17 dicembre 2006

A proposito dei desaparecidos del Caucaso

«Persone che spariscono».
Prosecuzione delle indagini di Anna POLITKOVSKAJA
SEQUESTRI: IL PIANO DEL PRESIDENTE NON E’ STATO REALIZZATO
Tre anni fa Putin promise agli abitanti della provincia di Urus-Martan di “trovare gli scomparsi e portare alla luce i colpevoli”. Non ha trovato e non ha portato alla luce nessuno

Dal 2000 il centro per la difesa dei diritti umano “Memorial”[1] porta avanti la “Cronaca della violenza” nella zone del conflitto armato nel Caucaso settentrionale: raccoglie le testimonianze delle vittime, riportano fatti riguardanti sequestri e omicidi, seguono il corso delle indagini degli inquirenti su questi fatti – insomma scrive un resoconto non ufficiale (leggi – non censurato) della guerra.
I membri di “Memorial” ritengono che uscire dal circolo vizioso della violenza, della contrapposizione armata diventerà possibile solo quando trionferà la legge: uno per tutti. Quando i colpevoli dei delitti sconteranno le loro responsabilità e gli innocenti potranno tornare alla vita pacifica indipendentemente dal fatto che siano dei “nostri” o degli “altri”.
Ma finché tutto andrà in un altro modo, “Memorial” continuerà a scrivere il suo resoconto.
Anna Politkovskaja collaborava attivamente con “Memorial” e utilizzava le loro informazioni per preparare i propri articoli. Adesso che Anja[2] non c’è più, abbiamo deciso di aprire una nuova rubrica: due volte al mese pubblicheremo estratti della “Cronaca della violenza”, portata avanti da “Memorial”.
In questo numero sarà la volta di tre storie avvenute a novembre di quest’anno.


La pace nel Caucaso: cronaca di guerra

3 NOVEMBRE 2006
“E’ stato dentro[3] per poco”

Nel villaggio di Samaški nella provincia di Ačchoj-Martan (Cecenia) Murad Vachidovič Magomadov, anno di nascita 1982, fu portato via da agenti di una struttura armata non precisata.
Verso le due di notte nella casa in v. Ambulatornaja[4] fece irruzione un gruppo di uomini armati mascherati. Senza essersi qualificati e senza spiegare i motivi del loro operato questi, sotto la minaccia delle armi, fecero stendere tutti a terra, dopo di che presero Murad dalla sua stanza e lo portarono con loro. Non gli permisero neanche di vestirsi: lo portarono via in canottiera e slip.
Dopo che i sequestratori se ne furono andati, il padre di Murad, Vachid, si diresse alla sezione territoriale di polizia (TOM[5]), che si trova a due isolati di distanza. I poliziotti raccontarono che nel villaggio erano entrate tre automobili. Alla richiesta di fermarsi le persone sedute all’interno gridarono: “I nostri” – e proseguirono. Ben presto le tre macchine ripassarono in senso contrario, lampeggiando e aggirando i poliziotti del posto di blocco. Nell’abitacolo di una delle macchine gli agenti della
ТОМ videro il capo della polizia criminale della provincia di Ačchoj-Martan, il colonnello Vjačeslav Nikolaevič Kulikov.
Alla ROVD[6] di Ačchoj-Martan dichiararono che Murad Magomadov non era da loro. Ciononostante il padre del sequestrato ottenne di potersi incontrare con Vjačeslav Kulikov e questi fu costretto a confermare la notizia dell’arresto di Magomadov: a suo dire, questi era stato portato all’FSB[7], da cui presto l’avrebbero mandato indietro, alla ROVD di Ačchoj-Martan. Alla domanda: “Perché l’hanno preso?” – Kulikov rispose: “E’ stato dentro per poco!”.
In precedenza, nell’estate del 2006, Murad Magomadov fu condannato a un anno e mezzo di detenzione per partecipazione a una NVF[8]. Il 27 settembre il tribunale provinciale di Naur acconsentì alla richiesta di libertà condizionata per Magomadov, in quanto “il condannato aveva scontato in carcere più di un terzo della pena prevista. In questo periodo da parte sua non vi erano state violazioni del regime carcerario, ha ricevuto un incentivo per il suo coscienzioso atteggiamento verso il lavoro. E’ pentito di ciò che ha commesso…”.
Il 3 novembre giunsero di nuovo in casa Magomadov gli agenti di una qualche forza armata, che effettuarono la perquisizione della casa e degli edifici annessi e scavarono anche in qualche parte dell’orto. Nel far questo rifiutarono di qualificarsi, non mostrarono i documenti necessari per effettuare una perquisizione e accompagnarono le loro azioni con insulti e minacce. Non avendo trovato niente di loro interesse, gli uomini armati se ne andarono.
Il 6 novembre Vachid Magomadov si rivolse alla procura provinciale per denunciare l’operato illegale dei poliziotti. L’impiegato della procura Kadyrov[9] espunse dalla denuncia di Magomadov le parole che descrivevano il fatto che suo figlio era stato sequestrato alle due di notte e che i sequestratori erano mascherati. Poi, secondo Vachid Magomadov, Kadyrov dichiarò che suo figlio sarebbe stato accusato di “omicidio” o di “detenzione illegale di armi”. Ritenendo che l’omicidio fosse una cosa più grave, il padre convinse il figlio a confessare la detenzione di armi. In tal modo la procura, invece che degli addetti alla sorveglianza dei detenuti in libertà condizionata, si servì essenzialmente dell’ignoranza della legge da parte del padre dell’arrestato.


