30 settembre 2011

A proposito di Putin (XXVII)

Il terzo mandato di Putin non è del tutto legittimo




Esso contraddice lo spirito della Costituzione e il principio di pluralismo politico sancito in essa


Vorrei versare un cucchiaio di catrame giuridico nella botte di miele politico [1] presentato al congresso di "Russia Unita". Parafrasando Hegel, si può dire: non tutto il politicamente possibile è giuridicamente valido.

Per qualche motivo si ritiene una cosa che si capisce da se che il terzo mandato di Vladimir Putin è assolutamente costituzionale nel caso che tra il secondo e il terzo periodo si ponga un "isolante" sotto forma di un mandato di Dmitrij Medvedev. Come se questo solo periodo intermedio cambiasse totalmente l'essenza politica e giuridica delle cose.

Qui non è tutto così evidente. Effettivamente, tale impressione nasce subito dalla semplice lettura del comma 3 dell'articolo 81 della Costituzione della Federazione Russa: "La stessa persona non può rivestire la carica di presidente della Federazione Russa per più di due mandati consecutivamente". I sostenitori del terzo mandato trattano questa disposizione alla lettera, nel senso che se il terzo mandato non capitasse subito, allora sarebbe legale.

Il problema è che la Costituzione russa, come qualsiasi altra legge, non ha solo una "lettera", ma anche uno "spirito". Tra l'altro in questo tandem di "lettera" e "spirito" delle leggi lo "spirito" ha il significato dominante. Beh, proprio come nel tandem Putin e Medvedev: non è importante chi è formalmente il capo, l'importante è chi è al timone…

Se non fosse così, la professione dei giuristi non esisterebbe affatto – li sostituirebbero tutti delle macchine. Ma per ora è presto per mandare i giuristi nella pattumiera della storia, perché è indispensabile "dare un'interpretazione" di ogni disposizione della legge – tanto più di una disposizione della Costituzione –, cioè interpretarla a partire dal senso generale e dal contesto della legge stessa.

Di per se la lettera della legge è cieca e impotente. L'uomo di legge colto potrà sempre rivoltare del tutto qualsiasi legge, se non sarà limitato nella sua interpretazione da qualche principio generale. Proprio per questo ogni regime autoritario ha la propria legittimità costituzionale "letterale" fatta in casa. Questa nasce grazie al fatto che delle disposizioni delle leggi costituzionali viene data un'interpretazione letterale, fuori dal loro contesto politico, culturale e storico.

Dal punto di vista "letterale" praticamente non esistono limiti per rivestire a vita la carica di presidente della Federazione Russa. In questo caso è del tutto incomprensibile perché, per esempio, si parli del 2024 nel caso di Vladimir Putin. Dopo il 2024 qualcuno potrebbe di nuovo sostituirlo e allora questi continuerebbe a governare il paese fino al 2046 [2]. Certo, dopo il 2046 sarà più difficile ripetere questo, ma fino a 94 anni Vladimir Putin, come attivo sostenitore di uno stile di vita sano, potrebbe certo vivere.

Già solo sulla base di questo esempio ci si può convincere che la lettura "letterale" della Costituzione in questo caso non funziona, in quanto ci porta alla tesi che una singola persona può svolgere la funzione di presidente a vita. Questo, tuttavia, contraddice il senso di questa norma costituzionale, che, evidentemente, fu introdotta come una qualche limitazione allo scopo direttamente opposto.

Difficilmente il legislatore, introducendo questa norma nella Costituzione russa, aveva idea che la limitazione fosse la richiesta di inframmezzare la permanenza di una persona al potere con intervalli artificiali di un mandato. Se fosse stato così, questa norma sarebbe apparsa più appropriata da qualche parte nel Codice del Lavoro, nella sezione su "tempo di lavoro e tempo di riposo" del presidente…

Se è così, allora è indispensabile comunque volgersi allo "spirito della Costituzione". Ed ecco che qui comincia la cosa più interessante. Più domande di tutto alla lettura del testo della Legge Fondamentale suscita la parola "consecutivamente" [3]. Cosa e a quali condizioni si può considerare un periodo ininterrotto di permanenza al potere e cos'è prova di "soluzione di continuità"?

I sostenitori dell'approccio formale, letterale affermano che "consecutivamente" significhi semplicemente due mandati, determinati dalla legge, uno dopo l'altro. Io suppongo che "consecutivamente" significhi qualcosa di più – più di due periodi di fattiva permanenza al potere della stessa persona o di un gruppo di persone che questa rappresenta, se la trasmissione del potere non è stata compiuta sulla base del principio di concorrenza.

E' evidente che la limitazione della permanenza alla carica di presidente della Federazione Russa a due mandati consecutivi, stabilita dal punto 3 dell'articolo 81 della Costituzione della Federazione Russa, non sia comparsa da se, ma sia lo sviluppo di alcuni principi formulati nei fondamentali capi 1 e 2 della Costituzione russa. Concretamente queste limitazioni sono "legate" al comma 3 dell'articolo 13 della Costituzione della Federazione Russa, in cui è formulato il principio del pluralismo politico: "Nella Federazione Russa si riconosce la multiformità politica, il multipartitismo".

La multiformità politica, o pluralismo, è fondata sul riconoscimento della concorrenza politica come regolatrice della vita politica della società tanto importante quanto la concorrenza economica lo è per la vita economica. In tal modo le disposizioni del punto 3 dell'articolo 81 della Costituzione della Federazione Russa sulla limitazione della permanenza alla carica di presidente della Federazione Russa a due mandati "consecutivi" devono essere trattate nel contesto della realizzazione pratica del principio del pluralismo politico fissato al punto 3 dell'articolo 13 della Costituzione della Federazione Russa.

Cioè "consecutivamente" è il periodo di permanenza al potere che è limitato non tanto da mandati formali, quanto dall'assenza di concorrenza politica. Dal punto di vista della "lettera" della Costituzione le limitazioni si estendono solo a un numero n di anni. Dal punto di vista dello "spirito" della Costituzione queste limitazioni sono significativamente più ampie – si estendono anche a quei casi in cui una persona lascia formalmente il potere per poi tornarci di propria iniziativa, evitando la reale lotta politica, cioè la reale concorrenza e ledendo con ciò il pluralismo politico come principio base sancito nella Costituzione.

Se la decisione di Vladimir Putin sarà non solo annunciata, ma anche formalizzata come decisione di proporsi come candidato del partito al governo alle elezioni del presidente della Federazione Russa del 2012, questa potrebbe certamente diventare oggetto di molte istanze giuridiche.

In questa situazione proprio la questione della presenza o dell'assenza di una reale concorrenza politica deve diventare il principale oggetto di prova. Perché se sarà stabilito che dopo il secondo mandato il potere è passato da Putin a Medvedev senza una reale lotta politica tra loro, come una sorta di cessione politica, cioè il cedimento di un diritto, ciò sarà un serio argomento per assegnare il mandato di Medvedev a Putin in qualità di suo terzo mandato.

In questa luce le audaci dichiarazioni del tandem sul fatto che già nel 2007 si fossero accordati tra loro su tutto, indipendentemente dal fatto che siano vere o no, appaiono come una testimonianza contro se stessi, perché indicano una sorta di complotto anticostituzionale e una mancanza di buone intenzioni. Penso che in futuro ai partecipanti al tandem toccherà smentire queste dichiarazioni per evitare conseguenze giuridiche negative.

Nell'esaminare le possibili dichiarazioni i tribunali si troveranno in una posizione molto scomoda: dovranno fare la scelta non facile tra il riconoscimento di legittimità al trattamento "letterale" del tutto assurdo delle disposizioni della Costituzione della Federazione Russa e la loro unica interpretazione possibile, ma politicamente eretica, a partire dai principi riconosciuti da tutti del pluralismo e della concorrenza politica.

In una posizione estremamente difficile si troverà anche la Corte Costituzionale della Federazione Russa, se qualcuno dei soggetti che ne hanno diritto invierà la corrispondente richiesta di dare un'interpretazione a questa norma costituzionale.

Inoltre contro le decisioni dei tribunali russi, la cui scelta in favore di un'interpretazione formale e letterale è facile da prevedere, a partire dalle loro posizioni dipendenti dal potere esecutivo, sarà fatto appello alla Corte Europea per i Diritti dell'Uomo, la cui decisione è molto meno evidente. Tutto ciò creerà un determinato alone di "illegittimità" del terzo mandato, che rimarrà sulla presidenza di Vladimir Putin per tutto l'ulteriore tempo di permanenza al potere.

Tutto quanto scritto sopra è cosa sufficientemente evidente da un punto di vista specificamente giuridico, costituzionale e legale. Le tesi da me sostenute non sono univoche e sono del tutto discutibili. Indiscutibile è una cosa sola – questo è oggetto per un'ampia discussione in ambito giuridico. E il fatto che la nostra assai ampia e molto qualificata comunità legale e costituzionale non mostri alcun interesse per questo tema dice molto sulla difficile posizione in cui questa comunità si trova oggi in Russia.

