27 novembre 2006

A proposito di Beslan (I)

BESLAN: 10 DOMANDE A CUI NON C’E’ RISPOSTA.

Inchiesta delle “Izvestija”.

1. Si poteva prevenire la presa della scuola? 2. Quanti guerriglieri hanno preso la scuola? Qualcuno è riuscito a scappare dalla scuola dopo il blitz? 3. C’erano armi nascoste in precedenza nella scuola? 4. Perché i guerriglieri hanno fatto un’eccezione per Aušev? 5. Perché il tetto della palestra ha preso fuoco? 6. Quante volte hanno sparato i carri armati e in quale direzione? 7. Perché sono esplose le bombe nella palestra? 8. Che cosa ha causato la morte degli ostaggi? 9. Il blitz del 3 settembre era stato pianificato? 10. Sarebbe stata possibile una fuga “pacifica” dei terroristi[1]?

1. Si poteva prevenire la presa della scuola?

Sull’atto terroristico di Beslan hanno preso a circolare molte voci. Così, secondo una di queste, del futuro sequestro avrebbe parlato ai servizi segreti un guerrigliero arrestato in Cecenia il 1 settembre al mattino presto. Avrebbe indicato anche il luogo preciso. Alla festa d’inizio anno scolastico[2] nella prima scuola[3] di Beslan mancava ancora qualche ora.

Il vice procuratore generale della Federazione Russa Nikolaj Šepel’, che cura l’inchiesta sulla tragedia di Beslan definisce tali notizie non degne di fede. “In effetti in quel periodo fu arrestato in Cecenia un uomo che apparteneva ad una formazione armata illegale – ha detto il vice procuratore. – Ma non ha fatto dichiarazioni su un atto terroristico a Beslan”.

In verità è noto un altro fatto: i ministeri della Difesa dell’Ossezia Settentrionale e dell’Inguscezia[4] avevano dato notizia di un possibile intervento di terroristi nel “giorno della conoscenza”.

La direzione della polizia di entrambe le repubbliche aveva dato precise istruzioni all’ROVD[5] della provincia Pravoberežnyj[6] in Ossezia e a quello di Malgobek in Inguscezia per prevenire questo intervento. Ma gli ordini furono ignorati.

“La scuola n. 1, in cui sono morti i nostri bambini, è letteralmente di fronte all’edificio dell’ROVD – dice Zalina Guburova, madre di uno degli ostaggi uccisi. – Ma i poliziotti durante la presa della scuola non hanno minimamente contrastato i banditi. Come ci hanno detto più tardi, dopo la segnalazione dell’attacco dei terroristi gli ci è voluta un’ora per trovare la chiave del deposito delle armi”.

A parte questo, si è rivelato fatale l’ordine di togliere il drappello della GAI[7] dalle mura della scuola la mattina del 1 settembre. “Passo davanti a questa scuola da 18 anni – dice Al’ma Tokaeva, madre di uno degli uccisi. – Il primo giorno di scuola là c’era sempre un drappello di polizia con una macchina. L’anno scorso per la prima volta non c’era. All’ROVD hanno spiegato che il presidente Dzasochov quel giorno si preparava ad andare nella repubblica di Cabardia e Balcaria[8] e il drappello era stato trasferito sull’autostrada Kavkaz[9] A quanto sono venute a sapere le Izvestija, il drappello era armato di due mitragliatori automatici Kalašnikov e avrebbe potuto dar battaglia ai banditi. Di conseguenza i terroristi non avrebbero potuto giovarsi dell’effetto sorpresa.

Adesso contro il capo dell’ROVD di Malgobek (dal territorio di questa provincia è giunta la banda di Chučbarov[10]) e il suo vice sono stati intentati procedimenti penali per un negligente adempimento del proprio dovere cagionante la morte di due o più persone[11].Tali procedimenti sono stati intentati anche nei confronti del capo dell’ROVD della provincia Pravoberežnyj e i suoi vice.

2. Quanti guerriglieri hanno preso la scuola?

Nikolaj Šepel’, che rappresenta la pubblica accusa al processo contro il terrorista Nurpaša Kulaev[12], afferma che fossero 32. Lo stesso Kulaev l’ha confermato nei primi giorni del processo. A dir suo, che tale era il numero di terroristi gli sarebbe stato comunicato prima della partenza per Beslan dal capo della banda Polkovnik[13]. Tuttavia Kulaev ha un po’ cambiato la sua posizione: “Quando siamo andati di corsa dalla macchina alla scuola, dal suo tetto già sparavano. Quando ci trovavamo nella scuola stessa, al secondo piano (dove si trovava il quartier generale dei banditi – nota delle Izvestija) non mi facevano entrare. Quanti guerriglieri c’erano là non so”.

Gli ostaggi affermano di ricordare tra i guerriglieri un certo Ali, che poi è scomparso e non è stato trovato tra gli uccisi. Dicono che insieme ai guerriglieri in tuta mimetica il 1 settembre nella scuola hanno visto dei guerriglieri con lunghe vesti, di cui Kulaev non sa nulla. “La sera del 2 settembre abbiamo percepito che tra i guerriglieri qualcosa non andava secondo i piani – dice l’ex ostaggio Inga Charipova. – Erano nervosi, discutevano tra loro di qualcosa. Molti si erano rivestiti in abiti civili ed erano già sbarbati”.

Nikolaj Šepel’ è a conoscenza di questi preparativi, ma esclude che i terroristi pensassero a fuggire. E’ convinto che quelli che hanno tentato di farlo siano stati eliminati. Tuttavia la partecipazione al salvataggio degli ostaggi di numerosi civili costringe a dubitare di questo. Nella confusione che si era creata un terrorista rivestito in abiti civili con un bambino ferito in braccio poteva benissimo passare attraverso il fluido cordone di sicurezza.

Lo stesso Šepel’ conferma che c’era almeno un complice dei terroristi fuori dalla scuola: “E’ un correttore, che informava i banditi di ciò che accadeva intorno alla scuola, compresi gli spostamenti dei militari. Adesso è ricercato”.

3. C’erano armi nascoste in precedenza nella scuola?

Di questo quelli che stavano fuori dal cordone di sicurezza parlavano già la sera del 1 settembre. Perfino il capo del quartier generale per l’operazione antiterroristica, il capo dell’FSB[14] dell’Ossezia Settentrionale Valerij Andreev ha dichiarato in televisione che ci sarebbero state delle armi nascoste sotto i pavimenti della scuola.

Subito dopo la liberazione degli ostaggi l’autore di queste righe[15] tentò di trovare i “numerosi testimoni” del ritrovamento dell’arsenale nei sotterranei della scuola. E’ emerso che in effetti c’erano molti testimoni dell’apertura dei pavimenti, ma non erano stati notate armi da fuoco né granate. Esclusa una bambina, che avrebbe visto un arsenale. Ma le era risultato impossibile esaudire la richiesta del corrispondente di definire ciò che aveva visto e il padre, che non era stato preso in ostaggio, era venuto in suo soccorso…

Degli oltre 800 ex ostaggi interrogati solo un ragazzo di 11 anni continua ad insistere di aver visto personalmente un arsenale. Ma Nikolaj Šepel’ ritiene che i dati raccolti non confermino la sua deposizione. I sostenitori della versione assicuravano che la gente aveva paura di dir tutta la verità, ma che certamente avrebbero parlato al processo. Finora non l’hanno fatto. Adesso il comitato delle madri di Beslan ripone le proprie speranze nei futuri interrogatori dei bambini, che “a differenza degli adulti non si metteranno a fare i furbi”. Ma la logica elementare suggerisce che per la banda di Chučbarov sarebbe stato molto più facile portare con se le armi con cui prendere quella scuola, che il 1 settembre si rivelava accessibile.

