25 settembre 2013

A proposito delle manifestazioni dell'opposizione viste "dall'altra parte"

"Novaja gazeta", 23-09-2013. 01.40.00
"Ci dissero che avrebbero preso il Cremlino": gli avvenimenti di piazza Bolotnaja[1] visti con gli occhi degli agenti dell'OMON [2]

Gli avvenimenti di piazza Bolotnaja visti con gli occhi degli agenti dell'OMON, adesso parti lese

Nel "processo del pantano" in quattro mesi sono state interrogate 8 parti lese e un testimone dell'accusa. Questi sono agenti dell'OMON di Mosca, del 2° reggimento operativo della Direzione Centrale del Ministero degli Interni di Mosca, come pure il colonnello Dmitrij Dejničenko, che il 6 maggio 2012, essendo il vice-capo della direzione per la tutela dell'ordine pubblico del comitato centrale di Mosca, di fatto comandava le azioni degli agenti di polizia.

Ma nel processo a uno dei "prigionieri di piazza Bolotnaja", Michail Kosenko, il cui caso è stato messo a parte, sono stati interrogati quattro agenti di polizia. Uno di essi è la parte lesa, l'agente dell'OMON Kaz'min, che nel corso dell'interrogatorio non ha riconosciuto in Kosenko il proprio offensore.

E' ciò che confonde di principio in questi interrogatori… Parrebbe che i testimoni e in particolare le parti lese dovessero ricordare bene questo giorno difficile per loro. Ma la maggior parte preferisce riferirsi a una cattiva memoria, chiarendo che lavorano regolarmente su tali iniziative, spesso arrestano cittadini e perciò tutto si è come confuso in testa.

Allora sorge la domanda: se questa era un'iniziativa ordinaria, che, secondo i poliziotti, non si distingueva in nulla da una serie di cose simili, se gli arrestati in piazza Bolotnaja nella loro memoria si fondono con una serie di altri partecipanti a varie manifestazioni, perché proprio in questo caso gli agenti dell'OMON sono risultati particolarmente lesi, vittime di profondi shock a causa di lividi, escoriazioni e tagli alle dita?

I loro interrogatori al processo si svolgono secondo uno schema standard. Parti lese e testimoni, i cui ricordi sono arricchiti dall'esame delle videoregistrazioni degli avvenimenti del 6 maggio durante le azioni investigative e dalla sua esposizione da parte degli inquirenti, raccontano la stessa storia – praticamente stereotipata. Sono arrivati allora, sono stati là, poi è giunto l'ordine di arrestare. Ma poi si è fatto buio e tutto si è concluso.

Ma appena gli avvocati iniziano a fare domande, iniziano a tradirsi sui frammenti, sui dettagli. Sulla base di queste singole frasi buttate là abbiamo anche cercato di ricreare il quadro di quanto si verificò il 6 maggio visto con gli occhi delle parti lese e dei testimoni dell'accusa.

Il percorso e lo sfondamento

German Litvinov, comandante di una sezione dell'OMON: "Stavamo nella piazza (Bolotnaja – nota dell'autrice), alle 16.00 abbiamo acceso i megafoni (qui e in seguito evidenziato da me – n.d.a.). Il cordone (di agenti di polizia e truppe interne – n.d.a.) dal ponte Malyj Kamennyj [3] all'angolo del giardino pubblico prese a muoversi, la folla prese a premere. Si verificò uno sfondamento, circa 200 persone irruppero, giunse l'ordine di arrestare quelle aggressive".

Questa è una testimonianza molto importante. Risulta che alle quattro di pomeriggio, ancora prima dell'inizio del sit-in organizzato dai manifestanti e prima dello sfondamento la polizia con l'uso di mezzi speciali (megafoni) cercò in qualche modo di cambiare lo scenario di svolgimento dell'iniziativa concordata (nel percorso e nei tempi) e di indirizzare il corteo per un percorso improvvisamente cambiato. Cioè – il giardino pubblico Repin nel percorso concordato c'era, ma risultò chiuso e presero a cacciare i dimostranti nello stretto collo di bottiglia sul lungofiume Bolotnaja. Proprio questi "forti" ordini si riflessero anche sul comportamento del cordone degli agenti delle truppe interne e del Ministero dell'Interno, imbattutasi nel quale, la gente alla fin fine aveva iniziato a sedersi sull'asfalto.

