| Esattamente un anno    fa, il 15 e il 16 dicembre, il più piccolo stato sovrano del    mondo, Nauru, nella persona del ministro degli Esteri e    dell'Economia Kirena [1]    Keke stabilì relazioni diplomatiche con Abcasia e Ossezia del    Sud, divenendo il principale partner strategico della Russia. Le    autorità di Mosca proclamarono che – del tutto    indipendentemente dal riconoscimento – programmano di fornire    aiuti umanitari al lontano stato di Nauru. …Sulla cravatta del    signor ministro c'è Babbo Natale, che vola su un tiro di renne.    Lo stesso ministro Kiren [2]    Keke è giovane, intelligente, di spalle larghe e serio. Il    principale sport dei nauruani è l'atletica pesante e per qualche    motivo tutti, donne comprese, assomigliano ad atleti pesanti:    grossi e seri. Il ministro dice che    a Nauru hanno cominciato a interessarsi al destino delle    repubbliche non riconosciute nell'ambito della collaborazione con    la Russia, le hanno osservate per sei mesi, dopodiché hanno    chiesto alla Russia di organizzare una visita: – Abbiamo capito    che gli abitanti di entrambe le repubbliche storicamente erano    indipendenti, non si sono mai considerati parte della Georgia e    avevano organi di potere autonomi. Sono molto simili a Nauru nel    periodo della lotta per l'indipendenza e noi ricordiamo come fu    importante per noi l'appoggio di altri paesi. Fra l'altro, la    storia del riconoscimento è cominciata prima, quando nell'autunno    del 2009 su invito di Nauru soggiornò sull'isola l'ambasciatore    russo in Australia Aleksandr Blochin. Dopo il suo ritorno fu anche    proclamato che la Russia aveva in programma di fornire aiuti    umanitari a Nauru. “L'ambasciatore tornò da Mosca con    raccomandazioni di sostenerci”. Dico al ministro che    molti affermano: il riconoscimento dell'indipendenza e l'aiuto    materiale sono un'unica questione, non due.      – E' la prevedibile    e attesa reazione della Georgia, – risponde tranquillo Keke.  –    Ma queste sono cose del tutto slegate. Noi stabiliamo attivamente    relazioni con i nuovi paesi anche senza di esso. Qui il ministro ha    ragione. Nel 2002 Nauru si rifiutò di riconoscere l'indipendenza    di Taiwan, stabilì relazioni diplomatiche con la Repubblica    Popolare Cinese e inaspettatamente ricevette da essa aiuti per 130    milioni di $. Ma nel 2005 la repubblica ci ripensò, ruppe le    relazioni con Pechino e adesso riceve già aiuti da Taiwan. In generale il    commercio dei riconoscimenti è un affare ordinario dei paesi    dell'Oceania. La differenza del nuovo partner strategico della    Russia sta nel fatto che tutta la sua storia contemporanea è una    storia di piccole truffe, grandi scandali, barzellette giuridiche    e affari politici. L'ex    isola Nauru è certamente    un buco. Мiddle of nowhere*, se al “nowhere” si può    annoverare l'Oceano Mondiale. 4505 chilometri a nord-est    dell'Australia, 1500 a ovest della Nuova Guinea. Inoltre 42 km a    sud dell'equatore. Su 21 chilometri    quadrati di isola stanno 10500 abitanti di nazionalità nauruana,    l'architettura è del tipo “baracca” e i negozi sono del tipo    “spaccio”. Con gli affari ai nauruani non va molto bene. Tutto    il commercio è tenuto dai cinesi in chioschi sparsi per tutta    l'isola – conserve australiane, riso, acqua prodotta alle isole    Salomone [3]. La fauna    – cani, maiali e polli semi-selvatici. La flora –    fondamentalmente palme e queste spelacchiate e battute. Lo stato non ha    capitale, perché non ci sono città. Invece ci sono 14    circondari, il capoluogo è considerato quello di Yaren. Non ci    sono vie. La strada è buona , ma a dire il vero, è una. Si    stende per 19 km lungo la costa e, di regola, può essere percorsa    in quattro ore. Non esistono fonti di    acqua dolce. Poco tempo fa hanno imparato a desalinizzare quella    marina, prima la portavano in cisterne dal continente. Non ci sono    centrali elettriche, al loro posto ci sono cinque generatori (ne    funzionano tre). La disoccupazione è    al 35-40%. Non ci sono cose notevoli, i principali divertimenti    sono andare in chiesa e girare per strada.      Nauru non ha una    valuta (ha corso il dollaro australiano), l'unica banca è    crollata 10 anni fa, tutte le transazioni si fanno in contanti.    