30 dicembre 2009

A proposito della Calmucchia

In Calmucchia si celebra il Giorno della Memoria della deportazione del popolo calmucco


Ingushetia.org, 29.12.2009 09:41

La Calmucchia celebra il Giorno della Memoria, dedicato al 66° anniversario della deportazione dei Calmucchi accusati di tradimento della Patria. I Calmucchi non furono semplicemente esiliati, ma anche disseminati per la Siberia – dal Nord all'Estremo Oriente – e per il Kazakistan. Quasi la metà di tutti i Calmucchi morì in esilio. Praticamente in ogni famiglia calmucca ricordano ancora i morti per la strada o in esilio.

Zoja Naranova, bibliotecaria della Biblioteca Nazionale calmucca ha raccontato al corrispondente di “Kavkazskij uzel” [1] cosa accade oggi nella repubblica.

“Ogni anno in questo giorno depongono fiori presso il cinema “Rodina” [2]. C'è una manifestazione là, dov'era il principale punto di raccolta per l'esilio. Anche ora c'è stata una manifestazione presso il memoriale “Esodo e ritorno”, opera di Èrnst Neizvestnyj [3]. Alle 2 del pomeriggio c'è stato un rito commemorativo. Alle 3 – un concerto “Requiem”, a cui ha preso parte un coro osseto venuto per l'occasione”, – ha raccontato Zoja Naranova.

Secondo lei, la particolarità della deportazione dei Calmucchi sta nel fatto che sia avvenuta in modo più duro, perfino rispetto agli altri popoli del Caucaso. “Perché i Calmucchi furono esiliati nelle condizioni più dure – al Nord, anche se sapevano che sono un popolo meridionale. C'erano condizioni di vita molto dure, c'era una forte frammentazione per regioni, per villaggi. Anche se mi sembra che non se ne possa parlare così – chi era stato trapiantato nel modo peggiore, è qualcosa di scorretto”, – dice l'interlocutrice.



A suo dire, uno dei temi più dolorosi della deportazione è la sua influenza sulla demografia dei Calmucchi, che ancora si riflette sul popolo.

“L'influenza sulla demografia è il tema più doloroso. Perché questa è in se e per se una disgrazia russa – tutti gli uomini sono caduti al fronte, ma i soldati calmucchi sono stati tolti dai fronti e sono stati gettati nello Širokolag [4] e capite, quanti di loro sono tornati? Le donne lavoravano in condizioni terribili – nel trasporto del legname, nelle miniere, si congelavano là. Questo li ha colpiti fortemente. Tutto questo si riverbera per qualche anno perfino nei pronipoti, in particolare nelle bambine”, – racconta Zoja Naranova.

A suo dire, molte calmucche nate negli anni cinquanta non hanno potuto avere figli. “Da noi ora ci sono molte malattie di tipo allergico. E tutto questo è legato a quegli avvenimenti, è un danno al materiale genetico. Le condizioni di vita non erano affatto per questo popolo ed erano molto dure”, – racconta Zoja Naranova.



A dire di Zoja Naranova, oltre che alla centrale idroelettrica di Širokovskij i calmucchi lavoravano al trasporto del legname e nelle miniere, molti calmucchi si trovarono nella zona di Semipalatinsk [5] e di questo hanno preso a parlare solo negli ultimi anni. A ciò sono legate malattie di tipo allergico e tumori del sangue, che si manifestano quasi dopo 2 generazioni.

Secondo il decreto del Presidium del Soviet Supremo dell'URSS sulla liquidazione della Repubblica Socialista Sovietica Autonoma della Calmucchia, a partire dal 28 dicembre 1943 fu messo in atto l'esilio totale dei cittadini di nazionalità calmucca dai territori della Calmucchia, della regione di Rostov [6], e dei territori di Stalingrado e Stavropol' [7]. In totale verso la metà del 1944 erano state esiliate 99252 persone, ma contando soldati e ufficiali portati via dai reparti militari, subirono la deportazione 110000 calmucchi



A dire di Zoja Naranova, al momento della rifondazione della Repubblica Socialista Sovietica Autonoma di Calmucchia sotto Chruščëv nella repubblica non rientrarono 2 distretti che in precedenza ne facevano parte. “Quando fu ristabilita la repubblica, 2 distretti restarono nella regione di Astrachan' – il Privolžskij [8] e quello di Liman [9]”, – racconta Zoja Naranova.



Alla vigilia, alle porte di una data dolorosa nella storia del popolo calmucco il capo della Repubblica di Calmucchia Kirsan Iljumžinov ha fatto notare che il 28 dicembre è una data dolorosa per il popolo calmucco.



