27 novembre 2006

A proposito dei rapporti tra russi ed ebrei

GLI EBREI SANNO SISTEMARSI
Reportage speciale dal paese del sionismo trionfante

Gli ebrei sanno sistemarsi. Guardate voi stessi: Vitalij Ginzburg[1] si è sistemato come premio Nobel, Konstantin Rajkin[2] come direttore di un teatro e figlio di un padre famoso, Garri Kasparov[3], anche se non è affatto ebreo, laggiù si è sistemato come campione del mondo. Sono ragazzi in gamba. Questo per quanto riguarda i nostri, in Russia.
E ora per quanto riguarda quelli che sono in Israele. Sono stato là poco tempo fa. Se vedeste questa terra, per cui si fanno tante guerre e tanto rumore al mondo. Di certo un nostro compatriota della zona delle “terre nere[4]” se ne guarderebbe bene e non ci si avvicinerebbe a una distanza inferiore a quella coperta in un’ora da un aereo supersonico. Questa non è terra, sono lacrime. Guardi la terra bruciata e ti viene da piangere. In questi luoghi non si può trapiantare nessuno, qui la gente si può solo prosciugare ed essiccare. .
Vai e vai e vedi solo pietre, pietre e pietre, e il sole brucia, come se ti avessero posato sulla testa un ferro da stiro pronto all’uso. Tra le pietre senza fine raramente capita di vedere alberi grigi e contorti. Non c’è petrolio, né gas, né risorse minerarie, né pascoli. C’è il mare ed è Morto, c’è solo sale, galleggia in superficie a blocchi bianchi da un pud[5], simili a blocchi di ghiaccio. Nel mare c’è tanto sale che, anche se vuoi affogare, non affoghi. Ti caccia fuori dall’acqua come un tappo da una bottiglia di champagne. Non piove per nove mesi all’anno. Ci sono 30-40 gradi all’ombra. Si può forse vivere in tali condizioni? Non
si può.
Dico questo per far ridere. Gli ebrei, immaginate, si sono sistemati bene anche là.
I turisti non vedono il paese del sionismo trionfante come l’abbiamo visto io e lo “spensierato” Dmitrij Krylov[6]. E’ un paese minuscolo, meno di 500 chilometri dall’alto in basso, e quanto alla larghezza non c’è neanche da parlarne[7]. In bicicletta, se si trova una strada, si può andare da una parte all’altra del paese in un giorno — ecco tutto Israele.
Le strade sono buone, ma a destra e a sinistra c’è una terra infertile, così infertile, che non si vede neanche una terra vera e propria, ma pietre, sabbia e monti. Raramente capita di vedere degli spiazzi con del verde curato: palme, viti, aranci. Senza cure questo verde brucerebbe in due giorni, ma gli astuti ebrei hanno posto presso ogni pianta un tubo che porta acqua dolce e la vegetazione fiorisce e profuma. Nel centro dell’oasi ci sono alcune case e strisce brillanti di serre. Le serre non riscaldano, ma, al contrario, proteggono dal sole. Quando le piante si rafforzano, la copertura delle serre si scioglie sotto i raggi impietosi e si trasforma in concime organico. Che dire, sono in gamba questi ebrei.(Фото Тофика Шахвердиева)

Mark Twain viaggiò per la Terra Santa e scrisse che aveva visto un albero presso il lago di Genesaret. La principale caratteristica di quest’albero consisteva nel fatto che era l’unico. Adesso intorno al lago ci sono palmizi, cipressi, olivi, banani, rose. Ogni ebreo, che viva o no in Israele, deve piantare un albero di tanto in tanto. In occasione di un matrimonio, in occasione di una nascita o così, senza occasione. Prendono
questo impegno. Per di più volontariamente. E’ tutto per se stessi, non fanno niente così per fare, vogliono l’ombra sotto le fronde, aria fresca e che sia bello.
Dove si trova il verde nel deserto, non c’è dubbio: è un kibbutz, una proprietà collettiva, un kolchoz[8], come si dice da noi. Vere isolette di comunismo agrario. Ricordiamo cosa diceva Marx nel suo manifesto comunista[9]. La Russia, a suo tempo, ha tenuto questo manifesto come una fiaccola ed ha accecato a lungo con esso il proprio popolo. Lo cito per Gennadij Andreevič[10], prosecutore dell’opera di K. Marx e V. Lenin: «I comunisti possono esprimere la propria teoria con una sola proposizione: distruzione della proprietà privata». Ma Gennadij Andreevič, e di questo gliene siamo grati, non vuole distruggere la proprietà privata, va in giro in Audi, ama il confort e la proprietà personale, che, girala come vuoi, è comunque privata. Cioè, non è una cattiva persona, ma comunque, come vedete, non è un comunista. Ma nei kibbutz[11] la vita è costruita proprio secondo Marx.
Anche se i membri dei kibbutz, in pieno accordo col Manifesto del Partito Comunista, hanno rifiutato la proprietà privata, si comportano con una timidezza contadina, non si danno per nulla delle arie, non si vantano di essere comunisti. Non lottano per la felicità dell’umanità, ma lottano, come spetta ai colcosiani[12], per un buon raccolto. Si affaticano dal mattino fino a tardi, come fanno gli agricoltori di tutto il mondo, ma, a differenza di tutto il mondo, mettono tutto nella pentola comune. Non c’è nessuno
stipendio. Euna comune. E’ comunismo. Da ciascuno secondo le capacità, e ognuno può prendere quello di cui ha bisogno da quella stessa pentola. Secondo le necessità. Se le scarpe, per esempio, si sono consumate, uno va dove si tiene il vestiario e prende delle scarpe nuove. O se qualcuno ha bisogno di visitare un parente malato, va alla pentola e prende da lì i soldi per il viaggio. Invano, perché, come a noi anticomunisti, i soldi non gli servono a nulla[13]. Il cibo, l’abitazione, le sementi, il trattore — per lui c’è tutto nel kibbutz. E’ la città del sole[14], in breve, il sogno di tutta l’umanità progressiva. Tutti uguali, tutto secondo giustizia. A dire il vero, in questo sole non ci vivrei a nessun costo.