Inoltre le lingue sono ben due: nauruano e inglese, che parlano    tutti. All'aeroporto mi    viene incontro Rod Henshaw, in passato giornalista della radio    australiana ABC e adesso consulente mediatico e addetto stampa del    governo di Nauru. Dice che la volta scorsa sono giunti sull'isola    dei giornalisti del GEO [4]    per scrivere un articolo per la rubrica immaginaria “I paesi    dove non siete mai stati e dove difficilmente capiterete”. La domanda se c'è    turismo a Nauru decade dopo l'uscita dall'aeroporto. Non ci sono    spiagge sull'isola, lungo tutta la costa si stendono acuti picchi    di coralli, dietro di essi comincia l'oceano con forti correnti e    bestie velenose. C'è un golf club senza erba, una piscina    senz'acqua e un chiosco di souvenir, dove vendono sapone e riso.    “Oh, talvolta da noi capitano turisti, – sorride Rod. – Sai    come li chiamiamo? Lost (perduti)”. Tra le buone notizie.    Dagli isolani non esigono tasse, alloggio, istruzione e sanità    sono gratuite. A Nauru – attenzione! – c'è la democrazia. Il    parlamento e il governo sono eletti per tre anni, questi nominano    tra le proprie file il presidente. I parlamentari sono 18, di    questi nove del partito del presidente e nove oppositori. La base    della legislazione è australiana, il libretto della Costituzione    per 55 $ [5] si vende    al supermercato tra le conserve e i biscotti, non c'è censura.    Nel rating internazionale della libertà di parola della Freedom    House Foundation Nauru ha ottenuto voti altissimi. Come spiega Rod    Henshaw, ancora poco tempo fa il principale mezzo di informazione    di massa di Nauru erano le scritte sui muri degli edifici    pubblici. Ma a febbraio è stato aperto il giornale mensile    “Mwinen Ko”, vanno in onda “Radio Nauru” e i notiziari    serali della TV.      Andiamo per l'unica    strada lungo l'oceano. Per entrambi i lati si stendono cose a un    piano, un po' baracche, un po' scatole. Non ci sono vetri, ci sono    buchi nei muri, alle finestre ballonzola qualche straccio. Intorno    mucchi di rifiuti, nell'ombra delle palme vagano cani randagi.    Chiedo a Rod perché la gente ha lasciato queste case. Rod frena, mi guarda    attentamente. “Le case sono abitate”.      Dolce    vita [6]    alla    nauruana L'articolo sulla    storia della flotta nauruana nel “Mwinen Ko” comincia con le    parole: “Probabilmente voi già non lo ricordate, ma il nostro    paese era ricco”. Di regola, la vita a    Nauru è sempre stata niente male. Nell'oceano sguazzavano pesci,    dalle palme cadevano cocchi. Le tribù locali periodicamente si    sterminavano l'un l'altra, invece nemici, come nella vicina Figi,    non parevano esserci. Nel 1798 Nauru fu scoperta e dichiarata loro    proprietà dai navigatori inglesi, nel 1888 la occuparono i    tedeschi, dopo la Prima Guerra Mondiale l'Australia. Sui nauruani    questo non si riflesse: civilizzare l'isola faceva fatica ai    colonizzatori.      I problemi    cominciarono, scusate, a causa della merda [7].    Nauru è un enorme scogliera corallina, sollevatasi chissà quando    dal fondo. Per milioni di anni gli uccelli migratori si sono    fermati su di essa, coprendola di letame, il cui strato ha    raggiunto decine di metri. Di fatto l'isola è diventata un enorme    pezzo di fosforite, base dei costosissimi concimi di fosfati.      A estrarre fosfati    cominciarono nel 1906. Nel 1968 i capi dell'isola con una    popolazione di tremila abitanti ottennero l'indipendenza.    Inizialmente le nuove autorità nazionalizzarono la compagnia dei    fosfati, fondando la Nauru Phosphate Corporation (NPC) e tutta la    terra dell'isola fu divisa tra il popolo. Un quarto dei ricavi    furono divisi tra gli agricoltori, il resto fu indirizzato al    fondo di stabilità nazionale. E per qualche anno i nauruani    diventarono inverosimilmente, favolosamente ricchi. Verso gli anni '70    l'estrazione di fosfati raggiunse i 2 milioni di tonnellate l'anno    e il prezzo sul mercato i 68 $ alla tonnellata. In 30 anni Nauru    guadagnò 3,6 miliardi di $ – circa 4 milioni di $ per famiglia.    Il livello dei redditi nel paese superò di quattro volte quello    degli USA e si avvicinò al lusso degli sceicchi arabi.      