11 dicembre 2010

A proposito di pace nel Caucaso

Ma nei boschi lo sanno?




Le autorità del Daghestan inventano la “politica da colombe” e gli uomini delle strutture armate federali conducono una diplomazia segreta


Il congresso dei popoli del Daghestan avrà luogo il 15 dicembre a Machačkala [1]. Circa 3 mila rappresentanti di tutti i gruppi etnici della repubblica cercheranno di decidere come superare la crisi. La convocazione del congresso viene presentata dalle autorità locali come un avvenimento epocale e un'ulteriore tappa della nuova politica, orientata su “dialogo pacifico e stabilizzazione”. Se si passa dalla lingua degli appelli ufficiali a quella umana, si tratta fondamentalmente di come far cessare la guerra della popolazione radicale locale con i locali uomini delle strutture armate.

Poco tempo fa nel distretto di Babajurt [2] sulla riva del Terek è stato trovato il cadavere di Šejchul'islam Abusup'janov con una ferita da arma da fuoco e segni di torture. In vita questa persona faceva parte della lista operativa, cioè era annoverato nelle cosiddette “liste wahhabite [3]”. Lo chiamavano continuamente alla polizia “per un controllo”, tuttavia viveva apertamente, con la famiglia, lavorava al mercato. Qualche tempo fa Šejchul'islam scomparve – un caso ordinario per il Daghestan.

I familiari si rivolsero all'avvocato Rasul Kadiev, membro della Commissione per l'adattamento dei membri delle NVF [4] alla vita civile. Questi, naturalmente, si affrettò dagli uomini delle strutture armate locali.

– Come membro della commissione con carta bianca dal presidente della repubblica, mi rivolsi alla procura, – racconta Kadiev. – Inizialmente si rifiutarono del tutto di ricevermi. Per di più mi dichiararono di non aver sentito nulla di alcuna commissione. Poi il mio appello fu comunque registrato, ma non fu intrapresa alcuna azione sulla base di esso.

Mentre Kadiev e i familiari di Abusup'janov cercavano di “stabilire un dialogo” con la procura e la polizia, passò del tempo prezioso… Quando il corpo fu trovato da se, il “tentativo di dialogo” perse senso.

Adesso Rasul Kadiev e gli altri avvocati coinvolti dalle autorità della repubblica nel lavoro della commissione ribollono di insoddisfazione. “Ci hanno mostrato per l'ennesima volta chi la fa da padrone qui. La commissione creata con pompa non risolve niente”.

La commissione, la cui creazione è stata accompagnata da grande clamore mediatico, è sorta dopo la dura critica di Dmitrij Medvedev all'“inefficiente” lavoro di “alcuni” capi [5] delle repubbliche del Caucaso del Nord. La decisione con cui Medvedev ha promesso di destituire i presidenti negligenti ha costretto a scuotersi.

E circa un mese fa la leadership daghestana ha fatto rapporto: la commissione che porterà “gli uomini alla macchia” alla vita civile è stata creata. In essa sono entrati i rappresentanti di tutti gli enti armati della repubblica e personalità sociali e religiose. Ne è a capo il vice-premier Rizvan Kurbanov.

Il vice-premier ha raccontato come lavorerà la commissione: “La persona “alla macchia” si mette in contatto con un avvocato, l'avvocato si rivolge alla polizia, alla procura, allo FSB [6], là gli dicono cos'hanno sul conto di questa persona. Se secondo i dati operativi si tratta di sangue, gli garantiamo un'indagine imparziale e un giusto giudizio. Se non si tratta di sangue, lo aiuteremo a adattarsi alla vita civile”.

Allo stesso tempo Rizvan Kurbanov ha notato apertamente che “la metodologia di lavoro della commissione per ora è allo stadio di elaborazione” e che l'uscita dalla “macchia” si realizzerà solo con “garanzie personali” degli uomini delle strutture armate locali.

Cosa siano le “garanzie personali” degli uomini delle strutture armate si vede nell'esempio di Abusup'janov. Nessuno degli “uomini alla macchia” finora ha creduto nella loro buona volontà.

Si è messo in contatto con me Anvar Šaripov, fratello della ragazza che ha compiuto l'attentato di marzo nel metrò di Mosca. La SKP [7] lo ha definito l'organizzatore dell'atto terroristico e questi si è nascosto.

“Su di me non c'è niente, – assicurava, – lo sanno anche gli uomini dello FSB di Mosca. Mi hanno proposto di tornare e deporre, ma non hanno dato alcuna garanzia. Io sono ricercato come prima. Non posso neanche fare trattative con le autorità della repubblica, perché queste non decidono niente”.

