04 marzo 2010

A proposito di "accademici"

Quando attingono giudizi da giornali dimenticati...”


Z.Musaev I.Chatuev, 02.03.2010 10:37

Era giusto l'imbarazzo del pubblico a causa dell'edizione della Grande Enciclopedia Russa con un intero campionario di insinuazioni. Ora è difficile dire cosa ci fosse di più in questa “edizione accademica” – menzogne calunniose o calunnie menzognere! Il fatto è che i compilatori si sono permessi la falsificazione dei dati sui ceceni e sulla storia cecena. Non si è riusciti a calmare le emozioni che è comparso l'ennesimo lavoro antiscientifico dello pseudostudioso Dergačëv (Dergačëv V.A., Geopolitika. Russkaja geopolitičeskaja ènciklopedija [1], 2010), dove alla voce “Ceceni” questo scribacchino colpisce per immaginazione fantastica non meno dei falsificatori della Grande Enciclopedia Russa.

Ecco la citazione [2]: “I ceceni sono un concetto relativamente giovane, che unisce stirpi (tejp) non consanguinee, qua e la oltre ai vainachi [3] vi rientrano kumyk [4], circassi [5], georgiani e perfino russi ed ebrei. Alla fine del 18° sec. in conseguenza dell'insurrezione dello sceicco Mansur si verificò la dissociazione dei vainachi montanari tra ceceni indomiti e ingusci, che avevano una posizione neutrale nei confronti della Russia. La presa di ostaggi e il commercio di schiavi tra i montanari non sono per il Caucaso qualcosa di particolare. Nei “Saggi sui torbidi russi” A.I. Denikin [6] scrisse che con l'indebolimento del potere centrale e locale le rapine e gli assalti abituali per i montanari caucasici divennero un'occupazione consueta, rapinavano tutti, senza distinzione di origine, credenze e convinzioni.

Nel 1944 ceceni e ingusci furono deportati in Asia Centrale e in Siberia. Già dopo il ritorno nel Caucaso per ordine di Chruščëv i ceceni montanari furono trasferiti in pianura e nella russa Groznyj. Il boom demografico e la disoccupazione hanno di nuovo costretto i ceceni a uscire, stavolta volontariamente, dai confini del Caucaso in cerca di mezzi di sussistenza. Il potere sovietico non ha potuto risolvere il secolare problema della disoccupazione. Nella maggior parte delle repubbliche caucasiche e dell'Asia Centrale buona parte degli occupati nell'industria sono russi, fino all'80% in Cecenia”.

Il lavoro sa più di ordine politico ed è una pienissima assurdità, una vile insinuazione sulla base di uno sfrenato sciovinismo e di un'orribile xenofobia.

Pare che gli ideologi dell'Olocausto ceceno non vedano l'ora di togliersi di dosso la responsabilità dei crimini davanti al popolo. E qui da loro accorrono in aiuto gli accademici. Come suol dirsi, hanno deciso tutti insieme di portare la “causa comune” alla logica conclusione. Ancora una volta nello spirito del detto ceceno: “Prima di mangiare l'orsetto, l'orsa lo getta nella polvere”. L'eterno metodo ideologico degli antropofagi e dei loro complici-reggicoda animati da sciovinismo.

I ceceni non sono un'etnia meno giovane, diciamo, dei russi o degli stessi ebrei. O forse gli autori non sono al corrente di un concetto come l'etnogenesi, inerente, peraltro, a qualsiasi popolo esistente. Tra i ceceni ci sono innesti extra-etnici comprendenti, forse, anche discendenti di russi, così come pure tra i russi ci sono discendenti di ceceni. Il processo è reciproco. Ma perché scrivere di questo in un tono così odioso? Non perché i miserabili hanno sempre odiato l'aristocrazia? I ceceni sono effettivamente un'etnia GIOVANE, poiché custodiscono santamente la lingua più antica del pianeta, seguono i comandamenti divini primordiali, sono osservanti verso la nobiltà e preservano i propri focolari spirituali. Così, a chi non piace l'eredità dello spirito, il carattere nobile di un popolo che ha antiche radici?

