Queste persone salirono per prime sul tetto del
reattore distrutto. Con corazze di piombo artigianali, con pale e
aspirapolvere. Ciò che videro colpisce. Le testimonianze uniche del
generale Tarakanov
Molti lo sapevano
Settembre 1986, terzo mese della mia trasferta di
servizio a
Černobyl'.
I miei compagni e colleghi vicini si erano separati per tornare a
casa. Di regola ufficiali e generali non si trattenevano
qui più di
un mese o due. Detti il consenso per la prosecuzione della trasferta
fino a tre mesi. I superiori a Mosca non obiettarono.
Praticamente tutti quelli che lavorarono alla
centrale atomica ebbero la possibilità, senza saperlo e senza
notarlo essi stessi, di "arraffarsi" schifezze radioattive
oltre i limiti ragionevoli. Infatti prima di mandare a fare
qualsiasi lavoro soldati, ufficiali, in particolare chimici andavano
per primi. Misuravano i livelli e stilavano la cartografia della
contaminazione di località, siti, apparecchiature. Ma tra l'altro
era possibile tener
conto dell'irradiazione?
Il presidente della commissione per la liquidazione
delle conseguenze del disastro di Černobyl'
Vedernikov sostituì B.E. Ščerbina,
a cui toccarono i giorni più infernali di Černobyl'.
A dire il vero, allora non ci fu a lungo. Ma so che Boris
Evdokimovič acchiappò
le radiazioni in pieno.
Ancora non riesco a capire perché né la
commissione governativa, né le truppe di chimici, né la Difesa
Civile dell'URSS, né il Goskomgidromet
[1],
né l'istituto Kur
čatov
[2] non si siano
interessati di zone particolarmente pericolose, dove furono gettate
centinaia di tonnellate di materiali altamente radioattivi sotto
forma di grafite, componenti nucleari (TVS
[3]),
elementi nucleari (TV
ĖL
[4]), frammenti di essi e
altro. Lo stesso accademico Velichov più di una volta stette in
elicottero sopra il terzo blocco incidentato, forse non vide questa
massa? E' pensabile che tanto a lungo – da aprile a settembre 1986
– da queste zone sia stata spazzata dai venti polvere contaminata
da radioattività per tutto il mondo! La massa radioattiva fu
dilavata dalla pioggia, le evaporazioni già contaminate si
volatilizzarono nell'atmosfera.
Inoltre continuò a "sputare"
lo stesso reattore che aveva eruttato una quantità non piccola di
radionuclidi.
Probabilmente molti capi lo sapevano, ma nessuno
intraprese misure radicali. E che i fisici dell'Istituto Kurčatov
avessero dimostrato che già a maggio il reattore avesse
cessato le emissioni era un purissimo inganno! L'ultima emissione fu
registrata dalla stazione radar verso la metà di agosto. Di questo
si occupò personalmente il colonnello B.V. Bogdanov. Dichiaro sotto
la mia responsabilità che l'onere fondamentale del lavoro per la
valutazione dello stato delle radiazioni, fino alla raccolta di
decine di migliaia di campioni di terreno e acqua, ricadde
sull'esercito. Sui risultati delle analisi fu fatto regolarmente
rapporto in forma cifrata alle istanze preposte. La carta più
veritiera e completa della stato della radiazioni fu pure preparata
dai militari.
Il robot bruciato
Una volta ad un'udienza a Černobyl'
della commissione statale il relatore sullo stato delle radiazioni
fu Israele*.
Chiesi perché nel rapporto era dato uno stato così lieto – lo
conoscevamo bene. Non giunse risposta.
E noi a Kiev, su richiesta del Presidente del
Consiglio dei Ministri dell'Ucraina A.P. Lja
ško,
avevamo portato centinaia di campioni di terreno, fogliame e acqua.
Avevamo svolto questa operazione insieme agli ufficiali giunti in
volo in elicottero da
Černobyl'
e con il quartier generale della Difesa Civile dell'Ucraina con a
capo il generale di brigata N.P. Bondar
čuk.
Ricordo che furono messe su pellicola
fotografica foglioline verdi
di castagni del Kre
ščatik
[5]. Sviluppammo la
pellicola e su di essa brillavano a tutta forza i punti dei
radionuclidi. Nascondemmo queste foglioline in una cella speciale e
le fotografammo di nuovo un mese dopo. Adesso erano del tutto
contaminate – dai punti si era formata una ragnatela. Quando il
capitano di 1° rango G.A. Kaurov mostrò i negativi ad A.P. Lja
ško,
questi disse: ah…
I lavori più pericolosi e di responsabilità per la
bonifica andavano compiuti sui tetti del terzo blocco energetico,
dov'era concentrata una buona quantità di materiali altamente
radioattivi emessi durante l'incidente al quarto blocco. Erano pezzi
della struttura in grafite del reattore, componenti nucleari, tubi
di zircone e altro. Le potenze delle dosi dei singoli oggetti
giacenti erano troppo alte e molto pericolose per la vita umana.
