I VOLI DEI «BOMBI[1]»
Chi e come ha usato i lanciafiamme a Beslan durante le operazioni per la liberazione degli ostaggi?
Finché la «Novaja gazeta[2]» non ha fatto pervenire i lanciafiamme ritrovati alla commissione parlamentare d’inchiesta sull’atto terroristico la procura aveva assicurato che non c’erano lanciafiamme. Poi ha ammesso — c’erano, ma ha dichiarato che la scuola non è bruciata a causa loro. Vogliono convincerci che i lanciafiamme eliminano solo i terroristi, non gli ostaggi
Martedì 12 luglio a Vladikavkaz[3], durante un briefing, il vice procuratore generale del distretto federale meridonale[4] Nikolaj Šepel’ ha dichiarato senz’ombra di dubbio che durante il blitz nella scuola di Beslan i militari della 58.a armata e gli uomini dei reparti speciali dell’FSB[5] hanno usato carri armati e lanciafiamme «Šmel’». Alcuni organi d’informazione hanno ritenuto sensazionale questa dichiarazione, ma alcuni, tra cui i più autorevoli[6] (i giornali «Kommersant[7]» e «Moskovskij komsomolec[8]», la stazione radio «Majak[9]», il canale televisivo NTV[10] e altri), hanno interpretato le parole di Šepel’ esattamente al contrario. Nella loro versione il vice procuratore generale avrebbe comunicato che i lanciafiamme non erano stati utilizzati.
E’ interessante che nei giorni seguenti nei summenzionati organi d’informazione non sia comparsa alcuna smentita o precisazione di una così inesatta citazione del procuratore sull’uso da parte dei nostri militari di armi di tipo non selettivo (proprio così classifica i lanciafiamme il terzo protocollo della Convenzione sul divieto o la limitazione dell’uso di determinati tipi di armi, che non danno possibilità di sopravvivere o aventi un’azione non selettiva del 10 ottobre 1980 e di conseguenza vieta agli stati che hanno ratificato questo protocollo l’uso di lanciafiamme contro i combattenti e i civili).
Nonostante la cattiva pronuncia di Šepel’[11] in ogni modo il senso fondamentale della dichiarazione era abbastanza chiaro. Ecco la citazione precisa: «Voglio dire che ci è stata affidato ed è stata condotto l’esame dell’accademia militare per la difesa dalle armi radioattive, chimiche e biologiche, che ha affermato chiaramente, che l’RPO-A non è un’arma incendiaria. E questo spazza via da solo tutti i discorsi sul fatto che sarebbe stata usata un’arma proibita… da accordi e convenzioni internazionali. A parte ciò, per dare affidabilità all’indagine degli esperti si è sparato ad un edificio di materiale secco (di legno), che è stato completamente distrutto. Ecco la fotografia. Ma (l’edificio. — nota del redattore) non si è incendiato. E non si è incendiato perché gli esperti dicono che, perché una persona abbia ustioni o un qualsiasi oggetto s’infiammi, è necessario che il fuoco agisca da 3 a 5 secondi. Lo «Šmel’» produce un’esplosione, e questo vuol dire un cerchio di fuoco del diametro di 6-7 metri, che si muove in un lasso di tempo tra 0,3 e 0,5 secondi. Cioè dieci volte meno[12]…».
Alla domanda diretta di un giornalista se comunque siano stati usati i lanciafiamme oppure no, Šepel’ ha risposto:
«Certamente. Non è che abbiamo negato che siano stati usati i lanciafiamme. L’abbiamo detto fin dall’inizio. Inoltre, per esser più precisi, gli RPО-А, i cosiddetti «Šmeli», non si chiamano lanciafiamme. Ecco qua, se sarà necessario, vi dirò la conclusione degli esperti. Lo dico un’altra, non ha un’azione incendiaria. Ha un’azione termobarica. Cioè si brucia ossigeno e si produce come un vuoto, si ha un’azione distruttiva, e per una persona è mortale. Ma è stato usato solo l’RPO-A».
