27 settembre 2009

A proposito di giornalismo in Russia (VI)

UNA CENSURA MORTALE IN AZIONE

Dmitrij BELOMESTNOV




Dal 2000 in Russia in risposta alla loro attività di servizio sono stati uccisi 17 giornalisti, si dice nel rapporto del Comitato per la difesa dei giornalisti “Anatomia dell'impunità. Omicidi irrisolti di giornalisti in Russia“ presentato a Mosca il 15 settembre. Tra le vittime ci sono direttori, reporter, fotografi, osservatori e un editore. Alcune di queste godevano di notorietà in ambiti russi e internazionali, altre erano reporter locali e illustravano tematiche importanti per i propri lettori. Li univa il fatto di aver pubblicato materiali critici, che minacciavano persone influenti nella leadership del paese, nel mondo degli affari, negli organi di tutela dell'ordine o in gruppi criminali.

Sotto sono elencati 17 donne e uomini che hanno dato la vita nell'adempimento del loro dovere.

Paul Khlebnikov, direttore della rivista “Forbes Rossija” [1], che ha illustrato i legami tra affari, politica e criminalità organizzata. L'hanno costretto a tacere il 9 luglio 2004, sparandogli in strada da una macchina che passò vicino al suo ufficio di Mosca.

Anna Politkovskaja, autrice di clamorosi articoli della “Novaja gazeta” sulle violazioni dei diritti umani nel Caucaso settentrionale. Un sicario l'ha uccisa a colpi d'arma da fuoco all'ingresso della sua casa a Mosca il 7 ottobre 2006.

Èduard Markevič, fondatore del minuscolo settimanale “Novyj Reft” [2], che verificò se i funzionari statali non utilizzassero i propri uffici a Reftinskij [3] per ottenere guadagni personali. E' stato ucciso con un colpo alla schiena il 19 settembre 2001.

Pavel Makeev, operatore della compagnia televisiva “Pul's” [4], che cercò di riprendere delle corse automobilistiche illegali non lontano da Azov [5], dove viveva e lavorava. I suoi colleghi hanno chiarito che il 20 maggio 2005 Makeev fu travolto da un'automobile, che senza ridurre la velocità lo trascinò per strada per più di 15 metri. Le sue apparecchiature e le videoregistrazioni sono sparite dal luogo del delitto.

Jurij Ščekočichin, vice direttore della “Novaja gazeta”, che per due anni indagò scrupolosamente un complesso schema di corruzione internazionale. Fu colpito da una misteriosa malattia, di cui è deceduto il 3 luglio 2003. Sulla storia della malattia di Ščekočichin le autorità hanno posto il segreto.

Ivan Safronov, corrispondente di guerra del giornale quotidiano d'affari “Kommersant''” [6], che scrisse di fallimentari sperimentazioni missilistiche e dubbi accordi sugli armamenti. Secondo la versione degli inquirenti, è caduto dalla finestra del piano ammezzato del proprio condominio di Mosca, tra il quarto e il quinto piano, il 2 marzo 2007.

Maksim Maksimov, reporter della rivista settimanale pietroburghese “Gorod” [7], che si occupò delle indagini sulla corruzione della sezione locale del ministero degli Interni [8]. Questi è scomparso, dopo essersi recato all'incontro con una fonte il 29 giugno 2004. In seguito è stato dichiarato ufficialmente morto.

Magomed Evloev, editore del sito informativo indipendente “Ingušetija” [9], che smascherò la corruzione degli ambiti ufficiali e le criminose violazioni dei diritti umani in questa inquieta repubblica meridionale. Il 31 agosto 2008 è stato arrestato dalla polizia e ucciso.

Natal'ja Skryl', reporter del mondo degli affari del giornale “Naše Vremja[10], che illustrò la lotta per il controllo sulla fabbrica di condutture “Tagmet” [11] nella nativa Taganrog [12]. E' deceduta l'8 marzo 2002 a causa dei colpi a lei inferti alla testa con un oggetto pesante mentre era in strada vicino a casa sua.

Vagif Kočetkov, reporter della sezione politica del giornale “Molodoj kommunar” [13], che pubblicò materiali critici sui metodi di conduzione degli affari e sulla criminalità organizzata di Tula [14]. Il 27 dicembre 2005 lo hanno colpito alla testa con un oggetto di forma ottusa vicino a casa sua. 12 giorni dopo Kočetkov è deceduto.