“In questo giorno in tutta la repubblica si accendono lampade commemorative – simbolo di preghiera per i defunti, di purificazione e di gratitudine Il 28 dicembre 1943 fu liquidata la Repubblica Socialista Sovietica Autonoma di Calmucchia e i Calmucchi subirono una dura deportazione in Siberia. Sono passati 66 anni, ma le lacrime e il dolore delle nostre nonne e delle nostre madri non taceranno mai nei nostri cuori. In questo giorno rendiamo omaggio alla memoria dei nostri parenti e amici, che riposano in terra altrui. Luminosa memoria a tutti i defunti”, – si dice nel messaggio al popolo calmucco a nome del presidente della repubblica.



L'85enne Andrej Džimbiev, scrittore calmucco che ha vissuto la deportazione del 1943, ha raccontato al corrispondente di “Kavkazskij uzel” che fu deportato dopo essere stato mandato a casa in convalescenza dal fronte dove era stato ferito.



“Arrivai a casa ferito, mi avevano mandato a casa per 6 mesi. E all'improvviso una mattina arrivano dei militari, dissero che saremmo andati in esilio. Giunse un reparto militare, stettero da noi per 2-3 settimane, andavano per i cortili, dicevano che cercavano dei sabotatori, dei traditori. Ma io non ci feci attenzione, perché ero arrivato ferito dal fronte e ritenevo che questo non avesse nulla a che fare con me. Mio padre aveva servito sul fronte di Volchov [10], su quello di Leningrado. Allora non avevamo notizie di lui. Io ritenevo, io e la mia famiglia, che il governo, Stalin, non potessero agire così con noi”, – racconta il veterano.



“Perciò aspettavo tranquillamente. Ma quando ci conteggiarono tutti per il trasferimento per ordine del Comitato di Difesa, di Stalin, mi meravigliai. Ora ho compiuto 85 anni. Allora non pensavo neanche che i Calmucchi fossero traditori e che meritassimo l'esilio. Ci dettero 2 ore per raccogliere le nostre cose, ci dissero di prendere del cibo per il viaggio. Ero convinto che avrebbero rivisto le cose e che anche se ci avessero portato via, poi ci avrebbero riportati. E così ci siamo ritrovati in Siberia per 13 anni. Il 28 dicembre ci hanno esiliati e il giorno seguente, il 29 dicembre, ho compiuto 19 anni in un carro bestiame. Dalla Siberia sono tornato quando avevo 33 anni”, I – ha raccontato al corrispondente di “Kavkazskij uzel” Andrej Džimbiev.



A suo dire, subito dopo la deportazione del popolo calmucco presero a tornare dai fronti i soldati calmucchi, che furono mandati al lavoro. Principalmente finirono nella centrale idroelettrica di Širokovskij.



“Mio padre combatteva, non sapeva che i Calmucchi erano stati esiliati in Siberia. Quando lo smobilitarono, lo convocarono al quartier generale del reggimento e gli chiesero, beh, di dove sei? Mio padre risponde che viene dal distretto di Lagan' [11] della Repubblica Socialista Sovietica di Calmucchia, gli dicono: “bene, andrai là”. E poi lo convocano dopo un mese e dicono: “Ma la Repubblica Socialista Sovietica di Calmucchia non c'è più”. Mio padre, persona poco istruita, pensò semplicemente che c'era la guerra, la posta funzionava male e perciò non c'erano lettere. Al quartier generale dice: “Come? Là c'è la mia famiglia. Tre figli, mia moglie”. Gli risposero che avrebbero cercato la sua famiglia. E sei mesi dopo la fine della guerra arrivò là. Nell'autunno del '45 trovarono la famiglia e lo mandarono da noi. Arrivò con la medaglia “Per il coraggio” e 2-3 giorni dopo lo misero in una lista speciale. Come traditore. Come avevano fatto con me”, – racconta Andrej Džimbiev.



“E poi, in Siberia, dopo 10 anni ci dettero “la libertà” – si poteva andare di villaggio in villaggio senza permesso del comandante. Quelli che avevano preso parte alla guerra e i comunisti furono tolti dal conto. Ma le famiglie restarono nella lista. Così venne fuori che alla fine della nostra condanna, nella seconda metà degli anni '60, donne e bambini risultavano restare traditori”, – racconta l'interlocutore.



“Una volta in Siberia ci dissero che l'autonomia calmucca veniva ristabilita, beh, chi voleva andare in patria, che si preparasse, chi lo meritava sarebbe stato messo al lavoro per il ritorno nella propria repubblica, per guidare l'economia, la cultura, eccetera. Promisero di inviare i malati a curarsi in case di cura. Questo era l'ordine di Chruščëv”, – racconta Andrej Džimbiev



In Siberia si era istruito e aveva lavorato come contabile. “Anche se inizialmente ero insegnante delle prime classi. Dopo il ritorno qui divenni controllore-revisore presso il ministero delle Finanze della Repubblica Socialista Sovietica di Calmucchia. Presi a scrivere, pensai a come ristabilire rapidamente l'economia e la cultura della nostra repubblica per stare alla pari con le repubbliche vicine”, o - ricorda Andrej Džimbiev.