21 NOVEMBRE 2006
La procura “raddoppia il PIL[10]

Alla sede del PC[11] “Memorial” della città di Urus-Martan (Cecenia) si è rivolta un’abitante di questa città, Zura Chasueva. Questa ha raccontato che dopo il sequestro da parte di agenti delle forze armate di suo figlio Abu Chasueva, compiuto cinque anni fa, nell’agosto 2001, e la sua seguente scomparsa sono stati avviati due procedimenti penali condotti da due inquirenti della stessa procura provinciale che non sapevano di indagare sulla stesso crimine.
Dal colloquio con Zura Chasueva:
“Il 20 novembre i vicini mi trasmisero una comunicazione della procura della provincia. In essa si diceva che avrei dovuto comparire davanti all’inquirente Madaev.
Il 21 novembre sono stata alla procura della provincia di Urus-Martan. Madaev mi ha detto che ero stata convocata in relazione al procedimento penale numero 25140. L’inquirente mi domandò se mi fosse scomparso un figlio, Chasuev Abu, nell’agosto 2001. Risposi
di sì. Dissi che ero stata dall’inquirente Aslan Kataev, che poteva confermare che ero stata in procura di recente. Madaev gridò qualcosa verso l’ufficio vicino.
Da lì venne fuori l’inquirente Kataev e disse che stava conducendo un procedimento penale, avviato per via della scomparsa di mio figlio, Chasuev Abu. Solo che il numero di questo procedimento era 25170. Entrambi gli inquirenti si stupirono. Poi gli inquirenti si consultarono tra loro e andarono dal procuratore con due cartelle.
10-15 minuti dopo tornarono e mi dissero che adesso avrebbero riunito i due procedimenti in uno.
In tal modo venni a sapere che fino al 21 novembre 2006 nella procura della provincia di Urus-Martan c’erano due procedimenti penali avviati per via del sequestro di mio figlio. Fra l’altro gli inquirenti non sapevano neanche di condurre parallelamente un’“indagine” sulla stessa vicenda”.
Vale la pena dire che entrambe le indagini finora non hanno dato risultati?