Aleksandr Gogolev, poliziotto della 3.a compagnia del 3° plotone del 2° reggimento operativo: "Il 6 maggio giungemmo in piazza Bolotnaja verso le tre. Eravamo nel gruppo per gli arresti, il capo era il sottufficiale Vinogradov. Ci accingemmo agli arresti qualche minuto dopo le sei dopo lo sfondamento del cordone. Allora ci muovemmo in direzione del ponte Bol'šoj Kamennyj [4], avevano sfondato 100-150 persone, c'era l'ordine di arrestare quelle attive, che gridavano slogan antigovernativi: "Questa è la nostra città!", "Abbasso lo stato di polizia!", "Putin-sci-Magadan!" [5]

Il combattente dell'OMON Ivan Kruglov. "Il 6 maggio ero in servizio. In piazza Bolotnaja inizialmente ci trovavamo in automobile fino all'ordine del comandante di spostarci, poi ci schierarono, ci fu un'altra istruzione per l'osservanza della tutela dell'ordine. Ci dissero di rivolgerci gentilmente ai cittadini, di non raccogliere le provocazioni. Poi giunse l'ordine di dividerci in gruppi di cinque e arrestare le persone aggressive".


In tal modo si spiega che tutti gli agenti di polizia interrogati durante il processo avevano avuto due istruzioni. Una prima di entrare in servizio, l'altra già in piazza Bolotnaja, ma anche presso il cinema "Udarnik" [6] (secondo la testimonianza dell'agente del 2° reggimento operativo Moiseev). A questi fu data la notizia che il passaggio dal giardino pubblico Repin a piazza Bolotnaja era chiuso o limitato. Anche se nel percorso concordato non si parlava di questo.

Alla domanda dell'avvocato Makarova se il poliziotto Moiseev non avesse sentito dai suoi capi che il giardino pubblico era chiuso allo scopo di non permettere il montaggio di una tendopoli, questi ha risposto affermativamente. Cioè il percorso di svolgimento fu cambiato perché qualcuno temeva un mitico assalto al Cremlino, ma gli organizzatori dell'azione e i suoi partecipanti semplicemente non lo seppero.

Perché tutti si sedettero

Praticamente nessuno delle parti lese e dei testimoni interrogati fino ad oggi ricorda dove fosse il sit-in e perché cominciò. Alla domanda sul perché il cordone di agenti di polizia che circondava il passaggio al giardino pubblico Repin e al luogo di svolgimento della manifestazione fu disposto proprio presso il cinema "Udarnik", dove pure si verificarono gli avvenimenti fondamentali non sa rispondere neanche il colonnello Dejničenko, anche se era obbligato a saperlo. Secondo le testimonianze di tutti gli agenti dell'OMON, proprio dopo che il corteo si imbatté in questo cordone ed ebbe luogo il sit-in e in seguito la provocazione con la partecipazione di "persone mascherate", la ressa e il cosiddetto "sfondamento".

Tra l'altro nessun agente di polizia sa dire precisamente dove dovesse svolgersi l'iniziativa permessa, nessun agente dell'OMON sa chiarire dove finissero i confini di piazza Bolotnaja – questo nelle istruzioni non fu spiegato.

"Penso che tutto questo fu creato artificialmente perché la gente non passasse alla manifestazione e si verificasse lo sfondamento Ma questa è la mia opinione personale", – ha detto al processo l'agente dell'OMON Litvinov.

Le maschere

"Le maschere si portano notevolmente, in qualsiasi parte del corpo, in qualsiasi tasca o borsa, in particolare nella biancheria intima e anche nei calzini, in ogni caso. Se un agente di polizia sarà colto in negligenza e nel corso di un controllo di servizio questo sarà dimostrato, questi sarà incriminato", – ha detto convinto Dejničenko al processo.

Ma nessun agente di polizia, compresi i capi, è stato finora incriminato, anche se in piazza c'erano le maschere e per di più le bombolette di gas e come minimo una bottiglia con una miscela incendiaria. Chi sono le persone che le portarono?

