La "Brutta copia" [1] è stata scritta in bella
Venerdì notte a Machačkala [2] è stato ucciso il brillante e coraggioso giornalista Chadžimurad Kamalov
19.12.2011
Il giornale "Černovik" era l'attività principale e più amata dell'uomo d'affari di successo, intellettuale e personalità sociale Chadžimurad Kamalov. Brillante, coraggioso, onesto, proprio com'era lo stesso Chadžimurad.
Il giornale poteva permettersi di scrivere delle macchinazioni con gli immobili della capitale, delle ruberie di soldi pubblici della repubblica, degli affari petroliferi illegali, di criticare personalmente qualsiasi funzionario o agente delle strutture armate, che fosse il sindaco di Machačkala Said Amirov, l'eminenza grigia della polizia investigativa della repubblica Anvar Šamchalov o il capo del comitato inquirente Aleskej Savrulin. Nel giornale non esistevano temi proibiti. E questo in una repubblica, dove per una parola non fedele rischi di prenderti una pallottola.
I giornalisti di "Černovik" si gloriavano della propria audacia: ogni operazione speciale, arresto di massa, sequestro di persona, manifestazione – sono ovunque i primi, raccolgono informazioni, mettono immagini su Internet. I giornalisti di Chadžimurad sono stati i primi nella repubblica a usare le videocamere non solo sul luogo dei fatti, ma anche nelle proprie macchine. Gli uomini delle strutture armate li invidiavano per questo: arresti, minacce, pestaggi, pedinamenti non potevano spaventarli, perché ogni collaboratore del "Černovik" sapeva che dietro di lui stava Chadžimurad.
Alto, curato, dai modi irreprensibili, sempre tranquillo e giudizioso – così era Kamalov. Ogni giornalista federale o straniero che abbia lavorato qualche volta in Daghestan sapeva: esistono due modi di raccogliere informazioni: i comunicati stampa ufficiali e Chadžimurad Kamalov.
Chadžimurad aveva il dono della parola, una memoria fenomenale ed era informato di tutte le faccende del Daghestan. Con alcune frasi brillanti poteva caratterizzare una situazione e poteva raccontare per ore. Veniva voglia di ascoltarlo ancora e ancora. Non ripeteva pettegolezzi, raccontava del Daghestan, colpendo per l'abbondanza di nomi, date e dettagli. Non imponeva mai la propria opinione, offrendo all'interlocutore il diritto di trarre le proprie conclusioni e la piena libertà d'azione. "Prendi la mia macchina, vai dove vuoi, solo sii prudente. Se c'è qualcosa – telefona", – diceva. Questa era la migliore garanzia di sicurezza in posti dove al giungere dell'oscurità la gente preferisce non uscire.
Ricordo come il capo del Centro per la Lotta all'Estremismo del Daghestan mentì al telefono al ministro degli Interni e agli assistenti del presidente, dicendo che non mi avevano arrestata. Era notte e non sapevo neanche in quale parte della repubblica mi avessero portata. Ma qualche ora dopo già porse le proprie scusa – Chadžimurad aveva preso in mano la faccenda. E questo è solo un caso insignificante tra decine di situazioni di conflitto in cui Chadžimurad fu mediatore. Salvò molte vite. La gente gli credeva.
Solo Kamalov poteva permettersi, pubblicamente, in presenza del presidente del Daghestan e dei funzionari federali, di gettare in faccia all'onnipotente ministro degli Interni Adil'gerej Magomedtagirov: "Tu sei un ladro e un assassino e io lo dimostrerò". E indagò sui casi delle unità delle strutture armate del Daghestan, che sequestravano e uccidevano persone, sulle faccende multimiliardarie [3] della "dogana del Daghestan", su clamorosi omicidi politici.
