Esecuzioni
extragiudiziali o "giustizia alla russa"
A chi conviene il business dei cadaveri? Ai
criminali che operano astutamente con l'ideologia religiosa o a
quelli i cui orologi KTO [2]
sono puntati sul compenso a ore? Agli uni e agli altri. E quanti più
cadaveri, tanto più alto è il guadagno. E cioè non c'è fine a
questa guerra.
Dopo una relativa quiete, che si era accompagnata a
trattative attive con i guerriglieri che volevano consegnarsi alle
autorità, l'Inguscezia si è trovata di nuovo gettata in un caos
sanguinoso.
L'attività della clandestinità armata si è
aggravata con le minacce del capo della Cecenia sull'"introduzione
dell'ordine" sul territorio della repubblica confinante. Kadyrov
ha niente meno che accusato Evkurov di "insufficiente decisione
nel condurre la lotta ai guerriglieri, passività politica e cecità
ideologica".
Per via il leader ceceno ha deciso di stabilire un
confine che dai tempi della caduta della Ceceno-Inguscezia erano
trasparenti e ha richiesto, sulla base di documenti di archivio non
resi pubblici, che gli siano trasmessi due distretti che
apparterrebbero da sempre alla Cecenia.
Mosca non si affretta a commentare queste assurdità,
ma l'isteria di privatizzazione "alla Kadyrov" si è
riversata non solo sulle colonne dei giornali. Qualsiasi successivo
passo imprudente dell'ambizioso padrone di Centoroj [3]
rischia di sfociare in un conflitto in cui risulterebbero coinvolti
due popoli vicinissimi.
E su questo sfondo nel Caucaso del Nord, sotto la sorveglianza personale di Vladimir Putin, sono iniziate le esercitazioni strategiche russe del comando e dello Stato Maggiore "Caucaso-2012", che si accompagnano ai già presenti raid aerei sui massicci boscosi dello stesso distretto Sunženskij [4] su cui avanza pretese Ramzan Kadyrov.
E gli agenti delle strutture armate dalla fine di
agosto conducono là azioni speciali per l'identificazione di
complici della clandestinità armata nell'ambito delle indagini
sull'atto terroristico compiuto dal kamikaze ceceno Chusejn Idilov
nel villaggio di Sagopši
[5].
Nell'ultimo mese gli agenti delle strutture armate
ingusci hanno perduto 15 poliziotti rimasti uccisi e 20 persone sono
rimaste ferite. Nelle azioni in risposta nello stesso distretto di
Malgobek [6] gli agenti
delle strutture armate hanno ucciso quattro persone che, secondo la
versione ufficiale dell'UFSB [7],
erano complici delle bande clandestine e "sono state eliminate
mentre facevano resistenza armata agli agenti delle strutture
armate".
Questa formula risuona letteralmente dopo ogni
operazione speciale. Le deposizioni dei testimoni e le inchieste che
sono state condotte dall'incaricato per i diritti umani in Inguscezia
Ozdoev parlano di un ulteriore spirale di esecuzioni extragiudiziali
compiute da gente con le mostrine.
Džambulat Ozdoev: Queste persone, quando ci parlo, sapete cosa mi dicono? Capiamo che si verificano degli errori. Capiamo che ci sono persone corrotte, che pensano solo ai soldi, anche nei servizi segreti. Ci sono mascalzoni dappertutto. Ci sono persone oneste. L'unica cosa che vogliamo e che chiediamo è quando accusano un innocente – è la cosa più pesante. Quando ce n'è motivo, allora siamo pronti ad accettare questa punizione. Ma se si è verificato un errore, dicono, abbiate il coraggio di dire: – Sì, è stato compiuto un errore, ha sofferto, è stata uccisa una persona innocente. Che ce lo dicano, non esigiamo di più.
Ascoltate [8]
la testimonianza dei genitori dei giovani uccisi e dei testimoni
della fucilazione pubblica. Senza commenti.
Tankiev Adam, vicino di Bekbuzarov Musa: Al mattino verso le 5.50 mi svegliai per il rumore di una macchina. Guardando alla finestra, vidi un BTR [9], due macchine Ural [10] e persone armate mascherate. Uscii con mio padre e chiesi: – Ci sono tra voi rappresentanti del potere locale?
Risposero: – Non ci sono, ci saranno. Ci saranno verso le 9. Hanno lasciato avvicinare mio padre al portone e ha bussato. E' uscito Musa.