Vide persone mascherate anche Moiseev: "Vidi persone con vestiti scuri e alcuni avevano maschere di diverse tinte". L'agente dell'OMON Kuvšinnikov ha raccontato al giudice che questi arrestarono apposta persone mascherate. Ma se questi provocatori, secondo l'orientamento dei capi della polizia, rappresentavano un particolare pericolo sociale, perché oggi non sono sul banco degli imputati?

Nel corso del processo a Kosenko Roman Puzikov, agente dell'OMON del Centro con Compiti Speciali della Direzione Centrale del Ministero degli Interni di Mosca ha detto: "Giunse l'ordine del colonnello Belov di dividersi in quintetti e arrestare le persone dall'atteggiamento violento, con bandiere, mascherati e con fasciature".

L'agente dell'OMON Igor' Tarasov: "In un momento verso le quattro di sera feci attenzione al fatto che sugli agenti dell'OMON che si trovavano alle mie spalle andava un'ondata, si tenevano per mano, avevano preso ad andare indietro. Poi vedo, hanno sfondato il cordone, la gente correva, giunse l'ordine di accingersi agli arresti. Prima di questo Panov ci disse di arrestare solo le persone attive. Arrestai un cittadino mascherato. Su di noi facevano incursioni dei cittadini, ci impedivano di compiere gli arresti, più di tutti ci impediva una nonnetta, aggrappandosi ai giubbotti antiproiettile E scomparve, poi i suoi agenti l'avevano già portato via. Mi avvicino al cordone per arrestare i più attivi, feci attenzione al fatto che un altro cittadino di grossa corporatura, con una maschera nera e una bomboletta di gas, si avvicina e spruzza in faccia a un soldato, il soldato cade, io accorro, inizio a portarlo via da questo cordone, lo trascinai al "pronto soccorso" con un altro agente. Arrestammo persone mascherate, io ritengo, sei venuto a un corteo pacifico, non c'è motivo di coprire il volto".


Ma in conseguenza furono incriminate a livello civile tutt'altre persone – non quelle con maschere e razzi e anche a livello penale, a ben vedere, si incriminano tutt'altre persone.

La marcia sul Cremlino

Come ha raccontato l'agente dell'OMON Troerin, arrestarono anche per insulti osceni. Ed ecco perché arrestarono chi, in seguito alla ressa, si abbatté sul cordone, ha spiegato l'agente di polizia Aleksandr Gogolev: "Questi si mossero in direzione del Cremlino, questo è oltre il ponte Bol'šoj Kamennyj". Alla domanda dell'avvocato Kljugvant se avessero la possibilità teorica di arrivare al Cremlino, Gogolev ha risposto duramente – no: "Là c'era un cordone di agenti e c'erano i mezzi".


E tutti i testimoni e le parti lese ripetono la stessa cosa come un mantra: la gente intendeva andare al Cremlino. Cioè proprio a questo li prepararono e proprio così li istruirono?
Tra l'altro non li istruirono affatto su cosa ritenere slogan illegali. Le grida: "Siamo il potere qui!", "Questa è la nostra città", – furono presi come estremisti. E, per esempio, l'agente dell'OMON Gogolev prese per un'offesa la frase "Putin-sci-Magadan".

La logica è chiara – l'agente dell'OMON Emel'janov: "La scansione appelli al rivolgimento e le offese sono certamente illegali. E in generale il comandante decide di arrestare per questo".

Da dov'è venuto cosa

Sono importanti anche le deposizioni sulla battaglia per le barriere metalliche disposte tra i manifestanti e la polizia. Nessuno al processo sa spiegare, da dove in generale siano venute queste barriere, ma tolsero queste cose di valore con l'aiuto dei manganelli. L'agente dell'OMON Litvinov: "Stavamo nel cordone. I cittadini unirono le barriere e presero a muoversi verso di noi per stringerci. Arrestare le persone aggressive era impossibile. Decidemmo di strappargli le barriere. Un giovane con una mascherina da chirurgo ruppe una bottiglia contro una barriera, un frammento mi ferì un dito (Litvinov ha un taglio a un dito di 1,5 cm – n.d.a.). Mi rivolsi al "pronto soccorso".