Ed ecco che tutta questa massa dal 26 aprile al 17
settembre giacque sui tetti del terzo blocco energetico e nelle aree
della principale tubatura di ventilazione, fu portata via dai venti,
dilavata dalle piogge in attesa, finora, alla fine, che venisse il
turno della sua asportazione. Tutti aspettavano e speravano nella
tecnica robotica. Aspettarono finché arrivò. Con gli elicotteri
alcuni robot furono portati in zone particolarmente pericolose, ma
non funzionarono. Le batterie si scaricarono e l'elettronica si
bloccò.
Nelle operazioni che mi toccò guidare nelle zone
particolarmente pericolose del terzo blocco energetico non vidi una
sola volta un robot al lavoro, tranne uno, estratto dalla grafite,
"bruciato" dai raggi X e diventato un ostacolo nel
compimento del lavoro nella zona "M".
Il lavoro per le persone
Nel frattempo i lavori per la sepoltura del quarto
blocco energetico incidentato erano vicini al compimento. Alla fine
di settembre si doveva coprire il "sarcofago" di tubi
metallici di grande diametro. Il compito non semplice di per se fu
complicato anche dal fatto che sui tetti degli impianti giacevano
tonnellate di sostanze altamente radioattive Bisognava raccoglierle
e gettarle nelle fauci del reattore distrutto, celarle sotto un
tetto sicuro. Un lavoro super-difficile e molto rischioso…
Ma come avvicinarsi a zone dove i livelli di
radiazioni restavano pericolosi per la vita? I tentativi di
utilizzare idro-monitor e altri dispositivi meccanici si rivelarono
senza successo. Inoltre c'erano i luoghi di scarico di prodotti
radioattivi, adiacenti alla tubatura di ventilazione del corpo
principale, le aree della tubatura erano difficili da raggiungere:
l'altezza degli impianti era da 71 a 140 metri. In poche parole,
senza l'attiva partecipazione delle persone era semplicemente
impossibile svolgere tale compito.
Il 16 settembre 1986, secondo il cifrato ricevuto,
volai in elicottero a Černobyl'.
Giunsi alle 16.00 dal generale Plyševskij
e subito mi diressi con lui alla seduta della commissione
governativa che B.E. Ščerbina
conduceva. Discutevano la variante proposta per la rimozione
dei materiali altamente radioattivi dal tetto della centrale atomica
di Černobyl'
da parte dei soldati dell'esercito sovietico.
I membri della commissione si immersero in un penoso
silenzio. Ognuno capiva quanto pericoloso fosse questo lavoretto per
i suoi esecutori. B.E. Ščerbina
selezionò ancora una volta tutte le varianti possibili, nessuna
delle quali era reale. In seguito si prese a trattare del luogo di
sepoltura dei materiali altamente radioattivi La decisione era unica
– gettarli solo nel reattore incidentato. Tentai di convincere la
commissione a fermare i futuri lavori, fare container metallici
speciali dal grande coefficiente di riduzione delle radiazioni e
portare con gli elicotteri i materiali raccolti nei corrispondenti
luoghi di sepoltura. La proposta fu respinta. Parlarono di mancanza
di tempo: premevano i tempi di chiusura del "sarcofago".
In seguito il presidente della commissione si
rivolse al generale e a me: "Firmerà una disposizione per
coinvolgere nei lavori i soldati dell'esercito sovietico".
La decisione fu presa. Ma con questa decisione
ricadde su di me la responsabilità per la direzione
scientifico-pratica di tutta l'operazione. Nella stessa seduta
proposi di preparare e condurre un esperimento particolareggiato
come preparazione all'operazione.
Il gesto eroico del medico militare
Saleev
Il 17 settembre un elicottero ci portò nel luogo di
svolgimento dell'esperimento. Decisero di svolgerlo nell'area "N".
Un ruolo particolare nell'esperimento spettò al candidato in
Scienze Mediche e colonnello tenente del servizio medico Aleksandr
Alekseevič
Saleev. Doveva verificare su di se la possibilità di lavoro
in una zona pericolosa. Saleev doveva agire utilizzando mezzi di
protezione speciali rafforzati. Adattarono a lui una protezioni in
piombo per petto, schiena, testa, organi respiratori e occhi. In
gambali speciali misero manopole piombate. Sul petto e sulla schiena
misero ulteriormente un grembiule piombato. Tutto ciò, come mostrò
poi l'esperimento, abbassò di 1,6 volte l'effetto delle radiazioni.
Inoltre appesero a Saleev decine di contatori e dosimetri. Fu tenuto
accuratamente conto del percorso di spostamento. Bisognava uscire
nell'area dalla rottura nel muro, osservare questa e il settore
incidentato, gettare nelle rovine 5-6 palate di grafite radioattiva
e tornare indietro al segnale. Il tenente colonnello del servizio
medico Saleev svolse questo programma in 1 minuto e 13 secondi. Noi,
trattenendo il respiro, seguimmo le sue azioni – stavamo
nell'apertura creata dall'esplosione nel muro, ma in modo tale che
non avevamo protezione, ci trovammo nella zona per 30 secondi…
In un minuto e qualcosa Aleksandr Alekseevič
ricevette una dose di irradiazione fino a 10 roentgen secondo il
dosimetro che lo mostrava direttamente. Decisero di inviare i
contatori in laboratorio, solo dopo la loro decifrazione fu
possibile trarre conclusioni più precise. Dopo qualche ora
ricevemmo notizie: non differivano particolarmente da quelle a noi
già note. Inviammo l'atto sui risultati dell'esperimento e le
nostre conclusioni ai membri della commissione governativa. La
commissione esaminò l'atto presentato, le istruzioni elaborate da
noi e i promemoria per ufficiali, sergenti e soldati e le approvò.
