25 giugno 2010

A proposito della giustizia in Russia (VI)

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Il caso dell'attacco a Nal'čik [1]. L'accusa perde argomenti


Lunedì alla Corte Suprema della Kabardino-Balkaria è avvenuto un fatto significativo. A uno dei 58 imputati del caso dell'attacco alle strutture armate della città di Nal'čik del 13 ottobre 2005, Kazbek Budtuev, la forma di custodia cautelare è stata mutata negli arresti domiciliari.

Era l'ennesima udienza di tribunale di routine, da cui né i partecipanti, né gli uditori non si aspettavano niente di nuovo. Tuttavia la corte, esaminando per la diciottesima volta la questione del prolungamento delle misure di custodia cautelare, ha deciso di mutare, se non il destino, almeno le condizioni di reclusione di uno degli imputati.

Ora Kazbek Budtuev ha 33 anni. Fino al 13 ottobre 2005 viveva con la madre alla periferia di Nal'čik e lavorava nei cantieri edili. In quello sfortunato giorno era a casa e non era andato in città. I testimoni – più di venti persone tra vicini e conoscenti – già al momento delle indagini preliminari resero deposizioni che confermavano il suo alibi.

Non di meno dieci giorni dopo i fatti Budtuev fu arrestato e incriminato secondo nove articoli del Codice Penale: dalla partecipazione a una rivolta armata all'uccisione di civili. Secondo la versione degli inquirenti, il giovane, insieme ad altri militanti, avrebbe compiuto l'attacco alla seconda sezione degli Affari Interni [2] della città di Nal'čik.

Com'era finito nel campo visivo degli uomini delle strutture armate? Per caso. Avevano preso il suo vicino e questi, durante le operazioni di indagine – dopo le quali l'ennesima costola rotta gli aveva perforato un polmone – “riconobbe” Budtuev nelle fotografie dei militanti morti. Queste deposizioni divennero una base sufficiente per l'arresto.

Qui bisogna notare che fin dall'inizio l'indagine ebbe grandi problemi con i testimoni dell'accusa. Le prove dirette della colpevolezza si basava fortemente sulle deposizioni degli imputati contro se stessi ottenute con la tortura (sull'uso della tortura nelle prime settimane dopo gli arresti ora nelle udienze testimoniano perfino gli agenti dell'UFSB [3] e dell'UBOP [4] della repubblica). Perciò non è sorprendente che un anno dopo l'inizio delle indagini gli imputati uno dopo l'altro abbiano preso a ritrattare le proprie deposizioni. Con la base di prove sono sorti dei problemi.

Allora gli organi inquirenti hanno applicato il know-how. Questi hanno utilizzato l'istituto della collaborazione con gli inquirenti, largamente diffuso nella pratica occidentale, ma in una propria chiave particolare. Il caso è stato suddiviso in singoli episodi. Dopo il “lavoro” con gli imputati sono state amnistiate 12 persone, fra l'altro tutti per diversi episodi. Proprio le deposizioni di queste venti persone sono diventate le prove principali.

Tuttavia ora, durante il dibattito in tribunale, gli amnistiati raccontano il meccanismo di questa collaborazione. Intervenendo davanti alla corte in qualità di testimone, l'amnistiato Zelimchan Karaev ha dichiarato di aver riconosciuto il suo vicino Kazbek Budtuev per errore. In realtà questi “non ha preso parte ai fatti del 13 ottobre e non ne è complice. E le deposizioni in cui accuso falsamente altre persone sono state rese sotto tortura. Ho acconsentito a collaborare con gli inquirenti in cambio della libertà”.

Dopo cinque anni passati dietro le sbarre, con la salute minata – dopo gli interrogatori a Budtuev non funzionavano più i reni – la corte ha deciso di mutargli la misura di custodia cautelare negli arresti domiciliari.

Certo, è difficile chiamare trionfo della giustizia la decisione della corte, in cui con la formula “mancanza di prove di colpevolezza” a una persona cambiano solo la misura di custodia cautelare. Tuttavia tale decisione da speranza che il terzetto di giudici con a capo il presidente Galina Gorislavskaja dopo un ulteriore esame di questo clamoroso caso valuterà oggettivamente e senza preconcetti le prove presentate dalla difesa e dall'accusa.

Irina Gordienko

23.06.2010, “Novaja gazeta”, http://www.novayagazeta.ru/data/2010/066/06.html (traduzione e note di Matteo Mazzoni)

[1] Capitale della repubblica autonoma di Kabardino-Balkaria.

[2] Cioè della polizia.

[3] Upravlenie Federal'noj Služby Bezopasnosti (Direzione del Servizio Federale di Sicurezza), cioè la direzione locale dell'erede del KGB.

[4] Upravlenie po Bor'be s Organizovannoj Prestupnost'ju (Direzione per la Lotta alla Criminalità Organizzata).



http://matteobloggato.blogspot.com/2010/06/la-russia-nel-caucaso-non-e-inclemente.html

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