Alla domanda se siano stati usati i carri armati ha risposto:
«Abbiamo già parlato anche di questo. Nessuno nega che siano stati usati i carri armati. E ce ne danno notizia i testimoni. E fra questi c’era il comando della 58.a armata. I carri armati sono stati usati per stanare i guerriglieri che si erano barricati. Fra l’altro, sapete, sono morti molti uomini dei gruppi speciali e non li si è potuti prendere. E i carri armati sono stati usati quando gli ostaggi non si trovavano più nella scuola».
Notiamo che Nikolaj Šepel’ in questa breve intervista ha dato informazioni imprecise, si può dire astute[13]. Indagini sull’uso a Beslan di armi pesanti «di tipo non selettivo» (cioè non di precisione, ma di distruzione di massa) sono condotte dalla «Novaja gazeta» da settembre dello scorso anno[14]. Perciò possiamo prenderci la responsabilità di dichiarare: se non fosse per gli sforzi della commissione parlamentare dell’Ossezia Settentrionale[15] e degli stessi abitanti di Beslan, che hanno trovato le cartucce dei lanciafiamme usati, che hanno raccolto le deposizioni dei testimoni e che nel vero senso della parola hanno costretto gli addetti alle indagini e la commissione capeggiata dal senatore Toršin, a fornire agli inquirenti i reperti trovati (cartucce, involucri di proiettili da carro armato ecc.), la versione della procura generale riguardo ai lanciafiamme adesso sarebbe questa: «Nel corso dell’ispezione del luogo dei fatti (la scuola. — n.d.r.) sono state rinvenute le seguenti armi dei terroristi: 20 fucili automatici e 5 mitragliatori Kalašnikov, 2 lanciagranate anticarro portatili, 5 lanciafiamme portatili «Šmel’»…» (l’autore della dichiarazione è lo stesso Nikolaj Šepel’ in un’intervista al giornale «Izvestija[16]» di novembre dello scorso anno. — n.d.r.).
L’idea che i lanciafiamme fossero stati usati dai guerriglieri e non dai nostri gruppi speciali dell’FSB era stata esposta a marzo di quest’anno anche dal capo della commissione parlamentare federale Aleksandr Toršin in un’intervista alla «Novaja gazeta». E questo già dopo che gli abitanti di Beslan avevano trovato le cartucce dei lanciafiamme e avevano chiesto a Тoršin di trasmetterle pubblicamente alla procura. E solo dopo il successivo ritrovamento dei reperti, che ha avuto luogo nell’aprile di quest’anno in presenza di giornalisti e di un gruppo d’iniziativa degli abitanti di Beslan, gli inquirenti della procura generale finalmente hanno detto con chiarezza che i lanciafiamme facevano parte dell’armamentario dei gruppi speciali del Centro per le Azioni Speciali dell’FSB, che aveva usato quest’arma anche durante il cosiddetto blitz nella scuola di Beslan.
Ad aprile e adesso i procuratori affermano che sparare coi lanciafiamme sui civili non è proibito dalle convenzioni internazionali. Evidentemente non hanno letto la convenzione di Ginevra del 12 аgosto 1949 sulla difesa delle vittime di guerra e i quattro protocolli della Convenzione del 1980, che la Russia ha ratificato (a proposito, il quarto protocollo, è stato ratificato dalla Duma di Stato[17] e firmato da Putin ben poco tempo fa).
Fra l’altro nelle convenzioni di Ginevra è data una chiara definizione di “civili” e di popolazione civile (art. 50) e nell’art. 51 (“Difesa della popolazione civile”), comma 5, punto b sta scritto: «E’ vietato compiere attacchi indiscriminati, da cui ci si possa attendere, come effetto collaterale la perdita di vite tra la popolazione civile e il ferimento di civili o il danneggiamento di strutture civili (di queste fanno parte anche le scuole; art. 52, comma 3 della convenzione di Ginevra. — n.d.r.) o l’uno e l’altro contemporaneamente e che siano ECCESSIVI in proporzione al concreto e immediato obbiettivo militare, che ci propone di ottenere in tal modo».