Alla semplice domanda dell'avvocato Makarov: "Ma come vi furono date queste barriere?" – Litvinov ha spiegato: "Le barriere erano contusive. Non c'era ordine di togliere le barriere, ma potevano causare contusioni a noi e a loro. Ci fu un momento in cui una ragazza cadde tra le barriere, riuscì appena a saltar fuori". "Usammo i PR-73 (manganelli di gomma – n.d.a.) nel tentativo di cacciare i cittadini dalle barriere. Colpimmo dall'alto in basso per la tangente, probabilmente sulle mani", – ha mostrato al processo Litvinov.


Gli agenti dell'OMON hanno detto che nella folla fu nebulizzato del gas, anche se praticamente nessuno di loro ha visto chi lo nebulizzò. Quando l'avvocato Makarov volta per volta ha chiesto delle bombolette di gas lacrimogeno, questa domanda è stata fatta togliere con varie formulazioni o gli agenti dell'OMON hanno risposto: "Questo non c'era da noi". Tuttavia l'agente del 2° reggimento operativo di polizia Gogolev ha raccontato che le bombolette con il gas lacrimogeno furono date tra gli altri mezzi speciali.

Conclusioni preliminari

In generale in piazza Bolotnaja ci fu un pasticcio. Due istruzioni che furono date agli agenti di polizia non gli chiarirono comunque i limiti dell'iniziativa concordata, né quali fossero i motivi per l'arresto. Di conseguenza gli agenti dell'OMON agirono intuitivamente, basandosi sulle proprie idee di legalità. Chi tra i capi dette gli ordini o se in generale li dette nessuno dei testimoni lo – perlomeno non lo dice al giudice.

Ed è del tutto difficile capire cosa può trarre l'accusa da queste deposizioni dal punto di vista della qualificazione dell'articolo 212 del Codice Penale "Disordini di massa". Nessuno dei testimoni parla di assalti, né di incendi, né di distruzioni di proprietà, né di resistenza armata. Però raccontano onestamente che li prepararono ad arrestare i partecipanti attivi all'iniziativa concordata per slogan e cartelli "sbagliati". Quali fossero quelli giusti, nessuno l'ha spiegato.

E' evidente pure che il percorso fu cambiato: lo sapevano gli agenti di polizia, tuttavia non lo sapevano i manifestanti.

E la cosa più importante: dove sono i provocatori mascherati arrestati di cui hanno parlato i combattenti dell'OMON, ma di cui gli inquirenti non si interessano?

E' il momento di avviare la macchina del tempo e ricordare cosa raccontò la "Novaja gazeta". Durante le istruzioni orientarono gli agenti dell'OMON a bloccare i tentativi dei manifestanti di "andare al Cremlino" (vedi n° 40 della "Novaja gazeta" del 2013). Di questo molti agenti dell'OMON parlarono durante le indagini preliminari. Ma quasi nessuno di loro allora aveva sentito appelli immediati ad assaltare la Piazza Rossa. Al processo si è verificato un miracoloso ristabilimento della memoria.

Ancora prima (vedi n° 67 della "Novaja gazeta" del 2012), ricostruendo gli avvenimenti secondo le videoregistrazioni, ponemmo la domanda: "Perché la polizia calò griglie di recinzione metalliche e iniziò un blitz trasformatosi in pestaggio?» Nelle udienze del processo abbiamo ottenuto una risposta: fu una reazione spontanea degli agenti dell'OMON, che erano smarriti e non avevano ricevuto un ordine preciso.


Risulta che la brutta copia della conclusione dell'accusa fu scritta ancor prima che la gente andasse in piazza. E le comparse dell'OMON al processo non possono toglierci questa convinzione.

Julija POLUCHINA

P.S. Ringraziamo il "Comitato 6 maggio" per l'aiuto nella preparazione dell'articolo.

In esclusiva

Come trattare le parole del presidente sulla possibilità di un'amnistia nel "caso del pantano"

Al forum di Valdaj [7], rispondendo alla domanda di uno dei leader dello RPR-PARNAS [8] Vladimir Ryžkov se sia possibile l'amnistia per le persone coinvolte nel "caso del pantano", il presidente Vladimir Putin ha detto:

– Si può vedere in questo caso se usare il diritto di amnistia? Non lo escludo. Ma l'atteggiamento verso il caso dev'essere il più serio. Non lo escludo, ma bisogna dare la possibilità di portare tutte le procedure necessarie alla logica conclusione giuridica.