Tanto più stupefacente per noi fu il fatto che per
tutto il periodo di lavoro del quartier generale per la liquidazione
delle conseguenze dell'incidente alla centrale atomica di Černobyl'
da giugno a novembre 1986 il Ministero della Sanità dell'URSS non
dette alcuna raccomandazione e non svolse esami sui lavoratori dal
punto di vista dello stato psico-fisico. Ai membri del reparto di
ispezione speciale sulle dosi in 4 mesi di lavoro in condizioni di
campi alti e altissimi e di grandi carichi di dosi fecero analisi
del sangue solo una volta! Feroce indifferenza…
La preparazione alla futura operazione andò a pieno
regime. I soldati prepararono manualmente i mezzi di protezione
individuale. Per la protezione del midollo spinale tagliarono
piastre di piombo dello spessore di 3 millimetri, fecero mutande di
piombo – "canestri per le palle", come li chiamavano i
soldati. Per la protezione della nuca preparano schermi di piombo
simili agli elmetti dell'esercito; per la protezione della pelle del
viso e degli occhi dai raggi beta scudi di plexiglas dello spessore
di 5 millimetri; per la protezione dei piedi solette di piombo nei
gambali o negli stivali; per la protezione degli organi respiratori
si adattarono respiratori; per la protezione del petto e della
schiena grembiuli di gomma piombata; per la protezione delle mani
manopole e guanti piombati.
Con tali armature da 25 a 30 kg di peso il soldato
somigliava a un robot. Ma questa protezione permetteva di ridurre
l'effetto delle radiazioni sull'organismo 1,6 volte. "Come si
fa?! – non mi stanco di pormi la domanda. – O venivamo dall'età
della pietra per raccogliere così lastre di piombo e ritagliarci in
fretta una protezione degli organi umani critici?" Per me,
generale e persona che ha perso la salute in quell'operazione, è
vergognoso parlare di una protezione così primitiva delle persone.
Non a caso a ogni soldato, sergente e ufficiale toccò contare il
tempo di lavoro – al secondo! Lo affermo: proteggemmo il soldato
più di noi… Non ripetemmo gli errori fatali dei pompieri eroi.
Sono sicuro, anch'essi avrebbero potuto restare in vita se avessero
saputo il conto del tempo e dei roentgen… Ma cosa principale –
se avessero avuto il vestiario speciale necessario e i mezzi di
protezione.
Ufficiali e capi
La scienza accademica non elaborò niente di
ragionevole nell'organizzazione dei lavori nelle zone
particolarmente pericolose. Toccò creare da soli ed equipaggiare in
corsa un punto di comando (KP [6])
speciale. Là installammo dei monitor, una stazione radio a onde
corte per le comunicazioni con la centrale atomica e il gruppo
operativo del Ministero della Difesa. Nelle zone particolarmente
pericolose furono poste delle telecamere PTU-59 [7]
con quadro di comando a tre assi e regolazione del fuoco con zoom.
La telecamera permetteva di svolgere l'osservazione ed esaminare in
primo piano singoli oggetti. In questo KP condussi l'istruzione dei
comandanti e posi compiti concreti ad ogni militare.
Obblighi particolari ricaddero sull'ufficiale di
uscita e di percorso. L'ufficiale di uscita aveva la responsabilità
personale della precisione nell'osservare i tempi di lavoro. Dava
personalmente il comando "Avanti!" e avviava il
contasecondi e dava il comando di interruzione del lavoro nella zona
e accendeva la sirena elettrica. Nelle mani di questo ufficiale
c'era la vita dei soldati. La minima imprecisione o il minimo errore
avrebbero potuto avere conseguenze tragiche. Non minore
responsabilità ricadde anche sugli ufficiali di percorso.
Inizialmente i dosimetristi A.S. Jurčenko,
G.P. Dmitrov e V.M. Starodumov li condussero per complessi labirinti
nelle zone particolarmente pericolose. E solo dopo questa
preparazione l'ufficiale di percorso poteva portare la propria
squadra nella zona di lavoro. Di solito l'ufficiale di percorso
portava 10-15 squadre di soldati e il suo carico di dose diventava
quello limite, cioè 20 roentgen.
Mentre elaboravamo questi esperimenti,
inaspettatamente giunse in volo una commissione speciale designata
dal primo vice-ministro della Difesa, il generale di corpo d'armata
P.G. Lušev.
Presidente della commissione era il generale di corpo d'armata I.A.
Gerasimov, che nei giorni più difficili dopo l'incidente fu a capo
del gruppo operativo del Ministero della Difesa dell'URSS. Senza
offesa per lui sia detto che non era la migliore variante di comando
della liquidazione delle conseguenze dell'incidente. Tutt'altro che
la migliore. Infatti insieme a N.I. Ryžkov**
[8]
e E.K. Ligačëv***
[9]
il 2 maggio a Černobyl'
giunse in volo il capo della Difesa Civile dell'URSS, il generale di
corpo d'armata A.T. Altunin.