A tal proposito vediamo le indagini militari, basandosi sulle quali Šepel’ assolve chi ha dato l’ordine di sparare sulla scuola con carri armati e lanciafiamme. Le indagini militari sono qualcosa di particolare. (Ricordiamo almeno la vicenda del «Kursk», quando l’ammiraglio d’armata della Marina Militare della Federazione Russa Sergej Kozlov indicò nel suo rapporto, che l’SOS fu lanciato, ma non lo lanciarono i marinai del sottomarino che stava affondando, bensì ignoti da un’imbarcazione non definita). E per quel che riguarda l’atto terroristico di Beslan le indagini che devono stabilire il nesso causale tra l’uso dei carri armati della 58.a armata e la morte degli ostaggi, vengono condotte dagli esperti militari della 58.a armata. Analogamente delle indagini sui lanciafiamme si occupano gli specialisti del Istituto di Ricerca Scientifica dell’FSB, cioè i sottoposti determinano il grado di colpevolezza dei propri diretti superiori.
Citiamo il protocollo più importante della Convenzione del 1980 — il terzo — specialmente per
Per prima cosa, l’RPO «Šmel’» utilizza tre tipi di cariche: incendiaria — al napalm (indicata con la lettera Z), fumogena (indicata con la lettera D) e termobarica (indicata con la lettera А). Nel rapporto sul ritrovamento dei reperti (cioè i tubi dei lanciafiamme, trovati e fatti pervenire agli inquirenti dagli abitanti di Beslan) si parla di RPO (А, Z, e D). Cioè poteva trattarsi di cariche termobariche, ma anche di cariche incendiarie. Dopo l’uso di una carica incendiaria, il cui componente principale è il napalm, sul luogo del delitto[18] si devono trovare tracce di fosforo. Stanislav Kesaev, presidente della commissione d’indagine dell’Ossezia Settentrionale sull’atto terroristico compiuto a Beslan, ha detto in un’intervista alla «Novaja Gazeta», che sui corpi delle persone uccise estratti dalla palestra sono state trovate tracce di fosforo. Gli stessi abitanti di Beslan più di una volta hanno testimoniato che dopo il blitz i muri della scuola apparivano fosforescenti durante la notte. Gli specialisti ci hanno confermato che quando si usa il napalm le tracce di fosforo restano per lungo tempo. E visto che a Beslan restano ancora dei lanciafiamme non consegnati agli inquirenti, i parenti delle vittime chiederanno tramite il tribunale che sia condotta un’indagine indipendente per chiarire finalmente quali altri tipi di cariche da RPO «Šmel’», a parte quelle termobariche, sono state usate durante il cosiddetto blitz della scuola.
Ma perfino ciò che ha affermato il vice procuratore generale N. Šepel’, dice che uomini di Stato della Russia hanno violato una serie di articoli della Convenzione del 1980, perché nel terzo protocollo di questa convenzione — «Sul divieto o sulla limitazione di utilizzo di armi incendiarie» (articolo 1, paragrafo 1) — si dice che «arma incendiaria» significa qualsiasi arma o attrezzatura militare, destinata in primo luogo a incendiare oggetti o a procurare ustioni a persone per mezzo di fiamme, calore o l’uno e l’altro insieme, originati da una reazione chimica della sostanza lanciata sul bersaglio. Il punto «а» dice: «Un’arma incendiaria può avere l’aspetto, per esempio, di un lanciafiamme, un oggetto che esplode al contatto, un razzo, una granata, una mina, una bomba o un involucro contenente sostanze infiammabile…».
