L'istituto della proprietà è più importante del trionfo della giustizia, sulla quale ognuno ha le proprie idee
Lezioni di privatizzazione
20.08.2012
Vent'anni fa, il 14 agosto 1992, il primo presidente russo Boris El'cin firmò un decreto, secondo cui ogni cittadino della Federazione Russa ottenne il diritto a ricevere una ricevuta di privatizzazione – un voucher. Il valore nominale fu stabilito in 10 mila rubli.
Si supponeva che in conseguenza della grandiosa "suddivisione del patrimonio", a cui formalmente era concesso l'accesso per chiunque lo desiderasse, il "bene del popolo" si sarebbe trasformato in proprietà privata – uno degli istituti fondamentali del capitalismo e che i cittadini, trasformatisi in proprietari, avrebbero cominciato finalmente a trattare da padroni il proprio paese.
La realtà, purtroppo, si rivelò lontana da queste speranze quanto il "comunismo di guerra" dall'"Utopia" di Tommaso Moro. La maggioranza assoluta dei cittadini russi si separò dai propri voucher ricevendo in cambio niente o quasi niente (già qualche mese dopo l'inizio della privatizzazione con 10 mila rubli si poteva comprare forse una bottiglia di vodka). I numerosi fondi di investimento a ricevute comparsi dal nulla tipo la "Germes-Sojuz" [1] o la "Chopër-invest" [2] scoppiarono come bolle di sapone e quelli che scambiarono i propri voucher nella "valuta universale" di quel tempo possono ritenere di aver avuto anche fortuna.
E anche se l'istituto della proprietà privata è comunque comparso in Russia e la privatizzazione non ha recitato in questo l'ultimo ruolo, una parte cospicua della popolazione si è sentita ingannata. Si è creato in modo analogo l'atteggiamento sia verso la proprietà, sia verso i grandi proprietari. L'idea corrente che sia impossibile farsi una fortuna senza rubare è diventata un luogo comune.
A dire il vero, alla fine, dopo alcune ondate di ridistribuzione della proprietà nella società si è formato il consenso riguardo al fatto che la revisione degli esiti della privatizzazione sarebbe ben più distruttiva del mantenimento dello status quo e che lo stesso istituto della proprietà sia più importante del trionfo della giustizia, sulla quale ognuno ha le proprie idee. Alla fin fine il processo di accumulazione primaria non è andato avanti liscio da nessuna parte e non si può definire i fondatori della maggior parte degli imperi finanziari e industriali occidentali gente di onestà cristallina.
Il secondo presidente russo iniziò la propria carriera politica con la solenne promessa di non consentire la revisione degli esiti della privatizzazione. Ma già allo spirare del primo mandato presidenziale lo stesso Vladimir Putin dette un forte colpo all'istituto della proprietà in Russia. Commentando il "caso JUKOS", inizialmente dichiarò che è impossibile guadagnare miliardi con mezzi onesti, ma poi si espresse anche del tutto nel senso che i grandi proprietari in Russia siano una sorta di manager salariati, a cui "lo stato si è affidato" e a cui esso, lo stato, può togliere in qualsiasi momento la fiducia.
La proprietà ha perso gli ultimi resti di legittimità agli occhi di buona parte della popolazione, ma questo sarebbe ancora un mezzo male. La cosa peggiore è un'altra: i funzionari, abituati a identificarsi con lo stato, hanno preso le parole di Putin come una guida per l'azione. In conseguenza di ciò si è formato l'attuale sistema semi-feudale, in cui praticamente qualsiasi business si trova nella "fortezza" di questo o quel funzionario. Il più netto esempio di un simile tipo di rapporti reciproci è stato il sistema costruito dal podestà [3] moscovita Jurij Lužkov. E il destino del suo "impero" è divenuto un'ottima illustrazione di ciò che può succedere al business in caso di deposizione del "protettore".Tornando alla privatizzazione a ricevute, merita ricordare che per l'ultima volta il tema della "privatizzazione disonesta" è stato sollevato dallo stesso Vladimir Putin non più tardi che a febbraio di quest'anno. Come candidato alla presidenze giunse al congresso della RSPP [4] e propose ai rappresentanti del grande business di "chiudere il problema" definitivamente, per esempio pagando un'"una tantum" o qualcos'altro. Anche se questa idea avesse un seguito, non si può dubitare che non ci sarà più alcuna distribuzione massiccia di beni alla popolazione. Nel migliore dei casi graveranno il grande business di un nuovo tributo in favore dello stato e dei funzionari che si identificano con esso.
Maksim Blant, "Novaja gazeta", http://www.novayagazeta.ru/economy/54019.html (traduzione e note di Matteo Mazzoni)
[1]
Qualcosa tipo "Unione di Ermete".
[2]
Qualcosa come "Investimenti del Chopër". Il Chopër è un
fiume della Russia centro-meridionale.
[3]
L'autore usa il termine arcaico gradonačal'nik
(capo di una città capoluogo di un governatorato).
[4]
Rossijskij Sojuz
Promyšlennikov i Predprinimatelej
(Unione Russa degli Industriali e degli Imprenditori).
Nessun commento:
Posta un commento