Proprio allora questi leader dello stato furono obbligati ad
affidare la guida di tutta l'operazione per la liquidazione delle
conseguenze dell'incidente alla Difesa Civile dell'URSS. Ne sarebbe
conseguito dislocare il quartier generale della Difesa Civile a
Černobyl'
e dargli un adeguato numero di truppe.
Ma che successe? I solerti capi rimossero A.T. Altunin e,
rimproverandolo ingiustamente, lo mandarono a Mosca. Al comando
furono acclusi generali dell'esercito, talvolta del tutto
incompetenti. La Difesa Civile fu valutata impreparata e incapace di
agire, tecnicamente non equipaggiata.
Ligačëv
e Ryžkov,
mandando il generale Altunin a Mosca, giocarono un ruolo
implausibile tanto nell'organizzazione della liquidazione delle
conseguenze dell'incidente, quanto pure nel destino di Aleksandr
Terent'evič… Conoscevo
bene questa persone. Per lui questo fu un colpo terribile,
irreparabile. Presto si trovò all'ospedale del Cremlino con un
grave infarto. Poi un'ulteriore infarto e il generale Altunin venne
a mancare…
I ricognitori
Ecco così che arrivò quella stessa commissione del
Ministero della Difesa. Nel suo organico c'erano otto generali, tra
cui dello Stato Maggiore, della GlavPUR [10],
dei servizi logistici, delle truppe chimiche, ecc. All'inizio
parlarono nel gabinetto del capo del gruppo operativo. Poi si
incontrarono con Ščerbina.
Più tardi si rivestirono e andarono a Černobyl'.
Là qualche persona in elicottero volò in perlustrazione sul tetto
del terzo blocco energetico e sulle aree della principale tubatura
di ventilazione della centrale atomica. Su comando del presidente
della commissione gli elicotteristi restarono sospesi qualche volta
sui tetti del terzo blocco energetico e presso la tubatura. I membri
della commissione videro con i loro occhi la massa di grafite, di
componenti nucleari con combustibile nucleare, TVĖL
di zirconio e lastre di cemento armato e tornarono a Černobyl'.
Tutti si radunarono di nuovo in riunione e cominciò
una discussione. Fu proposto di fissare la dose di singola
irradiazione nel periodo di esecuzione del lavoro nella zona
pericolosa a 20 roentgen.
Nella disposizione della commissione governativa
n°106 del 19 settembre 1986 c'erano in tutto quattro punti. Il
primo punto diceva che il Ministero della Difesa dell'URSS insieme
all'amministrazione della centrale atomica ordina di organizzare e
compiere il lavoro di rimozione delle fonti di alta radioattività
dai tetti del terzo blocco energetico e dalle aree della tubatura e
tutta la direzione scientifico-pratica faceva ricadere l'ultimo
punto sul primo vice-comandante del reparto di truppe 19772, il
generale di divisione N.D. Tarakanov. Nessuno mi chiese o mi avvertì
personalmente a questo riguardo, tanto più che per formazione sono
ingegnere meccanico e non sono affatto un chimico. Ma non mi misi a
discutere la decisione della commissione, semplicemente che non mi
considerassero un vigliacco.
Lo stesso giorno, il 19 settembre nel pomeriggio
iniziò l'operazione infernale in una zona particolarmente
pericolosa del terzo blocco energetico. Mezz'ora dopo ero al punto
di comando, che si trovava al segno 5001. Secondo le misure
giornaliere, i livelli di radiazioni nel blocco presso il muretto
adiacente al quarto blocco incidentato erano di 1,0-1,5 roentgen
all'ora, ma presso quello opposto, adiacente al secondo blocco di
0,4 roentgen all'ora. Cosicché in due settimane di permanenza al KP
per 10 ore al giorno ci si poteva "ubriacare" in
abbondanza di quelle maledette radiazioni…
Per primi nelle zone andavano continuamente i
ricognitori, precisando ogni volta il mutevole stato di radiazioni.
Farò i loro nomi: il comandante del reparto di ricognizione
dosimetrica Aleksandr Jurčenko,
il vice-comandante del reparto Valerij Starodumov; i
ricognitori-dosimetristi: Gennadij Dmitrov, Aleksandr Golotonov,
Sergej Severskij, Vladislav Smirnov, Nikolaj Chromjak, Anatolij
Romancov, Viktor Lazarenko, Anatolij Gureev, Ivan Ionin, Anatolij
Lapočkin
e Viktor Velavičjus.
Eroi ricognitori! Su di loro e non sui trovatori dell'Arbat [11]
bisognerebbe comporre canzoni…
Quando arrivai al KP, i soldati del battaglione si
erano già rivestiti e stavano in riga – 133 persone in tutto.
