31 dicembre 2006

A proposito di Beslan (V)

I VOLI DEI «BOMBI[1]»
Chi e come ha usato i lanciafiamme a Beslan durante le operazioni per la liberazione degli ostaggi?


Finché la «Novaja gazeta[2]» non ha fatto pervenire i lanciafiamme ritrovati alla commissione parlamentare d’inchiesta sull’atto terroristico la procura aveva assicurato che non c’erano lanciafiamme. Poi ha ammesso — c’erano, ma ha dichiarato che la scuola non è bruciata a causa loro. Vogliono convincerci che i lanciafiamme eliminano solo i terroristi, non gli ostaggi

Martedì 12 luglio a Vladikavkaz[3], durante un briefing, il vice procuratore generale del distretto federale meridonale[4] Nikolaj Šepel’ ha dichiarato senz’ombra di dubbio che durante il blitz nella scuola di Beslan i militari della 58.a armata e gli uomini dei reparti speciali dell’FSB[5] hanno usato carri armati e lanciafiamme «Šmel’». Alcuni organi d’informazione hanno ritenuto sensazionale questa dichiarazione, ma alcuni, tra cui i più autorevoli[6] (i giornali «Kommersant[7]» e «Moskovskij komsomolec[8]», la stazione radio «Majak[9]», il canale televisivo NTV[10] e altri), hanno interpretato le parole di Šepel’ esattamente al contrario. Nella loro versione il vice procuratore generale avrebbe comunicato che i lanciafiamme non erano stati utilizzati.

E’ interessante che nei giorni seguenti nei summenzionati organi d’informazione non sia comparsa alcuna smentita o precisazione di una così inesatta citazione del procuratore sull’uso da parte dei nostri militari di armi di tipo non selettivo (proprio così classifica i lanciafiamme il terzo protocollo della Convenzione sul divieto o la limitazione dell’uso di determinati tipi di armi, che non danno possibilità di sopravvivere o aventi un’azione non selettiva del 10 ottobre 1980 e di conseguenza vieta agli stati che hanno ratificato questo protocollo l’uso di lanciafiamme contro i combattenti e i civili).
Nonostante la cattiva pronuncia di Šepel’[11] in ogni modo il senso fondamentale della dichiarazione era abbastanza chiaro. Ecco la citazione precisa: «Voglio dire che ci è stata affidato ed è stata condotto l’esame dell’accademia militare per la difesa dalle armi radioattive, chimiche e biologiche, che ha affermato chiaramente, che l’RPO-A non è un’arma incendiaria. E questo spazza via da solo tutti i discorsi sul fatto che sarebbe stata usata un’arma proibita… da accordi e convenzioni internazionali. A parte ciò, per dare affidabilità all’indagine degli esperti si è sparato ad un edificio di materiale secco (di legno), che è stato completamente distrutto. Ecco
la fotografia. Ma (l’edificio. — nota del redattore) non si è incendiato. E non si è incendiato perché gli esperti dicono che, perché una persona abbia ustioni o un qualsiasi oggetto s’infiammi, è necessario che il fuoco agisca da 3 a 5 secondi. Lo «Šmel’» produce un’esplosione, e questo vuol dire un cerchio di fuoco del diametro di 6-7 metri, che si muove in un lasso di tempo tra 0,3 e 0,5 secondi. Cioè dieci volte meno[12]…».
Alla domanda diretta di un giornalista se comunque siano stati usati i lanciafiamme oppure no, Šepel’ ha risposto:
«Certamente. Non è che abbiamo negato che siano stati usati i lanciafiamme. L
abbiamo detto fin dallinizio. Inoltre, per esser più precisi, gli RPО-А, i cosiddetti «Šmeli», non si chiamano lanciafiamme. Ecco qua, se sarà necessario, vi dirò la conclusione degli esperti. Lo dico un’altra, non ha un’azione incendiaria. Ha unazione termobarica. Cioè si brucia ossigeno e si produce come un vuoto, si ha un’azione distruttiva, e per una persona è mortale. Ma è stato usato solo l’RPO-A».
Alla domanda se siano stati usati i carri armati ha risposto:
«Abbiamo già parlato anche di questo. Nessuno nega che siano stati usati i carri armati. E ce ne danno notizia i testimoni. E fra questi c’era il comando della 58.a armata. I carri armati sono stati usati per stanare i guerriglieri che si erano barricati. Fra l’altro, sapete, sono morti molti uomini dei gruppi speciali e non li si è potuti prendere. E i carri armati sono stati usati quando gli ostaggi non si trovavano più nella scuola».
Notiamo che Nikolaj Šepel’ in questa breve intervista ha dato informazioni imprecise, si può dire astute[13]. Indagini sull’uso a Beslan di armi pesanti «di tipo non selettivo» (cioè non di precisione, ma di distruzione di massa) sono condotte dalla «Novaja gazeta» da settembre dello scorso anno[14]. Perciò possiamo prenderci la responsabilità di dichiarare: se non fosse per gli sforzi della commissione parlamentare dell’Ossezia Settentrionale[15] e degli stessi abitanti di Beslan, che hanno trovato le cartucce dei lanciafiamme usati, che hanno raccolto le deposizioni dei testimoni e che nel vero senso della parola hanno costretto gli addetti alle indagini e la commissione capeggiata dal senatore Toršin, a fornire agli inquirenti i reperti trovati (cartucce, involucri di proiettili da carro armato ecc.), la versione della procura generale riguardo ai lanciafiamme adesso sarebbe questa: «Nel corso dell’ispezione del luogo dei fatti (la scuola. — n.d.r.) sono state rinvenute le seguenti armi dei terroristi: 20 fucili automatici e 5 mitragliatori Kalašnikov, 2 lanciagranate anticarro portatili, 5 lanciafiamme portatili «Šmel’»…» (l’autore della dichiarazione è lo stesso Nikolaj Šepel’ in un’intervista al giornale «Izvestija[16]» di novembre dello scorso anno. — n.d.r.).
L’idea che i lanciafiamme fossero stati usati dai guerriglieri e non dai nostri gruppi speciali dell’FSB era stata esposta a marzo di quest’anno anche dal capo della commissione parlamentare federale Aleksandr Toršin in un’intervista alla «Novaja gazeta». E questo già dopo che gli abitanti di Beslan avevano trovato le cartucce dei lanciafiamme e avevano chiesto a
Тoršin di trasmetterle pubblicamente alla procura. E solo dopo il successivo ritrovamento dei reperti, che ha avuto luogo nell’aprile di quest’anno in presenza di giornalisti e di un gruppo d’iniziativa degli abitanti di Beslan, gli inquirenti della procura generale finalmente hanno detto con chiarezza che i lanciafiamme facevano parte dell’armamentario dei gruppi speciali del Centro per le Azioni Speciali dell’FSB, che aveva usato quest’arma anche durante il cosiddetto blitz nella scuola di Beslan.
Ad aprile e adesso i procuratori affermano che sparare coi lanciafiamme sui civili non è proibito dalle convenzioni internazionali. Evidentemente non hanno letto la convenzione di Ginevra del 12
аgosto 1949 sulla difesa delle vittime di guerra e i quattro protocolli della Convenzione del 1980, che la Russia ha ratificato (a proposito, il quarto protocollo, è stato ratificato dalla Duma di Stato[17] e firmato da Putin ben poco tempo fa).
Fra l’altro nelle convenzioni di Ginevra è data una chiara definizione di “civili” e di popolazione civile (art. 50) e nell’art. 51 (“Difesa della popolazione civile”), comma 5, punto b sta scritto: «E’ vietato compiere attacchi indiscriminati, da cui ci si possa attendere, come effetto collaterale la perdita di vite tra la popolazione civile e il ferimento di civili o il danneggiamento di strutture civili (di queste fanno parte anche le scuole; art. 52, comma 3 della convenzione di Ginevra. — n.d.r.) o l’uno e l’altro contemporaneamente e che siano ECCESSIVI in proporzione al concreto e immediato obbiettivo militare, che ci propone di ottenere in tal modo».
A tal proposito vediamo le indagini militari, basandosi sulle quali Šepel’ assolve chi ha dato l’ordine di sparare sulla scuola con carri armati e lanciafiamme. Le indagini militari sono qualcosa di particolare. (Ricordiamo almeno la vicenda del «Kursk», quando l’ammiraglio d’armata della Marina Militare della Federazione Russa Sergej Kozlov indicò nel suo rapporto, che l’SOS fu lanciato, ma non lo lanciarono i marinai del sottomarino che stava affondando, bensì ignoti da un’imbarcazione non definita). E per quel che riguarda l’atto terroristico di Beslan le indagini che devono stabilire il nesso causale tra l’uso dei carri armati della 58.a armata e la morte degli ostaggi, vengono condotte dagli esperti militari della 58.a armata. Analogamente delle indagini sui lanciafiamme si occupano gli specialisti del Istituto di Ricerca Scientifica dell’FSB, cioè i sottoposti determinano il grado di colpevolezza dei propri diretti superiori.
Citiamo il protocollo più importante della Convenzione del 1980 — il terzo — specialmente per la Procura generale, che in teoria dovrebbe conoscere le leggi meglio di noi. Nella sua dichiarazione Nikolaj Šepel’ ha sottolineato più volte che nella scuola, dove c’erano 1200 ostaggi e solo 32 terroristi (sottolineiamo che è un dato ufficiale e finora non dimostrato), si è sparato «solo» con lanciafiamme RPO-
А. Che non sono incendiari.
Per prima cosa, l’RPO «Šmel’» utilizza tre tipi di cariche: incendiaria — al napalm (indicata con la lettera Z), fumogena (indicata con la lettera D) e termobarica (indicata con la lettera
А). Nel rapporto sul ritrovamento dei reperti (cioè i tubi dei lanciafiamme, trovati e fatti pervenire agli inquirenti dagli abitanti di Beslan) si parla di RPO (А, Z, e D). Cioè poteva trattarsi di cariche termobariche, ma anche di cariche incendiarie. Dopo l’uso di una carica incendiaria, il cui componente principale è il napalm, sul luogo del delitto[18] si devono trovare tracce di fosforo. Stanislav Kesaev, presidente della commissione d’indagine dell’Ossezia Settentrionale sull’atto terroristico compiuto a Beslan, ha detto in un’intervista alla «Novaja Gazeta», che sui corpi delle persone uccise estratti dalla palestra sono state trovate tracce di fosforo. Gli stessi abitanti di Beslan più di una volta hanno testimoniato che dopo il blitz i muri della scuola apparivano fosforescenti durante la notte. Gli specialisti ci hanno confermato che quando si usa il napalm le tracce di fosforo restano per lungo tempo. E visto che a Beslan restano ancora dei lanciafiamme non consegnati agli inquirenti, i parenti delle vittime chiederanno tramite il tribunale che sia condotta un’indagine indipendente per chiarire finalmente quali altri tipi di cariche da RPO «Šmel’», a parte quelle termobariche, sono state usate durante il cosiddetto blitz della scuola.
Ma perfino ciò che ha affermato il vice procuratore generale N. Šepel’, dice che uomini di Stato della Russia hanno violato una serie di articoli della Convenzione del 1980, perché nel terzo protocollo di questa convenzione — «Sul divieto o sulla limitazione di utilizzo di armi incendiarie» (articolo 1, paragrafo 1) — si dice che «arma incendiaria» significa qualsiasi arma o attrezzatura militare, destinata in primo luogo a incendiare oggetti o a procurare ustioni a persone per mezzo di fiamme, calore o l’uno e l’altro insieme, originati da una reazione chimica della sostanza lanciata sul bersaglio. Il punto «
а» dice: «Un’arma incendiaria può avere l’aspetto, per esempio, di un lanciafiamme, un oggetto che esplode al contatto, un razzo, una granata, una mina, una bomba o un involucro contenente sostanze infiammabile…».