Vladimir Pastuchov,
dottore in Giurisprudenza,
St Antony’s College, University of Oxford

29.09.2011, “Novaja gazeta”, http://www.novayagazeta.ru/data/2011/109/02.html (traduzione e note di Matteo Mazzoni

[1] Nel linguaggio figurato russo è un po' di catrame e non di fiele a guastare molto miele.

[2] Qui l'autore pare considerare l'ipotesi che nei "periodi intermedi" il mandato presidenziale si allunghi di due anni (e in effetti sotto la presidenza Medvedev è passato da 4 a 6 anni). Conservando la durata attuale, il terzo "doppio mandato" di Putin finirebbe nel 2042.

[3] Uso questo pesante avverbio perché non si perda il concetto che tutto verte su una sola parola.


http://matteobloggato.blogspot.com/2011/09/e-se-la-scontata-rielezione-di-putin.html

29 settembre 2011

A proposito del modo di far politica in Russia (XX)

Quelli che vanno a sinistra




Perché gli osservatori internazionali non si muovono in formazione?


Nel 1997 l'autore di queste righe, essendo presidente di una commissione elettorale di circondario alle elezioni dei deputati della Duma cittadina di Mosca, visitò i seggi elettorali insieme a una delegazione di osservatori internazionali proveniente dall'Italia. Giungendo in una scuola in cui i due seggi elettorali erano posti in due diverse ali dell'edificio, proposi agli italiani di andare a destra. Guardando con aria astuta, il capo disse: "Adesso certamente andremo a sinistra".

Questa brutta abitudine degli osservatori internazionali di non andare dove gli dicono e di non guardare dove gli mostrano non piace affatto ai nostri organizzatori di elezioni. Ma se negli anni '90 tale abitudine non aveva conseguenze serie, adesso questa si manifesta nelle valutazioni che alcuni osservatori internazionali danno delle nostre elezioni, ferendo l'orgoglio nazionale dei Grandi Russi [1] del Cremlino.

Effettivamente, potrebbe piacere la valutazione delle nostre elezioni che fecero nel 2003 l'assemblea parlamentare dell'OCSE e il Consiglio d'Europa: "Sono ingiuste e non corrispondono a molti obblighi assunti davanti all'OCSE e al Consiglio d'Europa e agli standard che si richiedono a elezioni democratiche"?

Non c'è da stupirsi che prima delle successive elezioni federali del 2007 alcuni osservatori internazionali abbiano faticato tanto a lungo per ottenere gli inviti che alla fin fine si siano semplicemente rifiutati di partecipare all'osservazione. Allora la stragrande maggioranza degli osservatori rappresentava la CSI e il Gruppo di Shanghai. Questi osservatori arrivavano il giorno delle elezioni, giravano per seggi e ristoranti, visitavano l'esposizione della CIK [2] della Federazione Russa e scrivevano resoconti tipo: "Nonostante singole mancanze, le elezioni sono state corrette e democratiche". La conclusione degli osservatori del Consiglio d'Europa non meritava affatto di essere inserita nel sito.

E' caratteristico che la massima insoddisfazione agli organizzatori delle nostre elezioni sia causata dall'Office for Democratic Institutions and Human Rights [3] (ODIHR) – l'organo dell'OCSE specializzato nell'osservazione delle elezioni. L'ODIHR, a differenza degli inviati della CSI e del Gruppo di Shanghai, intende inviarci i cosiddetti osservatori a lungo termine, che potrebbero valutare come procede la registrazione dei candidati, quanto obbiettivamente e spassionatamente i nostri mezzi di comunicazione di massa informino gli elettori e come le forze dell'ordine vigilino sulla correttezza della propaganda. L'ODIHR e l'OCSE nei loro rapporti non scrivono solo cosa vedono nei seggi elettorali, ma anche come valutano il grado di concorrenza politica, il grado di ingerenza dello stato nelle elezioni e il grado di par condicio dei partecipanti alle elezioni. In questo sta la grande differenza dagli osservatori del Gruppo di Shanghai. E i nostri organizzatori delle elezioni non sono affatto contrari all'osservazione internazionale, purché si svolga nell'ambito del turismo parlamentare e meglio di tutto – nel giorno delle elezioni.

Lo scandalo delle osservazioni internazionali degli anni 2007-2008 precedette il peggioramento della situazione alle elezioni federali. Perciò la campagna per lo screditamento dell'osservazione internazionale qualificata, che non è cessata nel corso di tutto il periodo tra le elezioni e si è attivata ora, può essere il segno della scarsa qualità delle future elezioni.

Gli sforzi dell'ex membro della CIK della Federazione Russa I. Borisov, che si allena da tempo a criticare l'"osservazione internazionale non obbiettiva", sono stati portati avanti quest'anno prima con l'articolo di aprile di A. Kozlovskij (capo della delegazione russa all'Assemblea Parlamentare dell'OCSE) "Come riformare "quelli che controllano la democrazia"", pubblicato sulla "Rossijskaja gazeta" [4], poi con le delucidazioni di maggio della CIK della Federazione Russa sul modo di operare degli osservatori internazionali.

La suddetta disposizione della CIK, che ha travisato il senso giuridico del concetto di "organizzazione internazionale", ha subito cancellato dalla lista le organizzazioni non governative internazionali specializzate nelle elezioni (IFES, ENEMO, IRI, NDI, IDEA e altre). La disposizione ha presentato una lista di diritti e doveri degli osservatori internazionali (tra i diritti, per altro, non rientrano le foto e le riprese video). E infine ha rammentato a tutti la legge russa, che limita la cerchia di soggetti che hanno il diritto di invitare osservatori internazionali. Questi soggetti sono pochi: il presidente della Federazione Russa, il Consiglio della Federazione, la Duma di Stato e la stessa CIK.

Dopo lunghe discussioni, non ancora terminate, tra la CIK e l'ODIHR, quest'ultima ha volontariamente ridotto la propria missione a 260 osservatori (nel 2003 ce ne furono 460). Tuttavia il signor Čurov [5] ha già espresso la propria opinione, secondo cui per la Russia anche questo è molto. Non di meno l'agenzia di stampa Regnum nell'articolo "informativo" "L'apartheid elettorale dell'ODIHR e i suoi agenti" valuta nel seguente modo l'operato di Čurov: "Perché il capo della CIK aiuta a organizzare una rivoluzione elettorale "colorata" in Russia?"

Le principali recriminazioni espresse nei confronti degli osservatori dell'OCSE stanno nel fatto che questi userebbero un doppio standard. Questo si esprimerebbe nel numero disuguale di osservatori inviati in diversi paesi e anche nel fatto che, scoprendo violazioni in altri paesi, questi, nella maggior parte dei casi, approverebbero le elezioni in toto (a differenza di quelle russe). Poco tempo fa, per esempio, il nostro ministero degli Esteri si è lamentato perché, dopo aver notato molte mancanze nelle elezioni moldave, l'ODIHR le avrebbe riconosciute del tutto corrispondenti agli standard elettorali internazionali e riflettenti la volontà espressa dagli elettori. Ma accade proprio così: l'osservazione professionale delle elezioni permette di notare molte mancanze e valutare le elezioni nel loro completo svolgimento.

I continui appelli alla creazione di qualche "regola comune di osservazione" (tanto internazionale quanto nazionale) nascondono il desiderio di liberarsi degli osservatori che non vogliono osservare solo ciò che gli viene mostrato. Perché hanno già osservato a sufficienza e sanno che nell'arte della creazione di multiformi riproduzioni di democrazia il nostro paese ha ottenuto grandi successi.

Andrej Buzin,
presidente dell'Unione Interregionale degli Elettori,
capo del settore monitoraggio dell'associazione GOLOS [6]

27.09.2011, "Novaja gazeta", http://www.novayagazeta.ru/data/2011/108/12.html (traduzione e note di Matteo Mazzoni)

[1] Quando Ucraina e Bielorussia erano ritenute regioni russe, i rispettivi abitanti venivano definiti Piccoli Russi e Russi Bianchi e i Russi erano chiamati Grandi Russi.

[2] Central'naja Izbiratel'naja Komissija (Commissione Elettorale Centrale).

[3] Ufficio per le Istituzioni Democratiche e i Diritti Umani.

[4] "Giornale russo", sorta di organo ufficiale del governo russo.

[5] Vladimir Evgen'evič Čurov, capo della CIK.

[6] "Voto", associazione per il controllo della correttezza delle elezioni.


http://matteobloggato.blogspot.com/2011/09/vita-dura-per-chi-vuole-osservare-le.html

26 settembre 2011

A proposito dell'attentato di Domodedovo (II)

Fatima Evloeva: mio fratello non avrebbe potuto compiere l'atto terroristico di Domodedovo di propria volontà

25 settembre 2011, 23.59

La sorella di Magomed Evloev, che, secondo la versione degli inquirenti, si fece saltare in aria nell'aeroporto di Domodedovo il 24 gennaio, Fatima Evloeva, che ha trascorso quattro mesi in uno dei SIZO [1] di Mosca come sospettata di favoreggiamento nell'organizzazione dell'atto terroristico, è convinta che suo fratello non avrebbe commesso tale crimine di propria volontà.