Salutai. Giunse la delibera ufficiale del ministro della Difesa
sullo svolgimento dell'operazione. Alla fine del mio intervento
chiesi a tutti quelli si sentissero male e non fossero sicuri delle
proprie forze di uscire dalla riga. La riga non si mosse…
La zona particolarmente pericolosa
Istruii personalmente il primo quintetto di soldati
con a capo il comandante maggiore V.N. Biba al monitor sullo schermo
del quale erano visibili la zona dei lavori e tutti i materiali
altamente radioattivi che si trovavano in essa. Insieme al
comandante uscirono nella zona i sergenti Kanarejkin e Dudin e i
soldati semplici Novožilov e
Šanin. Al via l'ufficiale avviò il contasecondi e iniziò
l'operazione per la rimozione dei materiali radioattivi I soldati
lavoravano non più di due minuti. In questo tempo il maggiore Biba
riusciva a gettare via quasi 30 chilogrammi di grafite radiattiva
con una paletta, il sergente V.V. Kanarejkin con l'aiuto di tenaglie
speciali rimuoveva un tubo con combustibile nucleare, il sergente
N.S. Dudin e il soldato S.A. Novožilov
gettavano via sette pezzi di TVĖL
mortiferi. Ogni soldato, prima di gettare via un carico
mortifero, doveva dare un'occhiata alle rovine del reattore – dare
un'occhiata all'inferno…
Alla fine il contasecondi si fermò! Per la prima
volta suonò la sirena. Il quintetto di soldati con a capo il
comandante di battaglione depose l'attrezzatura da artificieri nel
posto indicato, in un istante lasciò la zona attraverso la fessura
nel muro e continuò verso il punto di comando. Qui il dosimetrista,
egli pure ricognitore, G.P. Dmitrov insieme al medico militare prese
le testimonianze dei dosimetri e annunciò personalmente ad ognuno
la dose di irradiazioni da lui ricevuta. Le dosi del primo quintetto
non superarono i 10 roentgen. Ricordo bene che il comandante di
battaglione mi chiese di lasciarlo andare nella zona ancora una
volta per finire di raccogliere i suoi 25 roentgen. Fatto sta che
ricevuti 25 roentgen spettavano cinque paghe.
Nella zona andò il quintetto di turno formato da
Zubarev, Staroverov, Gevordjan, Stepanov e Rybakov. E così – un
turno dopo l'altro. Quel giorno 133 soldati eroi rimossero dalla
zona "N" più di 3 tonnellate di materiali altamente
radioattivi
Ogni giorno dopo il compimento del lavoro
preparavamo il bollettino operativo, che io personalmente riferivo
al generale di brigata B.A. Plyševskij.
I bollettini cifrati si inviavano al ministro della Difesa e al capo
del GlavPUR.
B O L L E T T I N O O P E R A T I V O
Il 19 e 20 settembre ai
lavori per la rimozione di sostanze altamente radioattive dai tetti
del 3° blocco energetico della centrale atomica di Černobyl'
hanno preso parte soldati, sergenti e ufficiali del battaglione
ingegneristico di posizione (reparto di truppa 51975, comandante -
maggiore Biba V.N.) di 168 persone. I lavori sono stati
fondamentalmente compiuti nella prima zona particolarmente
pericolosa "N".
Durante il compimento
dei lavori:
– sono state raccolte
e gettate nelle rovine del reattore incidentato 8,36 tonnellate di
grafite contaminata da radioattività insieme ad elementi di
combustibile nucleare;
– sono stati estratti e gettati nel
reattore incidentato due componenti nucleari del peso complessivo di
0,5 tonnellate;
– sono stati raccolti e gettati nelle rovine
del reattore incidentato 200 pezzi di TVĖL
e altri oggetti metallici del peso di circa 1 tonnellata.
La dose media di
irradiazione del personale è di 8,5 roentgen.
Noto soldati, sergenti e
ufficiali distintisi particolarmente: il comandante di battaglione
maggiore V.N. Biba, il vice-comandante di battaglione per la parte
politica maggiore A.V. Filippov, il maggiore I. Logvinov, il
maggiore V. Janin, i sergenti N. Dudin e V. Kanarejkin, i soldati
semplici Šanin, Zubarev, Žukov
e Mosklitin.
Non ci sono perdite tra
il personale o incidenti.
Il capo delle
operazioni, primo vice-comandante
del reparto di truppa 19772,
generale di divisioneN.
Tarakanov
Jurčenko
e Dmitrov
L'operazione ferveva e all'improvviso un blocco.
Nell'angolo destro della zona "М", che è sotto la
tubatura, comparvero campi eccessivamente alti – nell'ambito dei
5-6 mila roentgen all'ora e anche di più… Quasi tutti i
ricognitori erano "rotti", cioè avevano superato la dose
di irradiazione. Chiamai il comandante di reparto e dico: "Scegli
ufficiali volontari ragionevoli per la ricognizione nella zona "M".
Ma qui mi si avvicinò Saša
Jurčenko: "Andrò da solo". Mi opposi
categoricamente, notando che avevo già dato ordine di scegliere
gli ufficiali. Saša
rispose che un ufficiale, tanto più non "sparato", non ci
avrebbe portato i dati necessari e difficilmente sarebbe arrivato
sul posto. E andò da solo in ricognizione. Tornato, schizzò a
memoria una cartografia dello stato ingegneristico e delle
radiazioni. Aleksandr Serafimovič
svolse il compito splendidamente, ma so cosa gli comportò questa
uscita nella zona…
Dopo questo furono inseriti correttivi nello
svolgimento dei lavori sui tempi e le dosi di irradiazione. Conservo
ancora con cura quella memorabile cartografia!
