Natalija Solženicyna: verrà un tiranno? E noi? Noi – come lo accoglieremo? |
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Evento epocale: “Arcipelago GULAG” è entrato nei programmi scolastici
Nel dicembre 1973 a Parigi fece scalpore la prima pubblicazione dell'epico studio narrativo di Aleksandr Solženicyn. I contemporanei scrissero: “Forse un giorno considereremo la comparsa di “Arcipelago” un segno dell'inizio del crollo del sistema comunista”… “Questo libro potrebbe divenire il libro principale della rinascita nazionale, se al Cremlino sapessero leggerlo”. La prima cosa si è avverata. E la seconda? In ogni caso, nel settembre 2009 “Arcipelago GULAG” è stato inserito nello standard di istruzione delle scuole russe. Nel gennaio 2011 entrerà nei programmi: con “Prosveščenie” [1] è uscito il volume unico “Arcipelago GULAG. Edizione ridotta”. La versione è proprio per le scuole. Iniziatore dell'introduzione di “Arcipelago” nei programmi scolastici è stato il primo ministro della Federazione Russa Vladimir Putin. Che con questo ha dato anche il miglior contributo alla lotta alla falsificazione della storia nazionale. Ma l'incontro del primo ministro con N.D. Solženicyna nell'estate 2009, le sue parole: “Dobbiamo studiare e propagandare l'opera di suo marito”, la risposta di Natalija Dmitrievna: “Meglio studiarla”, la decisione di introdurre “Arcipelago” nei programmi non sono stati descritti da tutta la stampa. Così come la prima reazione della nazione – il grido di dolore dei blogger da secondo banco della Runet [2]: “Era poco per noi “Guerra e Pace”?!” Forse è poco. Dal 1905, quando nei programmi dei ginnasi entrarono Dostoevskij e Tolstoj, abbiamo vissuto un po' di tempo… Attraverso “Guerra e Pace” non lo si può spiegare. Su come “Arcipelago GULAG” spiega il ХХ secolo e perché è necessario nella scuola del ХХI la “Novaja gazeta” parla con la compilatrice dell'edizione ridotta Natalija Dmitrievna Solženicyna. – Natalija Dmitrievna, ha iniziato davvero molto tempo fa il lavoro su questa versione? – L'ha iniziato lo stesso Aleksandr Isaevič. Gli amici (in particolare quelli che hanno figli adolescenti) ripetevano: c'è bisogno di un'edizione ridotta di “Arcipelago”. Nelle lingue occidentali questa “versione scolastica” esiste dagli anni '80. “Ma, – dicevano a noi, – c'è bisogno anche di quella russa”. Aleksandr Isaevič a malincuore fu d'accordo. Tutt'altro che subito. Ma fu d'accordo. Ho un'edizione in tre volumi, su cui annotò le abbreviazioni. L'autore portò avanti metà del primo volume. Tagliare questo testo gli era estremamente difficile. Alla fin fine mi disse: “Fallo tu!” Ma alla versione ridotta – non a quella adattata, ma proprio alla versione ridotta di “Arcipelago” – sono tornata nel 2009. – L'ampiezza di questa versione è di circa 300 pagine contro le 1200 pagine del testo integrale? – O circa 22 fogli a stampa dei 96 fogli di “Arcipelago GULAG”. Un ragazzo dell'ultima classe [3] è assolutamente in grado di leggerlo in due-tre giorni. E' un testo completo: non volevo fare “frammenti”, una crestomazia del “GULAG”. Anche se sarebbe stato semplice: “Arcipelago” pullula di singoli destini e storie. Sono penetranti. Tipiche degli anni '20, '30, '40. Molto comprensibili per la conoscenza di un adolescente. Ma allora avremmo avuto storie dolorose di singole persone che non avevano avuto fortuna: erano finite sotto la ruota. Ebbene, muoiono anche al fronte… Ma Aleksandr Isaevič non scrisse di questo. Qui l'essenziale non è nei casi. L'essenziale è nel sistema. In qualche modo si è affermato che “Arcipelago GULAG” è un libro sulle repressioni staliniane. E su che tiranno e carnefice fosse Stalin. Ma invece “GULAG” è anche su quelli che furono repressi. Perché in ogni violenza ci sono due aspetti: il carnefice e la vittima. E l'esito non è predeterminato: dipende da entrambi. E dietro la svolta dei destini dei martiri in “Arcipelago GULAG” per tutto il tempo si pone una domanda: c'era qualche alternativa? Nel 1918, nel 1921, nel 1929, nel 1934? – Per tutto il testo va avanti il tema del “non intervento”: nel 1928-1930 vengono processati gli “ingegneri-danneggiatori” con l'approvazione dei lavoratori, nel 1930 verrà anche l'ondata dei lavoratori. Nel 1921 nel silenzio delle campagne vengono presi i rivoltosi antonovcy [4], nel 1929 scorrerà un flusso di contadini “dal buon Ob' [5]”. E più avanti: “Come poi è divampato nei lager: ma cosa sarebbe successo, se ogni agente operativo, andando a fare un arresto di notte, non fosse stato sicuro se sarebbe tornato vivo o no… Se ai tempi degli incarceramenti di massa, per esempio a Leningrado, quando incarcerarono un quarto della città, la gente non fosse rimasta seduta nelle proprie tane morendo di terrore… ma avesse capito che non aveva nulla da perdere e nei propri ingressi qualche persona avesse teso delle imboscate… Agli organi [6] sarebbero rapidamente mancati gli agenti… e nonostante tutta la sete di sangue di Stalin la maledetta macchina si sarebbe fermata! Se… Se… Abbiamo semplicemente meritato tutto quello che è successo dopo”. Un tema scivoloso è anche la “rivolta dei singoli”. Talvolta ebbe anche successo. E di nuovo: “Una società civilmente coraggiosa non avrebbe dato motivo di scrivere… questo libro”. – Solženicyn per tutto il tempo, togliendo strato su strato, cerca una risposta: cos'era la nostra società? Come si comportavano le persone? Come si comportavano quelli in libertà che sapevano cosa accadeva? Come si comportavano quelli che neanche lo sapevano? Esamina i modelli di comportamento in quegli anni. Va per tutti gli ambiti: con i reclusi, con gli indagati, con chi passa la prova cella-tappa-trasferimento-lager. E in ogni ambito l'esito comunque dipende anche dalla vittima. Negli ITL [7] degli anni '30 il potere vinceva facilmente: le persone sopravvivevano o non sopravvivevano una per una. Ma quando negli anni '40 giunsero l'ergastolo, la speranza fu tolta del tutto e le persone divennero semplicemente numeri – qui queste divennero anche persone. Unirono le proprie volontà, la propria dignità, la capacità di sopravvivere, il proprio senso di giustizia oppresso fino alla fine. Questo reagì come una molla. Il quarto di secolo di discesa agli inferi servì per far emergere le rivolte dei lager di Èkibastuz [8], Dubovka [9], Kengir [10] e Vorkuta [11]. …Ma è impossibile condannare persone su cui improvvisamente si abbatté una violenza inimmaginabile. Un tema importante di “Arcipelago GULAG” è l'impreparazione del paese a questo: per mano dei propri fratelli. Quando affondano una chiatta con delle persone sopra, solo affogando nell'acqua fredda vi rendete conto che questo in generale è possibile! Che siate una mercantessa o un ufficiale. – Sì, se affondano la chiatta nel 1918. Ma per i lettori del 2010 il ХХ secolo è nella zona sub-corticale. O nella memoria razionale di chi non è in grado di studiare “GULAG” a scuola. Logicamente l'impreparazione del paese alla violenza è il tema più storico del libro. Ma noi dimentichiamo facilmente. Discutiamo: bisogna ricordare? O temiamo l'ombra di Stalin. – Anche questo colpisce. I nostri terrori odierni – che