Sull'isola smisero di    lavorare. All'estrazione dei fosfati lavoravano indiani o cinesi,    li comandavano espatriati di Australia, Europa e USA. I bambini si    rifiutavano di studiare. Come ricorda l'attuale ministro della    Pubblica Istruzione Roland Kun, solo la minaccia del tribunale    poteva costringere i genitori a mandare i figli a scuola. Le    persone abituate a cibarsi dei frutti dell'albero del pane, di    cocco e di pesce passarono alla farina e al riso. Adesso il 30%    degli abitanti ha il diabete. I soldi facili furono    spesi in viaggi, nuovi oggetti tecnologici, automobili, servitù.    Sull'isola risultavano esserci circa 5-6 macchine per famiglia.    Portarono perfino una Lamborghini. Per le strade fatte di fosfati    poteva andare solo in seconda e presto fu rimandata indietro sul    continente. Non c'erano meccanici automobilistici, le macchine    rotte si ammucchiavano direttamente nei cortili. Nel frattempo le    persone più ricche del mondo continuavano a vivere in quelle    stesse case, praticamente di cartone. Dormivano sul pavimento.    Cominciarono a bere molto. Ma poi i fosfati    finirono. Il    fondo di stabilità I russi degli anni    '90 giunsero a Nauru negli anni 2000. Alla NPC sull'isola    apparteneva tutto: la banca, i negozi, l'ospedale, il porto. La    compagnia non faceva ispezioni sul giacimento. Quando diventò    chiaro che I fosfati si sarebbero presto esauriti, crollò tutto.      La crisi avvenne in    una notte. Svegliatisi, i naruani scoprirono che la banca con    tutti i loro risparmi aveva fatto un crac, il paese era in    bancarotta.      Risultò che non    c'era nulla con cui pagare il cibo, l'acqua e l'elettricità che    venivano portati là. I generatori si fermarono, la luce si    spense. La disoccupazione si avvicinò al cento per cento. I    manager, i medici e gli insegnanti stranieri cominciarono ad    andarsene. La vita dell'isola ricorda una trama di Marquez. Quando    finì il cibo, il mare cominciò a gettare pesce sulle rive.    Questo continuò così per tutta una stagione, di specialisti per    studiare questo fenomeno sull'isola non ce n'erano. Nessuno, a    dire il vero, neanche ci provò. “Grazia divina”, –    spiegarono tutti. Ma cos'è mai il    fondo di stabilità? A metà degli anni '80 il suo volume    raggiunse i 2 miliardi di $. Notizie di investimenti comparivano    episodicamente, fra l'altro più spesso come barzellette. Il    governo comprò hotel in perdita in Australia, immobili a Guam    [8], investì nella    messa in scena di un musical sulla vita privata di Da Vinci    (“Leonardo” fece fiasco). In generale, il giorno della caduta    della banca nazionale al posto del fondo di stabilità il paese si    scoprì un debito di 870 milioni di $.      Quando chiedi ai    nauruani perché mai tacquero e non obiettarono contro gli assurdi    investimenti, ne segue una risposta ingenua, impotente e    incredibilmente russa: “Ma avevamo un governo, funzionava pure.    Ci siamo semplicemente fidati e abbiamo aspettato”. Topside I locali chiamano le    miniere di fosfati esaurite nel centro collinoso dell'isola    Topside (cima). Quando un aereo sorvola l'isola, Topside sembra    coperta di macchie: qui c'è la giungla tropicale, accanto le    macchie grigie delle miniere. Poco tempo fa all'isola è riuscito    riavviare l'estrazione. Secondo le stime, la riserva di fosfati    primari basterà per circa due anni, quella di secondari (già    trattati una volta dai coralli) ancora per circa 30 anni.      Su Topside mi porta    Chelsea, ingegnere della corporazione di stato Ronphos, che ha    sostituito la NPC. Ci fermiamo proprio sulla cima. Su entrambi i    lati della strada per qualche metro pendono torri di coralli. A    sinistra vecchi lavori con pietre annerite e erba calpestata tra    esse. A destra i nuovi: un deserto bianco, puntellato da    gigantesche dita.      