In effetti i banditi aprirono i pavimenti, ma non cercavano armi, cercavano un sotterraneo, temendo un blitz come nel Centro teatrale di Dubrovka[16]. Distrussero anche i pavimenti dei piani superiori – avevano bisogno di assi per barricare le finestre. Anche l’imputato Kulaev ha dichiarato al processo: “Avevamo tutte le armi con noi”.

4. Perché i guerriglieri hanno fatto un’eccezione per Aušev?

I guerriglieri, che chiedevano di parlare solo con Dzasochov, Zjazikov[17] e Rošal’[18] (fra l’altro contemporaneamente) e che non permettevano ad alcuno di avvicinarsi, hanno fatto un’eccezione per l’ex presidente dell’Inguscezia. Ancora a settembre si era diffusa una versione, secondo cui tra i terroristi c’era un parente o un buon conoscente di Aušev. Ma lo stesso generale ha respinto queste supposizioni durante una delle conferenze stampa. E’ noto che i terroristi acconsentirono che avesse il ruolo di mediatore il 2 settembre, facendo insieme al suo il nome del consigliere del presidente della Federazione Russa Aslambek Aslachanov. Tuttavia i guerriglieri fecero entrare Aušev senza aspettare l’arrivo del consigliere del presidente.

Il capo della commissione parlamentare d’indagine sull’atto terroristico Aleksandr Toršin, in un intervista pubblicata sulle Izvestija (numero del 19 agosto) ha dichiarato: “Dopo aver visionato la cassetta fornitaci da giornalisti americani… come presidente della commissione vorrei avere alcune spiegazioni da Ruslan Aušev. Il fatto è che quando ho conversato con lui non c’era questa cassetta. Raccontò di aver parlato in russo coi guerriglieri. Nella cassetta non parla e abbiamo potuto tradurre ciò che era ben udibile”. Cosa siano riusciti a tradurre, Toršin non l’ha precisato.

5. Perché il tetto della palestra ha preso fuoco?

I membri del comitato “Madri di Beslan” suppongono che l’incendio nella palestra sia stato il risultato dell’uso di lanciafiamme da guerra. Per lungo tempo la procura non ha ammesso la presenza di lanciafiamme nell’arsenale dei partecipanti al blitz. “L’hanno ammesso solo dopo che gli abitanti di Beslan hanno consegnato agli inquirenti le cartucce dei lanciafiamme usati”, ha dichiarato la presidentessa del comitato Susanna Dudieva. Al contempo il capo della commissione parlamentare Aleksandr Toršin ha fatto notare che l’uso di lanciafiamme in altre parti della scuola non ha provocato incendi. “Ci spieghino perché in un posto brucia e in un altro no”. Secondo la versione degli inquirenti i lanciafiamme furono usati per annientare i focolai di resistenza dei guerriglieri nei laboratori della scuola. Fu fatto fuoco con gli Šmeli[19] il 3 settembre dopo le 18.00, quando nella scuola non c’erano più ostaggi vivi. Inoltre, affermano in procura, il lanciafiamme tipo RPO-A[20] non causa incendi e ciò è stato confermato in un incidente probatorio.

Gli inquirenti della procura, rifacendosi agli esperti, affermano: il tetto ha preso fuoco per l’esplosione delle bombe, che hanno provocato un riscaldamento dell’aria fino a una temperatura di 1400 gradi. “L’incendio è avvenuto a causa dell’esplosione uno dopo l’altro di ordigni artigianali – dice Nikolaj Šepel’. – Ciò è confermato anche dalle deposizioni della parte lesa. Il tetto è bruciato per circa 40 minuti, dopo di che è avvenuto il crollo”.

6. Quante volte hanno sparato i carri armati e in quale direzione

“Per portare a termine l’operazione sono stati impiegati tre carri armati T-72 della 58.a armata – ha dichiarato alle Izvestija Nikolaj Šepel’. – Uno di essi sparò dalle 21 e le 21.30. Dall’ala destra della scuola sparò cinque colpi verso le ultime tre finestre del lato destro della mensa. Poi il carro armato fu spostato all’angolo dell’edificio della scuola verso il muro della mensa che da sulla ferrovia e sparò ancora due colpi verso le finestre della mensa. Secondo gli atti furono sparate otto cariche a frammentazione da 125 millimetri. Una per motivi tecnici”.

Al contempo molti ostaggi affermano che il carro armato aprì il fuoco verso la scuola molto prima – quando c’erano ancora molti ostaggi in vita. “A quanto ci risulta dai carri armati fu sparato tra le 13.30 e le 16” – dice la presidentessa del comitato “Madri di Beslan” Susanna Dudieva. Poco prima delle esplosioni nella scuola l’autore di queste righe si trovava in uno dei cortili di via Komintern con sei soldati della 19.a divisione della 58.a armata. I soldati si mossero velocemente per il cortile abbassandosi, perché un cecchino sparava dal tetto della scuola. Subito dopo l’inizio del blitz un ufficiale disse che il cecchino era stato tolto di mezzo. A dir suo lo si era fatto con un colpo sparato da un carro armato, dopo di che una parte del tetto nella zona della mensa risultò distrutto.

7. Perché sono esplose le bombe nella palestra?

La risposta a questa domanda è un mistero per tutti, inquirenti compresi. A nessuno interessava far esplodere le bombe – il dialogo coi terroristi aveva appena cominciato a dare risultati (dopo aver rilasciato delle madri con bimbi piccoli, i banditi avevano permesso agli uomini dell’MČS[21] di portare via i corpi sotto le finestre. “Cosa successe il 03.09.04 alle 13.30 e perché siano iniziate le esplosioni nella scuola resta un enigma per me, – ha detto durante l’interrogatorio presso la procura l’ex presidente dell’Ossezia Settentrionale Aleksandr Dzasochov. – Posso confermare che il blitz nella scuola non fu pianificato”.

“Certo, il 3 settembre la situazione nella palestra era molto tesa, – ricorda l’ex ostaggio Alla Chanaeva. – I bambini stremati si aggrappavano ai fili a cui erano legate le bombe. Anche i guerriglieri erano nervosi”.

Ci sono alcune versioni dell’esplosione. Basandosi sui dati dell’incidente probatorio, Nikolaj Šepel’ suppone che il guerrigliero che controllava l’innesco fosse un tossicodipendente. “Come minimo alcune ore prima delle esplosioni i banditi avevano finito la droga e il 3 settembre erano in crisi d’astinenza…”.

Secondo un’altra versione il terrorista che controllava le bombe avrebbe tentato di cambiare il meccanismo d’innesco di una bomba. Tuttavia al processo Kulaev non ha accennato a cambiamenti dei meccanismi d’innesco degli ordigni. C’è l’ipotesi che lo scotch con cui una delle bombe era attaccata a un canestro si sia scollato e la bomba sia caduta ed esplosa…

L’imputato Kulaev afferma che subito dopo le esplosioni Polkovnik telefonò infuriato a qualcuno: “Il vostro cecchino ha colpito il mio uomo che controllava le bombe”, dopo di che distrusse il proprio telefono. Tuttavia gli organi per la tutela dell’ordine pubblico e la commissione parlamentare non confermano la tesi del cecchino. “Niente del genere avrebbe potuto accadere, – ha dichiarato in un’intervista alle Izvestija il capo della commissione parlamentare Aleksandr Toršin – …il guerrigliero che controllava l’esplosivo era nella cosiddetta zona morta”.