“Poi, già in Calmucchia, presi a scrivere. Ora sono uno “scrittore del popolo” della Calmucchia. Tre giorni fa è uscito il mio 33° libro. In precedenza a me, come scrittore, non era permesso scrivere dell'esilio. Ho scritto una novella su quegli avvenimenti. Ma in essa è scritto che le famiglie dei calmucchi, quando le cose si fecero difficili, furono evacuate nella regione di Novosibirsk [12] per farle sfuggire ai tedeschi”, – racconta Džimbiev.



Questi fa notare che al tempo dell'Unione Sovietica non si davano informazioni sulla deportazione. “Anche se dicevano: “Scrivetene apertamente”, ma se ne scrivi – nessuno lo stamperà”. Questo succedeva sotto Chruščëv. Ma ora se ne parla apertamente”, – fa notare l'interlocutore.



A suo dire, nei manuali non c'è scritto nulla della deportazione. “Così, per esempio, come scrittore mi incontro con i bambini, faccio interventi nelle biblioteche. Ora raccontiamo apertamente dell'esilio. Ritengo che a Chruščëv dobbiamo fare un grande monumento perché ci ha riportati dall'esilio”, – dice Andrej Džimbiev.



Facciamo notare che durante la Grande Guerra Patriottica [13] non furono esiliati solo I Calmucchi, ma anche i Carachi, i Ceceni, gli Ingusci, i Balcari, i Tatari di Crimea, i Turchi della Moschia [14]. Secondo i dati dell'associazione internazionale Memorial, negli anni 1943-1944 dalla Cecenia e dall'Inguscezia furono esiliate 485000 persone, dalla Calmucchia 101000, dalla Karačaevo-Circassia 70000, dalla Kabardino-Balcaria 37000. Il numero delle vittime della deportazione dei Turchi di Moschia e di altre popolazioni del Caucaso ammonta a 100000.



Una serie di studiosi propende per la versione secondo cui uno dei motivi della deportazione di Carachi, Ceceni, Ingusci e Balcari fu l'aspirazione di Stalin ad ampliare il territorio della Georgia, perché il Caucaso settentrionale, tra cui anche il monte Elbrus, il più alto d'Europa, finisse sotto il controllo di Tbilisi. Questo, secondo gli studiosi, è confermato anche dal fatto che nel 1943 il territorio della regione autonoma dei Carachi fu dato alla Repubblica Socialista Sovietica di Georgia e la città di Karačaevsk fu rinominata in georgiano Kluchori.



Nel 1957 la leadership sovietica permise al popolo caraco di tornare nella patria storica. Fu ristabilita la regione autonoma dei Carachi. Il primo presidente russo Boris El'cin riabilitò gli esiliati e chiese perdono a nome della leadership del paese per i crimini dello stato contro i Carachi. Da allora ogni anno il 3 maggio nella Karačaevo-Circassia viene ricordato come Giorno della Rinascita del popolo caraco.



Nel 1991 fu approvata la legge “Sulla riabilitazione dei popoli repressi” [15]. Tuttavia l'applicazione pratica di questa è stata complicata da molti fattori, il che finora non permette di ritenere la legge compiuta in tutti gli aspetti per quanto riguarda i popoli che hanno subito repressioni di massa in URSS.



Ingushetia.org, http://www.ingushetia.org/news/21159.html (traduzione e note di Matteo Mazzoni)

[1] “Nodo caucasico”, giornale online indipendente.

[2] “Patria”.

[3] Èrnst Iosifovič Neizvestnyj (“Sconosciuto” – a quanto pare agli ebrei russi potevano essere rifilati anche cognomi del genere), scultore e dissidente.

[4] “Lager di Širokovskij”, villaggio della regione di Perm', ai piedi degli Urali.

[5] Città del Kazakistan orientale, tuttora altamente contaminata dalla radioattività.

[6] Città della Russia meridionale.

[7] Città della Russia meridionale (Stalingrado adesso si chiama Volgograd).

[8] Del Volga.

[9] Villaggio un tempo calmucco.

[10] Città della regione di Leningrado.

[11] Città della Calmucchia meridionale.

[12] Importante città della Siberia meridionale.

[13] Quella dell'Unione Sovietica contro l'invasore nazifascista.

[14] Regione della Georgia meridionale.

[15] Le leggi russe non sono indicate con un numero, ma con un titolo.


http://matteobloggato.blogspot.com/2009/12/mentre-la-russia-di-putin-inneggia.html

4 commenti:

Anonimo ha detto...
Questo commento è stato eliminato da un amministratore del blog.
Matteo Mazzoni ha detto...

@Anonimo: ora mi sono scocciato... Ho messo la moderazione dei commenti... Per quello che può servire, prometto che censurerò solo lo spam...

Anonimo ha detto...

good start

Matteo Mazzoni ha detto...

@Anonimo: thank you