Chelsea si mette a    fumare un po', si guarda intorno. “La gente non viene qui. Io ci    sono abituato per lavoro. In qualche modo ci ho portato mia moglie    – si è messa pure a piangere: non voglio, dice, guardare    questo. Eppure l'abbiamo fatto noi, capisci? Ancora nella mia    infanzia qui cresceva la foresta tropicale”. Nell'aria arroventata    è sospeso qualcosa di pesante e silenzioso, come polvere di    fosfati. Sembra che Topside concentri su di se la tensione    dell'isola, che sieda in memoria degli abitanti, che si    sottometta. Una sensazione kafkiana. Spinge a controllare se il    biglietto di ritorno sia al suo posto. Sembra che non sia rimasto    nulla tranne una brillante superficie di coralli, arroventata dal    sole e dalla polvere bianca. Ibarbra    ospite L'uomo bianco in    nauruano è “ibarbra”. La parola è stilisticamente neutrale:    non “estraneo”, non “ospite”, semplicemente “altro”.    Se un ibarbra si ferma davanti a una casa, gli porgono una sedia.    Se chiama un taxi per strada, lo portano dove vuole, non prendono    soldi. Il maestro di scuola    Dale viene a sapere che sono russa e immediatamente mi invita in    casa.      – La Russia ci ha    molto, molto aiutati. Sai come la chiamiamo? Il fratello grande    [9]. Dale non parla di    soldi. Su circa venti nauruani interrogati le parole “Abcasia”    e “Ossezia” le hanno sentite in quattro, compreso il ministro    degli Esteri. Ma nel 1968 l'URSS fu il principale alleato di Nauru    nella conquista dell'indipendenza. Ogni nauruano lo ricorda    ancora.      Nella storia della    partnership tra Russia e Nauru c'è anche un altro, recente legame    storico. Afferrato che i    fosfati stavano finendo e che il fondo di stabilità si era    sciolto nell'oceano finanziario mondiale, il governo del    presidente Bernard Dowiyogo prese a cercare una nuova fonte di    reddito e aprì un centro offshore. Registrare una banca    attraverso l'impresa statale Nauru Agency Corporation sarebbe    costato in tutto 25 mila $. Prolungare la registrazione per un    anno altri cinquemila circa.      Da qualche anno Nauru    è diventata un centro dell'economia sommersa mondiale. Più di    quattrocento banche, cinquemila miliardi (!) di dollari di    criminali, riciclaggio di denaro proveniente da racket, spaccio di    droga e macchinazioni finanziarie illegali. Nel 1998 il    vice-direttore della Banca Centrale Viktor Mel'nikov annunciò che    dalla Russia verso i conti delle banche di Nauru erano usciti 70    miliardi di $. L'uomo d'affari nauruano Sean Oppenheimer, che a    quel tempo organizzava battute di pesca sull'isola, ricorda che    aveva continuamente clienti dalla Russia: registravano una banca,    pescavano e volavano via con l'aereo successivo. Il centro offshore    non c'è già più, ma il sito è rimasto. Questo propone “un    paradiso fiscale in un paradiso terrestre”, la registrazione    della banca viene detta rapida e sicura e la stessa Nauru una    dolce isoletta tropicale. Indirizzo di registrazione: Civic    Centre, distretto di Aiwa [10].    Come ha comunicato la Banca Centrale, a questo indirizzo sono    state registrate 104 banche russe. …Il Civic Centre è    una scatola di cemento a due piani con le tegole sbreccate. Sui    gradini vendono decorazioni per l'albero di Natale e pianelle, al    primo piano c'è il chiosco dei generi alimentari (la merce    principale è l'acqua potabile), al secondo c'è l'ambasciata di    Taiwan, l'Auditorium centrale di Nauru e qualche altro ufficio.      L'ufficio della Nauru    Agency Corporation è in fondo al corridoio. La vernice sulla    porta è screpolata, intorno alla maniglia c'è una striscia di    sporco, la porta stessa è chiusa a chiave. Non si sente odore di    grandi soldi; c'è odore di pesce, di polvere, di frettazzi    bagnati dal ripostiglio. Accanto, battendo sonoramente i piedi    nudi, passa una donna delle pulizia, un guardiano taiwanese    mormora una canzone con voce nasale. 70 miliardi! La maggior parte    è stata riciclata tra queste mura. …Nel 2002 tra il    denaro riciclato a Nauru risultarono quattro milioni di dollari di    origine criminale provenienti dagli USA. Il Tesoro americano    minacciò sanzioni e il centro offshore fu chiuso. Gli “affari” di    Nauru non sono andati più oltre questa estensione. L'isola ha    fatto commercio della cittadinanza (dopo gli atti terroristici    dell'11 settembre ad alcuni kamikaze sono stati trovati passaporti    di Nauru); si è programmato di vendere il prefisso telefonico ai    servizi di sesso al telefono; sono stati aperti due campi per i    profughi che attendono la decisione sulla concessione della    cittadinanza australiana (esiliati sulla lontana isola, per    l'angoscia e la disperazione i profughi hanno proclamato lo    sciopero della fame). Ma poi sono giunti al potere gli uomini di    forza. Sull'utilità    degli uomini di forza La grande politica    della Repubblica di Nauru si compie in un territorio di 300 metri.    