A proposito di commercio degli schiavi. In Russia l'epoca della vergognosa schiavitù plurisecolare è terminata solo due anni dopo che i ceceni avevano cessato la resistenza allo zarismo nel 1859. Perché questi “accademici” non lodano i ceceni perché nel corso di alcuni decenni si sono opposti al regime di servitù della gleba, dando l'esempio alla stessa Russia progressiva come bisogna difendere la libertà? E a quel tempo nella stessa Russia un possidente pagava con un intero villaggio un cane di razza, dando in cambio persone vive, separando fra l'altro fratelli e sorelle, mariti e mogli, genitori e figli. Questa bestialità non veniva condannata dalle grandi menti della Russia e dell'Europa di quel periodo, mentre i ceceni in una lotta sanguinosa, e per nulla in forza di istinti cruenti, difendevano il proprio onore, preservando donne e bambini da una vergognosa schiavitù? Cosicché la storia si può interpretare in modo diverso, a seconda di come la si guarda.

Il popolo ceceno è ingiustamente accusato di estremismo, terrorismo e altre inclinazioni psicopatiche. Allora facciamo di nuovo un excursus nella storia! Proprio dei terroristi della remota provincia russa, i cosiddetti rivoluzionari della “Volontà Popolare” [7], uccisero il grande monarca della storia russa Alessandro II il Liberatore (che fra l'altro aveva liberato il popolo russo dall'umiliante servitù della gleba). Nei mostruosi atti terroristici di quell'epoca morirono uomini di Stato, ma i ceceni non solo non presero parte a queste azioni, in forza della loro nobiltà di natura in generale non avevano neanche idea di fenomeni come il terrorismo.

Nelle memorie del famoso Denis Davydov [8] si raccontano in modo autentico i crimini del proconsole del Caucaso, il generale Ermolov, che commerciava in bambini e donne prigionieri ceceni. E non solo ceceni. In massa allo scherno e all'oltraggio dei soldati venivano date cabarde [9] e daghestane prese nei villaggi di montagna. Gli occupanti zaristi proteggevano pure ogni sorta di briganti in veste di formazioni militarizzate, che si occupavano di furto di bestiame ai danni dei montanari. Di questo raccontano con orgoglio gli autori della “Storia illustrata dei Cosacchi” del 1909 (Volgograd, “Velo”, 1994. Ristampa anastatica).

Di rapine si occupavano anche gli uomini di Denikin, che bruciavano i villaggi ceceni fino alle fondamenta. Peraltro troviamo ricordi di queste mostruose bestialità dell'Esercito Volontario nelle opere di Michail Bulgakov. Bisogna allora stupirsi del fatto che decenni dopo, scrivendo le proprie memorie, l'ex boia si sia fatto simile all'orsa che getta l'orsetto nel fango?

Recidività di simili comportamenti verso il nostro popolo si mostrarono alla fine del 20° secolo, quando alcuni “lupi mannari con le mostrine” [10] vendettero ai parenti dei ceceni i ragazzi presi da loro ai posti di blocco e perfino i cadaveri di quelli che avevano torturato a morte nelle carceri.

Leggendo le riflessioni degli ideologi contemporanei dell'Olocausto, vengono involontariamente in mente le parole del personaggio letterario Čackij del poema [11] di A.S. Griboedov “Che disgrazia l'ingegno”: “Ma i giudici chi sono?” e “Attingono I giudizi da giornali dimenticati dei tempi di Očakov [12] e della sottomissione della Crimea [13]”.

E' corretto farsi possedere dalle fantasie di sfortunati imbrattacarte dei secoli passati, prendendo i loro deliri come base della propria visione del mondo? Infatti i negativi si riproducono automaticamente nell'ideologia dell'Olocausto ceceno. A nostro parere, piuttosto che appoggiarsi ai giudizi tratti da memorie di cecenofobi si sarebbero potute ricordare anche altre, più luminose e onorevoli pagine delle relazioni russo-cecene. Prima di tutto ricordiamo i richiami di Puškin, Lermontov, Tolstoj, Bestužev-Marlinskij e molti altri.