Valerij Ivanov e Aleksej Sidorov, uno dopo l'altro a capo del giornale indipendente “Tol'jattinskoe obozrenie” [15], che smascherò la criminalità organizzata e la corruzione nell'amministrazione di Tol'jatti [16], città nota per la sua fabbrica di automobili. Ivanov fu ucciso a colpi d'arma da fuoco sparati da breve distanza il 29 aprile 2002 e 18 mesi dopo, il 9 ottobre 2003, fu ucciso Sidorov.

Vladimir Jacin, Magomedzagid Varisov e Tel'man Ališaev, che lavoravano nell'inquieta regione del Caucaso settentrionale. Il fotografo non ufficiale Jacin, che si trovava in Cecenia per raccogliere il materiale fotografico ordinatogli, fu sequestrato nel luglio 1999 e nel febbraio 2000 fu ucciso a colpi d'arma da fuoco da membri di un gruppo criminale. Varisov, analista politico di “Novoe delo” [17], la maggiore rivista settimanale del Daghestan, intervenne criticando diversi rappresentanti dell'establishment politico prima di morire sotto i colpi di un omicida il 28 giugno 2005. Ališaev, reporter e conduttore del canale televisivo islamico “TV-Čirkej [18]”, illustrò complessi e pericolosi temi religiosi prima che il 2 settembre 2008 uno sconosciuto lo uccidesse a colpi d'arma da fuoco.

Anastasija Baburov, corrispondente non ufficiale della “Novaja gazeta”, che aveva illustrato l'attività dei gruppi neofascisti. Il 19 gennaio 2009 a Mosca un omicida ha ucciso a colpi d'arma da fuoco lei e il noto avvocato e attivista per i diritti umani Stanislav Markelov dopo una conferenza stampa in cui si erano valutati i dettagli della scarcerazione anticipata del colonnello Budanov, condannato per l'omicidio di una ragazza cecena.

Igor' Domnikov, reporter e redattore della sezione dei progetti speciali della “Novaja gazeta”, che era intervenuto criticando la politica economica dell'amministrazione della regione di Lipeck [19]. Un assalitore lo colpì con un martelletto sulla porta del suo appartamento di Mosca il 12 maggio 2000 e per le conseguenze Domnikov è deceduto due mesi dopo. Solo nel caso dell'omicidio di Igor' Domnikov il tribunale ha riconosciuto colpevoli i criminali.

Mentre il rapporto veniva preparato per la stampa, per mano di omicidi sono morti altri tre giornalisti. L'attivista per i diritti umani e giornalista Natal'ja Èstemirova è stata sequestrata in Cecenia e uccisa nella vicina Inguscezia, il direttore di due giornali locali Abdulmalik Achmedilov è stato ucciso a colpi d'arma da fuoco in Daghestan e il direttore del giornale di Rostov [20] “Korrupcija i prestupnost'” [21] Vjačeslav Jarošenko è deceduto per le conseguenze di un assalto. Il KZŽ [22] sta studiando le circostanze di questi crimini.

Secondo i dati del KZŽ, la Russia occupa il terzo posto dopo Iraq e Filippine per numero di omicidi di giornalisti verificatisi dal 2000 e il nono per numero di omicidi irrisolti di collaboratori dei mezzi di informazione di massa. Negli ultimi due decenni il lavoro di giornalista in Russia è stato immancabilmente legato al pericolo. Il KZŽ esamina gli anni 2000-2009, perché l'attività dell'attuale leadership del paese abbraccia proprio questo periodo.

Una tale impunità da record degli omicidi di giornalisti contrasta nettamente con la statistica ufficiale di risoluzione di omicidi nell'intera Russia. Secondo Aleksandr Bastyrkin, capo della Commissione inquirente presso la Procura della Federazione Russa e uno degli uomini più importanti del sistema giudiziario del paese, negli ultimi anni viene risolta la stragrande maggioranza degli omicidi.

Il clima politico è determinato dal Cremlino e i leader del Cremlino creano ostacoli al lavoro dei giornalisti orientati criticamente e li marginalizzano, afferma il KZŽ. I reporter che conducono indagini sono di fatto privati della possibilità di lavorare negli influenti canali televisivi di Stato e sono costretti a pubblicare in riviste cartacee e di Internet con un pubblico limitato. In questo clima sono soggetti a isolamento, diventano indifesi e sottovalutati e i loro nemici, al contrario, ricorrono più arditamente alla forma estrema di censura – la violenza.

