In questi giorni la VGBIL, la
Vserossijskaja
Gosudarstvennaja Biblioteka Inostrannoj Literatury imeni M.I.
Rudomino [2],
festeggia i propri 90 anni. E proprio ora per la sua direttrice sono
giunti tempi difficili – nella biblioteca più moderna e in più
dinamico sviluppo del paese si svolge una verifica dopo l'altra.
Forse perché la "Straniera" suona quasi come "agente
straniero" [3].
Il che è in parte vero – in tutti e nove i decenni della propria
esistenza la biblioteca è stata quasi il più efficiente agente
della cultura mondiale in URSS e in seguito in Russia.
Ekaterina Jur'evna Genieva mi ha regalato la nuova
edizione del classico lavoro del maggior specialista della cultura
russa, il direttore della Biblioteca del Congresso degli USA James
Billington, "L'Icona e l'Ascia". E anche se il libro vide
la luce nel 1966, l'immagine usata da Billington è molto consona al
nuovo periodo della storia russa: la propaganda statale si arma di
ascia e icona nella lotta alla fronda interna e al contagio
occidentale.
Certo, Ekaterina Jur'evna, che ha visto nella sua
epoca molte personalità del potere e con molte di loro ha trovato
una lingua comune, sa difendersi e conversare con il potere in una
lingua ad esso comprensibile. Come seppe fare anche la fondatrice
della "Straniera" Margarita Ivanovna Rudomino ("I
suoi enormi occhi azzurri aiutavano molto a convincere gli
interlocutori", – dice Ekaterina Genieva ). Ma quando
rimproverano alla direttrice, mettiamo, il fatto stesso della
presenza nella biblioteca di un Centro Americano – cosa si può
rispondere qui?
Peraltro il Centro Americano è uno dei quattordici
in funzione nella "Straniera". L'ultimo tra quelli aperti
è quello Iraniano. Ma questo si può – secondo le nuove regole
ideologiche?
Il Centro Americano è uno spazio libero e, come
tutti nella VGBIL, computerizzato con libri ad accesso libero. C'è
un angolino per i bambini, dove Ekaterina Jur'evna durante la nostra
passeggiata per la biblioteca si è stancata e si è seduta smarrita
su una seggiola per bambini di plastica colorata. Comunque spera
ancora di convincere il potere che i centri cultural-informativi,
bibliotecari e di istruzione stranieri sono un bene per il paese
Russia, la sua vera "forza morbida", sulla cui utilità
recentemente ha parlato il primo ministro. "Noi cerchiamo
amici, non nemici, – ragiona Genieva, – e cerchiamo di
trasformare i nemici in amici. In qualche modo durante una delle
innumerevoli verifiche chiesero: dice, da voi in questi centri non
ci sono spie? E io onestamente ho risposto: forse ci sono pure. Solo
che il mio lavoro non è evidenziarle, il mio lavoro è il dialogo
interculturale".
"Non
ci sono toni neri, ce ne sono di grigi"
Proprio questa frase Ekaterina Genieva, sedendo nel
proprio troppo modesto gabinetto di lavoro, che un tempo occupò la
stessa Margarita Rudomino, pronuncia caratterizzando il proprio
primo capo, Ljudmila Gvišiani-Kosygin.
E mentre cacciavano la leggendaria Rudomino dalla biblioteca in due
ore, nei ricordi su Margarita Ivanovna c'è un episodio penetrante,
quando la nuova direttrice le prese le chiavi della cassaforte,
dichiarando l'armadio antincendio "patrimonio statale".
Tra l'altro nella cassaforte restavano gli effetti personali della
persona che per 52 anni aveva diretto la biblioteca.
"Ljudmila Alekseevna si agitava sempre molto
per qualsiasi motivo, – negli occhi di Ekaterina Jur'evna compare
un calore ironico, che, dev'essere così, fa terribilmente
imbestialire i suoi attuali persecutori, – e io ero la prima che
aveva assunto al lavoro. Il comitatino annesso le diceva: legga il
modulo, legga! Mezza ebrea, una tesi su un qualche sospetto James
Joyce… Ma quella Ljudmila Kosygina fece molto di buono, ottenne
per la biblioteca, probabilmente grazie a una colazione con suo papà
[4], uno status
scientifico. E allora qui comparvero filologi di altissimo valore".
Peraltro il monumento a Joyce, così come quelli a
molti altri scrittori, sta nell'atrio della biblioteca, così come
tutto qui – accessibile a tutti. Gli ennesimi verificatori, che
vanno a frotte nella "Straniera", furono molto
insoddisfatti della multiformità dei molti James qui in un solo
posto. Sul tavolo della direttrice c'è il libro di un James
(Billington, persona-leggenda, che inviò un video-saluto alla
"Straniera", legando i suoi attuali successi
esclusivamente al nome di Genieva), nell'atrio il monumento a un
altro James (Joyce). "Il primo fu il monumento a Heine, che
Lužkov
[5]
donò alla biblioteca – non sapeva dove ficcarlo, –
racconta la direttrice, – Molti stabilirono che Heine era sepolto
qui. A Pasqua giungevano persone con le uova [6].
