strage ad opera dei mafiosi locali
furono uccise 12 persone, tra cui 4 bambini.
[8]
I fedelissimi di Ivan il Terribile, che costituivano un vero e
proprio stato nello Stato.
[9]
Il caso dell'avvocato russo di una finanziaria americana Sergej
Leonidovič Magnitskij, morto "naturalmente" (in realtà a
causa di maltrattamenti) in un carcere russo, che ha causato tensioni
con gli USA e reazioni da parte di Putin.
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