Proprio la sua indagine sull'omicidio del direttore della VGTRK [4] Gadži Abašilov costrinse il tribunale a rinviare il caso a un'indagine ulteriore. Chadžimurad dimostrò che l'insegnante di tedesco Gazilaliev, la cui eliminazione fu presentata dagli sbirri come un grande successo nella lotta al terrorismo, era pulito davanti alla legge.
Inoltre Chadžimurad riteneva sempre che ogni persona avesse diritto di essere ascoltata e che il dialogo fosse l'unica strada certa per la pace in un Daghestan dilaniato dai contrasti religiosi. Perciò il suo giornale era aperto a ogni parte della contrapposizione sociale – funzionari e attivisti per i diritti umani, sufi e salafiti, agenti delle strutture armate e membri delle organizzazioni clandestine.
Tentarono di distruggere il giornale in vari modi, l'accusarono di estremismo, avviarono procedimenti penali, lo coprirono di materiale compromettente. Ma Kamalov non si chinava. Chadžimurad fece del "Černovik" un punto di raccolta, un'area che avrebbe potuto aiutare i nemici ad ascoltarsi a vicenda. Tutto ciò che oggi cerca di fare senza successo in Daghestan il potere ufficiale, Chadžimurad lo fece coerentemente e metodicamente per otto anni. E a lui riuscì, perché Kamalov aveva un indubbio privilegio – la gente si fidava di lui.
Molte volte gli chiesi della paura, ma ci scherzava sempre su: "Che possono farmi? Solo uccidermi"…
Reazioni
Zuchum Zuchumov, docente della DGU [5], candidato in scienze filosofiche:
– E' una perdita irreparabile, era il portavoce dei problemi che noi formuliamo. Talentuoso, progressista, in possesso di informazioni, statistiche, cifre e fatti. Passerà ancora molto tempo prima di riparare questa perdita.
Ora una domanda agita tutti: chi ha ucciso Chadžimurad? Ritengo che siano stati quelli che hanno ucciso Maksud Sadikov (rettore dell'istituto di Teologia e Scienze Religiose ucciso il 7 giugno 2011 – nota del redattore) e Siražutdin Churikskij (grande personalità religiosa uccisa il 27 ottobre 2011 – n.d.r.), quelli che vogliono minare la situazione qui e risvegliare in noi umori da manifestazione. Per noi le manifestazioni non sono una cosa fine a se stessa, ma un mezzo per ottenere giustizia. Vediamo che il potere da una parte vuole fare in modo che manifestiamo e dall'altra non intraprende alcuna azione per migliorare la situazione. Ritengo che questo omicidio debba unire tutti i daghestani, non solo i credenti musulmani, ma tutti quelli che stanno per il Daghestan. Dobbiamo unirci ed esigere dal potere che non ci siano più questi omicidi. E ancora. Il Caucaso del Nord non si può guardare separato dalla Russia. Vogliamo unire gli sforzi a quelli di tutti i russi benpensanti. Che ci siamo trovati a far parte della Russia è un segno provvidenziale. Con la Russia abbiamo condivisi non solo le sfortune, ma anche le gioie. E ora dobbiamo includerci nei processi generali russi e sforzarsi per ottenere l'azione del fattore caucasico sul mainstream politico del paese.
Abdulkadyr Sultanov, medico:
– Io collego la sua morte al tentativo di investigare sugli ultimi sequestri in Daghestan. Questi tentava attivamente di cercare Rasul Magomedov, scomparso a novembre e altre persone scomparse. Chadžimurad Kamalov godeva di autorità non solo tra i credenti. Aveva legami con Čenčik (capo del Dipartimento Centrale del ministero degli Interni per lo SKFO [7] – n.d.r.), cercava di metterli in azione. Chi l'ha ucciso sapeva che ciò avrebbe causato un'ampia eco nella società. Qualcuno organizza una serie di provocazioni e omicidi per rompere i tentativi di dialogo. Chadžimurad partecipava a questo dialogo, era capace di conversare con tutti, si rivolgevano a lui come a un esperto per elaborare un progetto per il superamento della crisi nella repubblica.