Politicamente tale enunciato del presidente si può valutare in vari modi, ma dal lato giuridico, ahimè, è senza contenuto.

In primo luogo, il presidente ha il diritto di grazia, l'amnistia è dichiarata dalla Duma di Stato – cosicché formalmente l'opinione di Vladimir Putin qui non gioca alcun ruolo.

In secondo luogo, dalle parole del presidente si può trarre la conclusione che i "prigionieri del pantano" non si possono amnistiare finché non si compiano le "necessarie procedure" – cioè il processo e le indagini. Ma non è così. L'applicazione dell'amnistia non è in alcun modo legata alla questione della colpevolezza o della non colpevolezza di una persona, è semplicemente un atto di umanità da parte dello stato. Di conseguenza si può amnistiare, cioè farne cessare la prosecuzione giuridica, sia un condannato, sia un imputato, sia un accusato. E se, per esempio, le persone coinvolte nel "processo del pantano" saranno amnistiate in onore dei 20 anni della Costituzione, che si celebreranno a dicembre di quest'anno, li si potrà rimettere in libertà sia da una colonia penale, sia dall'aula di un tribunale, sia dagli arresti domiciliari.

Ma allora tocca far cessare anche il "caso del pantano", ma evidentemente nessuno intende prevedere tale scenario. Cioè, probabilmente il presidente ha parlato dell'amnistia per i "prigionieri di piazza Bolotnaja" in chiave astratta, di politica generale nell'ambito delle discussioni programmate, senza toccare la meccanica della loro reale liberazione già a dicembre.

Non di meno qualsiasi enunciato del presidente è un segnale. Abbiamo chiesto a degli esperti di decifrarlo.

Nikolaj SVANIDZE, membro del Consiglio per i diritti umani presso il presidente della Federazione Russa:

– Putin ha detto che l'amnistia non è esclusa, come, per esempio, anche la sua ennesima presidenza. Non è escluso che io e lei diventeremo presidenti, teoricamente, è vero? E' una risposta assolutamente corretta e formale, che in generale non significa niente. 

Giuridicamente l'amnistia è possibile? Sì, è possibile. Beh, ecco tutto. Per ora questo per me significa una cosa sola: nel corso dell'incontro di Putin con i membri del Consiglio per i Diritti Umani il presidente non ha risposto alla domanda diretta sull'amnistia né a Sergej Pašin [9], né a Liza Glinka [10], né a me. Per di più non ha detto in generale nulla su questo tema. Penso che aspetterà la sentenza. Il suo stato d'animo è molto duro. E se per noi è un motivo per pensare, per il giudice è un'indicazione diretta.

Ma poi il presidente guarderà e penserà che fare con i condannati. E' quello che ho detto all'incontro con il presidente: che non ci furono disordini di massa, ma ci fu una ressa e il lavoro aggressivo della polizia – posso ripeterlo anche al processo.

Vjačeslav TETËKINdeputato della Duma di Stato del gruppo del KPRF [11], coautore del disegno di legge sull'amnistia:

– Mi sembra che il presidente non abbia alcun desiderio di esaminare la questione dell'amnistia. L'hanno costretto a rispondere, ma non ha mostrato il desiderio. Sulla situazione di Farber [12], per esempio, si espresse precisamente: "E' un caso scandaloso".
Non si dovrebbe trattare neanche di amnistia, ma di ristabilimento della giustizia. Infatti, parlando di amnistia, il presidente sottintende che quelle persone sono colpevoli. E questo è un qualche segnale ai giudici, come dire, il presidente non ha nulla da obiettare contro una sentenza di condanna.

Alla Duma di Stato possono discutere ciò che vogliono, ma tali sentenze vengono approvate all'amministrazione presidenziale. Cosicché la domanda è: l'amministrazione è pronta ad uscire dalla via repressiva?

Violetta VOLKOVA, avvocato di Sergej Udal'cov [13]:

– Non bisogna dimenticare, per esempio, che Sergej Udal'cov è accusato non solo del "caso del 6 maggio", ma anche della preparazione di alcuni disordini dell'autunno 2012. E, per esempio, l'amnistia non potrà garantirgli la libertà, a lui come a Leonid Razvozžaev [14].