8 Che cosa ha causato la morte degli ostaggi?

Nel complesso nella scuola n. 1 di Beslan e nei paraggi sono morte 330 persone (senza contare i terroristi). 19 di queste sono state uccise dai guerriglieri con colpi d’arma da fuoco prima del 3 settembre. 10 agenti dei corpi speciali, 2 uomini dell’MČS e un abitante di Beslan[22] sono morti durante il blitz. Le cause della morte delle altre 298 persone restano finora motivo di discussione.

“A quanto ci risulta l’80% dei corpi è rimasto bruciato, – dice la presidentessa del comitato “Madri di Beslan”. – Alcuni corpi erano carbonizzati. Il pomeriggio del 3 settembre alcuni ostaggi erano così stremati da aver perso conoscenza. Dopo le esplosioni e le ferite subite non erano in grado di spostarsi dalla palestra in fiamme e sono bruciati vivi”.

L’inchiesta, sentite le conclusioni degli esperti, propone un’altra statistica: sono bruciate vive 11 persone, 106 corpi sono rimasti bruciati dopo la morte e in quali condizioni fossero altri 66 corpi al momento dell’azione termica[23] non si è potuto stabilire. Gli altri non hanno subito ustioni ma sono morti per ferite da schegge o di altro tipo.

Ammettendo che tra i 66 cadaveri di persone di cui non si è potuta stabilire la causa della morte vi siano anche persone bruciate vive, sorge la questione di decine di persone morte bruciate, che si sarebbero potute salvare con uno spegnimento dell’incendio efficacemente organizzato. Ma i pompieri non erano assolutamente pronti a questo. “Senza contare il fatto che la notizia dell’incendio giunse il 3 settembre alle 13.05 – si dice nei materiali della procura – il permesso di far uscire i reparti dei pompieri per far spegnere l’incendio giunse dal quartier generale dell’FSB 2 ore dopo. Il fatto è che i reparti dei pompieri non erano equipaggiati adeguatamente ed avrebbero potuto morire”.

Una parte degli ostaggi è morta nella mensa, dove i guerriglieri li avevano posti come scudi umani nei vani delle finestre. “Sono stati uccisi dalle pallottole sparate da fuori – testimonia Alla Chanaeva. – Erano soprattutto bambini. In quel momento attorno all’edificio c’era un’intensa sparatoria. Per esempio i soldati, vicino ai quali si trovava un corrispondente delle Izvestija, sparavano con armi automatiche da via Komintern”. In sei avevano un solo binocolo. “Spariamo solo verso il secondo piano, dove non ci sono ostaggi, – si giustificava un ufficiale. – Ma da una casa vicina un “partigiano” locale[24] poco fa sparava verso le finestre del primo piano. Io lo fermo e questi dice: “Là ci sono i guerriglieri!”.

9. Il blitz del 3 settembre era stato pianificato?

I membri del comitato “Madri di Beslan” sono convinte di sì. Ma secondo i materiali dell’inchiesta nessuno ha dato l’ordine di compiere il blitz nella scuola. Nelle copie dei documenti a disposizione delle Izvestija c’è l’affermazione categorica del capo del quartier generale Valerij Andreev: “Il quartier generale non ha preso la decisione di compiere il blitz”. Invece del blitz Andreev aveva dato l’ordine di “compiere un’operazione militare per il salvataggio degli ostaggi e la neutralizzazione dei terroristi”. Quest’ordine si può definire forzato, perché è stato dato dopo che le bombe nella palestra erano esplose.

A giudicare da questi documenti, Andreev prese la decisione da solo. Fra l’altro l’operazione militare iniziò mentre una parte significativa del gruppo Al’fa[25] si trovava fuori città in un edificio simile alla scuola di Beslan ad esercitarsi in vista del blitz.

10. Sarebbe stata possibile una fuga pacifica dei terroristi?

Gli ostaggi e i loro parenti rispondono positivamente. Per loro resta solo una domanda: a quali condizioni? Tuttavia il procuratore Nikolaj Šepel’ è convinto: “L’azione era stata pianificata sul principio “qualunque cosa succeda””. In tal senso ha deposto un emiro del jamaat[26] wahhabita[27] dell’Inguscezia da noi arrestato[28]. Gli inquirenti dispongono di una videoregistrazione in cui Abu-Dzejt, uno degli organizzatori dell’atto terroristico, chiede a Ruslan Chučbarov, “Polkovnik”: “Sei pronto all’incontro con Allah?”, al che Chučbarov risponde: “Sono pronto”. La registrazione è stata effettuata alla vigilia dell’atto terroristico di Beslan.

Che i terroristi erano venuti per morire gli ostaggi hanno sentito dire più di una volta nei primi tre giorni di settembre. Nella videoregistrazione della visita[29] di Ruslan Aušev alla scuola la maggior parte dei guerriglieri è senza maschera. Non temevano già più una vendetta sanguinosa. Inoltre il meccanismo installato nella palestra presupponeva la duplice esplosione di tutta la rete di ordigni in essa disposti[30].

Secondo il vice procuratore, in favore della versione “qualunque cosa succeda” parla la mancanza di condizioni poste dai guerriglieri per la liberazione degli ostaggi. Il primo giorno chiamarono a trattare i presidenti di Ossezia e Inguscezia e il pediatra Rošal’. Il 2 settembre con Aušev fecero pervenire una lettera di due pagine scritta in tono sprezzante da Šamil’ Basaev e datata 30 agosto. Essa comincia così: “Vladimir Putin, non sei stato tu a cominciare questa guerra, ma tu puoi farla finire, se avrai il coraggio e la decisione di De Gaulle”. Poi si parla del ritiro delle truppe federali dalla Cecenia, sulla trasformazione di questa in uno stato sovrano nell’ambito della CSI[31]. Neanche una parola sugli ostaggi.

Tra l’altro Kulaev ha detto durante il processo che Polkovnik non intendeva restare nella scuola. Andando a Beslan i terroristi lasciarono due uomini nel loro campo. “Polkovnik disse loro: finché non tornerò, resterete qui”, – ha raccontato Kulaev.

Si capisce che prima di andare a Beslan Chučbarov si preparava all’incontro con Allah. Come il suo maestro Basaev prima di andare a Budënnovsk[32]. Dieci[33] anni fa il ritorno trionfale del terrorista n. 1 dalla città della steppa coperta di sangue permise ai separatisti ceceni di volgere in proprio favore la campagna militare. L’attacco a Beslan perseguiva scopi non meno ambiziosi, sui quali Mosca ben difficilmente avrebbe potuto trovarsi d’accordo.

Nikolaj Gritčin (a Stavropol’[34]), Vladimir Demčenko, Izvestija, 1 settembre 2005, http://www.izvestia.ru/incident/article2610099 (traduzione e note di Matteo M.)



[1] C’erano dei precedenti. A Budënnovsk (Russia meridionale) nel 1996 e a Kizljar (Daghestan) nel 1999 i terroristi ceceni presero un intero ospedale in ostaggio e fu concesso loro di andarsene indisturbati in cambio della salvezza degli ostaggi.

[2] Si celebra il 1 settembre ed è una vera e propria festività civile, “il giorno della conoscenza”.

[3] Le scuole russe non sono intitolate a uomini famosi, ma semplicemente numerate.

[4] Repubblica della Federazione Russa confinante con la Cecenia, che fino agli anni ’90 formava con essa un’unica entità amministrativa, la repubblica di Cecenia e Inguscezia.

[5] Rajonnyj Otdel Vnutrennich Del (Sezione Provinciale del Ministero degli Interni), in pratica l’ufficio provinciale di polizia.

[6] Letteralmente “della riva destra”, cioè della riva destra del fiume Terek, il principale dell’Ossezia Settentrionale. Beslan è il capoluogo di questa provincia.

