02 dicembre 2010

A proposito di regime

Il degrado




Le vicine elezioni degli anni 2011-2012 diventeranno un elemento di delegittimazione del potere


Se il criterio di stabilità è la mancanza di proteste di massa, la Russia appare più tranquilla della Francia o dell'Italia. E perciò c'è motivo di supporre che il potere russo ruscirà a riprodursi negli anni 2011-2012. Tanto più che a vantaggio dell'autoconservazione del sistema russo lavora tutta una serie di fattori.

Per la prima volta nella storia russa l'Occidente è diventato una risorsa dell'autocrazia russa. E questo perché le democrazie liberali sperimentano una crisi e cercano di risolvere i propri problemi attraverso un passaggio a un pragmatismo “extranormativo”. E perché i governi occidentali, non sapendo che fare con la Russia, sono andati per la via facile, chiamandola “reset”. Ecco il suo contenuto: “La Russia non va rifatta. Collaboreremo con il Cremlino così com'è e non lo irriteremo”.

Anche lo screditamento dell'alternativa liberale facilita la conservazione dell'autocrazia. Non si tratta solo dei “feroci anni '90”, quando con lo slogan delle riforme liberali il potere costruì un capitalismo oligarchico. Il liberalismo di sistema lavora per l'autocrazia. Questo è rappresentato nel governo anche da un ceto di occidentalisti chiacchieroni al servizio del potere. L'argomentazione del liberalismo di sistema è poco impegnativa: “La Russia non è pronta a mutamenti radicali. C'è bisogno di gradualità. Con il potere bisogna dialogare e realizzare una politica delle “piccole cose””.

Questa retorica è il fondamento del sistema-parassita, che esiste grazie a un contemporaneo “assorbimento” e separazione dall'Occidente. La fraseologia liberale permette non solo di sviluppare i rapporti di mercato in quella forma, che facilita l'appropriazione del prodotto del mercato da parte della classe dirigente. Questa garantisce l'incorporazione dell'élite russa nel tessuto della società occidentali e non turba in alcun modo il corso nazional-imperialista all'interno della Russia allo scopo di isolare la società russa dall'Occidente.

Il carattere ibrido del regime con la sua indeterminatezza ideologica e la vaghezza delle regole del gioco conserva la possibilità di una parziale soddisfazione degli interessi di diversi fattori politici e sociali. In una serie di paesi (Serbia e Ucraina) i regimi ibridi hanno facilitato la loro liberalizzazione, anche se, nel caso dell'Ucraina, in modo incoerente. In Russia il regime ibrido sbriciola qualsiasi tentativo di liberalizzazione.

Noto anche la capacità della classe dirigente nelle imitazioni, che screditano anche le allusioni a un'opposizione. A dire il vero, qui è difficile non vedere un paradosso. Divenuto odioso anche per parte dell'élite, Putin con il suo aggressivo arcaismo comincia a causare attrazione per i mutamenti. Al contrario Medvedev con il suo mantra della modernizzazione, facendo nascere speranza di “disgelo” nella sua completa inattività, rende difficile il processo di rinnovamento. Ecco qual è l'ironia della storia: un politico che appare come un riformatore può causare più danno al progresso di un aperto tradizionalista. E non si tratta dell'appartenenza di Medvedev al gruppo dirigente. Il leader spagnolo Adolfo Suarez era un favorito di Franco. E peraltro ha saputo diventare il padre della trasformazione di maggior successo, rifiutando il monopolio del potere. La “modernizzazione” di Medvedev, al contrario, è mirata a rafforzare questo monopolio.

La riproduzione del sistema facilita anche il “fattore fede”. Intendo la speranza degli esperti e dei politici che il tandem Putin-Medvedev significhi l'inevitabilità di una spaccatura dell'élite e l'origine di due modelli di sviluppo – conservatore e riformatore moderato. Prove reali che i bisticci tra le squadre dei leader e il loro diverso stile siano la conferma della presenza di differenza concettuali all'interno del potere non si riescono a trovare. In realtà c'è la prova opposta – che il tandem è una forma efficace di conservazione di Putin al potere e di prolungamento della vita di un potere personalistico. Non è perché lo stesso potere guarda con favore ai tentativi di dimostrare la “diversità” all'interno del tandem?

Per di più l'élite dirigente teme maggiormente la “sindrome gorbacioviana”, cioè la perdita del monopolio del potere e nonostante la stanchezza nei confronti di Putin evidentemente preferisce il noto all'ignoto. Ma neanche quei gruppi d'élite che sono potenziali sostenitori del liberalismo sono pronti a dargli inizio in mancanza di pressione dal basso.