И так через весь Израиль. (Фото Тофика Шахвердиева)

Tutti conoscono la battuta sull’ebreo allevatore di renne[15]. E’ chiaro che non può esistere qualcosa del genere. Un allevatore di renne! Ah, ah! Ebreo! Da noi non può essere, da loro sì. Gli allevatori di renne, a dire il vero, non ci sono in Israele, né ebrei, né ciukci[16] perché mancano sia la neve, sia la penisola dei Ciukci. Ma sorprendentemente non ci sono neanche gli oligarchi[17], anche se gli ebrei non sono pochi. Certamente è strano, ma né chi sta al governo, né chi sta in parlamento, ha diritto di occuparsi di affari, com’è usanza in alcune democrazie in cui c’è molta neve[18]. Ma ci sono ebrei allevatori. Portano via il letame dopo il passaggio degli animali. Là non c’è dove far pascolare le mucche e nessuno le fa pascolare, ma latte, panna, burro e formaggio ci sono in quantità. Nutrono le mucche con mangimi artificiali e a volte ottengono più latte di noi coi nostri prati bagnati di rugiada. Israele produce tanto di quel cibo che gli ebrei esportano il surplus di latte, burro, formaggio e molto altro, speculando senza ritegno sul triste fatto che ci sono paesi che non riescono ancora a nutrire se stessi, anche se la loro terra è la più fertile.
Ricordate le arance del Marocco? C’erano al tempo del potere sovietico. Poi si è chiarito che le arance non erano del Marocco, ma dei kibbutz. Per mantenere un’apparente verginità ideologica, il Politbjuro del Comitato Centrale del PCUS[19], non meno astuto della loro Knesset[20], permise di acquistare il prodotto in Israele solo a condizione che su di esso vi fosse qualche altra etichetta, quella di un paese meno nemico. Che ce ne importa! — acconsentirono gli ebrei e per ordine dei nostri compagni, gente di principio, presero a incollare su ogni arancia un’etichetta nera «marocchina». I faccendieri, è chiaro, non possono non frodare, è la loro natura. Il popolo sovietico, allora ancora non viziato, comprò avidamente e in grande quantità il frutto «africano» e su di esso scrisse perfino un non brutto racconto romantico[21].
E’ interessante che i “nostri” gridassero ad altri “nostri”[22]: «Andatevene nel nostro Israele!». E
questi ci andarono. Dei nostri ne andò laggiù un milione e dal mondo intero ne raccolsero l’equivalente di mezza Mosca — sei milioni. Per cinquant’anni piantarono alberi, desalinizzarono l’acqua, impararono la lingua biblica[23], crearono uno stato, dettero uguali diritti a tutte le religioni[24], costruirono città, fecero rinascere l’agricoltura, appresero l’alta tecnologia, ricevettero premi Nobel. Adesso gli stessi nostri gridano: «Via dalla Palestina!» — cioè “andatevene da Israele”. Recentemente Aleksandr Prochanov[25] dagli schermi televisivi ha consigliato amichevolmente agli ebrei di far entrare i vicini nelle proprie città e di scaglionarsi, senza far troppo baccano, pacificamente e senza innervosirsi, in tutto il mondo, in diversi paesi, come duemila anni fa. Un consiglio buono, cordiale, di cuore, come suol dirsi. In effetti dove vivono adesso gli israeliani ci sono continue scomodità, c’è poca acqua, molto caldo e da tutte le parti ci sono vicini con l’esplosivo nascosto sotto i vestiti. Chiedono in modo umano agli ebrei: siate buoni, andatevene, per favore, dal territorio che avete ben sistemato. Ma questi non si lasciano convincere, né con le buone, né con le cattive. Rispondono ancora al fuoco.