Еlena Мilašina


UN’ESPERIENZA PERSONALE
L’RP
О-А «Šmel’» agisce secondo il principio della deflagrazione. La granata viene lanciata in vano, si surriscalda e rilascia una nube di sostanza esplosiva a bassa dispersione (detto semplicemente — una sospensione dirompente[19]), che istantaneamente riempie tutto questo spazio e che con circa un secondo di ritardo si infiamma. All’esterno della nube la pressione aumenta di varie volte, ma nel suo centro, a causa dell’esplosione della miscela, la pressione, al contrario, scende catastroficamente. Così all’esplosione si somma anche l’effetto del vuoto creato. Il vano crolla come se fosse una scatola di cartone. Alcuni spari possono distruggere completamente una casa di cinque piani. Quello che è successo anche durante l’esperimento compiuto dagli inquirenti.
Ma
questo effettivamente non provoca un incendio. Ci si chiede Perché?” La risposta è semplice. Eperché non ceniente da bruciare! L’edificio distrutto, in cui non c’è altro che muri e soffitto, e una scuola «viva» con pavimenti in legno, rivestimenti da palestra, porte, plastica e mobili non sono la stessa cosa. Per non dire del fatto che durante l’esperimento degli inquirenti si è sparato un colpo, mentre intorno alla scuola sono state trovate 9 tubi da lanciafiamme usati. Gli esperti paragonano la potenza del colpo di uno «Šmel’» a quella di una granata da 152 mm. Ci si può immaginare la distruzione che provoca.
Per dirla tutta, le conseguenze dell’esplosione di uno «Šmel’» sono identiche a quelle dell’esplosione di una conduttura del gas in un appartamento, — il principio è lo stesso. E cosa succede quando esplodono i fornelli negli appartamenti, lo sappiamo benissimo tutti. In generale la dichiarazione della procura sul fatto che un lanciafiamme, che al momento dello sparo produce una temperatura di 800 gradi, non possa provocare un incendio, suona perlomeno un po’ strana. In Cecenia mi è capitato anche di sparare con uno «Šmel’», e di vedere le conseguenze dello sparo — le case bruciavano come fiammiferi e venivano completamente distrutte dalle fiamme. E’ un’arma molto potente.
Chissà perché si ritiene che lo «Šmel’» sia un’arma speciale e per usarla è necessario un ordine speciale. Sciocchezze
. Per prima cosa il lanciafiamme non è un mezzo speciale, lo si capisce dal nome: RPO, Reaktivnyj Pechotnnyj Ognemët[20]. E viene fornito alla fanteria di terra e di mare e non solo ai corpi speciali. Seconda di poi, in battaglia ogni soldato usa le armi che gli sono fornite per l’uso. Probabilmente gli «Šmeli» sono stati dati prima del blitz. E i soldati, naturalmente, li hanno usati.
Se sia corretto utilizzare un’arma del genere durante un’operazione per la liberazione di ostaggi[21]
Secondo le testimonianze degli ostaggi i soldati che hanno compiuto il blitz prima di entrare nella sala, ci hanno lanciato una granata. I bambini hanno raccontato che hanno sentito un avvertimento fuori dalla finestra: «Gettatevi a terra, lanciamo una granata», poi c’è stato uno scoppio e solo dopo sono comparsi i gruppi speciali.
Certo
, non tutti hanno agito così durante il blitz. I gruppi speciali «Al’fa» e «Vympel[22]» hanno subito perdite senza precedenti, perché hanno fatto scudo ai bambini, hanno creato un «corridoio vivo» per gli ostaggi coi propri corpi.

Arkadij BABČENKO
18.07.2005



[1] “Bombo” (insetto simili all’ape, in russo Šmel’) è chiamato il lanciafiamme di cui si parla nell’articolo.

[2] “Il giornale Nuovo”, uno dei pochi organi d’informazione russo realmente indipendenti, da cui traggo questo articolo (http://2005.novayagazeta.ru/nomer/2005/51n/n51n-s00.shtml).

[3] Città della Russia meridionale

[4] Alcuni anni fa il presidente russo Vladimir Putin, con una mossa ritenuta da molti anticostituzionale, ha diviso la Russia in sette distretti, a capo dei quali ha posto uomini di sua fiducia (con poteri ben superiori a quelli dei prefetti italiani) affinché vigilino sull’operato dei poteri locali, che, sotto il suo predecessore El’cin, erano arrivati a rendersi di fatto indipendenti dal potere centrale.

[5] Federal’naja Služba Bezopasnosti (Servizio Federale di Sicurezza), i servizi segreti russi.

[6] Qui forse si fa dell’ironia, visto che si tratta di organi d’informazione favorevoli a Putin.

[7] “Il Commerciante”

[8] “Il komsomolec moscovita”; komsomolec sta per “membro del Komsomol (Kommunističeskij Sojuz Molodëži – Unione Comunista della Gioventù, equivalente sovietico dei “balilla” e degli “avanguardisti” fascisti). Con il crollo dell’URSS il “Moskovskij komsomolec” è diventato un giornale popolare.

[9] “Il Faro”

[10] Nacional’noe TeleVidenie (“TeleVisione Nazionale”), canale televisivo privato critico verso Putin finché questi non l’ha fatto prima chiudere e poi riaprire sotto la direzione di uomini a lui fedeli.

[11] Nomen omen, il destino è nel nome, secondo il detto latino: in russo šepeljat’ significa “biascicare”.

[12] Per amor di precisione ho riprodotto più fedelmente possibile il contorto eloquio di Šepel’

[13] L’aggettivo usato può significare anche “maligno” o “il Maligno”, cioè il diavolo.

[14] Quando cioè si sono verificati i drammatici fatti di Beslan.

[15] La repubblica autonoma della Federazione Russa in cui si trova Beslan

[16] “Le Notizie”; un tempo notiziario ufficiale dell’Unione Sovietica (visto che il più importante giornale sovietico, la “Pravda” – cioè “La Verità” – riportava quasi esclusivamente comunicati ufficiali, si diceva che non c’era alcuna verità nelle “Notizie” né alcuna notizia nella “Verità”), dopo un periodo post-sovietico di buon giornalismo sembra avviarsi tristemente a diventare il notiziario ufficiale del regime di Putin.

[17] La Camera dei Deputati del parlamento russo.

[18] Così si esprime, secondo me per nulla impropriamente, l’autore dell’articolo.

[19] “Detto semplicemente”? Però è chiaro che è qualcosa che si surriscalda ed esplode e sicuramente non giova particolarmente alla salute.

[20] Lanciafiamme Reattivo da Fanteria

[21] Come dire “…fate voi”.

[22] “Stendardo”.

A proposito di Beslan (IV)

COMMISSION IMPOSSIBLE[1]
“Russia Unita[2]” ha chiuso l’indagine su Beslan


Venerdì la commissione parlamentare federale su Beslan ha concluso la propria tormentata esistenza. Al mattino presto ha votato in questo senso il Consiglio della Federazione[3]. Verso le 16.00 hanno fatto lo stesso i membri dei raggruppamenti di “Russia Unita” e dell’LDPR[4] nella camera bassa del parlamento.
La commissione Toršin[5] già più di una volta aveva tentato di uscire dal gioco e chiudere la questione Beslan. L’anno scorso gliel’aveva impedito la commissione parlamentare dell’Ossezia Settentrionale, che aveva sollevato la questione della natura delle prime esplosioni nella palestra e delle circostanze del blitz nella scuola di Beslan. Grande confusione aveva causato anche il processo all’unico terrorista sopravvissuto N. Kulaev: decine di testimoni diretti e indiretti avevano rilasciato deposizioni riguardanti il fuoco rivolto verso la scuola da lanciafiamme e carri armati mentre gli ostaggi erano ancora vivi.
Nell’estate di quest’anno è stato pubblicato il rapporto alternativo di uno dei membri della commissione federale, Ju. Savel’ev[6], nel quale questi dimostrava che le prime esplosioni nella palestra si erano verificate in conseguenza del fuoco di lanciafiamme e lanciagranate.
Il rapporto ufficiale della commissione federale, già pronto, in favore del quale avevano votato 18 membri contro due (i deputati Ju. Savel’ev e Ju. Ivanov[7] non si trovarono d’accordo con il testo del rapporto), dovette essere rinviato. Il capo della commissione Toršin promise di smentire Savel’ev in ogni modo. Ma da settembre in poi la commissione parlamentare federale non tenne neanche una seduta.
Non di meno in questa settimana al Consiglio della Federazione e alla Duma di Stato[8] è stata presentata in gran segreto un’istanza per la conclusione dei lavori della commissione.
Al Consiglio della Federazione Toršin ha letto le tesi di un rapporto vecchio di sei mesi e ha chiesto di sciogliere la commissione. Del fatto che nella stessa commissione esistano divergenze su quasi tutte le questioni principali (il numero dei militanti, le fasi del sequestro, le trattative, le circostanze del blitz, ecc.) Toršin non ha detto una parola.
Alla Duma di Stato Aleksandr Porfir’evič non è andato. Al suo posto ha riferito il membro della commissione federale Aleksandr Moskalec[9]. Venerdì alle 10.26 del mattino alla seduta della Duma dedicata ai resoconti Moskalec ha presentato la proposta di mettere all’ordine del giorno e votare l’istanza per la conclusione delle attività della commissione su Beslan.
In
aula non cerano molti deputati. Non di meno su proposta di Moskalec hanno votato quasi tutti quelli di “Russia Unita” (il KPRF[10], “Patria” e il gruppo di Semigin[11] hanno votato contro, l’LDPR si è astenuto). Durante la votazione mattutina è avvenuto un caso: qualcuno ha utilizzato la tessera di Jurij Savel’ev e ha votato al suo posto mentre questi era assente dall’aula.
Lo stesso Jurij Savel’ev ha saputo che la commissione avrebbe concluso i lavori da un servizio di “Ècho Moskvy[12]”. Questi è giunto subito alla Duma e ha raccontato la notizia all’altro membro della commissione Jurij Ivanov, che pure non sapeva nulla dell’iniziativa di Toršin.
Durante la seduta della Duma si è chiarito che ai deputati veniva proposto di votare in tutta fretta un rapporto che nessuno aveva letto né visto! Inoltre Vladimir Žirinovskij ha avanzato la proposta di votare ancor più rapidamente (senz’alcun dibattito o intervento). I MEMBRI DI “RUSSIA UNITA”
[13] e dell’LDPR hanno votato compatti in favore della proposta di Žirinovskij. Ma una svolta degli eventi così marcatamente truffaldina non ha trovato il favore degli altri gruppi. E nell’aula parlamentare si è levato un rumore assolutamente non parlamentare. Il ben esperto presidente della camera bassa Boris Gryzlov si è orientato rapidamente e ha risolto la situazione. Ha avanzato l’ipotesi che i deputati non avessero capito Žirinovskij con tutta precisione e ha posto nuovamente la questione della votazione. Per la seconda volta i deputati hanno votato compatti contro la proposta di Žirinovskij.
Insomma si è deciso di discutere comunque il rapporto. Nel corso del dibattito quasi tutti gli intervenuti hanno parlato dell’assurdità della situazione e del fatto che provavano vergogna davanti agli abitanti di Beslan.
Non di meno in favore della proposta di chiudere l’indagine parlamentare su Beslan hanno votato 333 deputati[14].
Una coincidenza simbolica: 333 persone è il numero di vittime dell’atto terroristico di Beslan.