E un altro fatto di non poca importanza della storia del XIX secolo. Nei documenti ufficiali di quei tempi si dividevano del tutto nettamente due formulazioni: “Sottomissione del Caucaso e “Pacificazione della Cecenia. Compiuta una venticinquennale guerra caucasica, chiamata da un contemporaneo Guerra Eterna, la Cecenia e i ceceni cessarono la resistenza armata dopo aver concluso un accordo di pace paritario con il viceré plenipotenziario, il principe Aleksandr Ivanovič Barjatinskij. Una serie di storici è incline a pensare che nel periodo indicato i ceceni furono volontariamente inclini alla pace [14], seguendo la predicazione di Kunt-Chadži Kišiev, che riconobbe tutta la mortale essenza provocatoria del dispotismo dell'imam Šamil', che aveva consapevolmente distrutto il popolo ceceno, gettandolo nella fornace della guerra con il più potente impero del mondo. E appena i ceceni uscirono dalla guerra, dopo meno di un mese, nell'agosto 1859, Šamil' si arrese a un'“onorevole prigionia”. Risulta che la guerra agli imam daghestani del XIX secolo fosse necessaria solo finché in essa erano coinvolti i ceceni. E peraltro anche una forma di genocidio, che, a nostro parere, da ora va chiamato Olocausto ceceno.

A differenza della politica provocatoria di A.P. Ermolov, che intraprese la Guerra Caucasica, il principe A.I. Barjatinskij, tenendo conto della mentalità dei montanari, con una sapiente diplomazia seppe bussare ai loro cuori fino a farsi aprire, meritare la loro fiducia con il proprio coraggio e al contempo, come usa dire oggi, al livello della diplomazia popolare regalò a russi e ceceni una pace lungamente attesa. E già meno di 10 anni dopo un reggimento ceceno dell'esercito russo combatteva valorosamente su diversi teatri di guerra contro i nemici esterni dello stato.

Per i compilatori di tutte le possibili enciclopedie sarebbe ragionevole ricordare la famosa offensiva Brusilov [15] del 1915, nel corso della quale grazie a ceceni e ingusci fu messa in rotta la “Divisione di Ferro” germanica, ritenuta fino allora invincibile. Per la prima volta in tutta la storia delle guerre della Russia uno squadrone ceceno, andato all'avanguardia dell'attacco, fu decorato a pieno organico con i più alti ordini militari dell'Impero Russo. Riportiamo sotto il testo del telegramma dell'imperatore russo al generale-governatore Flejšer:

Come una valanga di montagna si è abbattuto il reggimento inguscio sulla divisione germanica. Questo era immediatamente supportato da un reggimento ceceno. Nella storia della Patria russa, tra cui anche quella del nostro reggimento Preobraženskij, non c'era mai stato un caso di un attacco di cavalleria a un reparto nemico armato di artiglieria pesante. 4500 uccisi, 3500 prigionieri, 2500 feriti – tale è il risultato del combattimento. In meno di un'ora e mezza ha cessato di esistere la Divisione di Ferro, con cui temevano di avere a che fare i migliori reparti militari degli alleati, tra cui anche le armate russe. Porgete a nome della corte dello zar e a nome dell'esercito russo un saluto fraterno ai padri, alle madri, alle sorelle, alle mogli e alle fidanzate di queste gloriose Aquile del Caucaso, che con il loro gesto immortale hanno segnato l'inizio della fine dell'Orda germanica. Per questo la Russia non li dimenticherà mai. A loro onore e gloria. Con un saluto fraterno, Nicola Secondo [16]”.

Nel periodo della Guerra Civile, difendendo le conquiste degli operai e dei contadini, il cosiddetto potere del popolo lavoratore, i ceceni presero in tal modo su di se i colpi a raffica delle schiere di Denikin, che inflissero la totale distruzione e l'annientamento agli abitati ceceni. In questo senso è notevole il telegramma del grato Iosif Vissarionovič Stalin: “Avete trattenuto l'armata dei centomila di Denikin, I vostri villaggi sono stati cancellati dalla faccia della terra, ma il nemico non è passato. Per questo il Potere Sovietico non vi dimenticherà”.