La burocrazia non trasparente degli organi giudiziari permette loro di prendere le decisioni più importanti senza spiegarle al pubblico e senza comunicarle alle famiglie e agli avvocati delle vittime. Quando la Procura di Mosca interruppe le indagini sulle misteriose circostanze della morte di Ivan Safronov, i funzionari non si dettero neanche pena di informare di ciò la famiglia del giornalista. A quanto dissero gli inquirenti daghestani, questi avevano liquidato uno dei sospettati dell'omicidio di Tel'man Ališaev e avevano stabilito l'identità di un altro, tuttavia i familiari del giornalista ucciso affermano che le autorità non gli comunicarono direttamente nulla.

Il carattere chiuso del sistema permette alle autorità di non rendere conto alla società. In alcuni casi al pubblico e ai parenti sono stati nascosti elementi importanti. Quando i parenti di Jurij Ščekočichin cercarono di ottenere informazioni più dettagliate sulla sua morte, la direzione dell'ospedale statale in cui fu curato il giornalista mise i sigilli sulla storia della malattia. In una serie di casi alcune istituzioni scaricano su altre la responsabilità di indagini che girano a vuoto. Così le richieste rivolte dal KZŽ sul caso di Natal'ja Skryl' furono trasmesse tre volte da un'istituzione all'altra e nessuno di esse ha risposto a tono.

In una serie di casi ci sono vuoti significativi. Gli inquirenti non hanno interrogato un presunto partecipante all'accordo, in conseguenza del quale fu rapito e ucciso Vladimir Jacin, anche se gli era noto che questa persona viveva e studiava a Mosca. Nel caso di Èduard Markevič le autorità arrestarono un sospettato quasi subito, ma gli permisero di fuggire, mentre il caso veniva trasmesso da un procuratore all'altro. Come motivo dell'omicidio di Vagif Kočetkov gli inquirenti indicarono la rapina, in quanto non erano interessati alla verifica della versione sui legami del crimine con l'attività professionale della vittima.

Presentando il caso in tribunale, i procuratori non di rado si sono rivelati mal preparati, in un caso l'accusa è stata semplicemente fabbricata. Al processo per l'omicidio di Anna Politkovskaja ai giurati orientati scetticamente furono presentate prove in parte impossibili da accogliere e incomplete e questi assolsero i tre imputati. Nel caso di Aleksej Sidorov le autorità ottennero confessioni con la forza e falsificarono le prove della colpevolezza di una persona innocente; l'imputato fu assolto.

Le udienze sul caso di Paul Khlebnikov sono state accompagnate da decisioni dubbie e non argomentate del tribunale. Il giudice non ha accettato alcuna misura per difendere i giurati, che sono stati sottoposti a intimidazioni da parte degli imputati. Più tardi il tribunale ha respinto la revisione del caso richiesta da due sospettati senza indicare i motivi del rifiuto e i nomi delle persone che avevano preso tale decisione.

Le autorità non rimuovono i conflitti di interessi che portano ai risultati dovuti. Nonostante Magomed Evloev fosse stato ucciso a colpi d'arma da fuoco mentre si trovava sotto scorta dei collaboratori del ministero degli Interni dell'Inguscezia, le indagini furono affidate alle autorità locali. Queste presero le parti dello sparatore (nipote dell'allora ministro degli Interni dell'Inguscezia) e dichiararono che la morte di Evloev era avvenuta in conseguenza di un caso sfortunato. Nel corso delle indagini sull'omicidio di Maksim Maksimov le autorità di San Pietroburgo non hanno compiuto sforzi visibili per verificare le supposizioni sulla complicità della polizia locale in esso.

In una serie di casi i rappresentanti delle autorità a vari livelli, evidentemente, hanno fatto pressioni. I poliziotti che erano accusati di aver permesso gare di accelerazione illegali ad Azov dichiararono la morte di Pavel Makeev, morto nel tentativo di riprendere le corse automobilistiche illegali, conseguenza di un incidente stradale. A Tol'jatti, tristemente nota per la sua corruzione, gli inquirenti ignorarono l'attività professionale di Valerij Ivanov come motivo del suo omicidio.

Non sopportando le intimidazioni, alcuni dei familiari dei giornalisti uccisi hanno rinunciato a cercare di ottenere giustizia. Dopo l'omicidio del marito hanno preso a minacciare Tat'jana Markevič e questa è stata costretta a lasciare la città. La madre di Natal'ja Skryl' ha comunicato al KZŽ che le hanno consigliato di “non immischiarsi” nel caso di sua figlia uccisa, se voleva che ai suoi familiari “ancora vivi” non succedesse nulla.