[7] Gosudarstvennaja AvtoInspekcija (Ispettorato Automobilistico Statale), la polizia stradale russa.

[8] Repubblica caucasica della Federazione Russa.

[9] “Caucaso”.

[10] Ufficialmente il capo del commando dei sequestratori di Beslan.

[11] Verrebbe da pensare che la negligenza che causa la morte di una sola persona non sia punibile. O forse è punibile secondo un altro articolo.

[12] Ufficialmente l’unico sopravvissuto tra i sequestratori di Beslan.

[13] “Colonnello”.

[14] Federal’naja Služba Bezopasnosti (Servizio di Sicurezza Federale), cioè i servizi segreti russi.

[15] Chi sarà? L’articolo è opera di due giornalisti…

[16] Nel 2002 i terroristi ceceni sequestrarono gli spettatori del musical Nord-Ost (Nord-est). Il blitz condotto con gas letali causò la morte di tutti i sequestratori, ma anche di 128 ostaggi.

[17] Presidente dell’Inguscezia.

[18] Pediatra impegnato sul fronte dei diritti umani.

[19] Šmel’ (bombo) è chiamato il lanciafiamme RPO utilizzato a Beslan.

[20] Reaktivnyj Pechotnyj Ognemët (Lanciafiamme Reattivo da Fanteria). Il sottotipo A è armato di cariche termobariche.

[21] Ministerstvo Črezvyčajnych Situacij (Ministero per le Situazioni d’Emergenza), una sorta di Protezione Civile

[22] Cioè una persona che non era stata sequestrata.

[23] Va bene che è un resoconto scientifico ufficiale, ma come si può chiamare “azione termica” la combustione di un corpo umano forse vivo?

[24] Una figura decisamente curiosa, si vorrebbe saperne di più…

[25] “Alfa”, uno dei gruppi speciali che agì a Beslan. L’altro è il Vympel, cioè “stendardo”.

[26] Comunità islamica, ma in Russia significa soprattutto “gruppo terroristico islamico”.

[27] Il wahhabismo (dal nome del fondatore Muhammad ibn al Wahhab al Tamimi) è una delle tendenze più radicali del fondamentalismo islamico e ad esso si rifanno Basaev e i suoi seguaci.

[28] Qui l’autore pare identificarsi con le forze di polizia russe come i tifosi con la squadra di calcio che amano (“abbiamo segnato!”, “abbiamo vinto!”)…

[29] Traduzione letterale di un termine che appare decisamente inadeguato.

[30] Passaggio decisamente oscuro.

[31] “Comunità di Stati Indipendenti”, entità sovrastatale formata dalle ex repubbliche sovietiche, tranne le repubbliche baltiche.

[32] Vedi nota 1.

[33] Corsivo dell’autore.

[34] Città della Russia meridionale, fra l’altro luogo natio di Michail Gorbačëv.

A proposito delle sette in Russia

STANNO INDUCENDO IN TRANCE IL NOSTRO PAESE
I tecnologi della politica e della spiritualità[1] operano nello stesso ambito

Un’epidemia di delirio dei più vari tipi e generi sta falciando la gente come l’influenza aviaria fa coi polli. Membri di “Scientology” in veste di commissione per i diritti dell’uomo vanno in onda su una delle più stimate emittenti radiofoniche di Mosca. Nella capitale settari indiani riempiono le sale di cinema prestigiosi e le loro videocassette e i loro libri si esauriscono rapidamente. A creare l’immagine del «resuscitatore di morti» Grabovoj ha contribuito a suo tempo una grande casa editrice russa, raccontando come quest’uomo miracoloso con l’aiuto di un cristallo magico arresti le esplosioni atomiche.
Probabilmente tutto si spiega facilmente con interessi commerciali – i «baroni della spiritualità» possono rendere bene, il loro business è fiorente, è richiestissimo. E’ tornato perfino Kašpirovskij[2] - eroe di barzellette vecchissime. Il palasport «Jubliejnyj[3]» di San Pietroburgo non è certo la stessa cosa che uno schermo televisivo in ogni casa, ma comunque anch’egli è di nuovo richiesto.
Stanno inducendo il nostro paese in trance?

Va in onda in diretta il programma televisivo «Pust’ govorjat[4]». Il conduttore Andrej Malachov annuncia: «L’ex defunto Filipčuk Boris Jaroslavovič[5]…».
Domanda dallo studio:
- Boris[6], quando è morto?
Risposta:
- Il 1 agosto del ‘96.
- Si ricorda di essere stato all’obitorio?
- Sì.
- E quand’è risuscitato?
- Sono risuscitato il 2 agosto del ‘96.
- Che ha provato quando è morto?
- Assolutamente niente.
- E quando è risuscitato?
-
Ho provato pace e tranquillitàà. Voglio salutare tutti voi, pace a voi[7]!
E pace alle tue spoglie[8], viene voglia di dire. Ma non ci sono spoglie, c’è davvero una persona, che conversa e assomiglia al defunto in modo stupefacente. Lì vicino siede Grabovoj e dice che, di conseguenza, chi si esprime contro i suoi insegnamenti è contro la vita. Ma anch’egli sembra un morto: non ha reazioni da vivo, non ha alcuna reazione! Quest’uomo parla come se per tutto il tempo si accendesse e si spegnesse: non risponde alle domande, non si arrabbia, non si irrita, non esulta, semplicemente porta avanti il suo monologo. Molto seriamente.
- Questa è chlestakovščina[9]! - gridano dallo studio. E risuonano anche altre analogie, più moderne: parlano della
МММ[10], dei voucher di Čubajs[11], della “Vlastilina[12]”. In generale il meccanismo è simile, ma qui si toccano tutt’altre corde della psiche umana, si fa un altro gioco, si promette un altro premio — non si tratta del benessere finanziario, ma di quello dell’anima.
Poi, durante la trasmissione, compare una donna che testimonia che, seguendo gli insegnamenti di Grabovoj, ha riportato in vita il marito morto. Qui si spiega: costei è un’attrice e l’uomo, che ha scritto un libro in favore di Grabovoj, è presente anch’egli e non è altri che un ex corrispondente della “Pravda[13]”, membro dell’Unione dei Giornalisti e dell’Unione degli Scrittori. Il politologo e studioso delle religioni Maksim Ševčenko[14] prende la parola e conclude:
- …Appaiono i contorni di un progetto affaristico: alcuni attori, alcuni redattori, gente che prepara il background…
E solo in questo momento mi viene in mente: queste cose «di carpino bianco[15]» sono già state nella nostra vita - ricordatelo!
Hanno già mercanteggiato il dolore e la sofferenza della gente come se fossero petrolio. Personalità politiche e partiti hanno ricevuto in cambio voti alle elezioni e i tecnologi della politica – “dolordollari[16]”. Subito dopo le esplosioni di Mosca in via Kaširka e in via Gur’janov è cominciata la seconda guerra cecena. Adesso è molto importante capire, cos’ha passato in quel periodo la maggioranza della popolazione del nostro paese.
Ricordate: la gente cambiò a vista d’occhio. Persone istruite, ritenute profondamente oneste dicevano che bisognava asfaltare la Cecenia. Nell’emozione condividevano il pensiero inoculato nella coscienza delle masse che i bambini ceceni sono futuri terroristi.
L’effetto di questa narcosi, certamente, è passato alla svelta, la “dose cecena” oggi non è più sufficiente, ma per le persone che si sono abituate alla manipolazione, alla rapida soluzione di qualsiasi problema, è impossibile lottare da sole con la crisi d’astinenza.
Dice un vecchio adagio: a grandi sconfitte e disfatte ci si avvicina a piccoli passi. E se i piccoli spostamenti e mutamenti vengono programmati da qualcuno, vengono organizzati in un sistema coerente, l’uomo cambia qualitativamente senza percepirlo.
- Qui è necessaria una perizia psicologica e psichiatrica, - dice nella stessa trasmissione con Grabovoj il noto psichiatra indipendente Jurij POLIŠČUK. - Io faccio un’ipotesi: un uomo non del tutto sano di mente con una certa istruzione, che si è creato per primo un sistema delirante, ha plagiato una grande quantità di persone. E anche i resoconti di queste persone testimoniano il loro stato di plagio psicologico…
Poco dopo grida:
- Pubblicità di occultismo, mistica, sensitivi! E’ ora di cessare di occuparsi di questo, perché sta arrivando un’epidemia psicologica di massa.
Oggi la gente stessa cerca chi li aiuti a togliere il malocchio e ad asfaltare il nemico. L’offerta è perfino inferiore alla richiesta.