E delle ragazze del gruppo Pussy Riot possono anche dimenticarsi del tutto, infatti, formalmente, non è un caso politico, come non lo è neanche il caso Naval'nyj. L'amnistia potrebbe anche non riguardarli. Cioè gliela dovranno prescrivere singolarmente. E allora Daniil Konstantinov [15] e Taisija Osipova [16]? E molti altri?

Vadim KLJUGVANT, avvocato di Nikolaj Kavkazskij [17]:

– Dal punto di vista giuridico non ci sono problemi tecnici, né di contenuto per amnistiare le persone coinvolte nel "caso del pantano". Ma solo se c'è una volontà reale. Ricordiamo la recente amnistia "economica". Anche allora ci furono molte discussioni, ma tutto si concluse essenzialmente con un nulla di fatto.

Come metodo per una più rapida liberazione l'amnistia si adatta del tutto. Ora c'è un compito primario: che le persone non stiano in carcere, dove sono per il secondo anno. E in seguito si deve comunque essenzialmente fare chiarezza e mettere tutti i puntini sulle "i": chi è in realtà colpevole e di cosa? Chi è il provocatore e chi la vittima di provocazione?

Marija BARONOVA, accusata di "appello a disordini di massa":

– Saluto l'idea dell'amnistia, molte grazie a quei deputati, che già ad aprile presentarono questo disegno di legge. Dispiace molto che questo pensiero non abbia visitato il Consiglio di coordinamento dell'opposizione fino ad oggi. Negli ultimi tempi non credo a niente e perciò non posso dire se ci sarà o no l'amnistia, ma dal mio punto di vista l'amnistia è l'unica via per tutti per uscire da questa storia in modo minimamente degno. Ci siamo rivelati una carta di scambio per il Cremlino per punire delle persone a caso e poi mostrare che se si incarcerano delle persone a caso, i leader dell'opposizione, dietro a cui andavano quelle persone prese a caso, non le aiuteranno.

Autrice: Julija Poluchina

Indirizzo della pagina: http://www.novayagazeta.ru/inquests/60124.html (traduzione e note di Matteo Mazzoni)


[1] "Del Pantano" (che c'era prima della piazza), piazza del centro di Mosca.

[2] Otrjad Milicii Osobogo Naznačenija (Reparto di Polizia con Compiti Speciali), corpo speciale della polizia russa noto per la sua brutalità.

[3] "Piccolo di Pietra", ponte del centro di Mosca.

[4] "Grande di Pietra", ponte del centro di Mosca.

[5] Slogan un po' criptico. Di Putin è nota la passione per lo sci, Magadan (città dell'Estremo Oriente della Russia asiatica) è tristemente nota come luogo di deportazione.

[6] "Lavoratore d'assalto" (i cinema non devono essere stati tutti ribattezzati...).

[7] Città della Russia occidentale dove si svolge un forum internazionale sulla Russia.

[8] RPR sta per Respublikanskaja Partija Rossii (Partito Repubblicano di Russia) e PARNAS sta per PARtija NAcional'nogo Spasenija (Partito di Salvezza Nazionale) e per "Parnaso".

[9] Sergej Anatol'evič Pašin, magistrato.

[10] Elizaveta Petrovna Glinka, medico rianimatore e filantropo.

[11] Kommunističeskaja Partija Rossijskoj Federacii (Partito Comunista della Federazione Russa).

[12] La condanna per corruzione dello stimato direttore di una "Casa della Cultura" della provincia russa Il'ja Isaakovič Farber.

[13] Sergej Stanislavovič Udal'cov, leader dell'"Avanguardia della Gioventù Rossa".

[14] Leonid Michajlovič Razvozžaev, esponente dell'opposizione di sinistra che fu sequestrato da agenti russi a Kiev, dove voleva chiedere asilo politico.

[15] Daniil Il'ič Konstantinov, esponente dell'opposizione accusato di omicidio.

[16] Taisija Vital'evna Osipova, esponente dell'opposizione accusata di detenzione di stupefacenti.

[17] Nikolaj Jur'evič Kavkazskij, esponente dell'opposizione coinvolto nel "caso del pantano".


http://matteobloggato.blogspot.it/2013/09/il-caso-del-pantano-tra-le-assurde.html

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