Ho già rammentato il ricognitore Dmitrov. Gennadij
Petrovič
arrivò alla centrale atomica di Černobyl'
da Obninsk [12]
come volontario. Durante l'operazione fu quasi ogni giorno
con me nel terzo blocco e più di una volta uscì in ricognizione in
zone particolarmente pericolose. Era uno splendido maestro della
propria occupazione – erudito, tattico, modesto. I soldati lo
stimavano. Con lui tornavamo sempre a tarda notte dal terzo blocco
per tutti quei lunghi labirinti. Una volta tornammo alla centrale
atomica, ma l'accesso sanitario era già chiuso. Tutti i nostri
vestiti puliti erano sotto chiave. Avevamo gettato le scarpe già
prima. Ed ecco che stiamo stanchi, rotti e terribilmente affamati e
non sappiamo che fare. Era mezzanotte. Dico: "Gennadij
Petrovič, vai dalla
guardia e risolvi il problema, sei un ricognitore". Gennadij
Petrovič: "Agli
ordini, compagno generale!" – e andò con i soli calzini
dalla guardia della centrale atomica. Mezz'ora dopo ci eravamo già
lavati, ma non ci riuscì comunque mangiare: era tutto chiuso.
Ricordo un altro episodio legato a Gennadij Dmitrov.
In qualche modo, tutto pallido, mi si avvicina di corsa, porta un
soldato e dice: "Nikolaj Dmitrievič,
questo soldato bara con le dosi di irradiazione. Oltre al nostro
dosimetro, posto sul petto a protezione, ha trovato da qualche parte
un altro dosimetro e l'ha messo in tasca, ma al controllo ha
presentato non il nostro, ma il suo. Ma questo soldato ha compiuto
il suo dovere, ha lavorato nella zona pericolosa». Invitai il
comandante dell'unità e chiesi di far luce secondo coscienza. Se
punirono questo soldato o si risolse con un colloquio non so, ma
riferii questo fatto ai partecipanti all'operazione. Infatti erano
tutti volontari, a tutti prima di uscire a svolgere il compito
offrimmo la possibilità di pensare ancora una volta e decidere se
andare o non andare nella zona pericolosa. Quali potevano essere i
dubbi sulla direzione delle operazioni? O c'erano fondamenti per non
fidarsi personalmente di me, che stavo alle porte dell'inferno?
Il blitz delle aree della tubatura
Ma tutto ciò che si dice tra il popolo sono
fiorellini… Ed ecco che le bacche ci aspettavano nelle aree della
tubatura di ventilazione principale e presso le sue fondamenta, dove
sia di grafite, sia di combustibile nucleare c'era semplicemente un
mucchio! La tubatura di ventilazione della centrale atomica
garantiva il rilascio nell'atmosfera di una fiaccola di aria in
qualche grado purificata dai sistemi di ventilazione forzata dei
vani del terzo e del quarto blocco energetico. Per costruzione
questa tubatura rappresentava un cilindro d'acciaio del diametro di
6 metri. Per aumentare la stabilità fu stretta in una costruzione
con carcassa a tubatura che si basava su otto supporti (gambe). Per
il servizio la tubatura aveva 6 aree. L'altezza dei segni della 1.a
area era di 94 metri, della 5.a 137 metri. L'uscita nelle aree di
servizio era garantita da speciali scale metalliche. Ogni area –
per sicurezza – aveva una barriera dell'altezza di 110 centimetri.
In conseguenza dell'esplosione del reattore del
quarto blocco energetico in tutte queste aree, compresa la 5.a,
furono gettati pezzi di grafite contaminata dalla radioattività,
TVS distrutti e interi, pezzi di TVĖL
e altre sostanze radioattive Nel gettarle si danneggiò parzialmente
la 2.a area della tubatura dal lato del quarto blocco energetico…
Ed ecco che, secondo la tecnologia elaborata per la
rimozione di prodotti altamente radioattivi, fu presa la decisione
di iniziare i lavori nella 1.a area della tubatura, dove la
radioattività era più di 1000 roentgen all'ora!
I lavori si complicarono per la difficoltà del
percorso di spostamento nella zona. La squadra inizialmente uscì al
limite di uscita, dove fu messo il posto dell'ufficiale che dava il
via. Comandava la sirena, cronometrava il tempo che i fisici
contavano. E la squadra dal via usciva per la scala antincendio
attraverso l'apertura nella copertura, che si era formata dopo
l'esplosione. Con brevi corse sulla copertura di legno tutti
seguivano attraverso le zone "L" e "K", dove i
livelli di radiazioni erano di 50-100 roentgen all'ora, nella zona
"M". Là i livelli di radiazioni arrivavano a 500-700
roentgen all'ora. In seguito la squadra saliva per la scala
metallica attraverso la fessura nella 1.a area della tubatura nella
zona di lavoro. Tempo di andata e ritorno – 60 secondi. Tempo di
lavoro nella zona 40-50 secondi. I lavori si svolgevano a squadre
ridotte – solo 2-4 persone…
24 settembre. Inizio del blitz delle aree della
tubatura. Per primi al segno 5001 arrivarono i soldati del
reggimento della Difesa Civile della regione di Saratov [13].