Giunsero lettere di "nuovi russi" [7]
con la richiesta di organizzare la sepoltura per loro". Genieva
è molto orgogliosa dei monumenti, ritenendoli parte della noosfera
comunicativa della biblioteca: "La gente dialoga con le ombre
materializzate. Presso il busto di Wallenberg ci sono sempre fiori
freschi – e non li depongono lì i lavoratori della biblioteca. I
bambini giocano sulle ginocchia di Joyce".
Lo stesso, la spia, uno dei James… Peraltro, sui
bambini. Uno degli ennesimi verificatori – del controllo valutario
(infatti non può essere tutto pulito là, dove la direttrice
aggiunge ai 6 milioni di dollari del budget statale 4 milioni di
dollari extra-budget – i revisori erano abituati al fatto che
questi soldi si rubano e diventano tangenti immediatamente) –
chiedeva solo che gli mostrassero quello stesso Centro Americano. E
non poteva credere in alcun modo che già si trovasse in esso. "E
dov'è l'ufficio?" Ma non c'è un ufficio! Solo libri, solo
cataloghi elettronici, solo lezioni in una parlata straniera (in
quel momento, mentre vagavo con la direttrice per la biblioteca, là
in una sala piena, all'ora in cui tutto il popolo russo in un unico
slancio si incollava alle notizie dei canali federali, si teneva una
lezione in lingua inglese sull'… ecologia! Beh, si può credere a
una cosa del genere?!). Ecco così che, mentre il verificatore
continuava ad interrogare la direttrice, nella sala di lettura del
Centro Americano entrò a passo di marcia un gruppo di lindi allievi
della scuola "Suvorov" [8].
Il revisore ebbe una dissonanza cognitiva. Cosa fanno questi qui?
Leggono! "Qui può venire chiunque", – gli fece
comprendere Genieva. "E che, posso venire qui con la mia
nipotina?" – "Certo, se ha già tre anni".
…Una volta, a un'ora molto tarda, la direttrice
scoprì in una delle sale della biblioteca un bambino sui sei anni
che malinconicamente picchiava con un dito su un computer, alla
VGBIL ci sono ad ogni passo. "Io, certo, stabilii che si era
perso e mi proposi di mostrargli la strada, – ricorda Ekaterina
Jur'evna. – Ma questi molto irritato mi rispose: "Che mi dice
qui – io lavoro qui già da dieci anni".
Proprio dieci anni (sui suoi sei), e proprio
"lavoro".
"Il
tempo Le sarà testimone"
Qui giungono bambini che ancora non sanno leggere. E
dove finiscono? Finiscono, come si esprime la direttrice, "nello
spazio dove ci sono punti di stupore": una moltitudine di libri
e persone che leggono. Nelle sale di lettura può non esserci troppa
gente, ma nella biblioteca ci sono tante iniziative quanti giorni in
un anno. Alle mostre, alle lezioni, nei centri di istruzione una
mela non avrebbe dove cadere. "Cos'è la nostra biblioteca? Il
mondo intero in uno spazio informativo-culturale. Chi siamo noi?
Siamo creati dai libri che abbiamo letto", – ragiona
Ekaterina Jur'evna. "Secondo me, questa è un'importante
missione statale – sostenere tali biblioteche", – dice di
nuovo un po' smarrita, come se qualcuno dall'alto gabinetto le
avesse appena detto letteralmente che la Terra sta su tre balene [9]
e non è tonda. Ma secondo me, proprio questo spaventa anche
l'attuale stato. Lo spaventano le persone che leggono libri. Peggio,
libri intelligenti. Peggio ancora – libri in lingue straniere.
Ora la discussione si volge sul fatto se la gente
con il hijāb
violi il carattere laico dello stato. (La gente in camicia
nera e i cosacchi bardati, probabilmente, non violano il carattere
laico dello stato.) Ma nella Biblioteca di Letteratura Straniera
leggono libri ragazze con il hijāb
e ragazze con i fazzoletti da testa – quelli con cui vanno nelle
chiese ortodosse.
Peraltro, Ekaterina Genieva diventò direttrice
grazie a padre Aleksandr Men' [10],
il cui ritratto e la cui fotografia stanno nel suo gabinetto. Non
nel senso che le dette protezione. Aleksandr Men' la convinse ad
accettare questa carica. "Non ho tempo per un lavoro
amministrativo", – respinse Ekaterina Jur'evna. "Perché?"