Musa Bekbuzarov (padre dell'ucciso Bekbuzarov Ibragim): Dissero: – Abbiamo da controllare i passaporti [11]. Può farmi vedere il passaporto?
– Sì.
– C'è qualcun altro da voi?
– Sì. In questo cortile c'è mio figlio maggiore.
Tankiev Adam: Poi portarono fuori tutti i bambini e le donne e li portarono a una Priora [12] a controllare i documenti. Dopo il controllo di tutti i documenti li fotografarono, poi i militari entrarono in casa insieme a Musa.
Musa Bekbuzarov: "Andrai ai nostri ordini". Mi chiesero di prendere una mini-telecamera a forma di pallina e di girare in compagni di un militare tutti gli spazi – casa, cortile, cortile posteriore, garage, orto. Così feci. Seguirono il filmato per strada su un monitor. Poi chiesero a mio figlio Ibragim di passare in casa ancora una volta con i militari per la perquisizione.
Tankiev Adam: Poi i militari tornarono con Ibragim, si sono avvicinarono di più al portone, lo misero contro il muro della casa, lo ispezionarono – per vedere se avesse armi e lo portarono in casa con le mani dietro la testa. Qualche minuto dopo sentimmo alcuni spari – prima 5-6 di fila, poi ci furono altri due spari.
Musa Bekbuzarov: L'omicidio avvenne in quella stanza dove durante la nostra "video-ispezione" avevano detto che era "un buon posto". Sul suo corpo c'erano molte ferite da pallottole e sul volto una ferita da pallottola che testimonia che mio figlio fu finito.
Tankiev Adam: Poi giunsero gli esperti. Uno si avvicinò a noi con dei militari e ci chiesero di fare da testimoni. Chiedemmo cos'era successo là e questi riferì "il ragazzo è morto". Poi i militari si dettero il cambio – si avvicinarono altri due Ural con dei militari. Quelli se ne andarono e misero lì questi. Lasciarono andare il padre e i familiari del ragazzo ucciso. Le donne scoprirono che erano scomparsi tutti i soldi che c'erano in casa e che era stato rubato l'oro.
* * * * *
Come fu fucilato Ardachman Kurskiev lo raccontano suo
padre e suo zio.
Il padre di Ardachman Kurskiev: Alle 6.30 del mattino sentii bussare e uscii. Mi gridarono: – La vostra casa è minata. Portate fuori tutti quelli che sono in casa. Chiesi il mandato di perquisizione e perché non ci fosse un ispettore distrettuale. Risposero che avevano i poteri e chiesero di portare tutti fuori di casa.
Divisero noi tre – me, mio figlio e mia figlia e
mio figlio minore, che uccisero, l'avevano già spogliato. Stava in
piedi nudo. I due ufficiali di grado più altro, uno dei quali era
magro, erano senza maschere, tutti gli altri erano mascherati. Quelli
che si avvicinarono a noi erano russi.
Portarono mio figlio nel cortile e sentii una breve
scarica di mitra e dopo questa scarica gli spararono il colpo di
grazia alla tempia. Qui stavano un Ural e un BTR, un po' più lontano
una Priora con i vetri oscurati.
Dopo le undici da questa Priora uscì un uomo non alto e robusto e parlò nella nostra lingua (in inguscio – nota del redattore). In mano aveva una radio e disse alla radio: – La cosa è fatta. Riunitevi.
Verso le undici giunsero degli agenti di polizia dal Ministero degli Interni locale e dissero che dovevamo andare con loro al posto di polizia. Ci tennero là fino alle due. Quando tornai qui, avevano già portati mio figlio all'obitorio.
Lo zio di Adrachman Kurskiev: Là ci fu anche un colpo di grazia. Il ragazzo era fortemente deturpato. Noi stessi lo portammo via dall'obitorio. Tutti gli altri avevano colpi di grazia alla testa.
Il padre di Adrachman Kurskiev: Perfino quando gli dissero che ci sarebbe stato un controllo dei passaporti, rispose: – Non ho niente da temere, sono pulito nell'anima.
* * * * *
Letteralmente dieci giorni prima della propria morte
Ilez Meržoev
aveva corso in macchina da Nazran' [13]
a Malgobek con un chirurgo per salvare la vita del poliziotto Ilez
Korigov su cui avevano sparato e che era sua vicino, con cui era
andato a scuola ed era in amicizia.
Testimonianza di Aminat Meržoeva, madre di Ilez Meržoev: Alle 5.30 del mattino risuonarono colpi al portone come se tremasse la terra. Erano 40-50 persone.