Simili iniziative non sono nuove per le autorità della repubblica. Il lavoro per l'uscita dei militanti dalla “macchia” si è tenuto anche prima, seppure non con tale pompa. Sono noti anche alcuni risultati. Alla vita civile sono tornati pesi massimi delle organizzazioni clandestine daghestane come il leader del jama'at [8] di Bujnaksk [9] Bamatchan Šejchov e del giudice shariatico del distretto di Uncukul' [10] Magomed Sulejmanov. Al primo hanno dato tre anni, di cui ne ha scontati due, il secondo non l'hanno imprigionato per niente, tuttavia quest'estate l'uno e l'altro sono andati di nuovo sulle montagne. E' chiaro che la questione qui non sta solo a livello di creazione di commissioni ufficiali.

Oggi la situazione è tale che la soluzione armata del problema del terrorismo è fuori dalle competenze dei capi dei soggetti della Federazione. Le strutture locali dei ministeri degli Interni e dello FSB sono direttamente soggette a Mosca. Per di più gli uomini delle strutture armate daghestane negli ultimi tempi sono stati praticamente esclusi dall'attività antiterroristica. Tutte le operazioni speciali sono condotte solo da agenti del CSN (Centr Special'nogo Naznačenija [11]) dello FSB, che è direttamente soggetto al NAK (Nacional'nyj Antiterrorističeskij Komitet [12]). Dal punto di vista logico questa situazione è come giustificata: i “risultati” degli uomini delle strutture armate locali sono evidenti.

A Mosca valutano sobriamente le possibilità delle autorità locali. La “Novaja gazeta” è riuscita a chiarire che, parallelamente ai goffi tentativi della leadership della repubblica di mostrare i risultati del proprio lavoro, le trattative vengono condotte anche a un altro livello. Già alla fine dell'estate i negoziatori di Mosca, che affermavano di agire in nome dell'amministrazione del presidente della Federazione Russa, andarono da Abbas Kebedov, fratello dell'ideologo riconosciuto del wahhabismo in Daghestan e in Cecenia Bagautdin Magomedov. Gli inviati di Mosca si consultarono con Kebedov come rappresentante dell' “Islam non tradizionale” sulle possibilità e le vie di pacificazione in Daghestan.

Ho parlato con il signor Kebedov, questi non si è messo a negare questi incontri, ma si è rifiutato di comunicare qualsiasi dettaglio delle trattative. Tuttavia le nostre fonti hanno fatto i cognomi degli ospiti di Mosca: Il'in e Orlov. A ben vedere, si tratta di agenti altolocati dell'apparato del NAK , il generale di divisione Evgenij Il'in e del generale di corpo d'armata Viktor Orlov. Ci è riuscito anche ottenere una copia del progetto trasmesso ai generali di Mosca.

In questo documento come prima e principale condizione per un progetto di pace viene indicata la presenza di “uno speciale rappresentante del presidente della Federazione Russa, che agisca sotto diretto e immediato controllo dell'amministrazione del presidente della Federazione Russa e dotato del potere di prendere decisioni autonome nell'ambito della repubblica”. Le misure per l'uscita della repubblica dalla crisi devono essere elaborate non dagli enti armati, ma “da specialisti dell'ambito del diritto, della psicologia e della teologia, tra cui anche noti studiosi musulmani del mondo islamico”. E l'esito di quest'attività comune dev'essere una conferenza a livello di tutto il Daghestan per il superamento della crisi, le cui decisioni devono avere forza di legge.

Noto che le decisioni del congresso dei popoli del Daghestan non avranno alcuna forza giuridica.

P.S. Secondo i dati del vice-direttore dell'amministrazione centrale del ministero degli Interni della Federazione Russa nello SKFO [12] Valerij Žernov, “nell'ultimo anno in Daghestan l'attività terroristica è cresciuta quasi una volta e mezzo”. Da gennaio a novembre dello scorso anno nella repubblica furono compiuti 161 atti terroristici, in meno di dieci mesi di quest'anno 231.

Irina Gordienko

10.12.2010, “Novaja gazeta”, http://www.novayagazeta.ru/data/2010/139/05.html (traduzione e note di Matteo Mazzoni)

[1] Capitale della repubblica autonoma del Daghestan.

[2] Villaggio del Daghestan centro-settentrionale.

[3] Cioè degli estremisti islamici.

[4] Nelegal'noe Vooružënnye Formirovanija (Formazioni Armate Illegali).

[5] Il titolo di “presidente” è riservato ufficialmente al presidente della Federazione Russa.

[6] Federal'naja Služba Bezopasnosti (Servizio di Sicurezza Federale), il principale servizio segreto russo.

[7] Sledstvennaja Komissija pri Prokurature (Commissione Inquirente presso la Procura).

[8] Comunità islamica, da intendersi qui come “gruppo islamista”.

[9] Città del Daghestan centro-meridionale.

[10] Villaggio del Daghestan centro-meridionale.

[11] “Centro per i Compiti Speciali”. Il corsivo, qui e altrove, è mio.

[12] Severo-Kavkazskij Federal'nyj Okrug (Distretto Federale del Caucaso del Nord).


http://matteobloggato.blogspot.com/2010/12/la-russia-tenta-una-road-map-nel.html

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