In questo reggimento, con il compito di ingegnere di reggimento,
passò il mio servizio dal 1962 al 1967, quando con la famiglia mi
trasferii dall'Ucraina in Russia.
Ed ecco che adesso nell'inferno di Černobyl',
al segno 5001, stava il personale dei soldati del reggimento di
Saratov. Là non c'erano né amici, né conoscenti… Intervenni
brevemente davanti al personale e raccontai che lavoravamo da sei
giorni. Ma avvertii che ci aspettava il lavoro più complesso e più
pericoloso. Dissi i livelli di radiazioni delle zone (più di
duemila roentgen all'ora), dove questi, del mio stesso reggimento,
avrebbero iniziato l'operazione per la raccolta e la rimozione di
elementi altamente radioattivi Guardandoli attentamente in faccia,
annunciai forte come il giorno prima e il giorno prima ancora e
precedentemente: "Chi non è sicuro di se e chi si sente male,
prego esca dalla riga!" Non uscì nessuno. Al comandante del
reggimento detti disposizione di spezzare il personale in squadre,
iniziare il rivestimento di protezione e presentarsi già per
l'istruzione.
Alle ore 8 e 20 minuti iniziò il blitz della prima
area della tubatura. Dai soldati di Saratov presero il testimone gli
artificieri del reggimento ingegneristico-stradale, poi il
reggimento della protezione chimica e conclusero i soldati del
battaglione chimico separato.
B O L L E T T I N
O O P E R A T I V O
Il 24 settembre ai
lavori per la rimozione di sostanze altamente radioattive dalla 2.a
area della tubatura della centrale atomica di Černobyl'
ha preso parte il personale dei reparti di truppa 44317,
51975, 73413, 42216 per un totale di 376 persone.
Durante il compimento
dei lavori:
– è stata raccolta
dalla 2.a area della tubatura la principale tubatura di ventilazione
e sono state gettate nelle rovine del reattore incidentato 16,5
tonnellate di grafite contaminata dalla radioattività;
– sono
stati raccolti e rimossi 11 componenti nucleari semidistrutti con
combustibile nucleare del peso complessivo di 2,5 tonnellate;
–
sono stati raccolti e gettati nel reattore incidentato oltre 100
pezzi di TVĖL.
La durata media del
tempo di lavoro ammontava a 40-50 secondi.
La dose media di
irradiazioni dei militari è di 10,6 roentgen.
Non ci sono perdite tra
il personale o incidenti.
Noto soldati, sergenti e
ufficiali distintisi maggiormente: Min'š
Ė.Ja., Terechov S.I., Savinskas Ju.Ju., Šetin'š
A.I., Pilat Š.Ė.,
Iljuchin A.P., Bruveris A.P., Frolov F.L., Kabanov V.V. e altri.
Il capo delle
operazioni, primo vice-comandante
del reparto di truppa 19772,
generale di divisioneN.
TARAKANOV
Gli elicotteristi
Nel compimento delle operazioni per la rimozione di
sostanze altamente radioattive dai tetti del terzo blocco energetico
e dalle aree delle tubature nostri aiutanti di campo furono gli
ottimi elicotteristi – civili e militari.
Molto spesso, prima di iniziare l'operazione nel
terzo blocco, gli elicotteristi con enormi Mi-26 irroravano di
gromma o di lattice la fessura del reattore incidentato, i tetti
della sala macchine del terzo blocco energetico e le aree della
tubatura. Si faceva questo perché la polvere contaminata dalla
radioattività non si sollevasse nell'aria durante i lavori e non si
diffondesse nel circondario.
Mi si sono impressi particolarmente nella memoria
l'elicotterista militare Vodolažskij
e il rappresentante dell'Aėroflot
Anatolij Griščenko.
Ricordo bene l'incontro non ufficiale che organizzarono Jura
Samojlenko e Vitja Golubev. L'incontro ebbe luogo in fabbrica da
Golubev, dove questi organizzarono una cena a tarda sera. Arrivarono
le persone a me più vicine – Ženja
Akimov, Volodja Černousenko,
il colonnello A.D. Sauškin,
A.S. Jurčenko
e gli elicotteristi, tra cui Vodolažskij
e Griščenko.
Già ben dopo mezzanotte finalmente ci salutammo e ci dividemmo…
Vivevano tutti a Černobyl'.
Ed ecco che quando il 3 luglio 1990 a Seattle in
America scomparve Anatolij Griščenko
e io a quel tempo ero all'Ospedale Clinico Centrale, stetti del
tutto male… Non credevo che non avrei più visto Anatolij. In
testa girava involontariamente: di seguito è il tuo turno…
Intorno c'era un qualche vuoto. Infatti questa
persona viva, meravigliosamente gioiosa era da me nel gennaio 1987
in un ospedale di Mosca e dal suo aspetto era impossibile anche
supporre che tre anni dopo se ne sarebbe andato… Schizzavano
memorie di un elicotterista meravigliosamente modesto e coraggioso.