Come il sistema lavora contro se stesso

E comunque “il processo è iniziato”. Noi siamo abituati alla caduta di un sistema sotto l'influsso di una rivoluzione dal basso. Tra l'altro c'è un altro modello di decadenza, che lo storico britannico Arnold Toynbee ha chiamato “suicidio di stato”. La sua essenza sta nel fatto che i principi di costruzione di un sistema possono portarlo alla morte anche senza rivoluzioni. Proprio così finì la sua vita l'Unione Sovietica. Nella vita del sistema russo si ripete quella stessa logica. Questa opera tanto implacabilmente, manifestandosi in un modo sadico per il sistema: quello che ieri sosteneva la sua esistenza, oggi comincia ad operare contro di essa.

La “verticale” presidenziale, costruita sulla subordinazione, porta all'inazione della burocrazia che è al servizio della “verticale” e come risultato alla paralisi del processo di realizzazione delle decisioni. La ripulitura totale della scena politica spinge la protesta per le strade. La dittatura di Kadyrov, che esiste grazie alla lealtà a Putin, è un esempio di come lo stesso centro incoraggi a minare l'organizzazione statale. Il villaggio cosacco di Kuščëvskaja [1] con la sua criminalizzazione del potere è un altro segno di decomposizione dello stato.

Recentemente la corruzione facilitava la coesistenza dello stato e della società attraverso la pratica di accordi informali. Oggi la corruzione, bloccando lo sviluppo, ha preso a minare anche la stabilità.

Un'altra risonanza ha acquistato anche l'imitazione. Ora inganni ancora pochi con la creazione di simulacri di parlamenti, partiti e altri attributi della politica. La gente capisce che ha a che fare con falsità e la falsità parziale irrita di più dell'aperto autoritarismo.

Tra l'altro l'élite dirigente già non fa più sforzi per convincere i russi che la “democrazia” russa è vera: che la magistratura è indipendente, che i partiti si preoccupano dei suoi interessi e che il governo pensa al benessere del popolo. Il passaggio dall'imitazione all'aperto disprezzo per la società è un nuovo passo nel degrado del sistema russo.

Chodorkovskij e Lebedev [2] sono tenuti in prigione per farsene beffe. Le manifestazioni vengono disperse, nonostante le assicurazioni di Medvedev sulla dedizione alla democrazia. La prontezza del potere a “condividere esperienze” di sviluppo della società civile, per esempio con gli americani, appare un'aperta beffa – in primo luogo ai danni della società civile.

“Ce ne freghiamo!” – questa politica deve, evidentemente, dimostrare la sicurezza e la forza del potere. In effetti convince della sua insicurezza e mancanza di forza. In questa situazione al potere sorge inevitabilmente la tentazione di ricorrere alle repressioni. Ma in una parte della società può sorgere l'aspirazione a rispondere simmetricamente. La storia ce lo insegna: la mancanza di possibilità di manifestarsi rafforza soltanto la potenza della contrapposizione tra potere e società; e il tentativo del potere di usare la forza trasforma la contrapposizione in scontro.

Basarsi su accordi informali porta a far sì che singoli elementi del sistema si occupino dei propri interessi, minacciando la sopravvivenza del sistema. Proprio questo è accaduto con la polizia, che (come pure altre strutture armate) in forza della propria corruttibilità cessa di essere uno strumento di difesa del regime e diventa un fattore del suo screditamento.

Al restringimento dello spazio di manovra del sistema russo lavora anche il fattore energetico. Gli insistenti tentativi dell'Europa di trovare sostituti del gas e del petrolio russi parlano del fatto che la dipendenza dell'UE dalla Russia per le materie prime, cioè la più importante fonte di sussistenza dello stato russo, ha dei limiti di tempo.

Il sistema ha cominciato a lavorare contro se stesso. E' un appello a cui l'élite dirigente non è capace di rispondere. Ogni sua decisione accelera soltanto l'inevitabile. Lottare realmente con la corruzione significa rinunciare alla fusione di potere e proprietà e al proprio monopolio del potere. Far pace con la corruzione significa concordare con la degenerazione, anche del potere. Rinunciare alla verticale per la squadra dirigente equivale a un suicidio politico. Tenersi alla verticale significa ripetere la strada dell'URSS.

La Russia ha superato la tappa della “stagnazione” negli anni della presidenza di Putin, che sono stati presi per un “risollevamento”. Ora siamo entrati nella fase del degrado rapido. Le speranze che nel sistema restasse una “finestra di possibilità” per trasformazioni evolutive dall'alto possono solo rendere più difficile il ristabilimento. O renderlo impossibile.