P.S. Il resoconto dettagliato della Duma di Stato si potrà leggere nei primi numeri della “Novaja Gazeta” nel 2007.

Elena
MILAŠINA http://2006.novayagazeta.ru/nomer/2006/98n/n98n-s03.shtml

25.12.2006 (traduzione e note di Matteo Mazzoni)


[1] Il titolo dell’articolo si basa su quello del film con Tom Cruise. Ho usato l’inglese perché in Italia il film è uscito con il titolo originale.

[2] Il partito che ha praticamente l’unico scopo di sostenere la politica di Putin ed è detto perciò anche il “partito del potere”.

[3] La camera alta del parlamento russo, formata da rappresentanti delle varie entità locali della Federazione Russa (repubbliche, regioni, ecc.).

[4] Liberal’no-Demokratičeskaja Partija Rossii (Partito Liberal-Democratico di Russia): a dispetto del nome si tratta di un partito nazionalista e per molti versi reazionario – ad esempio invoca l’annessione delle vecchie repubbliche sovietiche dentro una Grande Russia. Il suo leader incontrastato è il tristemente noto Vladimir Vol’fovič Žirinovskij.

[5] Aleksandr Porfir’evič Toršin, vice presidente del Consiglio della Federazione e capo della commissione federale d’inchiesta su Beslan.

[6] Jurij Petrovič Savel’ev è un fisico specializzato nella tecnica degli esplosivi e un parlamentare del raggruppamento “Patria” (nazionalista moderato e fedele a Putin) e quindi impossibile da accusare di incompetenza o di tendenziosità…

[7] Il deputato comunista Jurij Pavlovič Ivanov.

[8] Anche i parlamenti locali sono chiamati “Duma”.

[9] Aleksandr Petrovič Moskalec, deputato di “Russia Unita”, vice presidente della commissione affari costituzionali.

[10] Kommunističeskaja Partija Rossiskoj Federacii (Partito Comunista della Federazione Russa”).

[11] Gennadij Jur’evič Semigin, leader del partito “Patrioti della Russia”, di orientamento nazionalista “di sinistra”.

[12] “L’Eco di Mosca”, stazione radiofonica indipendente di Mosca.

[13] Rilievo grafico dell’autrice.

[14] La Duma di Stato è composta di 450 deputati, quindi il 74% di essi ha votato a favore della chiusura dell’inchiesta.

A proposito di Beslan (III)

CI SONO PERSONE A CUI TUTTO E’ NOTO
Questa non è una versione, sono fatti, esposti proprio nell’ordine in cui sono avvenuti

Anche dopo due anni le circostanze dell’atto terroristico di Beslan si possono ricostruire con difficoltà. Al cento per cento è chiara solo una cosa: la versione ufficiale, diffusa in fretta e furia letteralmente pochi giorni dopo l’atto terroristico, non trova conferma. Si sono accumulate troppe domande. Ma gli organi ufficiali, in primo luogo la Procura Generale e il tribunale, evitano di dare risposte anche alle domande più scontate.
In tutti questi anni la “Novaja Gazeta[i]” ha considerato necessario non permettere alla questione Beslan di chiudersi. Non seguire l’ordine del giorno informativo diretto dall’alto, da cui Beslan è stata cancellata molto rapidamente. C’è stato un periodo in cui sulla questione principale per gli abitanti di Beslan – se nel blitz fossero state usate armi non selettive[ii], proibite dalla Convenzione di Ginevra, - ha scritto solo la “Novaja Gazeta”.
C’è stato un periodo molto breve, ed è finito, in cui col nostro aiuto i parenti delle vittime hanno potuto consegnare alla procura
прокуратуре gli involucri dei lanciafiamme utilizzati, trovati da loro, e i bossoli dei proiettili sparati dai carri armati. Hanno costretto la procura ad ammettere l’evidenza, ma questa si è messa ad inventare confutazioni: sì, hanno sparato, ma quando nella scuola non restavano più ostaggi in vita. Notate che non si sono messi a giustificarsi i militari che hanno usato i carri armati, né l’FSB[iii] della Federazione Russa, i cui membri dei corpi speciali hanno sparato con armi tipo RPO[iv], RPG[v] e RŠG[vi], ma gli stessi inquirenti della Procura Generale.
Fra l’altro per la Russia, in cui non sono stati indagati a fondo le esplosioni di abitazioni a Mosca e a Volgodonsk[vii], il caso del “Nord-Ost”[viii], il caso del “Kursk” ecc., questo è abituale.
Una sola cosa non è stata come d’abitudine: prima c’è stato un processo pubblico, in cui sono stati letti ufficialmente i risultati delle indagini.
Nonostante il fatto che gli abitanti di Beslan siano stati accusati più di una volta di speculare sul proprio dolore, essi hanno retto con dignità questo processo durato molti mesi, formulando tutte le domande fondamentali alle quali gli inquirenti non avevano voluto rispondere.
Alla Russia sono rimasti impressi i nomi di due donne – Susanna Dudieva e Èlla Kesaeva[ix], che sono state accusate di eccessiva attività e offese nel modo più crudele.
Ma la cosa più importante è che al processo al terrorista N. Kulaev[x], e adesso al processo contro i poliziotti osseti accusati di negligenza, hanno deposto donne, uomini, anziani e bambini. E quelli che in quei tre giorni erano nella scuola o nelle vicinanze. Al processo a N. Kulaev hanno deposto anche uomini del Ministero degli Interni, dell’MČS[xi] e dell’FSB, i militari della 58.a armata, i membri del governo della repubblica dell’Ossezia Settentrionale e l’ex presidente dell’Ossezia Settentrionale Dzasochov. E anche se al processo sono risuonate molte menzogne e le reali circostanze del blitz sono state nascoste, queste bugie non hanno impedito di stabilire la verità. In assoluto tutte le deposizioni si sono rivelate componenti importantissime per comporre il quadro dei tre giorni di settembre che fecero tremare il mondo.
Nella sua inchiesta la “Novaja Gazeta” è partita dal principio che ogni persona che ha preso parte a questi avvenimenti ha diritto ai propri ricordi, alle proprie opinioni e ai propri giudizi sull’accaduto. Abbiamo ascoltato, confrontato e analizzato tutte le fonti a nostra disposizione: i resoconti stenografici dei processi, i rapporti della polizia, i materiali dell’istruttoria, i rapporti di entrambe le commissioni parlamentari[xii], l’opinione particolare di un membro della commissione parlamentare federale, il deputato della Duma di Stato della Federazione Russa Jurij Savel’ev, le deposizioni dei testimoni dell’attacco terroristico e dei partecipanti all’operazione antiterroristica.
Alla fine abbiamo ottenuto il quadro dell’atto terroristico. Questa non è una versione, sono fatti, esposti proprio nell’ordine in cui sono avvenuti.

L’attacco
Alle otto la scuola n. 1 di Beslan[xiii] era già aperta, per primi erano arrivati gli insegnanti e il personale non docente. Alle 9.30 era programmata la linejka[xiv] solenne. Molti l’avevano saputo solo al mattino del 1 settembre (in genere la linejka era alle 10.00). Al figlio di Inga Basaeva-Čedžemova Zelimchan suonò alla porta un compagno di classe e gli disse che bisognava andare a scuola prima. Inga si affrettò con la figlia ed il figlio.
Alle nove gli scolari cominciarono ad avvicinarsi in massa. Molti bambini e adulti si trovavano nella scuola (proprio là li sorprenderanno i terroristi), ma il maggiore affollamento era all’esterno, dove attendevano il segnale d’inizio della linejka.
Alcuni testimoni poi racconteranno che dal lato di via Komintern ben prima della linejka avevano notato persone armate presso i cancelli della scuola. Ma a questi fatti quasi nessuno dette importanza. Pensavano che fosse un corpo di guardia privato. L’ex ostaggio A. Komaev vide due uomini sul tetto già durante la formazione della “riga”.
Passando dall’ingresso, Inga notò due macchine che si muovevano lentamente – un “GAZ[xv]-66” con il cassone coperto da un telone con la targa
А 3012 СЕ e un “modello 7[xvi]” senza targa. Queste macchine furono viste anche da una donna che camminava più avanti, che in seguito confermerà le parole di Inga. Zelimchan disse alla mamma che nella macchina sedevano uomini barbuti. Non era meglio tornare a casa? Inga disse al figlio: “Non inventare storie, non cercare di andartene da scuola, ma in cuor suo, evidentemente, si inquietò. La preoccupazione si affievolì un po’ quando vide una persona in uniforme da poliziotto sul sedile anteriore di una piccola macchina. Ma comunque non perse di vista le due macchine e notò che si erano fermate presso il negozio di articoli per la casa “Bonus” in via Komintern; il guidatore del “modello 7” si avvicinò al guidatore del “GAZ” e gli disse qualcosa. Inga aggirò la macchina, si avvicinò alla scuola e subito incontrò Fatima Dudieva, maggiore del ROVD[xvii] della regione Pravoberežnyj[xviii], che quel giorno era di turno di guardia a scuola. Inga le parlò delle macchine che avevano attratto la sua attenzione; in realtà poteva essersi sbagliata: forse si trattava di militari che andavano a sorvegliare la scuola (il marito di Inga, agente del GIBDD[xix], l’aveva avvertita che in Ossezia avrebbero potuto verificarsi atti terroristici).
Il maggiore Dudieva andò a telefonare al secondo piano. Questa conversazione fu udita da Inga Chazbievna Charebova, che parlerà al riguardo durante le indagini.
Nel frattempo la direttrice capo della scuola Ol’ga Ščerbinina alle 9.20 aveva fatto suonare la campanella per tre volte ed era uscita. La riga si formò, la direttrice della scuola Lidija Aleksandrovna Calieva salutò gli allievi e gli espresse gli auguri per il nuovo anno scolastico. In quel momento, quando la musica cominciò a suonare, in cielo comparve un razzo da segnalazione. All’improvviso risuonarono raffiche di armi automatiche.