In Russia è stata introdotta una censura mortale: adesso i mezzi di informazione di massa tacciono su temi come le violazioni dei diritti umani, la corruzione, la politica del Cremlino nel Caucaso settentrionale, sottolinea il coordinatore del programma per l'Europa e l'Asia centrale del KZŽ Nina Ognjanova. Lo stato non è in grado di difendere i cittadini, tra cui i rappresentanti della stampa, la leadership russa non ha sufficiente volontà politica per far indagare gli omicidi dei giornalisti, dice Ognjanova.

Ma io mi esprimerei altrimenti: il Cremlino e le autorità politica hanno la volontà politica di bloccare le indagini perché i mandanti dei crimini sfuggano alle loro responsabilità. La situazione di impunità creata coscientemente nel paese permette direttamente la comparsa di nuove vittime. E finché non sarà liquidato l'attuale regime politico, tutto rimarrà come prima.

E così dal 2000 (o perfino dal 1999) un gruppo di cekisti [23] e funzionari guida la Russia, per tutto questo tempo si verificano omicidi su commissione di giornalisti, è stato risolto solo uno di essi, nessun mandante è stato trovato. Il KZŽ ha tratto una conclusione giusta: la censura nel paese si compie tra l'altro con l'aiuto di omicidi. Ma quali sono le conclusioni organizzative?

Il KZŽ raccomanda alle autorità russe di valutare tutti gli atti di violenza sui giornalisti, di condurre indagini imparziali sui crimini e punire i colpevoli, di riconoscere apertamente l'importanza per la società russa del ruolo dei reporter indipendenti, dei giornalista d'inchiesta e dei commentatori che criticano le autorità, di permettere ai giornalisti indipendenti di tornare nello spazio mediatico pubblico. Alla comunità mondiale – di ottenere che il nostro paese adempia i propri obblighi internazionali. E ancora – cito: “Il Consiglio d'Europa deve ottenere dalla Russia l'adempimento al 100% delle decisioni della Corte Europea per i diritti umani riguardanti casi legati alla libertà di stampa. Nel caso che le autorità russe non intraprendano azioni adeguate, il Consiglio deve ricorrere a mezzi coercitivi, fino alla temporanea estromissione della Russia dal Consiglio... Al Consiglio dell'ONU per i diritti umani... Esigere dalla Russia l'osservazione degli standard internazionali sui diritti umani. Esaminare in via accelerata le denunce dei cittadini russi sulle violazioni di diritti umani. Erogare adeguate sanzioni in caso di conferma di violazioni”.

Come si può intendere questo? Le autorità russe hanno davvero intrapreso “azioni adeguate” qualche volta? E' passato un decennio. Di quanto tempo c'è ancora bisogno per “confermare violazioni”?

Ho chiesto ai collaboratori del KZŽ: perché non invitano ad erogare sanzioni contro il Cremlino già adesso? Ma non ho ricevuto una risposta comprensibile.

Aspettiamo ancora un'altra decina d'anni?



http://prima-news.ru/article-30.html (traduzione e note di Matteo Mazzoni)

[1] “Forbes Russia”.

[2] “Nuovo Reft”. Il Reft è un fiume siberiano.

[3] Villaggio della Siberia occidentale.

[4] “Polso”.

[5] Città del sud della Russia.

[6] “Commerciante” (il nome è scritto nella grafia antica per riallacciarsi idealmente a un omonimo giornale prerivoluzionario).

[7] “Città”.

[8] Leggasi: “sezione locale della polizia”.

[9] “Inguscezia”.

[10] “Il Nostro Tempo”.

[11] “Taganrog-Metallo”.

[12] Città della Russia meridionale.

[13] “Il Giovane Comunardo”.

[14] Città della Russia centro-meridionale.

[15] “L'osservazione di Tol'jatti”.

[16] Città della Russia centro-meridionale, chiamata così in onore di Palmiro Togliatti.

[17] “Nuova questione”.

[18] Villaggio del Daghestan centrale.

[19] Città della Russia centro-meridionale.

[20] Città della Russia meridionale.

[21] “Corruzione e criminalità”.

[22] Komitet Zaščity Žurnalistov (Comitato per la Difesa dei Giornalisti).

[23] Letteralmente membri della ČèKa (ČK – Črezvyčajnaja Komissija po bor'be s kontrrevoljucii i sabotažem, “Commissione Straordinaria per la lotta alla controrivoluzione e al sabotaggio), la prima polizia politica sovietica e per estensione “agenti segreti”.

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