Come riferì in precedenza "Kavkazskij uzel", l'8 febbraio il tribunale di Magas [2] in Inguscezia fece arrestare il fratello e la sorella di Magomed Evloev Achmed e Fatima e anche il 23enne abitante del villaggio di Ali-Jurt [3] e amico di Magomed Evloev Umar Aušev. Li arrestarono come complici dell'atto terroristico di Domodedovo e li accusarono sulla base di alcuni articoli pesanti del Codice Penale, tra cui "Terrorismo", "Banditismo" e "Uccisione di due o più persone".

La sorella di Evloev e Aušev furono rimessi in libertà il 19 maggio. Subito dopo il capo dell'Inguscezia Junus-Bek Evkurov promise di seguire personalmente il ritorno alla vita normale delle persone rimesse in libertà. Al momento gli organi inquirenti dell'Inguscezia hanno interrotto del tutto il procedimento di Fatima Evloeva e Umar Aušev.

Nel paese inguscio di Ali-Jurt, in cui vive la famiglia del presunto esecutore dell'atto terroristico di Domodedovo Magomed Evloev hanno accolto con gioia la notizia della riabilitazione di sua sorella e del suo compaesano.

"Non era come parlano di lui"

La 23enne Fatima Evloeva, sorella carnale di Magomed Evloev, ha trascorso quattro mesi nel carcere di custodia cautelare prima che gli inquirenti riconoscessero che non aveva preso parte alle attività criminali del fratello. Ora è tornata nel villaggio natale di Ali-Jurt e si è messa a lavorare.

Come la ragazza ha raccontato al corrispondente di "Kavkazskij uzel", nonostante i suoi timori nel SIZO si sono comportati bene con lei. "Quando io e Achmed fummo arrestati e portati a Mosca, ebbi molta paura, – racconta. – Ci avevano raccontato tanti orrori di ogni tipo, di come le persone vengono torturate e oltraggiate. Non temevo per me, ma per mio fratello – è ancora del tutto un bambino: al momento aveva solo 16 anni".

Tuttavia, a dire di Fatima, le sue paure non erano giustificate: sia gli inquirenti, sia gli agenti del SIZO si sono comportati correttamente con lei e suo fratello. "Quando raccontai le mie paure agli inquirenti, questi si misero a ridere: "Ora non è il '37: il fratello non risponde del fratello", – ricorda la ragazza.

La vicina di cella di Fatima si è comportata con lei "in modo materno". "Per molto tempo non le ho detto sulla base di quali articoli mi accusavano, temevo le sue reazioni, – racconta Fatima. – Ma quando me lo chiese direttamente, dissi: "Mio fratello si è fatto saltare in aria a Domodedovo". Fu scioccata. Ma perfino dopo questo si comportò con me come prima".

Tra l'altro Fatima Evloeva non crede ancora che suo fratello Magomed abbia potuto diventare un terrorista kamikaze di propria volontà. "Io e mio fratello, che era più giovane di me di due anni, eravamo molto sinceri l'uno con l'altro, – racconta. – Conoscevo tutti i suoi amici, tutta la sua cerchia: Magomed non era come ne parlano".

Finita la scuola, Magomed Evloev entrò in un istituto tecnico. In questo periodo fece sport – prese a fare allenamenti di judo e comparve una ragazza, con cui presto si sposò. "Niente preannunciava la disgrazia che stava arrivando, – continua Fatima. – Una volta sposatosi, Magomed prese a vedersi più di rado con i suoi amici. Non avevo il minimo motivo di mettermi a sospettare che stesse facendo qualcosa di brutto".

Quando fu riferito agli Evloev che un loro familiare aveva compiuto un atto terroristico, Fatima non credette a ciò che sentiva. "I miei fratelli erano molto buoni, – ricorda. – In casa avevamo molti gattini e papà aveva deciso di gettarli in strada. Achmed e Magomed lo pregarono piangendo di lasciarci i gattini".

Fatima ritiene che suo fratello sia andato a compiere l'atto terroristico "obbedendo alla cattiva volontà di qualcuno". "Sogno Magomed ogni notte, – racconta. – Voglio fargli molte domande, ma non mi dice niente: semplicemente mi accarezza e mi tranquillizza. Probabilmente la sua anima soffre".

"Sono rimasta con i debiti, ma senza mio figlio"

Anche Roza Evloeva, madre di Magomed Evloev, ritiene suo figlio una vittima, "come qualsiasi persona avrebbe potuto diventarlo". "Sono sicura che non l'avrebbe mai fatto di propria volontà: i miei figli non fanno del male neanche a un gattino", – dice.

I bambini Evloev, a loro dire, erano sotto l'attenta tutela dei propri genitori. "Chiedete a qualsiasi abitante del nostro villaggio – ognuno ve lo confermerà", – afferma la madre dei tre. Perciò la donna, a suo dire, "non avrebbe potuto neanche nel sogno più terribile" immaginarsi che suo figlio "potesse essere in qualche modo legato a persone che hanno deciso il suo destino e il destino delle persone del tutto innocenti che si trovavano a Domodedovo il 24 gennaio".

"Quel giorno Magomed mi disse che andava a Mosca in cerca di fortuna – avevamo grossi debiti, – ricorda Roza Evloeva. – Non l'ho più visto, restando alla fine con i debiti, ma senza mio figlio. Non auguro a nessuna madre di sperimentare tale dolore".

La madre di Magomed Evloev ha raccontato al corrispondente di "Kavkazskij uzel" del "comportamento corretto e giusto degli inquirenti e degli agenti di uno dei SIZO di Mosca" con i suoi figli Fatima e Achmed, arrestati come sospetti di favoreggiamento nella preparazione dell'atto terroristico. La donna è sicura che se le azioni investigative fossero state condotte in Inguscezia "non si sarebbe potuto contare su un simile comportamento".

"Con Fatima a Mosca si sono comportati molto bene e sono molto contenta che mio figlio minore Achmed si sia trovato proprio là, – dice Roza Evloeva. - Se fosse possibile dirlo a tutto il mondo, lo farei".

Il figlio 17enne di Roza Evloeva Achmed è sospettato di favoreggiamento nella preparazione dell'atto terroristico. "Accompagnò il fratello maggiore il giorno della sua partenza per Mosca", – spiega la madre degli Evloev.

A dire della donna, "come madre non ho recriminazioni da fare nei confronti degli organi [4]". "Abbiamo un cortile, abbiamo una casa. Hanno scavato tutto – non hanno trovato nulla. Ma da noi non avrebbe potuto esserci nulla, non l'avrei mai permesso", – dice.

Fatima Evloeva ha diritto al risarcimento dei danni morali e materiali in quanto completamente riabilitata, ma sua madre Roza Evloeva non vuole neanche pensarci. "Non abbiamo bisogno di alcun risarcimento, purché nessuno ci tocchi, purché viviamo in pace e il nostro ragazzo torni a casa", – ha notato la madre.

Evloeva è sicura che nei confronti di suo figlio minore Achmed gli inquirenti saranno "obbiettivi come nei confronti di Fatima".

Ricordiamo l'atto terroristico del 24 gennaio all'aeroporto moscovita di Domodedovo, dove hanno perso la vita 37 persone, fu il più letale atto terroristico negli aeroporti di tutto il mondo. Lo compì, come hanno stabilito gli inquirenti, un kamikaze – il 20enne abitante del villaggio di Ali-Jurt nel distretto di Nazran' in Inguscezia Magomed Evloev. L'organizzazione dell'atto terroristico fu rivendicata dal leader dei militanti del Caucaso del Nord Dokku Umarov.

Imputati per il caso dell'atto terroristico di Domodedovo sono: il leader (secondo la versione degli agenti delle strutture armate) dei gruppi clandestini armati del distretto Sunženskij [5] dell'Inguscezia Bašir Chamchoev, il fratello minore Achmed Evloev e anche i fratelli Islam e Ilez Jandiev. I casi dell'"ideologo dell'atto terroristico" Dokka [6] Umarov e del suo organizzatore (secondo gli inquirenti) Aslan Bjutukaev, che sono ricercati, sono stati messi a parte.

Nota della redazione: vedi anche le notizie "Nei confronti dei tre sospetti di complicità nell'esplosione a Domodedovo sono state formalizzate le accuse", "Un senatore russo ha accusato la Georgia di complicità nell'atto terroristico di Domodedovo", "Lo SK [7] annuncia la soluzione del caso dell'atto terroristico di Domodedovo", "Nelle città della Russia si sono svolte manifestazioni in memoria delle vittime dell'atto terroristico di Domodedovo", "Le autorità di Mosca hanno cominciato a pagare i risarcimenti alle vittime dell'atto terroristico di Domodedovo", "E' deceduto un altro ferito nell'atto terroristico di Domodedovo".