La maggior parte degli ostaggi, descrivendo il momento dell’attacco, ripetono gli stessi dettagli: 1) Inizialmente hanno visto 6 persone in tuta mimetica, alcuni mascherati e alcuni no, in particolare attirò la loro attenzione un militante alto, dalla corporatura atletica, con la barba rossa, che stava presso l’ingresso della scuola dal lato di via Komintern, che sparò in aria con un fucile di precisione e gridò: “Questo è un sequestro!”; 2) I militanti riuscirono a circondare scolari e insegnanti in riga e partirono dal cortile della scuola per disporsi presso tutte le uscite (in tutto sono due); 3) La gente, spaventata dagli spari, corse di propria volontà nell’edificio della scuola, ma solo pochi poterono fuggire dalla porta posteriore della scuola che era aperta (!), gli altri ruppero le finestre e saltarono nel corridoio della scuola, corsero al secondo piano e si nascosero nelle classi; 4) Nella scuola c’erano già molti militanti, tra cui il militante con la mano ferita, che molti ostaggi riconoscono nell’identikit n. 20.1
Al momento in cui iniziò l’attacco terroristico si avvicinò alla scuola (secondo alcune versioni era fermo, in attesa del razzo di segnalazione) il “GAZ-66”, da cui saltarono fuori 15 persone in tuta mimetica. Il “
ГАЗ-66” fece scendere i militanti, fece inversione a U e se ne andò.
Alla fine dal lato del vicolo Batagov un altro piccolo gruppo di militanti raggiunse la scuola. Li videro Valerij Dzgoev, che stava innaffiando le patate nel proprio orto, e sua moglie, che istantaneamente comprese la situazione e trascinò il marito in casa (Valerij non aveva capito cosa stava succedendo: sentendo gli spari, li aveva presi per una salva di saluto[xx]).
Già durante le indagini alcuni avevano reso testimonianze simili, cioè di aver visto un “Gazel’[xxi]”, da cui erano saltati fuori militanti armati e inoltre due ostaggi hanno visto una macchina “UAZ con dei militanti a bordo. Il “Gazel’” bianco in effetti è stato fermo per tutti e tre i giorni[xxii] presso l’ingresso centrale della scuola ed è finito perfino nel processo. Poi il “Gazel’” senz’alcuna spiegazione ha smesso di figurare nella versione ufficiale.
Resta aperta anche la questione del secondo “GAZ-66” targato
А 8130 СЕ, che non si capisce quando sia comparso nei pressi della scuola. Secondo le deposizioni dei testimoni, questo sarebbe successo già dopo il sequestro. Mairbek Tuaev vive presso la scuola in una casa del vicolo Škol’nyj[xxiii]. Nelle sue deposizioni nel corso delle indagini Mairbek ha raccontato che uno dei militanti corse una decina di metri fuori dal terreno della scuola e si mise a chiamare qualcuno via radio parlando in ceceno o in inguscio. Dopodichè aggiunse: “E’ tutto già fatto, mandate rinforzi”. (Secondo le deposizioni di una grande quantità di ostaggi, oltre ai telefoni cellulari tutti i militanti avevano delle radio).
E’ possibile che col “GAZ-66” targato
А 8130 СЕ siano giunti alla scuola i “rinforzi”.
C’è solo da dire che, secondo la versione degli inquirenti, proprio con questa macchina, trovata in seguito nei pressi della scuola, sarebbero giunti tutti i terroristi: in tutto trenta uomini e due donne. Fra l’altro dopo la condanna di N. Kulaev il sostituto procuratore generale N. Šepel’ ha inaspettatamente ammesso: “L’inchiesta non ha mai affermato che i banditi fossero trentadue”. E nella corrispondenza con gli ex ostaggi gli uomini della Procura si sono praticamente trovati d’accordo: il “GAZ-66”, a guardare le sue caratteristiche tecniche, non poteva giungere a Beslan con 32 militanti (neanche con 28 – quattro persone erano nella macchina di Guražev[xxiv]) e con tutte le armi, che furono trovate nella scuola dopo il blitz.
Si può supporre molto verosimilmente che all’atto terroristico abbiano partecipato non meno di cinque-sei gruppi di terroristi. Il numero totale di terroristi potrebbe, secondo diversi calcoli, ammontare a 60-70 persone, tra cui c’era un gruppo di militanti russofoni di aspetto europeo, fino a cinque donne2 e un gruppo di 15-16 militanti fanatici altamente professionali, che colpirono gli ostaggi per il loro aspetto (barbe e capelli lunghi e neri, camici neri) e anche per il fatto che leggevano il Corano in momenti inappropriati (durante il blitz)3. Tutti questi capitarono a Beslan per diverse strade, con diversi mezzi di trasporto e in diversi momenti.
Un fatto è significativo: qualche giorno dopo l’atto terroristico Inga Basaeva-Čedžemova, a cui nella scuola era morto il figlio Zelimchan, irruppe dal sostituto procuratore generale Vladimir Kolesnikov (questi conduceva allora il procedimento sull’atto terroristico) e parlò delle strane macchine. Insistette tenacemente sulla propria versione e chiese che fosse fatta una verifica. Kolesnikov ascoltò e chiese a Inga: “Lei ha un cognome molto noto. Basaev
. Non ne ha paura?”.

Il quartier generale
Si usa ritenere, che se nella scuola per tutti e tre i giorni fu un unico orrore, fuori dalla scuola fu un unico casino.
Comunque, secondo le indagini, la confusione che regnava nel quartier generale, non avrebbe influito sulla situazione degli ostaggi.
Già subito dopo il blitz è apparso chiaro che tutti i movimenti del quartier generale antiterroristico influivano e come sulla situazione nella scuola occupata dai terroristi.
In conseguenza del numero “354 ostaggi” fatto risuonare risuonava tenacemente nei notiziari (i terroristi guardavano la televisione) nella palestra fu inasprito il regime (il primo giorno era permesso andare al bagno e veniva data dell’acqua, il secondo la maggior parte degli ostaggi beveva già la propria urina e faceva i propri bisogni nella palestra), ma non di meno non vi furono sparatorie significative4.
Nel processo di divulgazione dei dettagli sulle azioni di questa o quella persona, coinvolta nell’operazione antiterroristica è apparso chiaro che non c’era affatto casino nel quartier generale.
In realtà c’era un disaccordo sul modo di agire, nato in conseguenza dei contrasti esistenti tra i membri del quartier generale, in cui alcuni erano i sostenitori della liberazione degli ostaggi e altri dell’eliminazione dei terroristi.

Fin dаll’inizio il comando delle operazioni contro i terroristi fu preso dal presidente della repubblica[xxv] A.S. Dzasochov, giunto a Beslan alle 10.30 del mattino. Furono prese tutte le prime misure necessarie: dall’immediato accerchiamento della scuola (fu organizzato abbastanza in fretta e prevenne la presa in ostaggio di un gran numero di persone) ai primi tentativi di instaurare trattative coi terroristi.
Per mezzo del mufti Volgasov alle 12.50 i terroristi ricevettero un messaggio via radio, cioè, in sostanza, fu stabilito un primo contatto coi terroristi.
Secondo le indicazioni dell’OŠ (quartier generale operativo[xxvi]) fu usata un’apparecchiatura per la scansione di tutte le conversazioni tra i militanti, e fu stabilito che utilizzavano un segnale codificato.
Alle 11.20 la procura aprì un procedimento sul sequestro di “oltre 600 persone”.
Alle 11.40 Dzasochov parlò per la prima volta al telefono con il presidente della Federazione Russa.
Dei dettagli delle conversazioni (con Putin Dzasochov parlerà ancora alcune volte in quei tre giorni) si sa poco. Non di meno si può molto verosimilmente supporre, che il presidente venga informato di tutti i dettagli, tra cui il presunto numero di ostaggi e le richieste dei terroristi. A sua volta, stando a quanto ha detto Dzasochov, Putin chiede di fare “tutto il possibile per liberare gli ostaggi”. Ma ecco che già nelle prime ore dell’atto terroristico5 si parla di esaudire la richiesta dei terroristi, che risuona per tutti e tre i giorni: che entrino nella scuola il presidente dell’Inguscezia Zjazikov, il presidente dell’Ossezia Settentrionale Dzasochov, il pediatra Rošal’[xxvii] e il consigliere di Putin Aslachanov, aggiunto più tardi alla lista (dopo la sua conversazione telefonica coi terroristi, che aveva avuto luogo il 1 settembre).
E
quale fu la reazione di Mosca? Categoricamente negativa. Giunge l’ordine di fermare Dzasochov con tutti i mezzi (arresto compreso). Neanche Zjazikov comparirà a Beslan in quei tre giorni e in seguito, giustificandosi, rimanderà a un ordine da Mosca. Anche Aslachanov affermerà di essere volato a Beslan, non appena ricevuto l’autorizzazione necessaria (in verità era già troppo tardi – Aslachanov giunse a Beslan verso le 17.00 del 3 settembre, cioè dopo il blitz).
Così si può trarre la conclusione che Mosca impedì un reale svolgimento delle trattative, vietando categoricamente l’arrivo a Beslan di negoziatori di alto rango (ad esclusione di Rošal’, che non è un uomo politico). Il divieto di partecipare alle trattative fu espresso direttamente dall’ufficio di presidenza ad alcuni noti politici, che avevano preso parte alle trattative nel caso del “Nord-Ost”.
E’ necessario constatare anche che reali tentativi di stabilire contatti coi terroristi furono effettuati esclusivamente da Dzasochov e dalle autorità della repubblica[xxviii]. Proprio il presidente dell’Ossezia Settentrionale propose di rilasciare gli ingusci arrestati come sospetti di aver partecipato all’attentato a Nazran’[xxix], che al momento dell’atto terroristico si trovavano nel SIZO[xxx] di Vladikavkaz[xxxi]. Dzasochov invitò i fratelli Guceriev[xxxii] e Ruslan Aušev[xxxiii] a prender parte alle trattative. Dzasochov (per mezzo di Guceriev) propose ai terroristi di scambiare i bambini presi in ostaggio con 800 persone, tra cui funzionari del governo regionale e deputati del parlamento locale. Su richiesta personale di Dzasochov e Mamsurov[xxxiv] le “autorità” criminali di Cecenia e Inguscezia parlano coi militanti con i cellulari. Dzasochov, infine, parla alcune volte con Zakaev[xxxv], esigendo (!) da quest’ultimo che coinvolga Maschadov nelle trattative. Forse Dzasochov ha omesso di fare una sola cosa: non ha tentato di parlare personalmente al telefono coi terroristi.
Ma che fece nel frattempo Mosca e i rappresentanti dell’UFSB[xxxvi] dell’Ossezia Settentrionale, direttamente dipendenti dal capo dell’FSB N. Patrušev?
E’ noto che alle 13.00 del 1 settembre il presidente Putin si riunisce coi siloviki[xxxvii] e poi verso Beslan si dirigono tre vicedirettori dell’FSB: i generali Proničëv, Tichonov, e Anisimov.
Va detto che Proničëv e Tichonov erano divenuti molto noti grazie al blitz con l’impiego di gas nell’edificio sulla Dubrovka nell’ottobre 2002[xxxviii]. Anisimov invece si trovava per la prima volta in una situazione del genere, ma poi la sua presenza a Beslan sarà spiegata dal presidente della commissione parlamentare federale A.P. Toršin e dal comandante del quartier generale Valerij Andreev.6
Il rappresentante dell’ufficio di presidenza della Federazione Russa Dmitrij Peskov si occupa della copertura informativa dell’atto terroristico.7 Di conseguenza per tutti e tre i giorni le informazioni ufficiali sul numero di ostaggi restano bloccate sul numero 354. Il capo del quartier generale, “consultato” [il termine originale è di una goffaggine irriproducibile, è un participio passato passivo solo teoricamente esistente nella lingua russa – n.d.t.] (espressione usata dallo stesso Andreev) dal generale Proničëv, delega a trattare coi terroristi l’agente dell’FSB dell’Ossezia settentrionale Zangionov, che tenta di stabilire un contatto coi terroristi sotto la vigilanza di un negoziatore del CSN [Centr Special’nogo Naznačenija, “Centro per le Operazioni Speciali”] dell’FSB della Federazione Russa.
Interrogato durante il processo a Kulaev, Zangionov parlerà di una situazione unica: essendo il negoziatore ufficiale non sapeva che le trattative coi terroristi venivano condotte dai fratelli Guceriev, non sapeva delle trattative con Zakaev e Maschadov, del ruolo di Ruslan Aušev nella liberazione di 26 ostaggi, non conosceva le richieste politiche dei terroristi, esposte in un messaggio portato da Aušev di ritorno dalla scuola e infine Zangionov non aveva idea che i terroristi avessero permesso agli uomini dell’MČS di portare via i cadaveri degli ostaggi uccisi.
Tuttavia Zangionov confermerà che in tutti quei giorni i terroristi non si stancarono di ripetere la stessa cosa: che avrebbero iniziato le trattative, quando nella scuola fossero giunti Dzasochov, Zjazikov, Rošal’ e Aslachanov.
Quali conclusioni si possono trarre?
1) Nonostante tutta la loro crudeltà senza precedenti e il mancato esaurimento delle loro richieste i terroristi non uccidono gli ostaggi – dalla sera del 1 settembre all’inizio del blitz nella scuola occupata dai terroristi questi non hanno ucciso nessuno.
2) Le proposte realistiche (lo scambio, le trattative, ecc.) sono portate avanti dal governo regionale dell’Ossezia settentrionale (A.S. Dzasochov) e tutte queste azioni sono condotte in accordo coi rappresentanti di Mosca. D’altra parte lo stesso Dzasochov non ha accesso al centro di comando non ufficiale dell’operazione antiterroristica, formato dai vice di Patrušev, dal capo del CSN dell’FSB della Federazione Russa, dai rappresentanti dell’apparato centrale dell’FSB della Federazione Russa, da altri servizi segreti federali e anche da uomini dell’ufficio di presidenza della Federazione Russa.
3) E’ evidente che il summenzionato quartier generale non ufficiale la tirerà per le lunghe per preparare una soluzione di forza. A Beslan giungono le truppe della 58.a armata e i sottoreparti delle VV[xxxix], che con carri armati e BTR[xl] si mettono a disposizione del capo del CSN dell’FSB, generale Tichonov. Già nella notte tra il 1 e il 2 settembre otto gruppi operativi da combattimento (“Al’fa”
[xli] e “Vympel”[xlii]) vengono radunano, vengono divisi fra loro i compiti, coppie di tiratori scelti vengono disposte intorno a tutto il perimetro della scuola, in tre condomini di cinque piani (ai numeri 37, 39 e 41 del vicolo Škol’nyj) viene portata una grande quantità di armi: lanciafiamme, RŠG, RPG, ecc. Viene trovata una scuola simile a quella di Beslan, in cui i sottoreparti speciali elaborano i possibili metodi di assalto. Nel frattempo si studia e si osserva con la massima attenzione la stessa scuola occupata dai terroristi, si analizzano i modelli delle finestre in Lexan[xliii] della palestra, lo schema dei laboratori e delle sale, la disposizione delle uscite dalla scuola; gli ostaggi liberati e fuggiti vengono interrogati minuziosamente sullo schema delle mine piazzate nella scuola, sui covi e sui gruppi di militanti, si determinano le posizioni dei loro tiratori scelti.