Еlena Мilašina
UN’ESPERIENZA PERSONALE
L’RPО-А «Šmel’» agisce secondo il principio della deflagrazione. La granata viene lanciata in vano, si surriscalda e rilascia una nube di sostanza esplosiva a bassa dispersione (detto semplicemente — una sospensione dirompente[19]), che istantaneamente riempie tutto questo spazio e che con circa un secondo di ritardo si infiamma. All’esterno della nube la pressione aumenta di varie volte, ma nel suo centro, a causa dell’esplosione della miscela, la pressione, al contrario, scende catastroficamente. Così all’esplosione si somma anche l’effetto del vuoto creato. Il vano crolla come se fosse una scatola di cartone. Alcuni spari possono distruggere completamente una casa di cinque piani. Quello che è successo anche durante l’esperimento compiuto dagli inquirenti.
Ma questo effettivamente non provoca un incendio. Ci si chiede “Perché?” La risposta è semplice. E’ perché non c’e’ niente da bruciare! L’edificio distrutto, in cui non c’è altro che muri e soffitto, e una scuola «viva» con pavimenti in legno, rivestimenti da palestra, porte, plastica e mobili non sono la stessa cosa. Per non dire del fatto che durante l’esperimento degli inquirenti si è sparato un colpo, mentre intorno alla scuola sono state trovate 9 tubi da lanciafiamme usati. Gli esperti paragonano la potenza del colpo di uno «Šmel’» a quella di una granata da 152 mm. Ci si può immaginare la distruzione che provoca.
Per dirla tutta, le conseguenze dell’esplosione di uno «Šmel’» sono identiche a quelle dell’esplosione di una conduttura del gas in un appartamento, — il principio è lo stesso. E cosa succede quando esplodono i fornelli negli appartamenti, lo sappiamo benissimo tutti. In generale la dichiarazione della procura sul fatto che un lanciafiamme, che al momento dello sparo produce una temperatura di 800 gradi, non possa provocare un incendio, suona perlomeno un po’ strana. In Cecenia mi è capitato anche di sparare con uno «Šmel’», e di vedere le conseguenze dello sparo — le case bruciavano come fiammiferi e venivano completamente distrutte dalle fiamme. E’ un’arma molto potente.
Chissà perché si ritiene che lo «Šmel’» sia un’arma speciale e per usarla è necessario un ordine speciale. Sciocchezze. Per prima cosa il lanciafiamme non è un mezzo speciale, lo si capisce dal nome: RPO, Reaktivnyj Pechotnnyj Ognemët[20]. E viene fornito alla fanteria di terra e di mare e non solo ai corpi speciali. Seconda di poi, in battaglia ogni soldato usa le armi che gli sono fornite per l’uso. Probabilmente gli «Šmeli» sono stati dati prima del blitz. E i soldati, naturalmente, li hanno usati.
Se sia corretto utilizzare un’arma del genere durante un’operazione per la liberazione di ostaggi[21]…
Secondo le testimonianze degli ostaggi i soldati che hanno compiuto il blitz prima di entrare nella sala, ci hanno lanciato una granata. I bambini hanno raccontato che hanno sentito un avvertimento fuori dalla finestra: «Gettatevi a terra, lanciamo una granata», poi c’è stato uno scoppio e solo dopo sono comparsi i gruppi speciali.
Certo, non tutti hanno agito così durante il blitz. I gruppi speciali «Al’fa» e «Vympel[22]» hanno subito perdite senza precedenti, perché hanno fatto scudo ai bambini, hanno creato un «corridoio vivo» per gli ostaggi coi propri corpi.
Arkadij BABČENKO
18.07.2005
[1] “Bombo” (insetto simili all’ape, in russo Šmel’) è chiamato il lanciafiamme di cui si parla nell’articolo.
