12 agosto 2007

A proposito del nazionalismo russo (III)

Processo in corso[1]

La base d’odio è mancata sotto ai piedi[2]

Per la prima volta una giuria ha riconosciuto che il “pericolo nero”[3] è reale

Quattro giovani, che la giuria ha riconosciuto colpevoli dell’omicidio di uno studente dell’accademia di scienze forestali di san Pietroburgo, il congolese Rolland Franz Epassaka[4], avvenuto nel settembre 2005, hanno ricevuto condanne dai 7 ai 14 anni di colonia penale. Questo è il primo verdetto di colpevolezza emesso da una giuria dopo il grave caso di omicidio a sfondo nazionalistico.

Martedì il tribunale cittadino di Pietroburgo ha posto fine a questa grave storia. Con una schiacciante maggioranza di voti (10 contro 2) questa giuria ha riconosciuto Andrej Gerasimov, Jurij Gromov, Viktor Orlov e Andrej Olenev colpevoli di aver compiuto il crimine per motivi di odio nazionale e razziale. Questo distingue nettamente l’attuale verdetto dal precedente, emesso un anno fa. Allora la giuria assolse gli imputati. In seguito questa sentenza fu impugnata dalla Corte Suprema a causa di violazioni compiute nel corso del processo. Il processo fu rinviato a una nuova giuria per una revisione.
E’ curioso che, a quanto afferma la procura di Pietroburgo, alla nuova giuria non siano state presentate prove sostanzialmente nuove. Sono state semplicemente tratte conclusioni più accurate dai fatti già noti, è stato posto l’accento su alcune questioni, sono state formulate in modo più definito alcune cose. In sostanza è il primo caso in cui l’accusa in un processo per una vicenda a sfondo nazionalistico non si sfalda in tribunale. Tutti i precedenti verdetti emessi da giurie (in particolare quello dei processo per l’omicidio della bambina tagika Churšeda Sultonova e dello studente vietnamita Vu Anh Tuan) erano stati assolutori.

L’assalto a Rolland Epassaka avvenne nella tarda serata del 9 settembre 2005. Com’è stato accertato nel corso del processo, dapprima Olenev colpì la vittima alla testa con un sasso, poi tutti e quattro si gettarono sul congolese e presero a colpirlo. Gerasimov colpì lo studente con un coltello alla testa e al collo per sette volte. Dopo alcuni giorni questi morì in ospedale.

Questo processo è andato avanti sullo sfondo dell’accresciuta attività di numerosi “gruppi di supporto” degli imputati. Jurij Beljaev, noto nazionalista, giunto al processo in veste di giornalista, ha distribuito alla folla per la strada volantini a sostegno degli assassini dello studente congolese.

Gli avvocati degli imputati affermano che i loro assistiti sono innocenti. Ma alcuni rappresentanti della difesa hanno comunicato “fiduciosi” ai giornalisti che l’attuale condanna non resterà in vigore a lungo, in quanto da un giorno all’altro uno dei veri assassini di Epassaka, la cui identità è nota, andrà a fare una dichiarazione in proposito in procura, mentre gli altri tre si troverebbero già dietro le sbarre per altri reati.

Sotto testo

I nomi degli assassini non sono stati fatti, il caso è chiuso

Il tribunale di Nagatino[5] ha emesso una condanna per l’uccisione dell’antifascista Aleksandr Rjuchin

Nonostante che gli imputati fossero accusati di “teppismo”, il tribunale ha emesso condanne abbastanza serie: 4,5[6] anni per Aleksandr Šitov, cinque per Andrej Anciferov e sette per Vasilij Reuckij (tutti questi appartengono a gruppi nazionalisti).

Ricordiamo: Rjuchin fu ucciso per la strada un anno fa mentre si recava ad un concerto. Dei sei assalitori ne furono arrestati tre. Inizialmente furono accusati di omicidio, ma poi il capo di imputazione è stato cambiato in “teppismo”. I veri assassini, secondo gli inquirenti, erano i tre assalitori che non erano riusciti ad arrestare. Il procedimento penale nei loro confronti è stato posto a parte e poi è stato bloccato per l’assenza dei sospetti.

Gli stessi imputati hanno dichiarato di non aver preso parte alla rissa in cui è morto Aleksandr Rjuchin. Nel corso delle udienze solo Vasilij Reuckij ha riconosciuto in parte le proprie colpe.

La mamma del giovane ucciso non era presente alla lettura della sentenza, avendo dichiarato che gli imputati veniva processati con un capo d’imputazione “sbagliato” e che gli assassini di suo figlio sarebbero rimasti impuniti.

Gli imputati non si sono riconosciuti colpevoli. I loro avvocati sono intenzionati a ricorrere in appello.

Aleksandr Samojlov, Il’ja Vasjunin, “Novaja Gazeta”, 21.06.2007, http://www.novayagazeta.ru/data/2007/45/08.html (traduzione e note di Matteo Mazzoni)



[1] Gioco di parole. Il titolo Sud da delo si potrebbe leggere come “un processo e un caso”, ma fa riferimento all’espressione idiomatica poka sud da delo, “finché la faccenda è in corso”.

[2] Altro gioco di parole intraducibile. Quando in Russia si parla di crimini a sfondo razzista, in luogo della parola “sfondo” si usa la parola počva, “terreno”. Quello che può, metaforicamente o meno, mancare sotto i piedi…

[3] Letteralmente “bruno”, con riferimento alle camicie brune dei nazisti.

[4] La grafia di questo nome varia da articolo ad articolo. Io mi baso su quella usata nell’originale, che mi pare plausibile.

[5] Quartiere dormitorio di Mosca.

[6] Sic.



http://matteobloggato.blogspot.com/2007/08/e-uscito-un-po-di-sole-da-questo-cielo.html

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