Isalmagomed Nabiev, pubblicista:
– E' un duro colpo per i daghestani. Kamalov era una personalità brillante, eccellente, che era molto necessaria per una repubblica lacerata da contraddizioni, soprattutto ora. Era una persona molto giusta. Non scendeva ad alcun compromesso… Creò un giornale dal nulla. Assunse giornalisti, creò un collettivo, lo trasformò in un serio organo indipendente. Ma il suo potenziale era maggiore. Era un analista, un esperto, un illuminista. E oggi siamo presi dal senso di non avere via d'uscita. Qui c'è una guerra civile. L'omicidio di Chadžimurad è l'eredità di quella stessa guerra. La società non si è consolidata, è lacerata dai conflitti. Perciò qui le personalità che vogliono far sapere qualcosa alla società diventano il primo bersaglio. Di questi omicidi qui ce ne sono stati centinaia, se non migliaia e nessun caso è stato risolto. Farà rumore, sarà spiacevole per il potere. Il potere si offenderà con chi gli ha creato questo effetto di rumore indesiderato. Ma non si andrà oltre. Per avere reali cambiamenti bisogna creare delle istituzioni. La democrazia e le istituzioni democratiche non sono estranee al Caucaso. Chadžimurad portava avanti coerentemente le idee democratiche in Daghestan.
Non troveranno mai i mandanti
Sulle versioni e le conseguenze dell'omicidio di Chadžimurad Kamalov
L'omicidio del giornalista, fondatore e proprietario del più noto giornale daghestano, "Černovik", Chadžimurad Kamalov, ha acuito eccezionalmente la situazione in questa repubblica caucasica. Questo giornalista e personalità sociale era una figura troppo nota e influente, troppo importante era lo spazio di libertà di parola e di opinione da lui creato, in cui c'era posto per tutti.
Della situazione dopo i funerali di Chadžimurad Kamalov racconta alla "Novaja gazeta" il direttore del progetto per il Caucaso del Nord dell'"Unità di Crisi" internazionale e membro del consiglio di amministrazione dell'associazione "Memorial" [7] Ekaterina SOKIRJANSKAJA.
– Cosa si dice in Daghestan dell'omicidio?
– Pochi credono che il caso dell'omicidio sarà risolto. L'eliminazione di oppositori e concorrenti è un elemento abituale della vita politica daghestana. E finora neanche un caso di omicidio è stato risolto. Nel migliore dei casi come risultato di una pressione senza precedenti della società possono trovare l'esecutore materiale (come nel caso della leader dello "Jabloko" [8] daghestano Farida Babaeva). Non trovano mai i mandanti. C'è una piccola speranza negli abitanti di Sogratl' [9] – è un jama'at (comunità) molto coeso.
Ricordano le liste di persone da fucilare del 2009 [10], ma parlano di più della lotta di "Černovik" alla corruzione e del fatto che, cosa più probabile, abbia regolato i conti con lui chi era assolutamente certo della propria impunità, perché è molto saldo sulle gambe. Ma se l'omicidio di Chadžimurad fosse stato ordinato da persone al potere, ciò testimonierebbe solo del fatto che nella repubblica una serie di gruppi di potere si è infine saldata con la criminalità e che la leadership della repubblica non è capace di imbrigliarli e metterli a posto.
– Quali conseguenze può portare questo clamoroso omicidio?