– E’ facile manipolare persone profondamente traumatizzate, - mi ha detto dopo la trasmissione Maksim ŠEVČENKO. - Per me tra i tecnologi della politica e Grabovoj non c’è praticamente alcuna differenza. Tranne il fatto che i primi sono più abili del secondo. Ma operano nello stesso ambito, anch’essi dividono la popolazione del nostro paese. Non permettono di elaborare il dolore, mentre questo è il più importante processo psicologico interiore sia per il singolo sia per tutta la nazione. Si parla dei bambini morti a Beslan – questo è indubbiamente un lutto. Ma non si parla di decine di migliaia di bambini di diverse etnie uccisi e mutilati nella repubblica di Cecenia. E il nostro atteggiamento verso di loro è quello che si ha non per i cittadini del proprio paese, ma per quelli di un paese nemico. Questo atteggiamento è stato costruito a Mosca dai “Grabovye[17]” del Cremlino.
- Ma quello che si costruisce oggi, viene offerto con una qualche intenzionale sciattezza, appare mostruoso e assurdo, cucito grossolanamente. Si ha la percezione che la roba esoterica da un lato e gli onnipotenti partiti e movimenti sociali dall’altro procedano secondo lo stesso modello: faccio tornare tuo marito, vado in astrale, riporto in vita i morti – questa è una semplificazione intenzionale. Ma prendete per esempio il lessico del movimento «Naši[18]» o i commenti dei programmi di attualità o di «analisi» - è lo stesso «astrale»… Perché questo funziona proprio oggi?
- Quando si ha una perdita del senso delle cose, al suo posto interviene una tecnologia delle motivazioni inventate[19]. Funziona perché la crisi del pensiero progettuale ha raggiunto il suo apogeo. Le speranze della perestrojka si sono mutate in un bluff, in stragi sanguinose, in una guerra decennale, in una stratificazione socio-economica. Nello schema in cui il nostro paese esiste adesso, esso non ha futuro. E la mancanza di un progetto per il nostro comune futuro si maschera nella tecnologia dei simulatori, che, indubbiamente, utilizzano un altro tipo di metodo. Alla gente danno dei punti chiave mitologici: la Grande Vittoria, il grande paese, la morale e il costume, la necessità di contrapporsi all’Occidente. Qual è la differenza tra la vita reale e quella virtuale? E’ tutta qui: abbiamo avuto una Grande Vittoria[20], un grande paese e, probabilmente, bisogna contrapporsi in qualche modo all’Occidente, ma, d’altra parte, il paese e la Grande Vittoria avevano un lato oscuro[21] e dall’Occidente c’è di che imparare. Ma i pastori conducono il proprio gregge, in primo luogo non permettendogli di riflettere e in secondo luogo – sempre al macello.
- Forse il fatto è che sempre più persone si sentono estraniate dalla vita in un non essere psicologico? Non è per loro che «suona la musica, brillano gli occhi[22]…». Anche il sistema di valori è nettamente mutato: una persona che fa qualche lavoro significativo è un perdente nei confronti di chi s’impossessa rapidamente dei suoi risultati visibili e fa pubblicità a se stesso. E forse la via di fuga per molti è emigrare in questo astrale?
- La mancanza di vie per costruire il futuro porta sempre la gente al collasso psicologico e intellettuale, fa perdere di senso alla realtà. Allora lo schema mitologico, le illusioni diventano più importanti della vita. E
una tossicodipendenza politica e sociale. Le persone che marciano, quelle per cui sono sufficienti dei feticci, non sono persone, ma materiale umano. Domani li manderanno a morire per un nuovo Stalin, per Grabovoj. O per dei motivi che inventerà qualche altro Grabovoj, con la sola differenza che sarà direttamente al servizio del potere – là ci sono molti “Grabovye” produttori di motivi.
Questo business è condotto consapevolmente in un ambito letale per la gente. La vita si può riempire di amore, speranza, amicizia[23], ma si può anche riempire di allucinazioni…

Alla fine del programma televisivo Andrej Malachov, coprendo con la propria voce il grido del pubblico più rumoroso che abbia probabilmente mai avuto, si è rivolto direttamente a Grabovoj. Ha detto che, se non avesse avuto a cuore il posto di lavoro, lo avrebbe colpito subito, in diretta. Cioè in qualche modo l’ha colpito – moralmente. Ma il canale per cui lavora Malachov[24] quasi tutti i giorni ci mostra immagini di eliminazioni[25] di terroristi. L’avete notato?
Questo succede quasi tutti i giorni: nel centro di qualche città del Caucaso settentrionale c’è uno scontro armato, obbligatoriamente prende fuoco una casa e i militanti vengono eliminati. Semplicemente –

come conigli verso un pitone[26] - i militanti vanno nel centro delle città, si piazzano, armati fino ai denti, nei soliti appartamenti e attendono il blitz. Di questo soggetto farei un singolare test sulla presenza in ognuno di noi dell’immunità a diversi tipi di tecnologie. Se guardando quanto sopra in un notiziario, ricevete ogni volta il segnale che vi stanno difendendo efficacemente, che sta andando avanti una lotta pianificata e sistematica al terrorismo, perché i militanti vengono uccisi a gruppi come i polli malati d’influenza, siete potenziali adepti di qualche culto[27]. Non importa quale – sociale, politico, religioso…
Probabilmente non ci resta che aggrapparsi, come sempre, solo al semplice razionalismo e alla conoscenza dell’oggetto. Come “vaccino” spirituale si possono leggere, per esempio, tali messaggi: “Quando incontrate la persona più amichevole che abbiate mai conosciuto, che v’introduce nel più amorevole gruppo di persone che vi siate mai immaginati e trovate il suo capo la più ispirata, premurosa, compassionevole e comprensiva persona che abbiate mai incontrato, e poi vi spiegano… che la causa della comparsa del gruppo è qualcosa, la cui realizzazione non avreste mai osato sperare; e tutto questo sembra troppo bello per essere vero, significa, probabilmente, che è troppo bello per essere vero! Non scambiate la vostra cultura, le vostre speranze e le vostre aspirazioni con una corsa dietro all’arcobaleno” (dalla lettera aperta di Jean Mills, ex adepta del culto del “Tempio del popolo” rimasta vittima della tragedia di Jonestown, quando 911 persone, tra adulti e bambini si suicidarono o furono uccisi).

Galina MURSALIEVA, osservatrice della “Novaja Gazeta[28]
13.10.2005, “Novaja Gazeta” (traduzione e note di Matteo M.)



[1] Traduco come posso i neologismi Polittechnologi e spirittechnologi, probabilmente inventati ad hoc.