Аutrice: Elena Chrustalëva; fonte: corrispondente del "Kavkazskij uzel"

"Kavkazskij uzel", http://www.kavkaz-uzel.ru/articles/193110/ (traduzione e note di Matteo Mazzoni)


Note

[1] Sledstennyj IZOljator (Carcere di Custodia Cautelare).

[2] Nuova capitale dell'Inguscezia, costruita di sana pianta come una sorta di Brasilia caucasica.

[3] Villaggio dell'Inguscezia centrale.

[4] Così vengono chiamati in Russia gli organi del ministero degli Interni, cioè la polizia e i servizi segreti.

[5] Distretto dell'Inguscezia orientale.

[6] L'esatta grafia del suo nome è incerta e varia anche all'interno degli articoli che trattano di lui.

[7] Sledstvennyj Komitet (Comitato Inquirente).


http://matteobloggato.blogspot.com/2011/09/parla-la-famiglia-del-kamikaze-di.html

A proposito di Putin (XXVI)

"Il tutore del posto"-2




Il ritorno di Vladimir Putin in ogni caso avvierà il meccanismo della crisi in Russia


Nel luglio 2007, quando i piani di Vladimir Putin per il 2008 erano ancora ignoti, pubblicai sulla "Novaja gazeta" una colonna che si intitolava "Il tutore del posto". Supponevo che Vladimir Putin non avrebbe corso per un terzo mandato, avrebbe mandato avanti al suo posto un presidente fittizio, che avrebbe garantito che gli avrebbe restituito la poltrona quattro anni dopo. La funzione di questa persona sarebbe stata proprio conservare la poltrona a Vladmir Putin e restituirla integra e conservata. Sabato lo stesso Vladimir Putin ha confermato che ero nel giusto, notando che con Dmitrij Medvedev si erano messi d'accordo su tutto già qualche anno fa.

Ciò in cui il piano di Vladimir Putin si è rivelato più ingegnoso e fine delle mie supposizioni è la tipologia del "tutore del posto". Dargli i tratti di una persona giovane, moderna, che pare intervenire per il rinnovamento e che con questo attira a se le élite antiputiniane è una fregatura di grande ingegno! Tra l'altro, penso, i principali mangiatori di questa ingegnosa lapša [1] dovevano essere, secondo l'idea degli autori, non tanto le élite antiputiniane all'interno del paese, quanto i leader dei paesi occidentali. Questi, come i loro elettori, non potevano non capire con il tempo che davanti a loro c'era un presidente fantoccio. Ma l'immagine liberale del sig. Medvedev giustificava anche ai loro occhi e agli occhi dei loro elettori il fatto essenzialmente brutto che questi – leader realmente eletti delle prime potenze – erano costretti a sedere al tavolo delle trattative non con il leader del paese, ma con un "tutore del posto".

Il vero nucleo di tutta questa macchinazione con il "tutore del posto" non è, tra l'altro, quanto astutamente Vladimir Putin abbia mantenuto la promessa di non correre per un terzo mandato (a tutta evidenza, era stata fatta a Boris El'cin il 31 dicembre 1999) e allo stesso tempo non l'abbia mantenuta. La cosa principale di questa macchinazione è il profondissimo disprezzo espresso da Vladimir Putin per ciò che si chiama politica pubblica e per le istituzioni formali. Questo disprezzo è anche il simbolo della fede e il credo politico di Vladimir Putin e della sua cerchia, a cui, indubbiamente, appartiene anche Dmitrij Medvedev. Con la loro operazione brillantemente svolta hanno semplicemente spalmato e asciugato gelatina e moccio sulla faccia di tutti quelli che credono negli istituti formali e nella politica pubblica.

Questo è stata solo un particolare round della discussione alta e di principio sui diversi tipi di comando e organizzazione della società. "Gli istituti sono una manfrina, la mafia è una forza!" Ecco cos'è stato dichiarato oggi al congresso di "Russia Unita" con ovazione entusiasta dei delegati. Cosa ci porterà il seguente round dell'alta discussione? Vedremo Dmitrij Anatol'evič, lasciando la via della presidenza liberale, passa alla via del premierato liberale. E' il suo nuovo-vecchio ruolo. Continuerà a modernizzare la Russia. I consiglieri possono iscriversi in fila. Sarà facile e piacevole. Cambieranno le lampadine.

Il sistema politico-economico si muoverà con slancio verso l'ideale del regime cleptocratico. Gli economisti descrivono tale regime come una delle conseguenze della "maledizione delle risorse". Per i sostenitori di questa teoria sarà interessante.

Vladimir Putin è destinato a passare il tempo che gli resta in politica lottando per il proprio potere. Il problema sta nel fatto che Vladimir Putin NON E' AMATO [2]. Non è amato sul serio e, pare, non è amato già quasi più da nessuno. E' destinato a una parte difficile e spiacevole della sua vita. Per il paese nel suo complesso, a quanto mi pare, si possono vedere due scenari di base. Nel primo - positivo (!) – i problemi economici cominciano a scuotere attivamente il sistema politico già nel prossimo futuro (anni 2012-2014). L'aspirazione a sostenere artificialmente la crescita economica e il livello di consumi porta le finanze pubbliche fortemente fuori dall'equilibrio. La crisi politica spezza il sistema putiniano. In questo scenario abbiamo una più o meno normale crisi economica e in seguito una crisi politica. Tali crisi non sono terribili, sono normali per lo sviluppo.

Nello scenario negativo la situazione economica riesce a stabilizzarsi in una prospettiva a medio termine in uno stato peggiore, ma accettabile. Una qualche crisi nella periferia (evidentemente, di nuovo nel Caucaso) permette a Vladimir Putin di dimostrare di nuovo la propria "necessità" (e chi altro di loro è pronto a dare l'ordine di compiere un blitz in una scuola, per esempio?). In questo caso, a mio parere, la probabile crisi si sposterà alla fine del decennio, ma sarà una crisi non economica e politica, bensì una crisi di sistema. Una crisi di sistema è qualcosa tipo quello che osservammo negli anni 1989-1991. Quando i sistemi di comando cominciano a crollare contemporaneamente a tutti i livelli, tutte le strutture di potere risultano illegittime agli occhi della popolazione. E verrà colpito, di conseguenza, il concetto stesso di stato. Paradossalmente (fantastichiamo) proprio questo indubbiamente spiacevole scenario può portare all'ennesimo rinascimento del concetto di stato russo (forse in una qualche forma confederata), che aprirebbe prospettive inattese nei decenni seguenti.

In un modo o nell'altro, lasciando perdere fantasie a lungo termine, si può dire che il ritorno di Vladimir Putin in ogni modo avvierà il meccanismo della crisi in Russia. Putin non ha né sufficiente legittimità, né risorse per eliminare quelle contraddizioni del sistema politico-economico, il cui creatore è stato in sommo grado egli stesso. E non ha sostegno, il che è molto importante. Perciò gli toccherà cercare di ottenere molto denaro e forza. In generale niente di buono, né per lui, né per noi.

Kirill Rogov
osservatore indipendente

24.09.2011, "Novaja gazeta", http://www.novayagazeta.ru/data/2011/107/02.html (traduzione e note di Matteo Mazzoni)

[1] "Tagliatella", in senso figurato "fregatura".

[2] Rilievo grafico dell'originale.


http://matteobloggato.blogspot.com/2011/09/come-sara-la-russia-con-la-fine-del.html

23 settembre 2011

A proposito di misericordia (II)

Una burocrazia senza misericordia




A Mosca demoliscono l'ospizio delle Sorelle di Madre Teresa


Della mensa dell'ospizio è rimasto un mucchio di pezzi di cemento rotondi e della lana di vetro gialla. L'edificio fondamentale dell'ospizio delle Sorelle di Madre Teresa finora non è stato toccato – la demolizione della mansarda non è ancora cominciata. "Dio è il loro giudice, Egli li ama comunque. Ma in che modo il nostro edificio li disturbava?", – dice l'anziano senzatetto Evgenij. Altri tre suoi compagni si agitano presso una panchina. La conversazione è già rovente – per i residenti dell'ospizio ora è il tema principale. Nelle voci c'è irritazione, nei gesti nervosismo. "Non hanno il diritto di demolire ciò che non hanno costruito. E tutto è stato costruito a spese della Società" – appoggia la conversazione Anna.

Il 12 settembre alle sorelle e ai residenti dell'ospizio in via 3-ja Parkovaja [1] è stata resa nota la decisione della Corte di Arbitrato di Mosca. Il tribunale ha stabilito di distruggere il piano mansardato di un edificio dell'ospizio e di abbatterne completamente un altro. E già il 13 settembre hanno cominciato a demolire a mano – una brigata di operai ha battuto il tetto con i martelli fino a sera. Il 14 settembre è stata la volta degli impianti…

Il secondo edificio era stato costruito perché ci potessero vivere le sorelle. Le sorelle erano passate onestamente per tutte le istanze: dal Comitato per i Terreni fino all'Ispettorato per le Costruzioni. Ma evidentemente una mano di un funzionario non sa cosa fa l'altra. E la prefettura del Circondario Amministrativo Orientale, che negli anni '90 permise il progetto e la costruzione, nel 2007 decise di abbattere l'edificio. Negli ultimi anni la discussa costruzione era servita da mensa, dove i senzatetto potevano andare a mangiare.