Si può supporre che in conseguenza delle informazioni ricevute i siloviki giungano a una conclusione sconfortante: è impossibile penetrare nella scuola senza provocare l’esplosione della palestra e cioè anche la morte della grande maggioranza degli ostaggi. Insomma il blitz porterà in ogni caso a perdite inevitabili, di cui in seguito verrebbero accusati proprio i corpi speciali dell’FSB. E queste perdite saranno enormi, soprattutto se confrontate con il numero di ostaggi precedentemente diffuso. (Nel caso del “Nord-Ost” in generale erano riusciti ad evitare le accuse scaricando la responsabilità per la morte degli ostaggi sull’MČS e i medici. Tra l’altro applicare uno scenario “da Nord-Ost” a Beslan non pareva possibile: i terroristi avevano rotto fin dall’inizio le finestre della palestra, avevano con se le maschere antigas e si erano sparpagliati in tutta la scuola, nella palestra per tutti e tre i giorni si trovavano continuamente da 3 a 10 terroristi).
Ai siloviki si poneva un problema difficile da risolvere, che io formulerei così: non come condurre l’attacco, ma come PROVOCARLO[xliv]. Cioè fare in modo che la responsabilità del blitz venisse scaricata proprio sui terroristi.
Per risolvere questo problema i siloviki non hanno molto tempo. Dzasochov, Aušev e i Guceriev sviluppano la loro azione e in qualche modo stabiliscono un contatto coi terroristi. Hanno già fatto accordi concreti, Aušev porta già via degli ostaggi, dimostrando con questo che le trattative sono efficaci. Inoltre lo stesso Aušev porta dalla scuola un messaggio più che strano.8

E Zakaev e Maschadov cominciano a figurare nelle trattative in modo praticamente ufficiale.
Ritengo che proprio l’assenso di Maschadov a farsi mediatore per la liberazione degli ostaggi abbia provocato il blitz compiuto dai siloviki il 3 settembre 2004.

Il blitz. Cronologia dei fatti del 3 settembre

Al mattino i terroristi minano la palestra appendendo ai muri l’esplosivo che si trovava a terra fino a quel momento.
Alle 11.11 Aušev e Guceriev cercano un accordo coi terroristi per far portar fuori i corpi degli ostaggi uccisi. I terroristi mettono al corrente di ciò l’ostaggio Larisa Mamitova, ordinandole di mettere in moto le trattative con gli uomini dell’MČS.
11.15. Dzasochov in un incontro con gli abitanti di Beslan dichiara: “Nelle trattative sono comparse nuove figure. Non ci sarà un blitz”.
12.00. Zakaev conferma telefonicamente a Dzasochov la dichiarazione di Maschadov, rilasciata alle 22.15 del 02.09.04 all’AFP[xlv] sulla sua disponibilità a cooperare a una pacifica soluzione della crisi “senza porre condizioni”. Zakaev parla a Dzasochov della disponibilità sua e di Maschadov di recarsi a Beslan, se sarà garantito loro di poter raggiungere la scuola senza essere ostacolati [un ostacolo poteva essere costituito dal fatto che entrambi erano ufficialmente ricercati]. Dzasochov chiede due ore di tempo per organizzare la cosa e fa rapporto al generale Proničëv sulla sua conversazione con Zakaev. Dal poligono di Šalchi [nei pressi di Vladikavkaz – n.d.t.] per ordine del comandante della 58.a armata V.I. Sobolev partono i BTR n. 826 e 833 e circa 50-60 militari dell’“Al’fa” “per compiere l’azione concordata”. In aggiunta a questi partì un BTR delle truppe interne (VV) con il suo equipaggio.
12.55. Si avvicinano alla scuola una macchina e quattro collaboratori dell’MČS, che devono portar via i corpi delle persone uccise. Li accompagna il capo del quartier generale Andreev. Guceriev ha dato il proprio telefono ai collaboratori dell’MČS e si è fatto garante della loro sicurezza.
13.03. Risuona una forte esplosione. L’esplosione è causata dallo scoppio di una granata termobarica, sparata da un RPO-А[xlvi] (è altrettanto probabile che si tratti di un RŠG-2 o di una granata TBG[xlvii]-7V sparata da un RPG-7V1)9 nell’intercapedine tra il tetto e il soffitto adiacente alla sala per gli allenamenti. Dopo 22 secondi si sente un’altra esplosione, in conseguenza della quale si forma un foro sotto la finestra della palestra più vicina all’edificio principale della scuola dal lato del cortile. L’esplosione è causata da un colpo sparato da un RŠG-1 dal condominio a cinque piani n. 41 dal lato del vicolo Škol’nyj. Il breve lasso di tempo in cui si sono susseguiti gli spari, a cui sono seguite le esplosioni, e anche il bersaglio – i due militanti “al pedale”[xlviii], che si trovano nella palestra – fanno pensare a un ordine di dare il via a una soluzione di forza inviato ai tiratori scelti del CSN dell’FSB dislocati sul tetto e sugli edifici annessi delle case del vicolo Škol’nyj. In conseguenza degli spari nella palestra entrambi i militanti “al pedale” restano uccisi.10 Le esplosioni sono udite da tutti quelli che guardano i notiziari in quel momento.
Il corrispondente di NTV per la sorpresa si esprime con volgarità, ma con precisione: “P…c!”[xlix]
13.04-13.25. Dalla palestra fuggono gli ostaggi capaci di muoversi autonomamente. Gli ostaggi sopravvissuti precisano che le bombe legate dai terroristi ai canestri, alle sedie e nel centro della sala, non sono esplose. Molti ostaggi (circa 300 persone) che hanno conservato la capacità di muoversi, ma non sono riusciti a fuggire dalla palestra, vengono condotti dai militanti nell’edificio principale della scuola – nell’aula magna, nella mensa e nei laboratori.
13.05. Al quartier generale giunge notizia dell’incendio della parte orientale della palestra e del solaio sopra la palestra per gli allenamenti. (A causa dell’esplosione di una granata termobarica nel soffitto della palestra si è formato un foro delle dimensioni di circa 1
х1 metri. I bordi del foro, il materiale isolante e le travi di legno sono incandescenti).
Di tali notizie sono messi a parte il capo del quartier generale Andreev, il capo dell’operazione militare Tichonov, il capo dell’MČS della RSO-
А Dzgoev e altri. Si chiede che le macchine dei pompieri possano accedere al luogo dell’incendio, ma Tichonov ordina di restare sul posto pronti a intervenire.
13.30. Il quartier generale comunica che i militanti hanno aperto il fuoco sui bambini in fuga. Nella zona della scuola è in corso una furiosa sparatoria. Eimpossibile capire chi spari e dove.
14.20-14.55. Nella palestra, in conseguenza dell’incendio esplode un potente ordigno artigianale. Nel frattempo accorrono alla scuola la popolazione civile, gli uomini dell’OMON[l] locale, gli uomini dei corpi speciali delle VV. Cominciano a operare una caotica evacuazione di ostaggi feriti e uccisi (non ci sono militanti nella palestra) in conseguenza delle esplosioni. I terroristi cecchini fanno fuoco dalle finestre del secondo piano. L’incendio divampa, bruciano le strutture in legno del solaio, il soffitto, l’angolo vicino all’ingresso della palestra dal lato del cortile della scuola, i banchi e gli effetti personali degli ostaggi ammucchiati lì. I corpi speciali del CSN dell’FSB sparano granate a reazione con diversi tipi di armi verso le finestre del secondo piano dell’edificio meridionale della scuola, parallelo alla palestra. In quel momento nell’edificio meridionale potevano trovarsi ostaggi portati fuori dalla palestra dai terroristi e sparpagliati per tutta la scuola. I carri armati n. 325 e 328 si muovono verso le postazioni nei pressi della scuola.
Gli artificieri della 58.a armata Nabiev e Gagloev senza averne ricevuto ordine (volontariamente) procedono allo sminamento della sala per gli allenamenti. La popolazione tenta di spegnere l’incendio con l’aiuto di mezzi antincendio privati della fabbrica “Istok”[li]. Il soffitto della palestra ha iniziato a crollare, una parte della palestra è in fiamme. Il BTR n. 826 torna dal poligono di Šalchi e subito prende parte al blitz – copre i corpi speciali delle VV nel cortile della scuola n. 1. Là si trova un secondo BTR, presumibilmente il n. 519.
14.25. Uno dei carri armati ha fatto fuoco sull’edificio della scuola. Poi entrambi i carri armati manovrano, il carro armato n. 328 prende una nuova posizione tra il centro sportivo e l’edificio del DOSAAF[lii], il carro armato n. 325 prende una nuova posizione tra il DOSAAF e la casa di T. Kokov in via Komintern 128.
14.55. L’incendio si sviluppa con forza, crollano una parte del soffitto e la copertura in cemento e amianto della palestra. Nella sala ci sono ancora ostaggi in vita. I corpi speciali del CSN dell’FSB della Federazione Russa sparano con gli RPO-A (è altrettanto probabile che sparino anche RPG-7V e RPG-7V1) verso il tetto dell’edificio principale della scuola. L’elicottero militare MI[liii]-24, probabilmente, spara una granata TBG-7V sul tetto dell’edificio della scuola attiguo alla palestra (nell’intercapedine tra il tetto e il soffitto del laboratorio di lingua osseta si trovava un militante-cecchino). Si continua a sparare con RPG-26 e RŠG-2 verso l’edificio meridionale della scuola (parallelo alla palestra). Con un RPO-А viene sparato un colpo verso il tetto dell’edificio meridionale, contiguo a un annesso della mensa.
15.00. Entrambi i carri armati hanno sparato più di una volta sulla scuola per mano di ufficiali del CSN dell’FSB della Federazione Russa, che si trovavano tanto sui carri armati quanto nella scuola ed erano dotati di radio. In conseguenza dei colpi sparati dai carri armati le cornici sono strappate via dalle finestre e cadono nei locali della mensa. Alle 16.00 i corpi speciali del CSN dell’FSB della Federazione Russa entrano nella mensa dalle finestre. I
carri armati smettono di sparare.
15.10. Il generale dell’FSB Tichonov da ordine ai sottoreparti “Al’fa” e “Vympel” di entrare nella scuola. Inizia l’immediata ripulitura[liv] della scuola dai militanti. Tichonov da anche ordine al capo dell’MČS dell’RSO-A Dzgoev di spegnere l’incendio della palestra.
15.27. Proprio a quest’ora i pompieri (il PSČ n. 6 dell’MČS dell’RSO-А) comincia a gettare acqua nella palestra. Il pavimento di legno, libero dai corpi degli ostaggi, brucia con forza, cominciano a bruciare le inferriate delle finestre e le cornici interne in legno. Per spegnere l’incendio si uniscono le restanti forze dell’MČS dell’RSO-А.
15.28. Il tetto della palestra è completamente crollato, ad esclusione di una piccola parte, adiacente al muro occidentale. Il pavimento della palestra, nelle parti occidentale, orientale e centrale, brucia con forza.
16.37. Ingresso nella palestra di uomini del MČS con idranti.
17.00. L
incendio è spento.
17.10-18.00. Viene organizzato un rigido cordone di sicurezza intorno alla scuola, tutti i civili, il MČS, i militari, ecc. (a parte i corpi speciali del CSN dell’FSB della Federazione Russa) sono condotti fuori dal territorio della scuola.
17.25. Nel corridoio presso la mensa gli uomini dei corpi speciali del CSN dell’FSB della Federazione Russa fanno un minuto di silenzio in memoria dei compagni rimasti uccisi.
18.05-19.34. Verso il tetto dell’edificio meridionale (parallelo alla palestra) i corpi speciali del CSN dell’FSB della Federazione Russa sparano con RPG-26 e, forse, con RŠG-2. Si
spara dal tetto dellaula magna.
24.00. Si spara con RPO-А verso l’annesso meridionale per distruggere i muri e il soffitto dei laboratori. Il motivo della sparatoria è finora ignoto. Il sotterraneo, nonostante quanto comunicato dal quartier generale ufficiale[lv] (secondo la versione ufficiale, i terroristi sarebbero rimasti proprio lì e avrebbero sparato fino all’ultimo), è assolutamente intatto (questo si può vedere anche oggi, visitando la scuola). Indizi della presenza di terroristi sul posto o tracce di combattimenti non sono stati trovati.