[2] Anatolij Kašpirovskij, che, dopo esser diventato famoso negli anni ’90 per le sue presunte facoltà extrasensoriali, è riuscito anche a farsi eleggere alla Duma di Stato, la camera bassa del parlamento russo.

[3] “Del Giubileo”, dedicato cioè a un anniversario non meglio specificato.

[4] “Che parlino pure”.

[5] I russi si presentano o vengono presentati con cognome, nome e patronimico (sorta di primo cognome formato sul nome del padre; ad esempio se Ivan Ivanov da a suo figlio il nome Pavel, questi si chiamerà Pavel Ivanovič Ivanov).

[6] L’interlocutore è un po’ scortese, poiché i russi con cui non si è in stretti rapporti vanno chiamati per nome e patronimico; avrebbe dovuto chiamare l’“ex defunto” Boris Jaroslavovič.

[7] E’ forse volutamente che l’ex defunto parla come Gesù risorto nel vangelo di Giovanni (capitolo 20, versetto 19)?

[8] Augurio laico tipo “ti sia lieve la terra”.

[9] Cioè una fanfaronata simile a quelle di Chlestakov, eroe della commedia L’ispettore generale di N.V. Gogol’, che viene scambiato per un ispettore generale inviato dallo zar e approfitta della situazione (il rilievo grafico è mio).

[10] La “società per azioni” fondata nei primi anni ’90 dall’avventuriero Sergej Mavrodi, che truffò migliaia di russi.

[11] Anatolij Čubajs, ministro dell’Economia all’epoca di El’cin, promosse l’acquisto di voucher (sorta di azioni delle aziende di stato privatizzate), che divennero ben presto carta straccia.

[12] Altra società-truffa fondata da tal Valentina Solov’ëva.

[13] “La Verità”, in epoca sovietica il quotidiano che riportava i comunicati ufficiali (poiché il giornale d’informazione ufficiale si chiamava Izvestija, “Le Notizie”, circolava la battuta: “Non ci sono verità nelle “Notizie” e non ci sono notizie nella “Verità””).

[14] Qui e in seguito i rilievi grafici sono dell’autrice.

[15] Gioco di parole intraducibile tra grabovyj, “di carpino bianco (albero affine al nocciòlo)” e Grabovoj.

[16] L’autrice allude ovviamente ai “petroldollari”.

[17] Plurale di Grabovoj (moltissimi cognomi russi si declinano come aggettivi).

[18] “I nostri”, movimento giovanile che sostiene Putin e che si caratterizza per metodi quanto meno discutibili: propugna idee nazionaliste, addita come “fascista” chiunque sia inviso a Putin (dal capo dei guerriglieri ceceni Basaev ai suoi avversari politici) e non disdegna neanche la violenza.

[19] Maksim Ševčenko, a differenza di Andrïj, non punta mai direttamente a rete... Ma mi pareva di mancargli di rispetto, semplificando le sue valide quanto contortamente espresse argomentazioni.

[20] Credo che parli di quella sulla Germania nazista, di cui recentemente è stato festeggiato il 60° anniversario.

[21] Credo che parli del totalitarismo sovietico.

[22] Citazione della canzone Arlekino (Arlecchino) di Sergej Šiškov, ben nota in Russia.

[23] Se non fosse per l’amicizia parrebbe l’elenco invertito delle virtù teologali… In russo “carità” e “amore” si esprimono con lo stesso termine.

[24] Si tratta del canale di Stato ORT (Obščestvennoe Rossijskoe Televidenie, “Televisione Sociale Russa”).

[25] A proposito delle uccisioni di terroristi (o presunti tali) in Russia si usa quasi sempre il termine uničtoženie, letteralmente “annientamento”.

[26] Paragone singolare, ma calzante.

[27] Si potrebbe fare un esempio analogo con le frequenti analoghe semplificazioni di vicende più vicine a noi. Siamo adepti potenziali di qualche setta?

[28] “Giornale Nuovo”, una delle poche voci indipendenti rimaste in Russia (http://2005.novayagazeta.ru/nomer/2005/76n/n76n-s00.shtml).

A proposito dei rapporti tra russi ed ebrei

GLI EBREI SANNO SISTEMARSI
Reportage speciale dal paese del sionismo trionfante

Gli ebrei sanno sistemarsi. Guardate voi stessi: Vitalij Ginzburg[1] si è sistemato come premio Nobel, Konstantin Rajkin[2] come direttore di un teatro e figlio di un padre famoso, Garri Kasparov[3], anche se non è affatto ebreo, laggiù si è sistemato come campione del mondo. Sono ragazzi in gamba. Questo per quanto riguarda i nostri, in Russia.
E ora per quanto riguarda quelli che sono in Israele. Sono stato là poco tempo fa. Se vedeste questa terra, per cui si fanno tante guerre e tanto rumore al mondo. Di certo un nostro compatriota della zona delle “terre nere[4]” se ne guarderebbe bene e non ci si avvicinerebbe a una distanza inferiore a quella coperta in un’ora da un aereo supersonico. Questa non è terra, sono lacrime. Guardi la terra bruciata e ti viene da piangere. In questi luoghi non si può trapiantare nessuno, qui la gente si può solo prosciugare ed essiccare. .
Vai e vai e vedi solo pietre, pietre e pietre, e il sole brucia, come se ti avessero posato sulla testa un ferro da stiro pronto all’uso. Tra le pietre senza fine raramente capita di vedere alberi grigi e contorti. Non c’è petrolio, né gas, né risorse minerarie, né pascoli. C’è il mare ed è Morto, c’è solo sale, galleggia in superficie a blocchi bianchi da un pud[5], simili a blocchi di ghiaccio. Nel mare c’è tanto sale che, anche se vuoi affogare, non affoghi. Ti caccia fuori dall’acqua come un tappo da una bottiglia di champagne. Non piove per nove mesi all’anno. Ci sono 30-40 gradi all’ombra. Si può forse vivere in tali condizioni? Non
si può.
Dico questo per far ridere. Gli ebrei, immaginate, si sono sistemati bene anche là.
I turisti non vedono il paese del sionismo trionfante come l’abbiamo visto io e lo “spensierato” Dmitrij Krylov[6]. E’ un paese minuscolo, meno di 500 chilometri dall’alto in basso, e quanto alla larghezza non c’è neanche da parlarne[7]. In bicicletta, se si trova una strada, si può andare da una parte all’altra del paese in un giorno — ecco tutto Israele.
Le strade sono buone, ma a destra e a sinistra c’è una terra infertile, così infertile, che non si vede neanche una terra vera e propria, ma pietre, sabbia e monti. Raramente capita di vedere degli spiazzi con del verde curato: palme, viti, aranci. Senza cure questo verde brucerebbe in due giorni, ma gli astuti ebrei hanno posto presso ogni pianta un tubo che porta acqua dolce e la vegetazione fiorisce e profuma. Nel centro dell’oasi ci sono alcune case e strisce brillanti di serre. Le serre non riscaldano, ma, al contrario, proteggono dal sole. Quando le piante si rafforzano, la copertura delle serre si scioglie sotto i raggi impietosi e si trasforma in concime organico. Che dire, sono in gamba questi ebrei.(Фото Тофика Шахвердиева)