Aveva un'enorme esperienza di lavoro con carichi eccezionali, che si
adattava pure alla liquidazione delle conseguenze dell'incidente
alla centrale atomica di Černobyl'.
Gli elicotteristi per primi cercarono di soffocare
il reattore esploso. Più tardi fecero lotta agli elementi
radioattivi dannosi, soffocando la polvere con le pompe antincendio.
Questa si chiama bonifica aerea. Anatolij Dem'janovič,
inoltre, insegnava agli elicotteristi militari a bilanciare i
carichi eccezionali. In seguito la commissione governativa gli
ordinò lo spostamento di ventilatori e condizionatori da molte
tonnellate. Questi erano richiesti per il ristabilimento dei primi
tre blocchi della centrale atomica. La prima trasferta fu di più di
un mese. Allora insieme a Griščenko
compì onestamente il suo dovere il meritevole ufficiale di
rotta Evegenij Voskresenskij. A lui più tardi il medico Monachova
ottenne un soggiorno gratis in una casa i cura, in quanto alcuni
specialisti non vollero riconoscere all'ufficiale di rotta una
malattia del sangue. Ma già la seconda volta non gli dettero il
soggiorno gratis. Da noi erano capaci di fare questo…
La bandiera rossa della vittoria
sulla morte "bianca"
Il 27 settembre fu un giorno davvero da ricordare
per me. Quella mattina i miei colleghi dell'operazione alla centrale
atomica dissero per scherzo: "Beh, alla fine tolgono il
generale di Černobyl'
dalla tubatura". Ma era solo una piccola pausa. Fatto
sta che il 26 settembre giunse in volo da Mosca il generale di corpo
d'armata V.I. Varennikov. Già a tarda sera mi avevano riferito che
il mattino seguente mi avrebbero ascoltato sull'andamento
dell'operazione. Non preparai alcun appunto per il rapporto –
tutte le informazioni erano nella mia testa.
Al mattino del 27 settembre ebbe luogo la riunione.
Prima della riunione Varennikov mi interrogò a lungo sui lavori
alla centrale atomica, gli interessava particolarmente lo stato
della costruzione del "sarcofago", il suo sistema di
ventilazione filtrata, i risultati dei lavori di bonifica del primo
e del secondo blocco energetico, come si attuavano le indicazioni
del Capo di Stato Maggiore S.F. Achromeev sui lavori alle scalette
di de-aerazione del terzo blocco. Fatto sta che le scalette di
de-aerazione del terzo blocco erano andate nelle rovine del blocco
energetico incidentato ed erano pure una pericolosa fonte di
radiazioni ad alto livello. Il governo ordinò al Ministero della
Difesa e al Ministero dell'Industria Leggera di compiere insieme i
lavori per il soffocamento di queste radiazioni. Come ora ricordo,
dopo aver ricevuto un messaggio cifrato dallo Stato Maggiore insieme
al vice-ministro dell'Industria Leggera A.N. Usanov tenemmo una
prima riunione e stabilimmo le misure. A proposito, su questa
persona: Aleksandr Nikolaevič
Usanov diresse personalmente la costruzione del "sarcofago"
e il suo KP, più o meno protetto, si trovava nello stesso terzo
blocco, dov'era anche il mio… Più tardi io e lui ci incontrammo
spesso nel sesto ospedale clinico di Mosca. Anch'egli "acchiappò"
troppe radiazioni. Per Černobyl'
ricevette la Stella di Eroe del Lavoro Socialista.
Testimonio: questa decorazione di Aleksandr Nikolaevič
è meritata.
Alla riunione con voce rauca riferii del coraggio
dei nostri soldati, sergenti e ufficiali, dei volumi di lavoro
compiuto, di quello che restava ancora da fare.
Il 2 ottobre 1986 terminammo con successo
l'operazione per la rimozione di elementi altamente radioattivi In
tutto furono gettati tra le rovine del 4° blocco energetico esploso
circa 200 tonnellate di combustibile nucleare, grafite contaminata
dalla radioattività e altri elementi dell'esplosione. Sotto la
direzione di Viktor Golubev furono sviluppate le tubazioni e con
l'aiuto di idro-motori furono lavate tutte le piccole frazioni
dell'esplosione dai tetti della centrale nucleare di Černobyl'.
La commissione speciale esaminò la zona dei lavori sui tetti dei
blocchi energetici, sui tetti della sala macchine e nelle aree dei
tubi della tubatura di ventilazione principale, su cui fu issata la
bandiera rossa in segno di vittoria sulla morte "bianca".
Nikolaj Tarakanov,
generale
di divisione, capo dei lavori per la liquidazione delle conseguenze
dell'incidente alla centrale nucleare di Černobyl',
presidente
della MOOI [14]
"Centro di difesa sociale degli invalidi di Černobyl'",
dottore
in scienze tecniche, membro dell'Unione degli Scrittori della Russia
"Novaja gazeta",
http://www.novayagazeta.ru/society/57885.html
(traduzione e note di Matteo Mazzoni)