Risultato: Il 4 settembre furono tratti fuori dalla palestra 112-116 corpi carbonizzati di ostaggi. Dai restanti locali della scuola gli uomini del MČS trassero fuori nello stesso giorno 106-110 persone rimaste uccise nell’annesso meridionale della scuola, nella mensa, nell’aula magna e in altri locali. Il numero totale dei corpi trovati nella scuola il 4 settembre (contando anche i 18 ostaggi uccisi dai terroristi) è di 237[lvi]. Furono portati tutti nel cortile della scuola (luogo in cui aveva avuto luogo la linejka[lvii]) e poi trasportati all’obitorio della città di Vladikavkaz.Школьный двор СОШ №1 г. Беслана. 04.09.04.


1)
Era Vladimir Chodov, che faceva parte del gruppo di Ruslan Chučbarov [leader del gruppo dei sequestratori di Beslan – nota del traduttore]. Al momento dell’attacco gli ostaggi videro questo gruppo non nel cortile della scuola, ma immediatamente nell’edificio.

2)
La questione del numero delle donne terroriste è stata studiata da un membro della commissione parlamentare, il deputato della Duma di Stato Jurij Petrovič Savel’ev (nella parte 5 del suo rapporto) [Jurij Savel’ev, rappresentante del partito nazionalista moderato e filogovernativo Rodina (Patria) ha elaborato un rapporto che contraddice radicalmente la versione ufficiale sui fatti di Beslan – n.d.t.]. Questi ha analizzato tutte le deposizioni degli ostaggi ed è giunto alla conclusione che questi abbiano visto quattro cosiddette šachidki [il neologismo russo šachidka è la forma femminile di shahid, “testimone”, termine arabo con cui si definiscono i terroristi-kamikaze – n.d.t.], due delle quali erano vestite di grigio e due di nero. Il 1 settembre si dettero il cambio nella palestra, alla sera due di esse rimasero uccise da un’esplosione. Nella scuola si trovava anche una quinta donna, vestita con una tuta nera, dal viso tondo, con la testa scoperta (alla testa aveva legata una benda verde con scritte in arabo), i capelli castano chiaro legati in una lunga coda di cavallo. Aveva
un fucile di precisione. Fumava. Fra i militanti morti questa donna non c’è.

3)
Nei materiali del processo si dice che durante l’esame del luogo del crimine furono trovati i cadaveri di due militanti vestiti con lunghe camicie nere simili a camici. Vicino a questi cadaveri sono stati trovati il Corano e i libretti “Usi e costumi dei mujaheddin” e “La legislazione secondo la jihad”. Non sono stati registrati altri cadaveri in abiti caratteristici ritrovati nella scuola.

4)
Durante l’attacco i terroristi uccisero 5 persone, oltre dieci persone furono ferite. Il secondo giorno, tuttavia, i terroristi gettarono dal secondo piano 18 cadaveri.
Le circostanze dell’uccisione di 13 uomini già dopo l’attacco nella seconda metà della giornata del 1 settembre sono finora incomprensibili.
Secondo la versione ufficiale, furono uccisi dai terroristi a colpi di arma da fuoco. Ma secondo le deposizioni degli ostaggi sopravvissuti, che per primi furono messi fuori dalla palestra dai militanti a fare scudo alle finestre della scuola, era apparso chiaro che questi uomini erano morti verso le quattro del 1 settembre a causa dell’esplosione di una donna terrorista presso il laboratorio n. 10, che è vicino all’ingresso della palestra. A causa di questa esplosione era morto uno dei militanti ed era rimasta ferita l’ostaggio Mamitova. In seguito i terroristi uccisero a colpi di arma da fuoco gli ostaggi uomini rimasti gravemente feriti a causa di questa esplosione e li gettarono fuori dalla scuola. Chi era rimasto lievemente ferito o semplicemente contuso, fu portato di nuovo nella palestra dagli altri ostaggi.
Un membro della commissione parlamentare federale, il deputato della Duma di Stato della Federazione Russa Ju.P. Savel’ev nella 6.a parte del proprio rapporto analizza la versione riguardante un colpo sparato da un lanciagranate dall’esterno della scuola, dal lato di via Komintern. E’ possibile che proprio una granata lanciata contro una donna terrorista (al riguardo hanno testimoniato gli ostaggi Ju. Ajjalrov, S. Bziev e altri) sia stata la causa dell’esplosione.

5)
Già il primo giorno dalla scuola viene fatto pervenire al quartier generale un messaggio: “8-928-738-33-374 Chiediamo di trattare con il presidente della repubblica Dzasochov, con Zjazikov, presidente dell’Inguscezia, e con Rašajlo [in realtà si chiama Rošal’ – n.d.t.], il pediatra [la parola è scritta male in russo – n.d.t.]. Se uccideranno qualcuno di noi, uccideremo a colpi di arma da fuoco 50 persone. Se feriranno qualcuno di noi, uccideremo 20 persone. Se uccideranno 5 di noi, faremo saltare in aria tutti. Se ci toglieranno la luce o la comunicazione per un minuto uccideremo a colpi di arma da fuoco 10 persone”. Questo messaggio fu portato dall’ostaggio Larisa Mamitova. Secondo le fonti ufficiali, il messaggio fu ricevuto alle 11.05 del 1 settembre. Mamitova al processo a Kulaev affermerà che il messaggio è comparso alle cinque di pomeriggio, dopo la prima esplosione della scuola, in conseguenza della quale erano morti una šachidka e alcuni uomini presi in ostaggio. Mamitova affermerà anche che questa esplosione fu totalmente inattesa per i militanti. Proprio dopo questa esplosione (secondo la versione degli ostaggi, dopo un colpo sparato da un lanciagranate verso la scuola) Chučbarov seguì il consiglio di Mamitova e le dettò il messaggio.