Ecco cosa mi ha tormentato per tutto il tempo. Israele è un paese piccolo, sono costretti a chiamare alle armi anche le donne, e i popoli nemici che lo circondano sono non due, non tre, ma centinaia di volte più grandi di Israele in superficie e popolazione. Che paese è, che esercito ha, perché non se ne possa aver ragione? Non hanno Pavel Gračëv[26].
Per me era un triste enigma, perché qui, sicuramente, operano la loro eterna astuzia, una perfidia innata e l’acuto e sagace ingegno ebraico. Così è in effetti risultato. Bisognava pensarci bene, fate attenzione! In caso di sconfitta non è il soldato che deve salvare l’ufficiale, ma è l’ufficiale che deve portar via il soldato, ferito o morto, e andarsene per ultimo dal campo di battaglia.
E ancora: se il soldato è fatto prigioniero, sopporta la tortura e non rivela il segreto militare — bravo, è un eroe! Ma se non sopporta la tortura, rivela il segreto, ma resta in vita — bravo lo stesso! Ed
è un eroe lo stesso! Che pensi il comando come e dove nascondere i segreti, il compito del soldato è adempiere gli ordini e conservare la propria vita (anche questo è un ordine).
E ancora. Le trovate ebraiche sono inconcepibili in un esercito serio. A turno tutti i soldati sono mandati a casa per due giorni ogni settimana. A
spassarsela. Le’chaim[27]! E questi non si ubriacano, non cantano a squarciagola per la strada, non si azzuffano coi passanti, non nuotano nelle fontane pubbliche[28].
E
ancora. Non c’è alcun ordine che stabilisca che i soldati non possono essere utilizzati come manodopera gratuita[29]. Nell’esercito non capiscono cosa sia un ordine del genere.
E
ancora. Non c’è divieto di nonnismo. Non c’è nonnismo. Gli astuti ebrei già in famiglia insegnano ai figli maggiori ad aiutare i minori. E là non ci sono ragazzi di strada e non ci sono orfanotrofi. Chi resta orfano viene subito preso da qualche famiglia. Senz’alcuna adozione ufficiale. Li prendono e li nutrono finché non sono cresciuti.
E
hanno inventato ancora qualcosa. Le lezioni di misericordia. Ogni scolaro deve scegliere una persona molto anziana o malata o menomata o sorda o muta o mentalmente ritardata e secondo le proprie possibilità aiutarla a vivere. Lo scolaro laiuta. E questa vive.
E ancora. Nessuno tenta di scansare il servizio militare[30]. Il concorso per le professioni più pericolose in campo militare, come i corpi speciali, è il più quotato. Tutti vogliono entrarci. La selezione è dura, dieci per posto vengono presi. E non badano tanto ai muscoli quanto all’IQ[31], cioè all’intelletto.
Certamente, se si studia il loro esercito e lo si confronta con un qualsiasi altro, anche buono, secondo i nostri criteri, il confronto non sarà sempre equo. Da loro i soldati sono istruiti come si deve, sono nutriti a sazietà, vestiti bene e con abiti comodi, equipaggiati con le armi più nuove e a loro si guarda con rispetto[32]. Se muore un soldato, nessuno osa darne notizia finché il comandante del reparto non avverte personalmente la famiglia del caduto, perché la responsabilità della vita del soldato ricade proprio sul comandante del reparto. Se un uomo è fatto prigioniero, per la sua liberazione si danno in cambio dieci, cento persone, ed è successo perfino che siano stati liberati mille prigionieri nemici in cambio di un soldato semplice. Come si è visto, entrano in gioco una gran quantità di astuti, sagaci espedienti purché i giovani entrino nell’esercito di buon grado e con la consapevolezza del proprio dovere. Inoltre ogni soldato si prepara a difendere non gli interessi di terzi, ma la propria casa, la propria famiglia. Perciò ritiene che meriti difendere il paese e che vincere sia necessario. Ma se i generali israeliani prendessero dalla strada dei ragazzi insignificanti, che hanno appena terminato la scuola, dessero loro pezze da piedi e stivali di similpelle e li mandassero affamati ad introdurre l’ordine costituzionale tra gli eschimesi della Groenlandia, allora vedremmo chi sono. Ma vedete, si sono sistemati bene! Allora vedremmo di che pasta sono questi guerrieri tanto lodati.