E non dimenticò…

Letteralmente un quarto di secolo dopo il potere nella persona dello stesso “Monarca Rosso”, il segretario generale I.V. Stalin si ricordò delle proprie promesse e si vendicò dei ceceni per la loro fedeltà alla parola virile e al dovere civico. Nonostante che nel giugno 1941 per primi tra i primi che respinsero l'aggressione alla Germania hitleriana alla cittadella di Brest ci fossero state alcune centinaia di ceceni, che immolarono la loro vita sull'altare della vittoria comune; nonostante che sui fronti della Grande Guerra Patriottica [17] avessero combattuto eroicamente e fermamente e fossero morti oltre 40000 ceceni, il potere sovietico calunniò da traditore e inviò uno per uno un intero popolo in esilio a tempo indeterminato nelle steppe senza limite del Kazakistan e del Kirgizistan. Per la strada fino alla destinazione morì allora circa un terzo del popolo. Non è questo un crimine e una barbarie?

Quanto a ciò di cui sopra si ha l'impressione che gli xenofobi con l'inclinazione all'odio per i ceceni, che sono ideologi dell'Olocausto Ceceno, capiscano ottimamente il vero stato delle cose, ma proprio la loro essenza misantropa è un ostacolo per l'analisi obbiettiva e la presentazione non tendenziosa dei fatti storici. In caso contrario non ci sarebbe la falsificazione e il silenzio intenzionale sulla vera storia, comprese pure le gesta militari dei ceceni nell'esercito russo, la politica provocatoria e il plurisecolare genocidio nei confronti dei ceceni stessi.

E in generale l'incompetenza dei compilatori (accademici) e lo spirito provocatorio delle menzogne nelle pagine dell'enciclopedia ufficiale sono notevoli anche, come si dice, per uno sguardo disarmato.

Inoltre è evidente il tentativo di contrapporre i popoli fraterni vicini, che hanno un'origine comune (ceceni e ingusci) e porre un cuneo tra i popoli caucasici nel loro complesso. Simili tentativi, com'è noto, non hanno mai portato nulla di buono.

Accusando apertamente i ceceni di banditismo, gli autori della summenzionata enciclopedia fanno consapevolmente disinformazione in violazione delle norme della morale comune umana e della legislazione russa. E noi con l'aiuto di queste leggi siamo obbligati ora e sempre a far cessare le insinuazioni all'indirizzo dei ceceni. E che d'ora in poi con questi provocatori parli il Codice Penale della Federazione Russa, che disprezzano con la stessa prontezza del buon nome dei ceceni! E allora finalmente cadranno le maschere e guardandoci negli occhi vedremo chi siamo!



Ingushetia.org, http://www.ingushetia.org/news/21631.html (traduzione e note di Matteo Mazzoni)

[1] “Geopolitica. Enciclopedia geopolitica russa” (il corsivo è mio).

[2] Il rilievo grafico, qui e altrove, è nell'originale.

[3] Popolazione da cui discendono Ceceni e Ingusci.

[4] Popolo caucasico turco.

[5] Popolo caucasico autoctono.

[6] Anton Ivanovič Denikin, generale delle truppe “bianche” (l'Esercito Volontario) durante la guerra civile.

[7] Gruppo estremista della seconda metà del XIX secolo.

[8] Denis Vasil'evič Davydov, militare e poeta russo del XIX secolo.

[9] Appartenenti al popolo autoctono caucasico dei Cabardi.

[10] Definizione gergale dei poliziotti corrotti.

[11] In realtà una commedia in versi.

[12] La città ucraina meridionale di Očakov (Očakiv in ucraino) fu presa alla fine del XVIII secolo.

[13] Alla fine del XVIII secolo la Crimea passa dal vassallaggio turco a quello russo.

[14] Il bisticcio è nell'originale.

[15] Aleksej Alekseevič Brusilov era un generale russo, che ottenne una notevole vittoria (che prese il suo nome) sull'esercito Austro-ungarico durante la I guerra mondiale.

[16] Sic.

[17] Così viene chiamata la guerra contro la Germania nazista.



http://matteobloggato.blogspot.com/2010/03/la-rabbia-e-lorgoglio-dei-ceceni.html

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Ma cosa dici' I Ceceni sono solo dei vili torturatori al soldo dell'imperialismo USA, vigliacchi a colpire a tradimento, vili e squallidi in campo apeto: mi hanno il coraggio di attaccare i Russi in campo aperto, solo alle spalle e con imboscate, da veri mussulmani, il trionfo della vigliaccheria e della codadia.

Matteo Mazzoni ha detto...

@Anonimo: bravo, hai ragione, tutti vili torturatori, anche le migliaia di donne, vecchi e bambini uccisi dai Russi...