6)
Andreev e Toršin affermano che il vice di Patrušev Anisimov curava la rete degli agenti in tutto il Caucaso settentrionale. Dall’analisi delle biografie dei terroristi uccisi a Beslan si è chiarito che Kamurzoev S.M., Chočubarov M.M., Cečoev M.I., Taršchoev I.K., Chodov V.A., Achmedov Ch.Ch., Iliev A.M., Cečoev B.B., Šebichanov M.S. e Kulaev Ch.A. erano stati incarcerati o arrestati in varie occasioni o erano ricercati.
Per chi conosce il modo di agire delle forze dell’ordine del Caucaso Settentrionale è noto anche che per i detenuti sospettati di attività terroristiche ci sono solo tre vie per uscire dal SIZO: quella per l’altro mondo, quella per il carcere o quella per la libertà in qualità di informatori. Il 7 settembre 2004, mentre a Beslan si svolgevano funerali di massa e l’identità dei terroristi non era ancora stata stabilita ufficialmente stabilita, due giornali – la “Komsomol’skaja Pravda” [“La Verità del Komsomol” un tempo uno degli organi del Komsomol, l’Unione della Gioventù Comunista, ora un giornale di livello non eccelso – n.d.t.] e il “Moskovskij Komsomolec” [“Il membro moscovita del Komsomol”, altro ex organo del Komsomol, adesso un giornale quasi scandalistico – n.d.t.] – sul terrorista Vladimir Chodov, ucciso a Beslan, che era stato arrestato nel 1997 per aver violato l’articolo 132 del codice penale della Federazione Russa [si tratta di violenza sessuale – n.d.t.]. In circostanze non chiarite Chodov si trova in libertà. In seguito, come sospetto autore di almeno due attentati compiuti nel territorio dell’Ossezia Settentrionale, risulta ricercato. Nonostante il fatto che il suo identikit sia stato inviato a tutti i ROVD della repubblica, Chodov, senza nascondersi assolutamente, vive in casa dei propri genitori (suo luogo di residenza anagrafico) nel villaggio di Èlchotovo nell’RSO-A [Respublika Severnaja Ossetija-Alanija, “Repubblica dell’Ossezia Settentrionale-Alanjia; Alanija è il nome osseto della repubblica].
Un anno dopo la pubblicazione di queste notizie su Chodov nel sito “Kavkaz-centr” [“Centro del Caucaso”, sito internet dei guerriglieri indipendentisti ceceni – n.d.t.] comparve una lettera scritta, a quanto pare, da Šamil’ Basaev, dove si esponeva la versione secondo cui Chodov era un “agente” dell’FSB. Per di più in questa lettera si affermava, che Chodov era stato inviato alla banda di Basaev per preparare un attentato a Vladikavkaz, che avrebbe dovuto aver luogo il 6 settembre 2004. Perché Chodov acquistasse credito presso Basaev i servizi segreti dell’Ossezia Settentrionale e dell’Inguscezia crearono una leggenda: in Ossezia si verificarono due attentati [un’esplosione a Vladikavkaz presso la “Gamid-bank” e un attentato a un treno (senza vittime – l’esplosivo è posto dove il treno si muove alla minima velocità e inoltre non tutte le bombe esplodono)].
Nella lettera si afferma inoltre che nella banda di Basaev Chodov avrebbe cambiato padrone e avrebbe aiutato il principale terrorista russo a ingannare i servizi segreti e ad organizzare l’atto terroristico di Beslan (i servizi segreti non solo non avrebbero arrestato i banditi nel loro campo, ma avrebbero anche tolto tutti i posti di blocco dal confine amministrativo perché i militanti arrivassero a Beslan senza trovare ostacoli).
La versione fornita da “
МK” [“Moskovskij Komsomolec” – n.d.t.], “KP” [“Komsomol’skaja Pravda” – n.d.t.] e da Š. Basaev merita indubbiamente attenzione. Ma ci insospettisce il fatto che due giornali pubblichino il fatto CONTEMPORANEAMENTE [rilievo grafico dell’autrice – n.d.t.]. Ciò non svaluta i fatti esposti in quegli articoli, ma fa pensare a una fuga di notizie allo scopo di spodestare Anisimov, che era responsabile del reclutamento degli agenti del Caucaso settentrionale. E’ indispensabile aggiungere che il generale Anisimov è l’unico generale dell’FSB della Federazione Russa ad essere criticato dalla commissione parlamentare di Toršin e l’unico vice del direttore dell’FSB Patrušev ad aver perso il posto a causa dei fatti di Beslan.

7)
Secondo la testimonianza del capo della commissione dell’Ossezia settentrionale, il vicepresidente del parlamento della repubblica Stanislav Kesaev, proprio i rappresentanti del centro federale – il collaboratore dell’ufficio di presidenza e vice addetto stampa del presidente della Federazione Russa Gromov, Dmitrij Peskov, e il collaboratore dell’ufficio moscovita della VGTRK [Vserossijskaja Gosudarstvennaja Televizionnaja i Radioveščatel’naja Kompanija, “Azienda Televisiva e Radiofonica Statale Russa”] Pëtr Vasil’ev – curavano la copertura informativa dell’atto terroristico. Questo fatto originò un conflitto: il 2 settembre il vicepresidente del parlamento dell’Ossezia settentrionale S. Kesaev fu chiamato a rapporto dal quartier generale a causa delle informazioni non autorizzate date alla popolazione sul vero numero di ostaggi nella scuola. I moscoviti si presentarono come uomini della direzione informativa dell’ufficio di presidenza della Federazione Russa e gli chiesero di non diffondere informazioni che contraddicessero quelle ufficiali (cioè di non uscire dal limite dei “354 ostaggi”).

8)
“Dal servo di Allah Šamil’ Basaev al Presidente della Federazione Russa V.V. Putin.
Vladimir Putin, questa guerra non l’hai iniziata tu. Ma tu potrai farla finire, se avrai il coraggio e la decisione di De Gaulle. Ti proponiamo una pace ragionevole su una base vicendevolmente favorevole secondo il principio: “Indipendenza in cambio di sicurezza”.
In caso di uscita delle truppe dal territorio e di riconoscimento della Repubblica Cecena di Ičkerija [nome dato alla Cecenia dagli indipendentisti, in cui in realtà non tutti i ceceni si riconoscono – n.d.t.], noi ci impegniamo a: non stringere con alcuno alcun tipo di alleanza politica, militare o economica contro la Russia, non permettere sul proprio territorio l’installazione di basi militari straniere, neanche in forma temporanea, non appoggiare e non finanziare gruppi o organizzazioni che utilizzano il metodo della lotta armata contro la Federazione Russa, far parte di un’unica area del rublo, entrare a far parte della CSI. Oltre a ciò, potremmo firmare il DKB, anche se preferiremmo lo status di stato neutrale. Possiamo anche garantire la rinuncia di tutti i musulmani di Russia alla lotta armata contro la Federazione Russa per almeno 10-15 anni, a condizione che sia garantita la libertà religiosa, affermata nella Costituzione della Federazione Russa).
Non abbiamo a che fare con l’esplosione delle case a Mosca e a Volgodonsk, ma possiamo, in modo accettabile, prendercene anche la responsabilità.
Il popolo ceceno porta avanti la lotta di liberazione nazionale per la propria Libertà e Indipendenza [in maiuscolo nell’originale – n.d.t.] e per la propria autoconservazione e non per distruggere la Russia o umiliarla. Una volta liberi saremo interessati ad avere un vicino forte. Ti
proponiamo la pace, ma la scelta è tua.
Allah Akbar» Firmato il 30.08.04 Scritto in corsivo
La fotocopia del messaggio si trova nel sito www.pravdabeslana.ru [Pravda Beslana significa “la Verità di Beslan” – n.d.t]. Il messaggio sembra strano, perché testimonia l’indubbia cultura dell’autore e anche la sua conoscenza delle sfumature diplomatiche: DKB (Dogovor Kollektivnoj Bezopasnosti, [“Accordo per la Sicurezza Collettiva”, firmato nel 1992 da Armenia, Bielorussia, Kazakistan, Kirghizistan, Russia e Tajikistan – nota e rilievo grafico del traduttore]) è un termine poco noto.

9)
Per due anni dall’FSB della Federazione Russa non sono giunte risposte a domande importanti per lo studio delle circostanze in cui sono avvenute le prime esplosioni: 1) A che ora del 03.09.2004 sono partiti i primi colpi di armi di tipo non selettivo (RPO, RŠG, RPG e altre) verso gli edifici della SOŠ [Srednjaja Obščeobrazovatel’naja Škola, “Scuola Media a Indirizzo Generico” – n.d.t.] n. 1 della città di Beslan? 2) In conseguenza di quali spari, diretti dove e a che ora [anche l’originale è grammaticalmente piuttosto disinvolto qui – n.d.t.] sono comparse tre nubi dovute a esplosioni? (Si veda il filmato di NTV [Nacional’noe TeleVidenie, “TeleVisione Nazionale”, canale privato avverso a Putin, prima che costui lo “nazionalizzasse” affidandolo a persone di sua fiducia] del 03.09.2004); 3) Per quali scopi concreti sono state utilizzate le armi summenzionate nel corso dell’intera giornata del 03.09.2004, a cominciare dalle prime esplosioni? 4) Quanti RPO, RŠG e RPG sono stati utilizzati nel corso dell’operazione antiterroristica nella città di Beslan il 03.09.2004? 5) Quale era il motivo dell’utilizzo di armi di tipo non selettivo per colpire gli edifici della scuola e in particolare le finestre del secondo piano dell’annesso meridionale davanti alle quali, come nella mensa e nell’aula magna si trovavano degli ostaggi, usati come scudi umani dai terroristi dopo le esplosioni nella palestra?
Al riguardo, nel resoconto che fa nella prima parte del suo rapporto, dedicata alle prime esplosioni nella palestra, il membro del collegio [forse si tratta della “commissione” – n.d.t.] parlamentare federale Savel’ev Ju.P. parte dalle caratteristiche tattiche e tecniche delle armi che hanno provocato alla palestra danni accertati. Poiché alcuni tipi di armi a reazione da fanteria hanno caratteristiche simili, Savel’ev Ju.P. esamina tutti i possibili (e facenti parte dell’armamentario del CSN dell’FSB della Federazione Russa) tipi di armi che, se utilizzate, avrebbero potuto produrre tali caratteristici danni e conseguenze.