[2] “Il giornale Nuovo”, uno dei pochi organi d’informazione russo realmente indipendenti, da cui traggo questo articolo (http://2005.novayagazeta.ru/nomer/2005/51n/n51n-s00.shtml
[3] Città della Russia meridionale
[4] Alcuni anni fa il presidente russo Vladimir Putin, con una mossa ritenuta da molti anticostituzionale, ha diviso la Russia in sette distretti, a capo dei quali ha posto uomini di sua fiducia (con poteri ben superiori a quelli dei prefetti italiani) affinché vigilino sull’operato dei poteri locali, che, sotto il suo predecessore El’cin, erano arrivati a rendersi di fatto indipendenti dal potere centrale.
[5] Federal’naja Služba Bezopasnosti (Servizio Federale di Sicurezza), i servizi segreti russi.
[6] Qui forse si fa dell’ironia, visto che si tratta di organi d’informazione favorevoli a Putin.
[7] “Il Commerciante”
[8] “Il komsomolec moscovita”; komsomolec sta per “membro del Komsomol (Kommunističeskij Sojuz Molodëži – Unione Comunista della Gioventù, equivalente sovietico dei “balilla” e degli “avanguardisti” fascisti). Con il crollo dell’URSS il “Moskovskij komsomolec” è diventato un giornale popolare.
[9] “Il Faro”
[10] Nacional’noe TeleVidenie (“TeleVisione Nazionale”), canale televisivo privato critico verso Putin finché questi non l’ha fatto prima chiudere e poi riaprire sotto la direzione di uomini a lui fedeli.
[11] Nomen omen, il destino è nel nome, secondo il detto latino: in russo šepeljat’ significa “biascicare”.
[12] Per amor di precisione ho riprodotto più fedelmente possibile il contorto eloquio di Šepel’
[13] L’aggettivo usato può significare anche “maligno” o “il Maligno”, cioè il diavolo.
[14] Quando cioè si sono verificati i drammatici fatti di Beslan.
[15] La repubblica autonoma della Federazione Russa in cui si trova Beslan
[16] “Le Notizie”; un tempo notiziario ufficiale dell’Unione Sovietica (visto che il più importante giornale sovietico, la “Pravda” – cioè “La Verità” – riportava quasi esclusivamente comunicati ufficiali, si diceva che non c’era alcuna verità nelle “Notizie” né alcuna notizia nella “Verità”), dopo un periodo post-sovietico di buon giornalismo sembra avviarsi tristemente a diventare il notiziario ufficiale del regime di Putin.
[17] La Camera dei Deputati del parlamento russo.
[18] Così si esprime, secondo me per nulla impropriamente, l’autore dell’articolo.
[19] “Detto semplicemente”? Però è chiaro che è qualcosa che si surriscalda ed esplode e sicuramente non giova particolarmente alla salute.
[20] Lanciafiamme Reattivo da Fanteria
[21] Come dire “…fate voi”.
[22] “Stendardo”.
1 commento:
E allora il commento lo faccio io... ;-) La qualità di un blog non si misura dal nr. di commenti che riceve (anzi, sono quelli di basso livello che ne ottengono di più!) e neanche dalle chiamate. Quando iniziai tre anni fa non ricevevo più di una dozzina di chiamate al giorno e zero commenti. Oggi ho decuplicato, anche di più (e solo le chiamate, i commenti rimango pochi), ma ci vuole tempo e bisogna farsi pubblicità. Il tuo blog comunque è molto specifico, non per tutti, ma è proprio questo che è importante. Hai avvertito i vari prof. universitari della sua esistenza? Ed i giornalisti? L'importante è che il tuo blog offra un servizio per quei pochi ma buoni, per un pubblico di qualità, non di quantità. E dato che le traduzioni le facevi comunque per te che senso ha tenerle nel cassetto? Se traduci ... pubblica! Da parte mia sono sempre ben disponibile nell'avvertire dal mio blog di ogni traduzione che fai. Basta che mi avvisi ogni volta (mandami una email) e io metto il link. Ciao, Marco.
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