Tofik ŠACHVERDIEV[33], reportage speciale per la «Novaja Gazeta[34]», Israele
24.10.2005 (traduzione e note di Matteo Mazzoni)



[1] Fisico, premio Nobel 2003.

[2] Direttore del teatro Satirikon di Mosca, fondato da suo padre Arkadij, famoso attore comico.

[3] Famoso scacchista. In realtà Garri Kasparov è ebreo per parte di padre e si chiama Garri Vejnštejn, ma ha assunto il cognome Kasparjan di sua madre (armena) russificandolo. Ma per la legge ebraica è ebreo solo chi è figlio di un’ebrea.

[4] Le terre della Russia meridionale.

[5] Antica misura di peso russa, equivalente a 16,38 kg.

[6] Attore russo poco noto in Occidente.

[7] Eppure c’è chi l’ha valutata in un centinaio di chilometri…

[8] Il kolchoz (abbreviazione di kollektivnoe chozjajstvo, “proprietà collettiva”) era la fattoria collettivizzata sovietica.

[9] Notare che l’autore non dice “nel Manifesto del Partito Comunista”.

[10] Gennadij Andreevič Zjuganov, leader del Partito Comunista della Federazione Russa.

[11] O kibbutzim? Tale è il plurale ebraico. L’autore declina il termine in caso e numero come se fosse russo, cosa ritenuta corretta in Russia, mentre l’Accademia della Crusca ha ribadito che i termini stranieri accolti nella lingua italiana sono indeclinabili senza eccezioni.

[12] I membri dei kolchoz (vedi nota 8). Il termine, anche se è stato accettato dall’Accademia della Crusca, è noto a pochi…

[13] Passaggio assolutamente incomprensibile.

[14] Il luogo utopico di cui scrisse il filosofo italiano Tommaso Campanella, vissuto tra il XVI e il XVII secolo.

[15] Forse la battuta è nata perché Stalin creò la tuttora esistente Repubblica Autonoma degli Ebrei nel sud-est della Russia asiatica, dove forse non vi sono renne, ma neanche un clima tropicale…

[16] Popolo della Russia asiatica, che vive nella penisola detta appunto dei Ciukci (che si affaccia sullo stretto di Behring), dedito effettivamente all’allevamento di renne. Per tradizione i ciukci, come da noi i carabinieri, recitano nelle barzellette russe il ruolo degli sciocchi.

[17] “Oligarchi” sono detti i pochi, ma potentissimi, miliardari russi. Tra loro vi sono ebrei come Roman Abramovič, presidente del “Chelsea”, Boris Berezovskij, caduto in disgrazia presso Putin e fuggito in Inghilterra e Fëdor Chodorkovskij, pure inviso a Putin e recentemente condannato per frodi fiscali e altri crimini dopo un dubbio processo.

[18] Il fatto che parli di “molta neve” mi impedisce di capire se alluda a paesi diversi dalla Russia…

[19] Partito Comunista dell’Unione Sovietica. Il Politbjuro (abbreviazione di Političeskoe Bjuro, “Ufficio Politico”) era il suo organo decisionale.

[20] Il parlamento israeliano.

[21] Il racconto Apel’siny iz Marokko (Le arance del Marocco) non fu scritto, ovviamente, dal popolo sovietico, ma dallo scrittore Vasilij Aksënov, in seguito fuggito negli Stati Uniti.

[22] Le virgolette sono mie.

[23] Qui l’autore non fa dell’ironia, tra l’ebraico biblico e quello moderno c’è continuità assoluta, molto più che tra il greco classico e quello moderno.

[24] Per quanto questo possa sorprendere, lo stato di Israele si dichiara assolutamente laico e non confessionale.

[25] Romanziere e sceneggiatore russo.

[26] Forse l’autore ironizza. Il generale Gračëv, ministro della Difesa e comandante in capo delle forze armate russe dal 1992 al 1996, ha mal condotto la prima guerra cecena e questo, insieme alle accuse di corruzione, ha determinato la fine della sua carriera politica.

[27] Letteralmente “alla vita”. Augurio ebraico tipo “Buon pro” o “salute” (si dice anche brindando).

[28] L’autore parrebbe dire che invece i soldati russi in licenza fanno tutte queste cose…

[29] Invece nell’esercito russo è normale che gli ufficiali dispongano dei soldati quasi come di schiavi. Le disposizioni contro questi abusi restano lettera morta.

[30] In Russia invece cercano di scansarlo in tutti i modi…

[31] Intelligence Quotient, cioè “quoziente d’intelligenza” in inglese.

[32] Pare addirittura che sugli autobus si ceda loro il posto…

[33] Regista russo poco noto in Occidente.

[34] Uno dei pochi giornali indipendenti rimasti in Russia, dal cui sito http://2005.novayagazeta.ru/nomer/2005/79n/n79n-s30.shtml traggo questo articolo.

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