10)
Nella prima parte del proprio rapporto il membro della commissione federale Savel’ev Ju.P. analizza dettagliatamente le circostante delle prime esplosioni nella palestra, le loro cause e conseguenze. Dopo le prime esplosioni “non sono esplose… nella palestra della SOŠ n. 1 gli ordigni posti dai terroristi in diversi posti:
- sul tabellone del canestro sul lato orientale (il tabellone è posto presso il muro che divide la sala per gli allenamenti dall’aula magna);
- sul tabellone del canestro sul lato occidentale (il tabellone è posto presso il muro che divide la palestra dagli spogliatoi e dalle docce tra la palestra e l’edificio principale della scuola);
- sui tabelloni dei canestri sul lato occidentale e orientale [ripetizione che non comprendo – n.d.t.];
- sul quadrato svedese presso l’entrata nella sala per gli allenamenti;
- gli ordigni artigianali posti su una sedia presso una finestra sul lato settentrionale, adiacente all’entrata nella palestra dal lato del cortile della scuola;
- gli ordigni artigianali appesi al centro della sala”.
Molto più tardi, nell’ordine di 1,5 [sic – n.d.t.] ore, le SVU [Samodel’nye Vzryvnye Ustrojstva, “Apparecchiature Esplosive Artigianali”, da me tradotte altrove come “ordigni artigianali” – n.d.t.] piazzate dai terroristi hanno cominciato a fondersi e ad esplodere. Queste esplosioni sono state causate dal riscaldamento della superficie delle SVU fin oltre 3000-4000 gradi [pare impossibile, ma Savel’ev parla con competenza, essendo dottore e professore in scienze tecniche, e d’altronde ciò spiegherebbe perché, a quanto pare, di alcuni cadaveri non sarebbe rimasta alcuna traccia – n.d.t.] in conseguenza dell’enorme incendio della palestra.
Quindi: “…Nessuno degli ordigni posti dai terroristi nell’angolo nord-occidentale della palestra è esploso nel lasso di tempo in cui nella palestra, a circa 22 secondi una dall’altra si sono verificate due esplosioni.
…La prima esplosione si verificò nel solaio della palestra nell’angolo nord-orientale tra la porta d’ingresso alla palestra dal lato del cortile della scuola e il muretto sul lato orientale, che divide la palestra dalla sala per gli allenamenti. I risultati della prima esplosione furono:
- la perforazione del soffitto con la formazione di un foro del diametro di circa un metro;
- la distruzione del tetto sopra al foro;
- un principio di incendio nel solaio della palestra.
…La seconda esplosione si verificò sotto il davanzale della finestra sul lato settentrionale della palestra, contiguo al muro sul lato occidentale.
Il risultato della seconda esplosione fu la distruzione del muro sul lato settentrionale sotto al davanzale e la formazione di un foro nel muro delle seguenti dimensioni:
- dalla parte interna della palestra il diametro della parte distrutta sotto il davanzale è approssimativamente 1,5 m;
- dal lato esterno (del cortile) il diametro della parte del muro di mattoni distrutta è approssimativamente 2,2 m;
- la profondità della perforazione nello spazio tra il davanzale e il pavimento della palestra è di 80-85 cm, la parte non distrutta del muro tra il pavimento e il limite inferiore della perforazione è di circa 30 cm.
…La prima esplosione nella palestra (nel solaio della palestra) è stata causata dall’esplosione di una granata termobarica in conseguenza di un colpo sparato da un lanciagranate dal tetto del condominio n. 37 del vicolo Škol’nyj verso l’angolo nord-orientale del tetto della palestra : è altrettanto probabile che sia stato utilizzato un lanciagranate RPG-7V1 con una granata TBG-7V o una granata d’assalto a reazione RŠG-2.
…In conseguenza dell’esplosione di una granata termobarica nel solaio approssimativamente sopra l’ingresso della palestra dal lato del cortile della scuola nel soffitto si è formato un foro del diametro di circa un metro, attraverso il quale i detriti dell’esplosione in forma di sfera infuocata sono penetrati nella palestra, nello spazio tra la porta d’ingresso e il tabellone del canestro presso la sala per gli allenamenti.
…In conseguenza dell’alta temperatura nella zona dell’esplosione e dell’interazione tra le particelle di magnesio condensate e riscaldate ad alta temperatura (tra i 2000 e i 3500
С°) e il materiale isolante del soffitto della palestra si è formato un grande focolaio incandescente.
Col passar del tempo, in conseguenza della corrente d’aria, causata dalla formazione di un foro e dall’assenza di vetri nella palestra l’intensità dell’incandescenza dell’isolante è aumentata per mutarsi in alte fiamme in tutto il solaio.
I frammenti roventi di materiale isolante che cadevano attraverso la perforazione del soffitto hanno portato all’incendio della struttura in legno del pavimento della palestra. In tal modo si è formato e diffuso l’incendio della palestra della SOŠ n. 1 della città di Beslan.
…Il terrorista che si trovava presso la porta barricata e che controllava il “pedale-interruttore” del meccanismo d’innesco, è rimasto ucciso da questa esplosione, poiché si trovava immediatamente sotto il foro nel soffitto.
…Mancano testimonianze materiali del fatto che, in conseguenza della morte del terrorista e della pressione sul pedale d’innesco abbiano avuto luogo l’innesco della bomba e la detonazione degli ordigni artigianali, disposti dai terroristi.
…La seconda esplosione – l’esplosione nell’angolo nord-occidentale della palestra si verificò 22 secondi dopo la prima…”

Elena
MILAŠINA
28.08.2006 (traduzione e note di Matteo M.)



[i] “Giornale Nuovo”, uno dei pochi organi di stampa indipendenti rimasti in Russia, dalla cui versione Internet (http://2006.novayagazeta.ru/nomer/2006/65n/n65n-s00.shtml) traggo questo articolo.

[ii] Traduco letteralmente. Si tratta di armi con cui non si possono selezionare gli obbiettivi. In pratica di armi non convenzionali.

[iii] Federal’naja Služba Bezopasnosti (Servizio di Sicurezza Federale), i servizi segreti russi.

[iv] Reaktivnyj Pechotnyj Ognemët, “Lanciafiamme a Reazione da Fanteria”.

[v] Reaktivnyj Protivotankovyj Granatomët, “Lanciagranate Anticarro a Reazione”.

[vi] Reaktivnj Šturmovoj Granatomët, “Lanciagranate a Reazione da Assalto”.

[vii] I terribili attentati del 1999, attribuiti in modo più che dubbio a terroristi ceceni, da cui per reazione prese il via la “seconda guerra cecena”.

[viii] Nel 2002 a Mosca un gruppo di terroristi ceceni prese in ostaggio gli spettatori del musical “Nord-Ost” (Nord-est). La cosa si risolse con un blitz in cui restarono uccisi tutti i terroristi e oltre 100 ostaggi.

[ix] Rispettivamente presidente e insigne rappresentante del “Comitato delle Madri di Beslan”.

[x] Nurpaši Kulaev, secondo la versione ufficiale unico terrorista sopravvissuto del commando di Beslan, condannato all’ergastolo nel giugno 2006.

[xi] Ministerstvo Črezvyčajnych Sytuacij, “Ministero per le Situazioni di Emergenza”, equivalente alla nostra Protezione Civile.

[xii] Cioè della commissione della Duma, la Camera bassa federale, e quella del parlamento della repubblica dell’Ossezia Settentrionale.

[xiii] Le scuole russe non hanno nome, sono semplicemente numerate…

[xiv] Linejka sta per “riga”, ma anche per festa di inizio anno scolastico (durante la quale gli scolari sono posti in riga).

[xv] Casa automobilistica russa. GAZ sta per Gor’kovskij Avtomobil’nyj Zavod, “Fabbrica di Automobili di Gor’kij”.

[xvi] Anche le automobili russe, soprattutto le Lada, hanno numeri e non nomi.

[xvii] Rajonnyj Otdel Vnutrennich Del, “Sezione Provinciale del Ministero degli Interni”. In pratica il distretto di polizia provinciale.

[xviii] “Della Riva Destra” (del fiume Terek), la provincia di cui Beslan è capoluogo.

[xix] Gosudarstvennaja Inspekcija po Bezopasnosti Dorožnogo Dviženija, „Ispettorato di Stato per la Sicurezza del Traffico Stradale”. In pratica la polizia stradale.

[xx] Non è raro che le feste nazionali (e il 1 settembre, giorno di inizio della scuola, è il Giorno della Conoscenza) vengano celebrate così in Russia…

[xxi] Letteralmente “Gazzella”, nome popolare dei camion GAZ.

[xxii] I giorni del sequestro (1-3 settembre 2004).

[xxiii] “Della Scuola”.

[xxiv] Il “modello 7”, sottratto a tal Sultan Guražev.

[xxv] Della repubblica federata dell’Ossezia Settentrionale, s’intende.

[xxvi] In russo Operativnyj Štab.

[xxvii] Leonid Michajlovič Rošal’, famoso pediatra russo, che era intervenuto come mediatore durante il sequestro degli spettatori del musical “Nord-Ost”.

[xxviii] Della repubblica di Ossezia Settentrionale (vedi nota 26).

[xxix] Ex capitale della repubblica federata di Inguscezia, che fino al 1992 formava un’unica entità statale con la Cecenia.

[xxx] Sledstvennyj Izoljator, “Carcere per la detenzione preventiva”.

[xxxi] Capitale dell’Ossezia Settentrionale.

[xxxii] I fratelli Michail Safarbekovič e Sait-Salam Safarbekovič Guceriev sono noti uomini d’affari e politici russi di origine caucasica.

[xxxiii] Ex presidente dell’Inguscezia.

[xxxiv] Tajmuraz Dzambekovič Mamsurov, politico russo, che diverrà nel 2005 successore di Dzasochov alla presidenza.

[xxxv] Achmed Zakaev, ministro degli Esteri del governo indipendentista ceceno, che risiede a Londra.

[xxxvi] Upravlenie Federal’noj Služby Besopasnosti, “Direzione (regionale) del Servizio Federale di Sicurezza”.

[xxxvii] Termine russo difficile da tradurre con cui si designano gli uomini delle istituzioni deputate all’uso della forza (sila in russo), cioè i ministeri degli Interni, della Difesa e delle Situazioni di Emergenza, l’FSB e il controspionaggio.

[xxxviii] Si tratta del caso “Nord-Ost”. Il teatro in cui andava in scena il musical si trova in via Dubrovka. Vedi nota 9

[xxxix] Vnutrennie Vojska, “Truppe Interne”.

[xl] BroneTRansportëry, “mezzi di trasporto corazzati”.

[xli] “Alfa”.

[xlii] “Stendardo”,

[xliii] Policarbonato di produzione americana usato in luogo del vetro.

[xliv] Rilievo grafico dell’autrice.

[xlv] Agence France-Presse

[xlvi] La A caratterizza proprio gli RPO in grado di sparare granate termobariche.

[xlvii] TBG sta per TermoBaričeskaja Granata, “Granata TermoBarica”.

[xlviii] Cioè all’innesco delle bombe.

[xlix]Pizdec!” (nel testo mi conformo all’autocensura dell’autrice) è un’esclamazione volgare di disappunto derivata da pizda, nome volgare dell’organo genitale femminile, e difficile da tradurre per la sua concisione. La più articolata frase èto delo pizdec, utilizzabile in contesti analoghi, potrebbe essere tradotta con “la cosa è andata a puttane”.

[l] Otdel Milicii Osobogo Naznačenija, “Reparto di Polizia con Compiti Speciali”, una sorta di Celere russa, nota per la sua durezza.

[li] Istok (“Fonte”) è un’azienda che produce alcolici e derivati del petrolio.

[lii] Il DOSAAF (Dobrovol’noe Obščesctvo Sodejstvija Armii, Aviacii i Flota – Società Volontaria per la Collaborazione tra Esercito, Aviazione e Marina) è un’associazione paramilitare russa.

[liii] Mnogomestnyj Istrebitel’, “Caccia Multiposto”.

[liv] Il termine začistka indicherebbe un lavoro di fino (una limatura, una spolverata, ecc.), ma in Cecenia si usa per le operazioni durante le quali vengono fatti sparire presunti banditi e terroristi. La Cecenia ha migliaia di desaparecidos.

[lv] L’autrice intende dire che ce n’era uno non ufficiale? Credo di sì…

[lvi] Notare che in Italia si parlò e si parla ancora di oltre 300 morti.

[lvii] In queste circostanze i russi paiono mostrare un gusto del macabro agghiacciante: molti cadaveri degli spettatori del “Nord-Ost” furono messi a sedere dentro a degli autobus come se stessero andando in gita e portati via.