– Vi do due minuti, carogne, uscite. Se non uscite
tra due minuti, inizieremo a sparare. Portate i passaporti con voi.
Ci sono armi?
– No, nient'altro che passaporti. Ora portiamo i
passaporti. Non sparate! Usciamo! Ci siamo appena alzati, non vi
aspettavamo. Aspettate…
Non erano passati neanche i due minuti che ci avevano
dato quando uscimmo insieme dal cortile in strada. Ci misero contro
il cancello e ci ispezionarono completamente. Non c'era neanche
bisogno di perquisirci, eravamo in camicia da notte, quasi nudi,
anche se è vergognoso dirlo. Ci circondarono dieci soldati e stavamo
tra loro.
– Ma tu ci servi come testimone, – dissero e
portarono mio figlio Ilez nel cortile.
– Non portate via il ragazzo, portate via me, –
dissi, – sono sua madre. Vi mostrerò tutto, vi spiegherò tutto
quello che volete sapere, che vi serve da noi. Portate via me, –
dico, – e questi di nuovo con queste parole – tu, cagna, stai
ferma finché non ti spariamo.
Portarono il ragazzo in casa e là lo torturarono con
un coltello da cucina, gli tagliarono le vene delle mani. Non so cosa
lo costrinsero a dire, ma non poteva dire quello che non aveva
commesso. Dopo avergli tagliato le mani con il coltello, gli
coprirono il volto con un cuscino di piume e lo uccisero con tre
colpi di una pistola con il silenziatore.
Dopo il capo uscì dal portone e gli chiesi: –
Capo, almeno rispondi, dov'è mio figlio? Perché non esce? Perché
non sento la sua voce? Cos'avete fatto a mio figlio?
Non mi guardò neanche, si voltò, si avvicino alla
macchina ferma, prese da là una paletta e un pacchetto nero. Gridai
da far tremare la terra : – Non prendere il pacchetto, non prendere
la paletta, non uccidere mio figlio. Ho sentito che fate questo.
Avete visto, per tre ore avete perquisito tutta la mia casa, tutto il
mio cortile. Non avete trovato niente là. Adesso cercate questo
motivo. Adesso in questo modo cercate di eliminare il mio unico
figlio. Poi fecero esplodere una granata che avevano portato.
Uccisero mio figlio. Ecco cos'è avvenuto in questo cortile.
* * * * *
Nel gennaio 2009 a Salangirej Evloev fu ucciso il
figlio maggiore, l'ispettore del servizio di pattuglia e posti di
blocco Ruslan Evloev. Lo uccisero a colpi d'arma da fuoco i
guerriglieri. Al padre conferirono l'"Ordine del Coraggio",
a cui dopo la morte fu iscritto suo figlio. Due anni e sette mesi
dopo fu già ucciso dagli agenti delle strutture armate il secondo
figlio nello stesso distretto di Malgobek.
Testimonianza di Salangirej Evloev, padre dell'ucciso Abubakar Evloev: Sono il padre di Abubakar Evloev. Quando passarono qui come cani rabbiosi, urlarono per tutta la strada "Allāh Akbar" e spararono in alto e nel cancello. Io stavo nell'altro cortile. Mi dissero "indietro", mi allontanai. Ma mi brucia l'anima. Perché uccidono mio figlio?
Mi misi di nuovo a scappare. Spararono di nuovo verso
di me. Spararono in lato, per avvertimento. La terza volta non ressi,
mi uccidessero pure. Sono disarmato, a mani nude. Gli dissi: –
Ragazzi, non sparatemi, sono un generale cosacco.
Un ragazzo intelligente parlava in puro russo, disse:
– Avvicinati. Se Lei è un generale delle truppe cosacche, perché
Suo figlio spara, è un bandito?
Dico: – Non è un bandito. Ha servito a Čeljabinsk
[14] e un anno a
Sverdlovsk [15]. E' giunto
e ha lavorato. Se avesse tenuto un'arma in mano, io stesso l'avrei
arrestato e portato al posto di polizia e l'avrei consegnato, se
avessi avuto il minimo sospetto.
Mi guardai indietro – sparano di nuovo. In borghese
un loro lavoratore gira come una trottola. E' in maglietta, senza
copricapo e grida "Allāhu
Akbar". E spara in alto. Come se fosse mio figlio, perché
i vicini dicessero: – Sì, sparava, gridava "Allāhu
Akbar".