questo non torni, che questo non torni… – sono tutti focalizzati solo su questo: ecco che arriva il nuovo Stalin! …Arriverà, non arriverà. Ma quello che c'era è già da 57 anni nella tomba. E noi – parlanti la stessa lingua, viventi sullo stesso territorio, – noi, grazie a Dio, siamo ancora vivi. E dobbiamo pensare a noi stessi come partecipanti a questo ipotetico processo e non come a vittime. Ma se verrà – come lo accoglieremo? A cosa siamo pronti? Che lezione abbiamo imparato? Andremo di nuovo senza protestare negli ITL e ognuno penserà solo a se stesso? Se sarà cosi – di cosa ci lamenteremo? Dobbiamo pensare non a un'ipotetica venuta di un tiranni, ma a noi stessi. Prepararci. Divenire persone che non si possono prendere di sorpresa. Ecco il messaggio che Aleksandr Isaevič voleva mandare. Non solo da parte sua, ma di tutto questo inferno. – In “Arcipelago”, quarant'anni fa, l'artigliere del fronte Solženicyn, passato per il GULAG, parlò per primo dell'esperienza tedesca della denazificazione – e del Paese dei Soviet. “Nella Germania dell'Ovest nel 1966 sono stati condannati ottantaseimila criminali nazisti. …C'è un enigma che non sta a noi contemporanei sciogliere: perché alla Germania è dato di punire i propri malfattori e alla Russia non è dato? Che razza di percorso mortale avremo se non ci è dato di ripulirci da questo male che marcisce nel nostro corpo? …Tacendo del male - …lo seminiamo e per mille volte spunterà in futuro. Non punendo, neanche deprecando i malfattori… in questo modo strappiamo ogni base di giustizia da sotto le nuove generazioni. …I giovani assumeranno che la bassezza non è mai punita sulla terra, ma porta sempre benessere. E sarà scomodo e terribile vivere in un tale paese!” Nel 2010 pare che non si parli dei veterani dello MGB [12], ma già degli incidenti stradali sul viale Leninskij [13]. Di tutta la cronaca di tali assalti: questa si amplia ogni settimana. Del destino dei prigionieri del 1941 è detto ancora più duramente: “Una Patria che tradisce i propri soldati è davvero una Patria?”. Anche questa è una cosa viva: alle madri dei soldati morti in Cecenia nel 1995 i tribunali del 2010 rifiutano un aumento delle pensioni di 1000 rubli. E ancora: come hanno distrutto la “solidarietà orizzontale” in Russia. E questa analisi sociale di Solženicyn è ancora valida. E anche le righe su come si siano saldate la lingua russa e la “lingua degli zèk [14]”, su come l'esperienza del GULAG imbeva tutta la Russia. – Oltre a tutto questo, a che serve “Arcipelago GULAG” a scuola? Non perché inizino a leggere e a valutare – dopo qualche decennio! – quelle ingiustizie, quel male, che sono già stati sulla nostra terra. Ma perché impariamo a reagire a quello che accade adesso. E ancora meglio – a prevenire il volgere degli eventi. Non si può lasciare la Storia ai politici perché ci giochino, “rovesciando” sul passato e sul futuro. E non si può farne una “carta stradale” per la strada passata o futura. La storia è solo una macchia su questa carta, dove si annotano i posti pericolosi: burroni, crateri, bivi del destino. Ed è irragionevole schifare questa carta “macchiata”. Ma la nostra società non è ancora autocritica. Noi vediamo solo in quali condizioni qualcuno ci ha posto. Come agiscono con noi. Ma noi come agiamo? Prendiamo almeno qualche lezione dal passato recente? – Un altro tema del libro, trattato con la scrupolosità di un matematico, è lo sfinimento del popolo e la “selezione negativa”. Iosif Brodskij paragonò “Arcipelago” all'Iliade, asserendo: “Il denominatore comune è il tema della