L'addetto stampa della prefettura del Circondario Amministrativo Orientale Andrej Ivanov chiama la demolizione dell'ospizio "un'incresciosa incomprensione": "Gli edifici costruiti senza autorizzazione vengono demoliti in modo pianificato e opportuno. E' la politica cittadina. L'ospizio di Madre Teresa non è un'eccezione. Purtroppo la causa della situazione che si è creata è il fatto che l'organizzazione eresse l'edificio, ma non lo formalizzò nel modo dovuto. Era indispensabile elaborare l'Atto di Utilizzo concesso e mettere in uso la costruzione, cosa che non fu fatta". Le sorelle si lamentano che i funzionari le hanno "confuse" – dell'atto sono venute a sapere solo in tribunale.

… Nell'ospizio c'è odore di boršč [1] – preparano il pranzo. Le sorelle in vesti bianco-azzurre lavano il pavimento con il detersivo in polvere, corrono veloci tra la cucina e i corridoi, conversano a bassa voce con gli ospiti fissi. Ora nell'ospizio si trovano in permanenza 43 persone che hanno bisogno di aiuto. Altri 130 senzatetto giungevano ogni giorno alla mensa dell'ospizio. E in tutto ci sono sei sorelle. Due vengono dalla Russia, le altre da Francia, Romania e Bulgaria. Lavorano qui per circa tre anni, poi vanno via e giungono altre a dargli il cambio. Accanto alle sorelle qui lavorano anche dei volontari. Anche i senzatetto aiutano – spazzano il terreno, accudiscono gli invalidi. I senzatetto che giungono all'ospizio vanno accuratamente lavati e vestiti, vanno curate le loro ferite (di fatto va fornito un pronto soccorso) e d'inverno bisogna preoccuparsi delle loro mani e dei loro piedi, che possono essere congelati. I "più gravi" vengono portati negli ospedali. Nell'ospizio si aiutano anche i lavoratori immigrati – si aiutano a rifare i documenti perduti e a tornare in patria.

– Ero in carcere. Dal carcere di Astrachan' [3] mi trasferirono in un carcere del territorio di Perm' [4]. E quando mi liberarono, non mi restituirono il passaporto [5]. Dissero che dovevano restituirlo nella città in cui avevo cominciato a stare in carcere. Tornai là. E là mi rimandarono nel luogo della liberazione… – racconta Ivan. Sul suo cellulare si vede una scavatrice arancione che con il cucchiaio sfonda più volte il muro della mensa . – Mi ritrovai alla stazione di Mosca, dove le sorelle mi trovarono. Mi portarono via. Ora mi aiutano a rifare il passaporto. E quanto alla demolizione del nostro edificio, dico che le autorità si fanno dei nemici da sole. Se ora qualcosa disciplina queste persone, senza questo andranno a rubare. E nella costruzione che hanno già demolito ogni sera si svolgevano gli incontri degli alcolisti e dei tossicodipendenti anonimi…

Gli abitanti delle case vicino all'ospizio parlano molto di una certa vecchietta che per molti anni scrisse lamentele alla prefettura "per via dei bomži [6]" o - dicono, ce l'ha fatta. Ma con la decisione della prefettura, pare, sono tutti solidali. "Come madre di due bambini piccoli mi è a dir poco spiacevole che nel nostro cortile, dove c'è un parco per i bambini, esista tale istituzione, – dice Ljubov' [7] Brimmer, che vive nel condominio vicino. – Infatti i bomži si trovano continuamente qui. Mentre alcuni stanno in fila per entrare nell'ospizio, altri bevono e dormono direttamente sulle panchine o agli ingressi dei condomini. Questa istituzione è una punizione. Per chi vive qui. Chiaramente è indispensabile, solo in un altro posto".

Tuttavia per ora un altro posto per i senzatetto di Mosca non è previsto. I ricoveri statali richiedono ai senzatetto il passaporto con la residenza a Mosca (!), il controllo sanitario e una fluorografia. L'ospizio delle Sorelle della Misericordia è l'unico a Mosca che accolga ospiti "di qualsiasi aspetto" – finiscono qui "per forza". L'unica condizione è la sobrietà: le sorelle la verificano con l'aiuto di un alcol test.

…La Società delle Sorelle di Madre Teresa fino all'ultimo ha cercato di salvare la costruzione, si è rivolta alla prefettura proponendo di giungere a una conciliazione e interrompere il procedimento giudiziario. Hanno promesso di formalizzare l'atto richiesto. Tuttavia la prefettura non è giunta a un accordo. E dal momento della fondazione della Società nel 1948 la Russia è diventata il primo paese in cui i funzionari sono andati in giudizio con le sorelle della misericordia.

Irina Levkovič,
Andrej Nasonov

22.09.2011, "Novaja gazeta", http://www.novayagazeta.ru/data/2011/106/22.html (traduzione e note di Matteo Mazzoni).

[1] "3.a via del Parco", via della periferia orientale di Mosca.

[2] Tipico minestrone russo-ucraino.

[3] Città della Russia meridionale.

[4] Città ai piedi degli Urali.

[5] In Russia il passaporto è l'unico documento personale, non esistono carte d'identità.

[6] Bomž è un neologismo derivato dalla definizione Bez Opredelënnogo MestoŽitel'stvo (Senza Fissa Dimora). Il corsivo è mio.

[7] Curiosamente il nome significa "amore" e nel linguaggio religioso "carità".


http://matteobloggato.blogspot.com/2011/09/con-larrivo-dei-nuovi-padroni-di-mosca.html

22 settembre 2011

A proposito di profughi ceceni (II)

I profughi ceceni temono lo sgombero forzato dall'Inguscezia in Cecenia

21 settembre 2011, 11.35

I profughi ceceni che vivono dalla metà degli anni Novanta dello scorso secolo in luoghi densamente popolati a Karabulak [1] temono di essere costretti a lasciare l'Inguscezia. Oggi li attende l'arrivo della commissione del ministero per gli affari delle nazionalità della repubblica con la richiesta di liberate il territorio entro il 30 settembre.

La situazione è molto triste, ritiene il capo del centro di informazione e propaganda "Ob''ektiv" [2], l'attivista per i diritti umani Cheda Saratova, che ha visitato il campo profughi alla vigilia dell'arrivo della commissione. "Queste donne per la mentalità vainaca [3], secondo cui la casa dei genitori resta al figlio minore, al giorno d'oggi non hanno dove andare", – ha raccontato al corrispondente di "Kavkazskij uzel" Cheda Saratova.

Della situazione che si è creata, secondo lei, le autorità dell'Inguscezia non hanno colpa: queste hanno accolto i profughi e li hanno aiutati per molti anni. "Mi pare che le autorità della Cecenia dovessero fare attenzione alle persone che si trovano qui. Queste fanno presente a Ramzan Kadyrov che a questa gente sarebbero state date delle abitazioni", – nota Saratova.

In realtà, a suo dire, nelle abitazioni assegnate queste donne non possono fisicamente stare: là non ci sono comunicazioni, né strade, né scuole. Secondo Cheda Saratova, tali famiglie – donne con bambini, tra cui anche con bambini invalidi – sono 24.

Quelli a cui è stato assegnato un risarcimento pari a 350 mila rubli [4] per le case distrutte, con tutta la buona volontà non potranno sistemare la costruzione delle case e questi soldi non bastano per costruire una casa, dicono gli stessi profughi.

"Non ho dove andarmene, ho figli piccoli, il più piccolo dei quali ha un anno e mezzo. Mi sono rivolta all'amministrazione del distretto di Ačchoj-Martan [5] qualche anno fa, con difficoltà mi hanno assegnato un appezzamento che si trova presso il bosco", – dice Asja Chadisova, profuga cecena che vive provvisoriamente a Karabulak.

Secondo la donna, in questo appezzamento le hanno posto un pannello di casetta di 4 metri per 5. "Nella cosiddetta casa c'è una stanza e nessuna comunicazione – né luce, né gas. Come vivere con i figli piccoli in tali condizioni, praticamente all'addiaccio, non so", – continua Asja Chadisova.

Questa, insieme ad altre donne che si trovano in una situazione simile, attende con paura l'arrivo della commissione. "Oggi devono venire da noi delle persone con la richiesta di lasciare il campo, ma io non ho dove andare, non vedo una via d'uscita", – dice la donna.

Asja non ha diritto a ricevere un risarcimento, in quanto non aveva una casa propria, che sarebbe stata distrutta durante lo svolgimento di una KTO [6]. La donna si è rivolta più di una volta all'amministrazione del proprio distretto, chiedendo aiuto. "Questi hanno già fatto rapporto a Ramzan Kadyrov che mi hanno garantito un'abitazione – che mi hanno costruito una casa. Purtroppo al presidente della nostra repubblica non è giunta l'informazione esatta", – si lamenta la madre di molti figli.