Mark Twain viaggiò per la Terra Santa e scrisse che aveva visto un albero presso il lago di Genesaret. La principale caratteristica di quest’albero consisteva nel fatto che era l’unico. Adesso intorno al lago ci sono palmizi, cipressi, olivi, banani, rose. Ogni ebreo, che viva o no in Israele, deve piantare un albero di tanto in tanto. In occasione di un matrimonio, in occasione di una nascita o così, senza occasione. Prendono
questo impegno. Per di più volontariamente. E’ tutto per se stessi, non fanno niente così per fare, vogliono l’ombra sotto le fronde, aria fresca e che sia bello.
Dove si trova il verde nel deserto, non c’è dubbio: è un kibbutz, una proprietà collettiva, un kolchoz[8], come si dice da noi. Vere isolette di comunismo agrario. Ricordiamo cosa diceva Marx nel suo manifesto comunista[9]. La Russia, a suo tempo, ha tenuto questo manifesto come una fiaccola ed ha accecato a lungo con esso il proprio popolo. Lo cito per Gennadij Andreevič[10], prosecutore dell’opera di K. Marx e V. Lenin: «I comunisti possono esprimere la propria teoria con una sola proposizione: distruzione della proprietà privata». Ma Gennadij Andreevič, e di questo gliene siamo grati, non vuole distruggere la proprietà privata, va in giro in Audi, ama il confort e la proprietà personale, che, girala come vuoi, è comunque privata. Cioè, non è una cattiva persona, ma comunque, come vedete, non è un comunista. Ma nei kibbutz[11] la vita è costruita proprio secondo Marx.
Anche se i membri dei kibbutz, in pieno accordo col Manifesto del Partito Comunista, hanno rifiutato la proprietà privata, si comportano con una timidezza contadina, non si danno per nulla delle arie, non si vantano di essere comunisti. Non lottano per la felicità dell’umanità, ma lottano, come spetta ai colcosiani[12], per un buon raccolto. Si affaticano dal mattino fino a tardi, come fanno gli agricoltori di tutto il mondo, ma, a differenza di tutto il mondo, mettono tutto nella pentola comune. Non c’è nessuno
stipendio. Euna comune. E’ comunismo. Da ciascuno secondo le capacità, e ognuno può prendere quello di cui ha bisogno da quella stessa pentola. Secondo le necessità. Se le scarpe, per esempio, si sono consumate, uno va dove si tiene il vestiario e prende delle scarpe nuove. O se qualcuno ha bisogno di visitare un parente malato, va alla pentola e prende da lì i soldi per il viaggio. Invano, perché, come a noi anticomunisti, i soldi non gli servono a nulla[13]. Il cibo, l’abitazione, le sementi, il trattore — per lui c’è tutto nel kibbutz. E’ la città del sole[14], in breve, il sogno di tutta l’umanità progressiva. Tutti uguali, tutto secondo giustizia. A dire il vero, in questo sole non ci vivrei a nessun costo.

И так через весь Израиль. (Фото Тофика Шахвердиева)

Tutti conoscono la battuta sull’ebreo allevatore di renne[15]. E’ chiaro che non può esistere qualcosa del genere. Un allevatore di renne! Ah, ah! Ebreo! Da noi non può essere, da loro sì. Gli allevatori di renne, a dire il vero, non ci sono in Israele, né ebrei, né ciukci[16] perché mancano sia la neve, sia la penisola dei Ciukci. Ma sorprendentemente non ci sono neanche gli oligarchi[17], anche se gli ebrei non sono pochi. Certamente è strano, ma né chi sta al governo, né chi sta in parlamento, ha diritto di occuparsi di affari, com’è usanza in alcune democrazie in cui c’è molta neve[18]. Ma ci sono ebrei allevatori. Portano via il letame dopo il passaggio degli animali. Là non c’è dove far pascolare le mucche e nessuno le fa pascolare, ma latte, panna, burro e formaggio ci sono in quantità. Nutrono le mucche con mangimi artificiali e a volte ottengono più latte di noi coi nostri prati bagnati di rugiada. Israele produce tanto di quel cibo che gli ebrei esportano il surplus di latte, burro, formaggio e molto altro, speculando senza ritegno sul triste fatto che ci sono paesi che non riescono ancora a nutrire se stessi, anche se la loro terra è la più fertile.
Ricordate le arance del Marocco? C’erano al tempo del potere sovietico. Poi si è chiarito che le arance non erano del Marocco, ma dei kibbutz. Per mantenere un’apparente verginità ideologica, il Politbjuro del Comitato Centrale del PCUS[19], non meno astuto della loro Knesset[20], permise di acquistare il prodotto in Israele solo a condizione che su di esso vi fosse qualche altra etichetta, quella di un paese meno nemico. Che ce ne importa! — acconsentirono gli ebrei e per ordine dei nostri compagni, gente di principio, presero a incollare su ogni arancia un’etichetta nera «marocchina». I faccendieri, è chiaro, non possono non frodare, è la loro natura. Il popolo sovietico, allora ancora non viziato, comprò avidamente e in grande quantità il frutto «africano» e su di esso scrisse perfino un non brutto racconto romantico[21].
E’ interessante che i “nostri” gridassero ad altri “nostri”[22]: «Andatevene nel nostro Israele!». E
questi ci andarono. Dei nostri ne andò laggiù un milione e dal mondo intero ne raccolsero l’equivalente di mezza Mosca — sei milioni. Per cinquant’anni piantarono alberi, desalinizzarono l’acqua, impararono la lingua biblica[23], crearono uno stato, dettero uguali diritti a tutte le religioni[24], costruirono città, fecero rinascere l’agricoltura, appresero l’alta tecnologia, ricevettero premi Nobel. Adesso gli stessi nostri gridano: «Via dalla Palestina!» — cioè “andatevene da Israele”. Recentemente Aleksandr Prochanov[25] dagli schermi televisivi ha consigliato amichevolmente agli ebrei di far entrare i vicini nelle proprie città e di scaglionarsi, senza far troppo baccano, pacificamente e senza innervosirsi, in tutto il mondo, in diversi paesi, come duemila anni fa. Un consiglio buono, cordiale, di cuore, come suol dirsi. In effetti dove vivono adesso gli israeliani ci sono continue scomodità, c’è poca acqua, molto caldo e da tutte le parti ci sono vicini con l’esplosivo nascosto sotto i vestiti. Chiedono in modo umano agli ebrei: siate buoni, andatevene, per favore, dal territorio che avete ben sistemato. Ma questi non si lasciano convincere, né con le buone, né con le cattive. Rispondono ancora al fuoco.