27 NOVEMBRE 2006
Il prezzo della consegna di se stessi alle autorità

Alla sede del PC “Memorial” di Nazran’[12] si è rivolto per iscritto un abitante del villaggio[13] di Ordžonikidzevskaja[14] (Inguscezia) Umar Alaudinovič Chajcharoev.
Il 27 luglio 2006 questi, i suoi fratelli e i suoi parenti – in tutto 15 persone – si sono rivolti agli uffici della ROVD del ministero degli Interni della Repubblica Cecena di Ačchoj-Martan per consegnarsi alle autorità in cambio di garanzie concesse dello stato. Avendo creduto alla promessa fatta dal direttore dell’FSB della Federazione Russa N. Patrušev, decisero di tutelarsi da eventuali arresti. A quanto dissero, nel periodo da ottobre a dicembre 1999 avevano fatto parte di formazioni armate della Repubblica Cecenia di Ičkerija[15].
Prima di dichiarare ufficialmente che si sarebbero consegnati alle autorità, questi condussero trattative con i rappresentanti delle forze dell’ordine e ottennero la garanzia che sarebbero stata concessa loro l’amnistia. In particolare ricevettero tali garanzie dal comandante di divisione della PPS[16] della provincia di Ačchoj-Martan Ibragim Dadaev e del capo del VOGO[17] e del PMVD[18] della Federazione Russa nel Caucaso settentrionale, il generale di corpo d’armata[19] Oleg Valentinovič Chotin. Solo in seguito a ciò durante una riunione di famiglia dei Chajcharoev fu presa la decisione di consegnarsi spontaneamente alle autorità. Per 10 giorni furono interrogati tutti e fu verificata la loro posizione in diverse banche dati[20], dopo di che fu disposto di non dar luogo a procedere contro di loro e furono rimessi in libertà.
Tre mesi dopo, il 24 ottobre 2006, nella città di Karabulak (Inguscezia) gli agenti mascherati di un’imprecisata forza armata hanno portato via dall’appartamento della madre di Umar Chajcharoev due degli amnistiati: Mochdan Alaudinovič Èl’gakaev e Mochdan Isaevič Aslambekov. Due giorni dopo un uomo telefonò da Vladikavkaz ai parenti dei sequestrati, presentandosi come l’avvocato di Mochdan Èl’gakaev e comunicò che questi era rinchiuso nel carcere per la detenzione preventiva e che era accusato di aver preso parte a un attacco terroristico in Inguscezia nella notte del 22 luglio 2004. In seguitò si riuscì a chiarire che il secondo sequestrato, Mochdan Aslambekov, si trovava nella ROVD della provincia di Ačchoj-Martan nella Repubblica Cecena.
Al momento l’istruttoria nei confronti di Èl’gakaev è stata chiusa e gli atti sono stati trasmessi al tribunale. Questi si trova nell’infermeria del carcere. Secondo quanto ha dichiarato Umar Chajcharoev, durante le indagini Èl’gakaev è stato picchiato per ottenerne una deposizione favorevole[21]. Umar Chajcharoev scrive che i suoi parenti sono accusati di crimini che non hanno commesso.


Sulle indagini sui sequestri nella provincia di Urus-Martan: 2000—2006

Il 18 dicembre 2003, durante una “linea diretta” di Vladimir Putin[22] alcune abitanti della provincia di Urus-Martan dissero che nella provincia sono state sequestrate 203 persone e hanno chiesto al presidente di parlare delle misure prese per prevenire i sequestri di persona e indagare tutti i casi simili. Il presidente rispose che al momento era impossibile stabilire chi ci fosse dietro a questi crimini, ma promise: “Continueremo il lavoro di ricerca delle persone scomparse e di ricerca dei colpevoli… Sapete che sono state già avviate decine di procedimenti penali…”. Il presidente ha dato un ordine e un anno e mezzo dopo la sua volontà è arrivata in Cecenia.
Nel luglio 2004 la procura ha chiesto all’ufficio di “Memorial” a Urus-Martan dove quelle donne siano venute a conoscenza di questo numero - 203 scomparsi.
Nell’agosto 2004 “Memorial” indirizzò alla procura una lettera, a cui erano allegate le liste di 240 abitanti della provincia di Urus-Martan nella Repubblica Cecena, scomparsi senza lasciare traccia o trovati uccisi dopo essere stati arrestati o sequestrati, con una descrizione dettagliata delle circostanze e chiese a sua volta che venisse comunicato l’andamento delle indagini legate ai procedimenti penali avviati a seguito di questi casi. Né a questa né a una successiva richiesta è stata data risposta.
Nel giugno 2005 un’analoga richiesta fu indirizzata a Èlla Pamfilova[23], a questa furono allegate le liste di 246 “scomparsi” o uccisi dopo i sequestri negli anni 2000–2003.
Il 27 giugno 2005 la procura della Repubblica Cecena ha risposto. E’ risultato che per nessuno di questi crimini è stata formulata un’accusa o sono stati trasmessi atti a un tribunale.
Procedimenti riguardanti il sequestro di quattro persone sono stati avviati in altre province.
Un procedimento è stato trasformato passando dall’articolo 126 del codice penale della Federazione Russa (“sequestro di persona”) all’articolo 127 (“detenzione illegale”) e poi è stato bloccato “a causa del fatto che non è stato stabilito chi siano le persone da convocare in qualità di imputati”.
Riguardo a 172 persone (il 70% della lista) è stato comunicato che è stato avviato un procedimento penale e sono state avviate le ricerche, ma le persone da convocare in qualità di imputati non sono state trovate e che vanno avanti le misure operative di ricerca…
Le operazioni di ricerca devono essere avviate dalla polizia per quel che riguarda le persone scomparse senza lasciare traccia, il cui destino non è stato chiarito, ma in risposta ci è stato comunicato anche l’avvio delle ricerche di 31 sequestrati, i cui corpi sono stati ritrovati molto tempo fa.
Riguardo a 69 persone è stato comunicato che “denunce e comunicazioni riguardanti sequestri non sono giunte alla procura o alla sezione del ministero degli Interni della provincia di Urus-Martan nella Repubblica Cecena”, anche se, perlomeno per quel che riguarda parte di questi casi, la procura non poteva non sapere dei sequestri o dei susseguenti omicidi – i parenti avevano sporto denunce, in alcuni casi erano stati avviati procedimenti penali…
Dalla dichiarazione del presidente sono passati tre anni.