distruzione: in un caso una città, in un altro una nazione”. Questo non schiaccerà la conoscenza di uno scolaro? – Penso di no. In primo luogo, semplicemente da un punto di vista empirico. Da me, nel 1974, nel pieno degli attacchi, questo libro lo leggevano gli amici a casa: portarlo con se era suicida. Lo leggevamo giorno e notte. E io ricorderò sempre come un lettore di una quarantina d'anni, ingegnere, intelligente, mi restituì “GULAG” dicendo: “Che strano: il libro abbonda di sangue, sudore, lacrime, terrore. Ma io l'ho chiuso con un senso di forza e di luce”. Molti hanno detto parole del genere. Mi pare che “Arcipelago GULAG” dia la sensazione che dall'ultimo degli inferni ci si possa sollevare. E cosa significa sollevarsi? Probabilmente non che sopravvivo, torno e discuto una tesi di dottorato. Significa che io, come particella di questo popolo, ho un futuro. Anche se non nei propri figli… in quelli di qualcun altro. Ma “Arcipelago” pone anche una dura barriera alle valutazioni odierne – abbiamo raggiunto questo e quello, siamo divenuti una potenza mondiale, Stalin è un manager di successo! Ma in queste conversazioni in modo stupefacente, in un modo da analfabeti si valuta solo cosa e in quali periodi è stato raggiunto. E ad ogni manager nel primo corso della facoltà di dirigenza aziendale insegnano ad esaminare un altro fattore – il costo del progetto. Nel caso di Stalin le perdite non si contano. E le forze del popolo sono state minate in tutto questo. Prima della Prima Guerra Mondiale sul territorio della Russia viveva più gente che negli USA. Oggi non ci si può proprio paragonare. Ci mancano semplicemente le persone. Nel XX secolo tutti i nostri popoli sono stati rovinati. In cambio di cosa? ...La casa editrice “Prosveščenie” per l'“edizione scolastica” di “Arcipelago” il notevole artista Jurij Christič. Per età non è molto lontano dai futuri lettori dell'ultima classe. Va in bicicletta, nello zaino sulla schiena ha dei manoscritti. Jurij Christič ha proposto anche l'immagine della copertina: ecco questa fotografia di Aleksandr Rodčenko. Anno 1933. Canale Mar Bianco-Mar Baltico. Ho sussultato quando ho visto la foto! Questa folla seminuda nella nebbia nevosa, gli scandagli e i picconi che portano, come le picche di un qualche Tempo dei Torbidi [15]. La grossa schiena di un cekista [16] sulla riva sopra di loro. E' solo, ma la folla di persone è docile. Nella bufera si trascinano nella corrente come in una cerchia dantesca. Scavano con le mani un canale che praticamente non sarà usato. Così come molte “grandi costruzioni”. …E immaginate, in questa massa incollata ognuno ha un destino. Chi è morto qui, cosa non ha potuto dare al proprio paese mentre grattava la roccia congelata con il piccone?! Senza parlare dei suoi figli non nati. – So che Lei ha “verificato” il manoscritto e gli esperti erano degli insegnanti. – Sia amici, sia insegnanti che avevano già fatto lezioni su “Arcipelago GULAG” nei loro ginnasi. Gli insegnanti dicevano: nel testo (che io consideravo pronto) ci sono molte cose non chiare per un adolescente. Hanno compilato una lista di 150 punti che bisognava spiegare. Cos'è il “caso di Šachty” [17]? Chi è Vera Zasulič [18]? E Trepov [19], Šeškovskij [20], Jagoda [21], Kirov [22], Zoja Kosmodem'janskaja [23]… Ho fatto un dizionarietto di nomi e ho aggiunto qualche nota a piè di pagina. – Sono stati dimenticati Vera, Zoja, Kirov e Trepov? L'intera Russia è nella nebbia. – Ma che si può fare?! Si può solo chiarire. P.S. La prima tiratura – 10000 copie – in parte arriverà nelle librerie. In