– precisò Men'. "Sono una filologa, scrivo". – "Chi
è Lei, Lev Tolstoj?"
E poi aggiunse: "Il tempo le sarà
testimone".
Nel 1991, su iniziativa di Ekaterina Genieva il
luogo di culto dedicato ai santi Cosma e Damiano, appartenente alla
VGBIL, fu restituito alla chiesa. Questo testimonia una targhetta:
"Il libro salvò il luogo di culto". I sacerdoti hanno
approfondito le proprie conoscenze di slavo antico nella Biblioteca
di Letterature Straniere.
Genieva è stata inviata per più di due decenni. O
comunque di più?
"Una
biblioteca esiste in eterno"
Sì, certo, le citazioni di Jorge Luis Borges,
grande bibliotecario, sono consumate fino a farci dei buchi. Ma per
questo sono precise. Questi definì la biblioteca un paradiso e un
universo. "L'Universo – alcuni lo chiamano biblioteca…»;
"Una biblioteca esiste ab aeterno». Cioè in eterno.
In eterno? In Russia in qualsiasi struttura
lavorativa tutto è troppo fortemente legato al carisma,
all'energia, all'intelligenza della prima personalità. La
"Straniera" dopo Margarita Rudomino è diventata un'altra,
ma è sopravvissuta. La "Straniera", quando già dopo
Kosygina le inviarono un nuovo direttore, che non voleva un
collettivo, dichiarò uno sciopero, una delle ispiratrici del quale
fu Ekaterina Genieva, presidente del Consiglio del Collettivo di
Lavoro. Erano i tempi della democrazia gorbacioviana e il collettivo
ottenne il diritto di scegliere il direttore. Il 30 ottobre 1989 fu
eletto direttore Vjačeslav
Vsevolodovič Ivanov [11].
L'89enne Margarita Ivanovna Rudomino quello stesso
giorno mandò una lettera al collettivo: "Ho voglia di vedere
la nostra Biblioteca come una biblioteca autonoma, una forte
biblioteca scientifica, come un autentico centro di conoscenza della
cultura mondiale e della scienza, (…) fornita di computer,
catalogo automatizzato e altri nuovi mezzi tecnici".
Tutto questo adesso c'è, si capisce. Ma ecco cos'è
importante. Nell'articolo su Rudomino Genieva scriveva: "…era
destinata ad inventare un modello di biblioteca che si sviluppa da
sola". Infatti dalla "Straniera" all'epoca di
Margarita Rudomino si svilupparono la casa editrice "Progress"
[12], l'Istituto "Maurice
Thorez", la rivista "Inostrannaja literatura" [13].
E Ekaterina Genieva si tiene a quella concezione dei punti di
crescita che attirano a se ciò che gli economisti chiamano "effetto
moltiplicativo". Per esempio, da un atto coraggioso –
l'"ordine" da Parigi nel 1989 di un camion con letteratura
della casa editrice YMCA-Press (10 anni di reclusione) – nacque il
Centro Culturale Francese. La logica dell'auto-sviluppo ha portato
alla comparsa di quegli stessi centri di cultura e libri di paesi e
nazioni. 5 milioni di unità conservate, libri in 144 lingue,
collaboratori che parlano 57 lingue e ricevono stipendi non tanto
piccoli – in media 30 mila rubli [14]
(ma adesso il Ministero della Cultura ha promesso perfino il loro
aumento). 250 mila lettori vivi all'anno, che toccano i libri con le
mani.
In qualche modo Hugo Chávez
aprì personalmente il Centro Latino-americano nella biblioteca. "Ma
Lei sa che accanto al vostro centro c'è il Centro Americano?»
Chávez guardò
attentamente la direttrice e rispose alla domanda con una domanda:
"Ebbene?" Per lui "ebbene", ma per i nostri capi
e revisori non è affatto "ebbene"…
…Auto-sviluppo in tutto. Ecco che se solo si ferma
il lavoro, i punti di crescita possono trasformarsi in punti di
decadenza e di degrado. Sopprimi questi centri oggi, svergognali
come "agenti stranieri" dentro la "Straniera" –
e che sarà della biblioteca? Ed ecco che cessa di essere il luogo
di ciò che nella tesi di dottorato di Genieva si chiamavano
"comunicazioni interculturali", la si priva di uno status
oggi tanto organico di social network non anonimo e non virtuale,
dove giungono a tenere un dialogo e a leggere.