– Le conseguenza dell'omicidio di Kamalov possono essere le più imprevedibili. Il Daghestan ribolle, qui c'è una situazione pre-rivoluzionaria. Dopo i funerali in città si sono riuniti vari gruppi di attivisti: le persone che professano le sue stesse idee, le persone che professano la sua stessa fede, i colleghi e i compaesani di Sogratl'. Siamo stati a una delle assemblee svoltesi nell'ufficio dell'organizzazione "Daghestan – territorija mira i razvitija" [11]. Nella DTMP ci sono molte persone religiose, ma non è un'organizzazione religiosa. Un anno e mezzo fa questa presentò alla leadership del Daghestan il proprio progetto di uscita dalla crisi e da allora cerca di attirare l'attenzione di tutti i livelli del potere verso la situazione della repubblica che peggiora precipitosamente. All'assemblea hanno partecipato Gejdar Džemal' [12] e Maksim Ševčenko [13], giunti al mattino. E' stata presa la decisione di condurre un'ulteriore azione di protesta, di creare un Comitato Organizzativo, in cui si programma di invitare i rappresentanti di diverse forze e di condurre insieme azioni di protesta nella repubblica. Hanno parlato dell'indispensabilità di dare inizio a un altro Congresso dei Popoli del Daghestan e di rendere più attivo il lavoro a Mosca, includendo i leader caucasici e le tematiche caucasiche nei movimenti di protesta di tutta la Russia. Tutti capiscono che è indispensabile superare la mancanza di legame, consolidare le forze di protesta e cercare di ottenere finalmente l'osservanza della legge nella repubblica.
Il Daghestan è sull'orlo del precipizio. Non sono emozioni, ma la constatazione di un fatto. Che il tutto è troppo serio è chiaro perfino alla leadership della repubblica. Le autorità locali già non nascondono di non controllare più le strutture armate sui propri territori. Sono pronte al dialogo, ma, colloqui a parte, hanno poco da proporre. Ma i colloqui già non aiutano, è troppo tardi – il livello di frustrazione della popolazione si impenna. Sono necessari un urgente management anti-crisi, il ristabilimento dello stato di diritto, la cacciata dei clan politico-criminali che frenano lo sviluppo della società e il rafforzamento delle basi dello stato laico. Altrimenti qui ci sarà la guerra. Non a bassa intensità, ma globale. E' inutile cercare di soppiantare il sempre più popolare salafismo con l'impianto del tradizionale islam sufi – a vincere i salafiti sul campo religioso evidentemente non si riesce. Il rafforzamento del fondamento laico dello stato russo nell'osservanza del diritto di ciascuno alla libertà di professare la propria fede – ecco l'unica via che aiuterà la Russia a non perdere il Daghestan.
Irina Gordienko, "Novaja gazeta", http://www.novayagazeta.ru/society/50156.html (traduzione e note di Matteo Mazzoni)
[1] Černovik (nome del giornale di Chadžimurad Kamalov) significa "brutta copia".
[2] Capitale del Daghestan.
[3] Un miliardo di rubli sono oltre 24 milioni di euro.
[4] Vserossijskaja Gosudarstvennaja Televizionnaja i Radioveščatel'naja Kompanija (Compagnia Radiofonica e Televisiva Statale Panrussa).
[5] Dagestanskij Gosudarstvennyj Universitet (Università Statale del Daghestan).
[6] Severo-Kavkazskij Federal'nyj Okrug (Circondario Federale del Caucaso del Nord).
[7] Associazione nata per difendere la memoria delle vittime delle repressioni sovietiche e tuttora attiva sul fronte dei diritti umani.
[8] "Mela", partito di orientamento liberale che prende il nome dalle iniziali dei cognomi dei fondatori Grigorij Alekseevič Javlinskij, Jurij Jur'evič Boldyrev e Vladimir Petrovič Lukin.
[9] Villaggio del Daghestan meridionale di cui Kamalov era originario.
[10] Liste di nemici del potere da eliminare scoperte in quell'anno. Ovviamente Kamalov era uno di essi.
[11] "Daghestan – territorio di pace e di sviluppo". Sigla DTMP.
[12] Gejdar Džachidovič Džemal', presidente del Comitato Islamico Russo.
[13] Maksim Leonardovič Ševčenko, noto telegiornalista russo.
http://matteobloggato.blogspot.com/2011/12/intanto-nella-federazione-russa-si.html
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