"Mi trovo in Inguscezia dal 1995 per mancanza di abitazioni. E oggi ci annunciano che tutti i ceceni devono andarsene in Cecenia – questa è la disposizione del capo della repubblica dell'Inguscezia", – racconta un'altra profuga, che chiede che non sia fatto il suo nome.

Nel 2001 la donna, a suo dire, tornò nella Repubblica Cecena, ma a causa della situazione instabile le toccò tornare indietro a Karabulak, in quanto al momento aveva quattro figli piccoli.

"Oggi mia figlia minore ha compiuto 15 anni. Studia alla scuola media n. 2 di Karabulak. Dove la trasferirò all'inizio dell'anno scolastico? Quest'anno ha l'EGĖ [7]. Non ho una mia abitazione né qua, né là", – nota la donna.

Questa dice che non ha parenti – tre settimane fa è morto suo padre. "Vago con i miei bambini per mancanza di abitazioni. Non ho niente da vendere – non ho un appartamento, non ho un appezzamento di terra. Anche altri profughi sono nella stessa situazione. Di tali famiglie ce ne sono in tutto circa 20", – dice la donna.

Questa nota che, inoltre, né lei, né altri profughi accusano il presidente dell'Inguscezia o il presidente della Cecenia della situazione che si è creata. "Non pretendiamo niente, siamo d'accordo su qualsiasi abitazione in Cecenia, purché ci sia dove stabilirsi", – sottolinea l'interlocutrice del corrispondente del "Kavkazskij uzel".

La posizione del ministero per i profughi dell'Inguscezia e delle autorità della Cecenia e dell'Inguscezia per ora non è nota.

Ricordiamo che del fatto che le autorità cercano attivamente di cacciare i migranti forzati dall'Inguscezia in Cecenia gli stessi profughi avevano dato notizia anche in precedenza. Secondo l'esperto della Moskovskaja Chel'sinskaja Gruppa [8] (MChG) per il Caucaso del Nord Aslambek Apaev, nei PVR [9] sul territorio dell'Inguscezia restano fondamentalmente quelli che non hanno dove andare – le loro abitazioni sono state distrutte nel corso di azioni di guerra, ma le questioni dei pagamenti dei risarcimenti spettanti per legge e della fornitura di alloggi temporanei non sono ancora state risolte.

Come ha riferito il "Kavkazskij uzel", ai problemi dei profughi che vivono sul territorio dell'Inguscezia fu dedicata una "tavola rotonda" nell'ufficio dell'Incaricato per i diritti umani in Inguscezia il 27 aprile. Sulla base dei risultati dell'incontro i partecipanti approvarono una risoluzione che includeva una serie di proposte agli organi di potere giudiziario e legislativo a livello federale e repubblicano allo scopo di salvaguardare i diritti dei migranti forzati che si trovano sul territorio dell'Inguscezia. Uno dei problemi principali, per comune ammissione, è il trasferimento da luoghi densamente popolati in abitazioni con condizioni decenti.

Secondo le notizie fornite delle organizzazioni per i diritti umani, in Inguscezia al momento presente vivono da 15 a 20 mila profughi e migranti forzati provenienti tanto dalla Cecenia, quanto anche dal distretto Prigorodnyj [10] dell'Ossezia del Nord.

Secondo i dati della direzione del Servizio Federale per le Migrazioni per la Repubblica Cecena, dall'Inguscezia in Cecenia negli anni 2006-2009 sono tornate 3121 persone . Come dichiarò nell'aprile 2009 il capo della direzione del Servizio Federale per le Migrazioni per la Cecenia Asu Dadurkaev, in tal modo è stato adempiuto il compito posto dal presidente della repubblica di riportare a casa tutte le persone trasferite dalla Repubblica Cecena. "Dal 1999 abbiamo riportato nella repubblica circa 350 mila persone", – ha dichiarato questi, aggiungendo che dagli anni '90 ha lasciato la Cecenia più di mezzo milione di persone.

Nota della redazione: vedi anche le notizie "Gli abitanti degli ostelli in Cecenia vengono sfrattati secondo la legge, dichiarano le autorità locali", "In Norvegia i profughi ceceni continuano a lamentarsi per i rifiuti di asilo politico", "Natach [11]: al parlamento giovanile dell'Adighezia è necessaria una squadra attiva", "I migranti ceceni che vivono in Inguscezia si preparano a tenere un congresso", "I migranti forzati temono di trasferirsi dall'Inguscezia in Cecenia".

Аutrice: Elena Chrustalëva; fonte: corrispondente del "Kavkazskij uzel"

"Kavkazaskij uzel", http://www.kavkaz-uzel.ru/articles/192865/ (traduzione e note di Matteo Mazzoni)


Note

[1] Città dell'Inguscezia centro-settentrionale.

[2] "Obbiettivo".

[3] Dai Vainachi, popolo caucasico autoctono, discendono Ceceni e Ingusci.

[4] Oltre 8100 euro.

[5] Villaggio della Cecenia centro-occidentale.

[6] KontrTerrorističeskaja Operacija (Operazione Anti-Terroristica).

[7] Edinyj Gosudarstvennyj Ėgzamin (Esame di Stato Unificato), esame che consente l'ammissione all'università.

[8] "Gruppo di Helsinki Moscovita", associazione nata nel 1975 per chiedere all'URSS il rispetto del trattato di Helsinki per i diritti umani. Il corsivo è mio.

[9] Punkty Vremennogo Razmeščenija (Punti di Dislocazione Temporanea).

[10] Letteralmente "Periferico", distretto della parte sud-orientale dell'Ossezia del Nord, che prima della deportazione degli Ingusci nel 1944 apparteneva alla Repubblica Autonoma Ceceno-Inguscia e per cui Inguscezia e Ossezia del Nord sono giunte allo scontro armato nel 1992.

[11] Ruslan Aslanovič Natach, giovane attivista della Repubblica Autonoma di Adighezia.


http://matteobloggato.blogspot.com/2011/09/storie-di-ordinario-caucaso-i-profughi.html

21 settembre 2011

A proposito di Gorbačëv (II)

Michail Gorbačëv: per andare avanti è necessario cambiare il sistema




Più mi incontro con la gente, leggo, osservo gli avvenimenti e gli umori sociali che si evolvono, più percepisco una crescente inquietudine della gente. Il riconoscimento del degrado dello stato e della demoralizzazione della società diventa una diagnosi accettata da tutti.

E' sempre più evidente che il sistema di rapporti tra il potere e la società formatosi in Russia non garantisce né la sicurezza personale dei cittadini, né una vita degna per loro, né un vero (e non artefatto) rispetto per la Russia nel mondo. Circa metà dei russi interpellati ritiene che la Russia vada "nella direzione sbagliata". Un senso di situazione da vicolo cieco si sente anche nella classe politica.

E' difficile evitare l'impressione che al potere russo manchi la volontà politica e la prontezza di cercare una reale via d'uscita. Questo si limita a misure cosmetiche e ancor più spesso a imitazioni di riforme e a dichiarazioni sonanti. E' evidente che potenti interessi personali e corporativi sono legati per il mantenimento dello status quo.

Perfino molti di quelli che riconoscono l'indispensabilità di un mutamento confidano in riforme dall'alto, attendendole dal Cremlino. Forse ci basiamo ancora sullo "zar-riformatore" e non sulle nostre forze? Forse consideriamo ancora il popolo bestiame?

Altri fanno appello a mutamenti "graduali e evolutivi". Io stesso sono contrario a "grandi scuotimenti". Ma ci sono mutamenti che semplicemente non possono essere graduali. Come si può introdurre gradualmente, passo dopo passo, la supremazia del diritto? Questo significa che l'azione della legge inizialmente si diffonderà solo su distinte categorie della popolazione? E quali allora? E gli altri – si troveranno in una "zona grigia"? O in uno stato di gente di seconda classe?

E come, diciamo, introdurre "evolutivamente" il principio della concorrenza politica? E chi determinerà su chi si diffonderà e su chi no?

La mancanza di volontà di iniziare le riforme o l'aspirazione a limitarsi a cambiamenti parziali spesso viene spiegata non con la paura di perdere il potere, ma con l'aspirazione a evitare una nuova dissoluzione della Russia. Ma è proprio la mancanza di mutamenti che minaccia di provocare instabilità e di mettere a repentaglio il futuro del paese.

La campagna elettorale che si è avviata ed è già diventata rumorosa e scandalosa sembra l'ennesimo "villaggio di Potëmkin" [1]. Le autorità non nascondono neanche l'aspirazione a difendersi da una vera concorrenza e a garantire la propria autoconservazione. Forse a vita?

Tutto questo mi rammenta gli anni '80 dello scorso secolo. Ma allora trovammo comunque in noi le forze di togliere dalla società il "cerchio di ferro" della non libertà. E cominciò un sollevamento politico mai visto. La gente andò sempre più decisamente con le proprie richieste, la cui essenza era: "Così non si può più vivere!"