Molti ricordano ancora la sala per fumatori alla
Leninka [15] come la loro
seconda università. Perché la sala per fumatori era uno spazio di
dialogo. Nell'attuale "Straniera" neanche fumare, seguendo
gli insegnamenti di Dmitrij Medvedev, è obbligatorio. Perché il
dialogo si può tenere in ogni metro quadrato di questo edificio,
che un tempo sembrava ai precedenti frequentatori assidui della
"Straniera", per esempio Vladimir Pozner [16],
troppo grande e scomodo. Ma oggi questo è un luogo già "venerato"
da alcune generazioni di lettori e perciò fuori moda in senso buono
e perfino il colosso staliniano sulla Kotel'ničeskaja
[17], vicino alla
biblioteca, sembra addomesticato e non terribile.
"La biblioteca è una struttura di dialogo, –
ragiona Ekaterina Genieva, – un luogo dove si svolge un dialogo
interculturale, interconfessionale, interetnico. La biblioteca non è
schede di catalogo o firme elettroniche. E non è neanche
semplicemente un deposito di libri. Borges diceva che il libro è
morto finché non lo tocca il calore di una mano umana. Ma l'epoca
di Gutenberg, ammettiamolo tra noi, sta finendo, Internet diventa
un'altra forma di esistenza del libro. E la biblioteca cessa di
essere un deposito di "tavolette d'argilla". Qui se
giungono per qualcosa, è per il dialogo socio-culturale, per la
navigazione umana. E il bibliotecario diventa qualcosa a metà tra
un attore, uno psicologo, un insegnante e un illuminista". "Un
venditore", – suggerisco. In questo, forse, sta la principale
innovazione della VGBIL, che adesso sta diventando lo standard per
tutte le biblioteche.
"Peraltro, – continua Genieva, – delle
piccole biblioteche, se vogliono sopravvivere, ciò le riguarda in
maggior grado. Devono diventare centri di dialogo umano".
Ciò riguarda anche la stessa professione di
bibliotecario. Uno dei problemi è l'età media dei lavoratori della
biblioteca. Quello che nella lingua dei sociologi si chiama "50+".
Garri Bardin, che ha partecipato alla discussione giubilare alla
"Straniera", rivolgendosi all'enorme pubblico della Sala
Grande, con la sua profonda voce baritonale che è un marchio ha
proferito: "Sembrate più giovani". E non li ha offesi, ma
li ha fatti ridere. Onorando la VGBIL e Genieva, il direttore della
Biblioteca Storica Michail Afanas'ev ha detto che è orribile quando
la stessa parola "bibliotecario" si associa all'epiteto
"modesto". "Non voglio che dei bibliotecari dicano:
eroi e santi. Voglio che siano normali, preferibilmente giovani,
uomini e donne, che hanno la possibilità di vivere e guadagnare
degnamente. E in questo senso dev'essere la volontà politica dello
stato", – ragiona Ekaterina Genieva. Ecco allora che la
biblioteca – nel senso ampio della parola – esisterà secondo la
formulazione di Borges, ab aeterno, in eterno.
…Forse divulgo un qualche segreto, ma Ekaterina
Jur'evna Genieva ha da lottare duramente con la volontà politica
dello stato, che non di rado è indirizzata non in favore della
biblioteca,ma contro di essa. Tener botta per due decenni, essendo
una fragile donna-filologo e non un ferreo commissario del popolo
staliniano, in altri casi sarebbe un motivo per cedere la posizione…
Ma: le persone – non obbligatoriamente solo i capi – si saldano
alla biblioteca. Ma: l'odore della biblioteca, che ha attratto
alcune generazione, tra cui anche la mia, che negli anni '80
pascolava nello spazio tra il cinema "Illjuzion" e la
VGBIL. Ma: i libri, vivi perché li toccano con le mani. "Аha,
anche per Lei è importante questo contatto tattile…" – mi
acchiappa la direttrice mentre carezzo le costole di vecchie
enciclopedie.
In mia presenza nella posta elettronica di Genieva è
giunta una lettera di Ljudmila Ulickaja [18].
Di auguri – in generale la "Straniera" ha 90 anni. La
lettera iniziava con le parole "Cara mia!". Con l'ironia
aristocratico-trattenuta propria di Ekaterina Jur'evna dice:
"Inizialmente pensavo che fosse per me". No, con questo
grado di intimità Ulickaja si rivolgeva alla "Straniera":
"Sono grata a te e a tutti i tuoi collaboratori – dal
direttore alla donna delle pulizie – per quell'atmosfera che si
respira tra le tue mura. E' l'atmosfera della cultura. Viviamo in un
tempo difficile e sappiamo da molto che la scienza si può usare nei
modi più schifosi, ma con la cultura questo non succede: se la si
indirizza a scopi anti-umani, cessa di essere cultura e muore".
Andrej Kolesnikov, "Novaja gazeta",
http://www.novayagazeta.ru/society/55145.html
(traduzione e note di Matteo Mazzoni)