parte – su ordine dei ministeri della Pubblica Istruzione di varie regioni – arriverà nelle biblioteche scolastiche. A partire dal 1973, dalla prima edizione parigina, tutti i diritti d'autore per “Arcipelago GULAG” vanno sul conto del fondo Solženicyn e vengono utilizzati per sostenere i sopravvissuti ai lager e le famiglie dei prigionieri politici. I diritti editoriali per la “versione scolastica” andranno pure a loro. Oggi il fondo Solženicyn sostiene 2500 ex zèk. Gli storici lo sanno: nei tempi nuovi proprio un'unica scuola forma l'unità della nazione. L'unità dei suoi valori e della sua mentalità, il suo concetto di se. “Arcipelago GULAG” nello standard federale di istruzione (non liceale, non ginnasiale - comune!) complicherà queste idee? Forse. Ma nella verità. Ci sarà tutto – sia gli “speroni” [24] per le Solovki [25] e la mai appresa rivolta di Kengir. Ma “Arcipelago” sceglierà da solo a chi piacere. Gli trasmetterà il gene della caparbietà Della sobrietà. Dell'autonomia davanti alla tempesta. Del nitore di una buona e chiara analisi. Della vittoria di una persona sul sistema di “un sesto” [26]. E la cosa importante: nella versione scolastica e nel programma scolastico questo libro può cercare i “suoi” tra tutti gli abitanti 17enni della Russia. …Una grande causa. E' come se avessero varato un rompighiaccio. Ha conversato 29.10.2010 |
[1] “Illuminazione”, casa editrice scolastica.
[2] “Russkij Net” (“Rete Russa”), l'Internet in russo. Il corsivo è mio.
[3] L'undicesima, equivalente alla nostra quarta superiore.
[4] Seguaci del socialista rivoluzionario Aleksandr Stepanovič Antonov. Il corsivo è mio.
[5] Fiume siberiano.
[6] Gli organi del ministero degli Interni, cioè la polizia politica.
[7] Ispravitel'no-Trudovye Lagerja (Lager di Lavoro Correttivo).
[8] Città del Kazakistan nord-occidentale.
[9] Centro abitato della Russia meridionale.
[10] Città del Kazakistan centrale.
[11] Città dell'estremo nord della Russia europea.
[12] Ministerstvo Gosudarstvennoj Bezopasnosti (Ministero della Sicurezza Statale), si legga “polizia politica”.
[13] I moltissimi incidenti, anche con esito mortale, causati impunemente dall'equivalente russo delle nostre “auto blu” o dai mezzi di polizia.
[14] Nome gergale dei prigionieri del GULAG.
[15] L'epoca delle lotte per la successione a Ivan il Terribile, morto senza eredi.
[16] Agente della ČK (Čè-ka nello spelling russo), cioè della Črezvyčajnaja Komissija po bor'be s kontrrevoljucej i sabotažem (Commissione Straordinaria per la lotta alla controrivoluzione e al sabotaggio), la prima polizia politica sovietica.
[17] Processo agli ingegneri delle miniere di Šachty (che fra l'altro significa “miniere”), falsamente accusati di sabotaggio.
[18] Vera Ivanovna Zasulič, marxista “menscevica” che si oppose duramente a Lenin.
[19] Aleksandr Fëdorovič Trepov, politico conservatore e uno dei leader dei “bianchi”.
[20] Stepan Ivanovič Šeškovskij, capo della “Cancelleria Segreta” (ufficio di censura) nel XVIII secolo.
[21] Genrich Grigor'evič Jagoda (vero nome Enoch Geršenovič o Enon Geršonovič Ieguda), ministro degli Interni sotto Stalin, morto in una “purga”.
[22] Sergej Mironovič Kirov, politico sovietico, dopo l'uccisione del quale nel 1934 Stalin scatenò terribili “purghe”.
[23] Zoja Anatol'evna Kosmodem'janskaja, militante comunista uccisa dai nazisti.
[24] Usati come mezzo di tortura.
[25] Nome colloquiale delle isole Soloveckie nel Mar Bianco.
[26] Un sesto delle terre emerse, la superficie dell'URSS.
[27] Elena Aleksandrovna D'jakova, giornalista, scrittrice e poetessa.