La leadership dell'URSS riconobbe che il sistema sovietico era inefficace e bloccava lo sviluppo. Ci decidemmo a fare riforme radicali – nonostante tutti i pericoli e i rischi. Cominciammo a smontare il monopolio del potere del PCUS e andammo alle prime vere elezioni della storia sovietica.

In una parola la perestrojka fu la risposta al vicolo cieco di allora. Per la prima volta nella storia russa la gente acquisì la possibilità di esprimere la propria volontà. Sullo sfondo dell'attuale mancanza di vitalità della scena politica e di una società silenziosa quel tempo sembra un vero trionfo della democrazia.

Ma, ahimè, a noi – il potere e tutta la società di allora – non riuscì portare la perestrojka fino in fondo e creare un sistema che si fondasse sulla concorrenza politica e garantisse la libertà e la glasnost'.

La perestrojka fu interrotta. Negli anni '90 il potere finì nelle mani di persone che, sotto la copertura di slogan democratici compirono una scelta antidemocratica. Per di più il nuovo strapotere fu completato da un capitalismo oligarchico con sfumature criminali.

Gli anni Zero, creando l'illusione della stabilità e del benessere, sono stati il periodo del divoramento delle materie prime. La Russia è risultata un fenomeno unico – al mondo non c'è mai stata una potenza nucleare basata sulle materie prime.

Il potere si è rinchiuso in un "bunker" e si è difeso con lo scudo impenetrabile di ogni sorta di trucco, di "risorse amministrative" e di legislazione ipocrita, che rende impossibile il cambio di potere. La Russia torna all'epoca di Brežnev, dimenticando com'è finita quest'epoca. La gente crede sempre meno al potere, perde speranza nel futuro, la umiliano la povertà e i divari sociali che si approfondiscono sullo sfondo di grassi eventi glamour.

Altri cinque-sei anni per questa strada e sarà molto probabile che il paese non possa uscire dal vicolo cieco.

Come può la Russia tirarsi fuori dal vicolo cieco? Sarebbe ingenuo sperare che per questo siano sufficienti riforme economiche. E poi non ci saranno senza una trasformazione del sistema: senza liberare il nostro sistema elettorale da limitazioni artificiali non giustificate da niente tranne che dall'aspirazione dell'attuale "élite" a eternare il proprio dominio, senza creare istituti indipendenti di potere rappresentativo, giudiziario e di governo locale, senza consolidare i mezzi di informazione di massa, senza una società civile.

Questi mutamenti sono impossibili senza una riforma dell'attuale Costituzione, che consolida lo strapotere presidenziale, trasformando il presidente nel nuovo monarca russo. Oggi in Russia il potere esecutivo sovrasta la società e non è controllato da nessuno. Il presidente ha la possibilità di designare il proprio successore, prolungare o ristabilire il proprio potere grazie a elezioni telecomandate. Sotto una tale presidenza non ci sono i fondamenti per sperare in un normale funzionamento degli altri rami del potere e nella conservazione delle libertà civili. La cooptazione ha sostituito l'elettività.

Quelli che sono responsabili dell'attuale situazione del paese non potranno iniziare dei reali mutamenti, temendo che il loro potere ne sarebbe scosso. Nella storia non ci sono precedenti in cui un sistema superato sia stato riformato da chi era responsabile della sua creazione.

Per la Russia sono necessarie come l'aria le elezioni corrette e libere e la concorrenza politica. L'elettività e la mutabilità del potere sono condizioni indispensabili per un normale sviluppo della società contemporanea. Ma sono possibili solo con un rinnovamento radicale dell'attuale sistema e dei suoi sostegni portanti costituzionali e statali. Il cambio del potere con la conservazione del sistema precedente e delle vecchie regole del gioco porterà solo a far sì che al posto degli uni vengano gli altri, ma la carovana continui la sua strada verso il precipizio.

Toccherà riformare il paese nel complesso ambito interno e internazionale. Ma non c'è altra strada: la società ha bisogno della trasformazione di tutte le sfere della vita. E' necessario porre le basi dello stato e del sistema che servirà la società e non il contrario. Essenzialmente tale compito si risolverà per la prima volta nella storia russa e oggi nessuno ha ricette pronte su come fare questo. Perciò è necessario un ampio dibattito pubblico sulle strade per la costruzione di una nuova Russia.

Propongo di cominciare questo dibattito sulla piattaforma del dialogo civico e invito ad esso tutti quelli che sono realmente interessati ai mutamenti.

(Per "МК" [2] e la "Novaja gazeta")

20.09.2011, "Novaja gazeta", http://www.novayagazeta.ru/data/2011/105/14.html (traduzione e note di Matteo Mazzoni)

[1] Cioè una cosa fatta per finta. Si narra (ma è solo una leggenda) che il favorito di Caterina II Grigorij Aleksandrovič Potëmkin avesse fatto costruire dei finti villaggi nelle terre conquistate agli Ottomani per impressionare l'imperatrice.

[2] Moskovskij Komsomolec (Il membro del Komsomol moscovita), un tempo organo del Komsomol (KOMmunističeskij SOjuz MOLodëži – Unione della Gioventù Comunista), adesso quotidiano popolare.


http://matteobloggato.blogspot.com/2011/09/gorbacev-e-una-russia-da-rifare_21.html

19 settembre 2011

A proposito di Anna Politkovskaja (XII)

Sulla Manica hanno di nuovo veleggiato le "anatre" [1]




A chi conviene lo scandalo intorno alle indagini sull'omicidio di Anna Politkovskaja


La fuga di notizie giunta chissà da dove inaspettatamente sulla "pista Berezovskij" nel caso dell'omicidio di Anna Politkovskaja in realtà era attesa da tempo.

Non era chiaro solo che per primo si sarebbe fatto carico dell'ingrato compito di rianimare nella coscienza pubblica la versione che può esser presa sul serio solo dal suo autore – il premier Putin. (Si ricorda che, trovandosi in visita in Germania nel 2006, in pochi giorni risolse il crimine, indicando gli intrighi degli oligarchi che si nascondono all'estero e poi il tema fu acchiappato con inventiva dal procuratore generale Čajka.) Ma comunque nessuno se ne è presa la responsabilità – la fuga è rimasta anonima e l'universale riso omerico che è seguito alla sua pubblicazione, a ben vedere, ha costretto il capo della Commissione Inquirente Aleksandr Bastyrkin a dare una smentita ufficiale il giorno stesso: "Per ora non sappiamo chi sia il mandante. Non abbiamo motivi per dire che sia Berezovskij", – ha dichiarato.

Lo stesso ha confermato alla "Novaja gazeta" anche il capo del gruppo inquirente Petros Garibjan, chiarendo al contempo che una tale versione di lavoro a suo tempo ebbe effettivamente luogo, ma tra molte altre.

Effettivamente, se si legge con attenzione il primo procedimento penale, che fu presentato in tribunale nel 2008, in esso si possono trovare abbastanza "tracce" di Berezovskij. E ogni volta queste "tracce" giungevano da sole agli inquirenti nelle persone di vari tipi di provocatori e dubbi testimoni. Tra l'altro tutti questi personaggi si lanciarono a farsi interrogare subito dopo la "soluzione" dell'attuale premier, come se li avessero incitati. Là c'erano: una certa dama esaltata, che assicurava che Politkovskaja a bordo di un aereo avesse condiviso con lei le circostanze di una lite che avrebbe avuto luogo con Berezovskij (bisogna aver conosciuto Anna per credere a questo delirio); il deputato Lugovoj, che avrebbe sentito qualcosa durante i suoi viaggi a Londra (il che è del tutto ridicolo); il capitano ucraino Mel'ničenko, che ricordò qualcosa un anno dopo l'omicidio; un altro funzionario ucraino, dichiarato ricercato, ma momentaneamente e a rischio della propria libertà giunto in Russia dagli USA per rendere qualche incomprensibile deposizione…

Tuttavia presto tutto fu dimenticato e, come se fosse poco, la Commissione Inquirente e la Procura Generale presero a negare assolutamente qualsiasi legame tra l'omicidio della giornalista e il sacro giorno 7 ottobre – il compleanno di Putin. E come poteva essere altrimenti? Allora sarebbe toccato ammettere che Berezovskij come prima è così influente in Russia da essere in grado di ottenere per il killer un passaporto valido per l'espatrio con documenti falsi e di controllare le strutture armate della Cecenia, dove lo stesso presunto killer si nascose negli ultimi tempi fino all'arresto…

Tuttavia nel quinto anniversario dell'omicidio non ancora indagato a fondo il fantasma è tornato in vita. Perché?

Non si ha voglia di fare particolarmente luce nei risvolti di PR, in quanto di per se i balletti politici elettorali intorno alla morte di una persona sono una viltà insolita. Anche se in realtà, se ci si riflette, dietro la "fuga" si può nascondere solo l'inganno di profittatori politici non molto intelligenti. Non va dimenticato che il mandante comunque c'è. A chi, se non a lui, converrebbe screditare gli inquirenti, che si sono mossi in modo significativo nell'opera di identificare esecutori e organizzatori del crimine, svergognando fin dall'inizio le deposizioni di uno dei principali imputati – il tenente colonnello del GUVD[2] Pavljučenkov, che è giunto a un accordo con gli inquirenti e ha cominciato a rendere deposizioni.