Ecco cosa mi ha tormentato per tutto il tempo. Israele è un paese piccolo, sono costretti a chiamare alle armi anche le donne, e i popoli nemici che lo circondano sono non due, non tre, ma centinaia di volte più grandi di Israele in superficie e popolazione. Che paese è, che esercito ha, perché non se ne possa aver ragione? Non hanno Pavel Gračëv[26].
Per me era un triste enigma, perché qui, sicuramente, operano la loro eterna astuzia, una perfidia innata e l’acuto e sagace ingegno ebraico. Così è in effetti risultato. Bisognava pensarci bene, fate attenzione! In caso di sconfitta non è il soldato che deve salvare l’ufficiale, ma è l’ufficiale che deve portar via il soldato, ferito o morto, e andarsene per ultimo dal campo di battaglia.
E ancora: se il soldato è fatto prigioniero, sopporta la tortura e non rivela il segreto militare — bravo, è un eroe! Ma se non sopporta la tortura, rivela il segreto, ma resta in vita — bravo lo stesso! Ed
è un eroe lo stesso! Che pensi il comando come e dove nascondere i segreti, il compito del soldato è adempiere gli ordini e conservare la propria vita (anche questo è un ordine).
E ancora. Le trovate ebraiche sono inconcepibili in un esercito serio. A turno tutti i soldati sono mandati a casa per due giorni ogni settimana. A
spassarsela. Le’chaim[27]! E questi non si ubriacano, non cantano a squarciagola per la strada, non si azzuffano coi passanti, non nuotano nelle fontane pubbliche[28].
E
ancora. Non c’è alcun ordine che stabilisca che i soldati non possono essere utilizzati come manodopera gratuita[29]. Nell’esercito non capiscono cosa sia un ordine del genere.
E
ancora. Non c’è divieto di nonnismo. Non c’è nonnismo. Gli astuti ebrei già in famiglia insegnano ai figli maggiori ad aiutare i minori. E là non ci sono ragazzi di strada e non ci sono orfanotrofi. Chi resta orfano viene subito preso da qualche famiglia. Senz’alcuna adozione ufficiale. Li prendono e li nutrono finché non sono cresciuti.
E
hanno inventato ancora qualcosa. Le lezioni di misericordia. Ogni scolaro deve scegliere una persona molto anziana o malata o menomata o sorda o muta o mentalmente ritardata e secondo le proprie possibilità aiutarla a vivere. Lo scolaro laiuta. E questa vive.
E ancora. Nessuno tenta di scansare il servizio militare[30]. Il concorso per le professioni più pericolose in campo militare, come i corpi speciali, è il più quotato. Tutti vogliono entrarci. La selezione è dura, dieci per posto vengono presi. E non badano tanto ai muscoli quanto all’IQ[31], cioè all’intelletto.
Certamente, se si studia il loro esercito e lo si confronta con un qualsiasi altro, anche buono, secondo i nostri criteri, il confronto non sarà sempre equo. Da loro i soldati sono istruiti come si deve, sono nutriti a sazietà, vestiti bene e con abiti comodi, equipaggiati con le armi più nuove e a loro si guarda con rispetto[32]. Se muore un soldato, nessuno osa darne notizia finché il comandante del reparto non avverte personalmente la famiglia del caduto, perché la responsabilità della vita del soldato ricade proprio sul comandante del reparto. Se un uomo è fatto prigioniero, per la sua liberazione si danno in cambio dieci, cento persone, ed è successo perfino che siano stati liberati mille prigionieri nemici in cambio di un soldato semplice. Come si è visto, entrano in gioco una gran quantità di astuti, sagaci espedienti purché i giovani entrino nell’esercito di buon grado e con la consapevolezza del proprio dovere. Inoltre ogni soldato si prepara a difendere non gli interessi di terzi, ma la propria casa, la propria famiglia. Perciò ritiene che meriti difendere il paese e che vincere sia necessario. Ma se i generali israeliani prendessero dalla strada dei ragazzi insignificanti, che hanno appena terminato la scuola, dessero loro pezze da piedi e stivali di similpelle e li mandassero affamati ad introdurre l’ordine costituzionale tra gli eschimesi della Groenlandia, allora vedremmo chi sono. Ma vedete, si sono sistemati bene! Allora vedremmo di che pasta sono questi guerrieri tanto lodati.

Tofik ŠACHVERDIEV[33], reportage speciale per la «Novaja Gazeta[34]», Israele
24.10.2005 (traduzione e note di Matteo Mazzoni)



[1] Fisico, premio Nobel 2003.

[2] Direttore del teatro Satirikon di Mosca, fondato da suo padre Arkadij, famoso attore comico.

[3] Famoso scacchista. In realtà Garri Kasparov è ebreo per parte di padre e si chiama Garri Vejnštejn, ma ha assunto il cognome Kasparjan di sua madre (armena) russificandolo. Ma per la legge ebraica è ebreo solo chi è figlio di un’ebrea.

[4] Le terre della Russia meridionale.

[5] Antica misura di peso russa, equivalente a 16,38 kg.

[6] Attore russo poco noto in Occidente.

[7] Eppure c’è chi l’ha valutata in un centinaio di chilometri…

[8] Il kolchoz (abbreviazione di kollektivnoe chozjajstvo, “proprietà collettiva”) era la fattoria collettivizzata sovietica.

[9] Notare che l’autore non dice “nel Manifesto del Partito Comunista”.

[10] Gennadij Andreevič Zjuganov, leader del Partito Comunista della Federazione Russa.

[11] O kibbutzim? Tale è il plurale ebraico. L’autore declina il termine in caso e numero come se fosse russo, cosa ritenuta corretta in Russia, mentre l’Accademia della Crusca ha ribadito che i termini stranieri accolti nella lingua italiana sono indeclinabili senza eccezioni.

[12] I membri dei kolchoz (vedi nota 8). Il termine, anche se è stato accettato dall’Accademia della Crusca, è noto a pochi…

[13] Passaggio assolutamente incomprensibile.

[14] Il luogo utopico di cui scrisse il filosofo italiano Tommaso Campanella, vissuto tra il XVI e il XVII secolo.

[15] Forse la battuta è nata perché Stalin creò la tuttora esistente Repubblica Autonoma degli Ebrei nel sud-est della Russia asiatica, dove forse non vi sono renne, ma neanche un clima tropicale…

[16] Popolo della Russia asiatica, che vive nella penisola detta appunto dei Ciukci (che si affaccia sullo stretto di Behring), dedito effettivamente all’allevamento di renne. Per tradizione i ciukci, come da noi i carabinieri, recitano nelle barzellette russe il ruolo degli sciocchi.

[17] “Oligarchi” sono detti i pochi, ma potentissimi, miliardari russi. Tra loro vi sono ebrei come Roman Abramovič, presidente del “Chelsea”, Boris Berezovskij, caduto in disgrazia presso Putin e fuggito in Inghilterra e Fëdor Chodorkovskij, pure inviso a Putin e recentemente condannato per frodi fiscali e altri crimini dopo un dubbio processo.

[18] Il fatto che parli di “molta neve” mi impedisce di capire se alluda a paesi diversi dalla Russia…

[19] Partito Comunista dell’Unione Sovietica. Il Politbjuro (abbreviazione di Političeskoe Bjuro, “Ufficio Politico”) era il suo organo decisionale.

[20] Il parlamento israeliano.

[21] Il racconto Apel’siny iz Marokko (Le arance del Marocco) non fu scritto, ovviamente, dal popolo sovietico, ma dallo scrittore Vasilij Aksënov, in seguito fuggito negli Stati Uniti.

[22] Le virgolette sono mie.

[23] Qui l’autore non fa dell’ironia, tra l’ebraico biblico e quello moderno c’è continuità assoluta, molto più che tra il greco classico e quello moderno.

[24] Per quanto questo possa sorprendere, lo stato di Israele si dichiara assolutamente laico e non confessionale.

[25] Romanziere e sceneggiatore russo.

[26] Forse l’autore ironizza. Il generale Gračëv, ministro della Difesa e comandante in capo delle forze armate russe dal 1992 al 1996, ha mal condotto la prima guerra cecena e questo, insieme alle accuse di corruzione, ha determinato la fine della sua carriera politica.

[27] Letteralmente “alla vita”. Augurio ebraico tipo “Buon pro” o “salute” (si dice anche brindando).

[28] L’autore parrebbe dire che invece i soldati russi in licenza fanno tutte queste cose…

[29] Invece nell’esercito russo è normale che gli ufficiali dispongano dei soldati quasi come di schiavi. Le disposizioni contro questi abusi restano lettera morta.

[30] In Russia invece cercano di scansarlo in tutti i modi…

[31] Intelligence Quotient, cioè “quoziente d’intelligenza” in inglese.

[32] Pare addirittura che sugli autobus si ceda loro il posto…

[33] Regista russo poco noto in Occidente.

[34] Uno dei pochi giornali indipendenti rimasti in Russia, dal cui sito http://2005.novayagazeta.ru/nomer/2005/79n/n79n-s30.shtml traggo questo articolo.