Questo è falso. Mio figlio non aveva niente. Dormiva
nel suo letto con il solo costume da bagno addosso. E lo sparo fu
diretto alla schiena. Il foro d'entrata e il piccolo foro d'uscita
sono così – pezzi di carne, costole, gli hanno trapassato la cassa
toracica. L'hanno ucciso. Senza motivo.
* * * * *
Il capo dell'Inguscezia Junus-Bek Evkurov, che non si
stanca di parlare della necessità del dialogo con i guerriglieri e
li invita a cambiare idea e a tornare alla vita civile,
all'improvviso, da un momento all'altro, dopo la critica di Kadyrov
sulla "cecità ideologica", ha invitato la popolazione
della repubblica a "non ascoltare i familiari dei guerriglieri
uccisi e arrestati che parlano della non complicità dei loro figli
in un crimine".
Evkurov ritiene che gli agenti delle strutture armate
abbiano agito nell'ambito della legge, cioè hanno ucciso secondo la
legge agendo segretamente tra chi ha rapporti con quelli noti tra il
popolo come "squadroni della morte".
A partire dall'atto terroristico di agosto a Sagopši,
ho cercato di trovare i genitori dei poliziotti morti. Genitori
sfortunati come quelli che abbiamo sentito, con la sola differenza
che i primi sono sentiti sia da attivisti per i diritti umani, sia da
giornalisti.
I miei tentativi di raccontare dei ragazzi morti
realmente per mano dei banditi hanno incontrato la mancata volontà
perfino da parte degli agenti loro colleghi di parlare dei compagni
di servizio.
Uno dei capi del Ministero degli Interni inguscio, un
certo Aleksandr Vladimirovič,
sospettò perfino che fossi un agente che avrebbe potuto consegnare
gli indirizzi dei familiari dei morti. I familiari degli agenti
restano così con il proprio dolore, che lo stato valuta qualche
milione di rubli russi [16]
e qualche regalo occasionale ai figli orfani alle feste professionali
dei poliziotti.
Ma gli uni e gli altri genitori, le mogli rimate
vedove degli agenti delle strutture armate e dei presunti
guerriglieri, i figli rimasti orfani sono un solo popolo e una sola
tragedia, che è pianificata oltre la loro volontà.
Inizialmente li hanno divisi per poi uccidere gli uni
e gli altri. Nessun rappresentante degli agenti della struttura
armate dell'Inguscezia ha potuto rispondere alla mia domanda: perché
bisognava uccidere, quando i "presunti o sospetti" si
potevano prendere vivi?
"Ferma, Roza", – mi dicevano – "Non
lo sappiamo. Fanno entrate i nostri "là" solo quando tutto
è già finito".
A chi conviene il
business dei cadaveri? Ai criminali che operano astutamente con
l'ideologia religiosa o a quelli i cui orologi KTO [2]
sono puntati sul compenso a ore? Agli uni e agli altri. E quanti più
cadaveri, tanto più alto è il guadagno. E cioè non c'è fine a
questa guerra.
Roza Mal'sagova,
RFI [17],
24 settembre 2012,
http://www.russian.rfi.fr/kavkaz/20120924-bessudnye-kazni-ili-pravosudie-po-rossiiski
(traduzione e note di Matteo Mazzoni)
Note
[1]
Roza Sultanovna Mal'sagova, artista teatrale e giornalista inguscia.
[2]
KontrTerrorističeskaja
Operacija
(Operazione AntiTerroristica).
[3] Villaggio nativo, base e
sorta di feudo personale di Kadyrov.
[4] Distretto che comprende tutta
l'Inguscezia centrale e parte di quella nord-orientale e meridionale.
[5] Villaggio dell'Inguscezia
nord-occidentale.
[6] Città dell'Inguscezia
nord-occidentale.
[7] Upravlenie Federal'noj
Služby Bezopasnosti (Direzione del Servizio Federale di
Sicurezza).
[8] L'articolo è la trascrizione
di un reportage radiofonico.
[9] Mezzo blindato russo.
[10] Marca di mezzi pesanti
russa.
[11] In Russia il passaporto è
l'unico documento di identità.
[12] Modello della Lada.
[13] Ex capitale dell'Inguscezia.
[14] Città della Russia asiatica
ai piedi degli Urali.
[15] Oggi tornata ad essere
Ekaterinburg, città della Russia europea ai piedi degli Urali.
[16] Un milione di rubli russi
sono oltre 24900 euro.
[17] Radio France Internationale.
Nessun commento:
Posta un commento