“Novaja Gazeta” n. 93 http://2006.novayagazeta.ru/nomer/2006/93n/n93n-s10.shtml


07.12.2006 (traduzione e note di Matteo M.)

http://matteobloggato.blogspot.com/2006/12/desaparecidos-del
-caucaso.html#links


[1] Associazione nata ufficialmente nel 1992 per mantenere viva la memoria delle vittime del potere sovietico, ma che si occupa anche di diritti umani.

[2] Diminutivo di Anna.

[3] Letteralmente “è stato seduto”, poiché in russo dei detenuti si dice che “siedono in prigione”.

[4] “Dell’Ambulatorio”.

[5] Territorial’nyj Otdel Milicii, “Sezione Territoriale di Polizia”.

[6] Rajonnyj Otdel Vnutrennich Del, “Sezione Provinciale del Ministero degli Interni”; in Russia i posti di polizia si chiamano sezioni del ministero degli Interni…

[7] Federal’naja Služba Besopasnosti (Servizio di Sicurezza Federale), i servizi segreti russi.

[8] Nezakonnaja Vooružënnaja Formacija (Formazione Armata Illegale): nel linguaggio giuridico italiano si tratterebbe di “partecipazione a banda armata”.

[9] Sic.

[10] L’economia russa cresce a ritmi tali che si parla di raddoppiare il PIL dell’epoca della sua entrata nell’economia di mercato. Qui lo slogan è usato ironicamente, perché si è raddoppiato altro…

[11] Pravozaščitnyj Centr, “Centro per la Difesa dei Diritti Umani”.

[12] Città dell’Inguscezia, repubblica caucasica della Federazione Russa confinante con la Cecenia (fino agli anni ’90 formavano un’unica entità, la repubblica di Cecenia e Inguscezia).

[13] Stanica sta “per villaggio cosacco”. Con questo termine vanno intesi i villaggi fondati dai russi.

[14] Villaggio intitolato a Grigorij Konstantinovič Ordžonikidze, collaboratore di Stalin.

[15] Nome di origine turca dato alla Cecenia dagli indipendentisti, in cui pare che non tutti i ceceni si riconoscano.

[16] Postovaja Patrul’naja Služba, “Servizio di Pattuglia dei Posti di Blocco”.

[17] Vertolëtnyj Otrjad Graždanskoj Oborony, “Reparto Elicotteri della Difesa Civile”.

[18] Struttura del ministero degli Interni su cui non trovo informazioni.

[19] Uso per chiarezza la terminologia italiana. Si tratta del generale di grado maggiore.

[20] Dell’amnistia possono godere coloro che si consegnano alle autorità purché a loro carico non via sia altra accusa che la partecipazione a banda armata.

[21] Favorevole allo scopo di condannarlo.

[22] Cioè uno di quei programmi della televisione di Stato russa durante i quali Putin risponde in diretta alle domande (debitamente filtrate, suppongo) dei telespettatori.

[23] Èlla Aleksandrovna Pamfilova, presidente del “consiglio per la collaborazione allo sviluppo delle istituzioni della società civile e dei diritti umani presso il presidente della Federazione Russa” (secondo la pomposa definizione ufficiale).

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