Il sistema si è esaurito ed è irriformabile per principio – ecco quella verità che ci mostra la stessa vita e molto energicamente gli stessi leader. La questione è che bisogna fare perché l'irrevocabile caduta del sistema non diventi il crollo della Russia.

C'è un'alternativa?

Il sistema di potere personalistico è costruito in modo che all'interno di esso non possano esserci alternative. La vera opposizione liberale (e qualsiasi altra) in Russia può essere solo fuori dal sistema. Ma un'opposizione liberale fuori dal sistema può usare mezzi legali, per esempio le prossime elezioni per dar notizie di se o è destinata ad esistere in forma di protesta di strada? Finora la partecipazione dell'opposizione ad elezioni controllate dall'alto ha confermato l'impotenza della parte pensante democraticamente della società. Sono chiari i timori che nuovi tentativi dell'opposizione di entrare in questo fiume finiranno qui. Tutto dipende dal fatto se l'opposizione saprà utilizzare i meccanismi dell'autocrazia per consolidare le persone che professano le sue idee. Per questo l'opposizione come minimo deve dichiarare apertamente che non nutre illusioni sulla possibilità di libere elezioni nella Russia attuale e che utilizza il mezzo per ottenere accesso alla società.

Questo sarà un compito non facile: cercare di prender parte alle imitazioni per mostrare il loro esaurimento. Se questa seconda cosa non riuscirà, l'opposizione diventerà di nuovo parte dello show del Cremlino.

Le elezioni

Le prossime elezioni degli anni 2011-2012 giocheranno un ruolo contrario a quello che da esse si aspetta il potere – diventeranno un elemento di delegittimazione del potere. Tra l'altro se Putin andrà alle elezioni, darà in questo modo una nuova spinta a questo processo. Medvedev o qualunque altro “terzo” in qualità di candidato della corporazione dirigente causeranno un flusso di nuove speranze di mutamento. Passerà ancora un po' di tempo finché perfino al più ingenuo diverrà chiaro che ulteriori speranze sono solo una disillusione ritardata. Fra l'altro l'esperienza degli ultimi anni non è sufficiente per convincere i caparbi nel proprio ottimismo che la squadra dirigente non può rinunciare al monopolio del potere?

Fra l'altro tra il ceto al servizio del potere monta sempre più attivamente l'idea di “compromessi”. E' l'ammissione di incertezza nel futuro. Qui, tuttavia, è importante non farsi illusioni: si tratta di ricerche di modi di sopravvivenza della stessa autocrazia, forse, grazie a una competitività “controllata”. Tra l'altro se si tratta di principi, qui non ci può essere alcun compromesso.

Quale sarà la velocità del suicidio di stato finora non è chiaro. Ricordiamo che nel 1990 la società sovietica, sostenendo la conservazione dell'URSS, non aveva idea che verso la fine del 1991 l'URSS sarebbe scomparsa. Le future elezioni possono diventare l'atto di riproduzione dell'autocrazia russa. E non è importante chi la incarnerà. Finché non si percepirà la crescita della pressione dal basso, che cambierebbe questo scenario. Ma ogni atto di autoelezione del potere in una situazione in cui si esauriscono le sue risorse per l'imbonimento della popolazione sarà solo un colpo al sistema.

In questo senso sorge una reale minaccia: la morte del sistema potrebbe verificarsi prima che sorga un'alternativa costruttiva. E perciò bisogna affrettarsi – sia con l'autoorganizzazione dell'opposizione liberale, sia con l'attivazione di tutte le forze che intervengono per un ritorno alle norme costituzionali (una cosa è impossibile senza l'altra). C'è anche un altro compito per la contro-élite: cominciare l'elaborazione di meccanismi per il passaggio della Russia a un nuovo sistema, che sarà costruito sulla base della concorrenza. Proprio questo al tempo del “socialismo” fecero polacchi e ungheresi non sapendo ancora quando questi meccanismi sarebbero stati utili. In Russia potrebbero essere richiesti prima di quando supponiamo.

Lilija Ševcova [3]


01.12.2010, “Novaja gazeta”, http://www.novayagazeta.ru/data/2010/135/15.html (traduzione e note di Matteo Mazzoni)

[1] Villaggio cosacco della Russia meridionale dove il 4 novembre nella casa di un imprenditore sono state uccise 12 persone.

[2] Platon Leonidovič Lebedev, socio del più noto imprenditore Chodorkovskij.

[3] Lilija Fëdorovna Ševcova, politologa russa.


http://matteobloggato.blogspot.com/2010/12/siamo-gia-allinizio-della-fine-del.html

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