Sergej Sokolov

19.09.2011, "Novaja gazeta", http://www.novayagazeta.ru/data/2011/104/07.html (traduzione e note di Matteo Mazzoni)

[1] Nel senso di canards, cioè voci false.

[2] Glavnoe Upravlenie Vnutrennich Del (Direzione Centrale degli Affari Interni), in pratica la sede centrale della polizia.


http://matteobloggato.blogspot.com/2011/09/il-ritorno-della-falsa-pista.html

A proposito del modo di far politica in Russia (XIX)

L'occhio del popolo [1]




Le webcam devono essere in ogni seggio elettorale – il capo della CIK [2] Čurov non è contrario


Già il giorno dopo l'inizio ufficiale della campagna elettorale - il 31 agosto – la "Novaja gazeta" (vedi n. 96) ha proposto un metodo abbastanza semplice per rendere sia le elezioni stesse, sia la procedura di conteggio dei voti più trasparenti e pubblici. Ricordiamo ancora una volta la ricetta non ingegnosa: bisogna installare webcam in tutti i seggi elettorali. E prima di tutto – là, dove avviene il conteggio dei voti.

La triste esperienza delle scorse elezioni alla Duma di Stato e in particolare delle elezioni regionali degli ultimi anni dimostra l'indispensabilità di tale videocontrollo – questo può ridurre il numero di brogli. L'occhietto della webcam è capace di registrare e rendere un video-documento qualsiasi tentativo dei membri delle commissioni elettorali di manipolare in qualche modo al momento del conteggio dei voti le schede, distruggere quelle "non necessarie" o aggiungerne un po' di "necessarie". A noi questa astuzia di mani, purtroppo, è capitato di vederla più di una volta – in foto e in video inviati da osservatori meticolosi. Alcuni casi sono diventati oggetto di articoli della "Novaja gazeta".

Peraltro la videosorveglianza sarebbe utile anche al momento della votazione stessa, quando volontari spesso esterni improvvisamente cominciano a mostrare un infinita brama di aiutare gli elettori (più spesso di tutti quelli molto anziani), che non riescono a decidere in alcun modo per chi votare. La videosorveglianza potrebbe ridurre anche il numero di provocazioni nei confronti degli osservatori e dei rappresentanti della stampa, che improvvisamente, con studiati pretesti, cominciano ad essere cacciati dai seggi – fondamentalmente, per qualche motivo, nei momenti chiave del conteggio dei voti e della stesura dei protocolli. Peraltro spesso risultavano essere stati cacciati proprio quegli osservatori che facevano videoregistrazioni. L'incorruttibile occhietto potrebbe aiutare a chiarire se effettivamente questa cattiva persona "si era messa ad offendere pesantemente" o "ostacolava il lavoro della commissione elettorale".

Ci sembra che perfino la stessa presenza di questa fonte di informazioni installata ufficialmente creerà nel seggio un'atmosfera di maggior rispetto per l'osservanza di leggi, norme e regole. Infatti alla comparsa di uno "scandalo di brogli" l'immagine si può anche riavvolgere. Ma se si chiarisce che la webcam lavora per finta, si può interrogare quella commissione elettorale sul sabotaggio della videosorveglianza.

Di per se l'idea della videosorveglianza nei seggi non è estranea neanche al presidente della CIK Vladimir Čurov. In primo luogo, è del tutto nella mentalità dell'attuale presidente russo, che guarda con rispetto qualsiasi cosa elettronica e tecnologica che permetta di ridurre il ruolo dell'inaffidabile "fattore umano". In secondo luogo, al presidente della CIK, evidentemente, è un po' venuto a noia rispondere bruscamente a punzecchiature tipo "elezioni čuroviane".

In ogni caso, quando questa settimana è capitato di incontrarsi con il signor Čurov e valutare questo tema, questi si è espresso in favore di un largo uso di ogni tipo di mezzi tecnici alle elezioni. Tra cui videoregistrazioni nel corso delle votazioni e anche webcam installate nei seggi.

Per quanto riguarda le videoregistrazioni, nelle istruzioni sull'ordine di fissazione dei risultati delle votazioni stabilite da una disposizione della CIK si dice, in particolare, che gli osservatori hanno diritto di "fare registrazioni fotografiche e video del processo di votazione, della procedura di conteggio dei voti degli elettori, senza violare al contempo la segretezza del voto e senza ostacolare il lavoro della commissione elettorale". Adesso la cosa principale è non permettere a livello locale un'interpretazione estensiva dei suddetti termini.

Adesso sulla cosa principale – le webcam. Ripeto che teoricamente la CIK è favorevole. L'8 settembre è stata perfino approvata la disposizione della CIK sull'affermazione dell'"Ordine provvisorio di applicazione dei mezzi di videosorveglianza e di trasmissione delle immagini nei locali per le votazioni dei seggi elettorali e referendari".

Quanto al documento, tuttavia, ci sono molte domande. In primo luogo, in esso per qualche motivo si parla dell'installazione di webcam solo alle elezioni degli organi di potere regionali e degli organi di governo locale e ai referendum regionali e locali. Le elezioni federali non sono indicate distintamente. In secondo luogo, le decisioni sull'installazione sono prese non dalla CIK, ma dalle corrispondenti commissioni locali. In terzo luogo, nel documento c'è una precisazione, che può essere sfruttata dalle commissioni dei seggi dove sono installate le webcam, per il loro scollegamento "in caso di insorgenza di guasti tecnici". E' chiaro che, quando si vuole, questo si può fare anche senza particolari "dimostrazioni" tecniche.

Un'altra questione importante è quella finanziaria. La CIK al giorno d'oggi non si mostra pronta a equipaggiare completamente tutti i seggi russi (saranno circa 100 mila) per le prossime elezioni a spese del budget stanziato per lo svolgimento delle elezioni (7 miliardi di rubli [3]). A dire il vero, alla domanda se sia possibile compiere una simile azione a spese di chi voglia una procedura più trasparente e disponga di mezzi per questo, il presidente della CIK ha risposto affermativamente. Ma ha aggiunto che bisogna accordarsi non con la CIK, ma con le corrispondenti commissioni elettorali territoriali. E' chiaro che non certo tutte le commissioni elettorali sono interessate al rafforzamento del controllo su ciò che avviene nei loro seggi elettorali.

La "Novaja gazeta" continuerà la campagna per l'installazione di webcam in tutti i seggi elettorali della Federazione Russa.

Il prezzo della questione

Per chiarire quanto può venire a costare l'installazione di webcam in tutti i seggi elettorali della Russia (e sono circa 100 mila – la CIK non ha ancora determinato la cifra precisa), ci siamo rivolti a Aleksandr Sobkanjuk – capo di una compagnia che è specializzato in questo tipo di progetti.

E così:

– la webcam stessa (non la più cara, ma di qualità) costa circa 1500 rubli [4];
– cavo USB per il collegamento al computer – circa 500 rubli [5];
– montaggio e programmazione del computer – 2000 rubli [6].

A questo si aggiunge l'obbligatorio 20% per le cosiddette circostanze impreviste e il 10% per l'organizzazione del server.

In tal modo, una webcam e la sua installazione in condizioni ideali, trasparenti, di mercato viene a costare circa 5300 rubli [7].

E in totale nel paese questo può costare 530 milioni di rubli [8]. Ma questo in "condizioni ideali". Però da noi sono quelle che sono. E ciò significa che quelle compagnie che sono capaci di eseguire un ordine statale di tale misura e che hanno già lavorato con grandi ordini statali non lo eseguiranno con meno di un aumento di tre volte (spesso questo tipo di progetti vengono eseguiti perfino con un aumento di 10 volte).

In tal modo il costo minimo di un progetto panrusso è di circa 1,5 miliardi di rubli [9]. Il che, certamente, non è critico, se il suo scopo è rendere le elezioni russe più corrette e trasparenti. E tanto più – se si attraggono sponsor esterni.

Andrej Lipskij

15.09.2011, "Novaja gazeta", http://www.novayagazeta.ru/data/2011/103/03.html (traduzione e note di Matteo Mazzoni)

[1] Gioco di parole tra glaz naroda, "occhio del popolo" e glas naroda, "voce del popolo" (in russo arcaico).

[2] Central'naja Izbiratel'naja Komissija (Commissione Elettorale Centrale).

[3] Circa 166,2 milioni di euro.

[4] Circa 36 euro.

[5] Circa 12 euro.

[6] Circa 48 euro.

[7] Circa 126 euro.

[8] Circa 12,6 milioni di euro.

[9] Circa 35,6 milioni di euro.


http://matteobloggato.blogspot.com/2011/09/webcam-nei-seggi-elettorali-russi.html