In questi ha luogo il palazzo presidenziale (una casetta di legno    con una balaustra e una siepe fiorita come in una fattoria dello    stato dello Iowa) e l'edificio del parlamento (una casetta rosa    più piccola). Proprio di fronte – la pista di decollo    dell'aeroporto di Nauru. Secondo la legge del genere, se davanti    al palazzo presidenziale c'è una pista di decollo, su di essa    devono sparare alla fine. Questo successe nel 2003. Il paese fu a    lungo in crisi. – La pista di    decollo era tutta piena di gente – ricorda Kiren Keke. – Il    popolo stava sulla recinzione, circondò l'aereo. Noi non potevamo    neanche pensare che si sollevasse tutto il paese.      Il presidente    comunque poté battersela, la gente si disperse e gli istigatori,    compreso il futuro presidente e Kiren Keke, finirono in prigione    (dietro il palazzo presidenziale sulla destra). Da là sono anche    andati dritti al governo, ottenendo una convincente maggioranza    alle successive elezioni.      La base del nuovo    governo sono diventati gli uomini delle strutture armate. Il    presidente Marcus Stevens [11]    è un pesista (quattro medaglie d'oro ai campionati del mondo).    Kiren Keke è un rugbista, il ministro dei trasporti e delle    telecomunicazioni è un campione di powerlifting. Molti    parlamentari hanno giocato a calcio.      Fra l'altro, compiute    le carriere sportive, Stephens ha ottenuto il titolo di MBA, Kiren    Keke è diventato un medico. In un primo tempo come ministro era a    mezzo servizio: la mattina operava, la sera guidava il paese.    All'ospedale locale ancora rimpiangono che se ne sia andato. Era    un ottimo chirurgo, dicono. Sotto il nuovo    governo il livello di vita di Nauru ha cominciato a crescere. E'    continuata l'estrazione di fosfati, è cominciato un programma di    ristabilimento ecologico. In generale i nauruani dicono che con il    governo hanno finalmente avuto fortuna. Il    pesce piccolo – Il mercato di    sbocco del pesce a Nauru non è molto grande, – dice tristemente    il ministro della Pubblica Istruzione e della Pesca** Roland Kun. Il ministro sembra    triste in generale. Su diecimila nauruani hanno un'istruzione    tutt'al più in mille, il “mercato di sbocco” sono tre banchi    di vendita di fronte alla posta, cosicché si può capire il    ministro. Ai colloqui con Mosca    i nauruani hanno raccontato dettagliatamente per cosa esattamente    sono più necessari all'isola i soldi russi. Di conseguenza una    tranche di 10 milioni di $ è andata per la ricostruzione del    porto e per un Boeing per la compagnia aerea Our Airlines. Dalla prima tranche è    passato quasi un anno.      Prudentemente dico al    ministro che talvolta merita mettere fretta ai russi e prometto di    trasmettere un biglietto da visita di Roland Kun all'Agenzia per    la Pesca a Mosca. – E sa, –    improvvisamente il ministro abbassa la voce, – perché la flotta    russa possa pescare nell'Oceano Pacifico, deve ottenere il    permesso dell'unione dei pescatori, comprare una licenza, pagare    una tassa. Ma… – fa una pausa a effetto. – Se una nave russa    va sotto la bandiera di Nauru, può fare a meno di pagare la    tassa. Capisce? Capisco, signor Kun.      Il    cavaliere di Malta Nel salotto del    cavaliere di Malta, nativo irlandese e unico oligarca di Nauru    Desmond Oppenheimer c'è un frigorifero bielorusso Atlant. Sul    frigorifero ci sono un ritratto di Lenin e due fotografie di    Michail Gorbačëv: una    anche con Desmond Oppenheimer.      Il cavaliere stesso    si muove per il salotto con una bottiglia di birra, mostrando una    lettera di raccomandazione della compagnia Tekma [12],    una corrispondenza amichevole con Evgenij Primakov [13],    un ordine di Lenin (come se fosse suo) e una croce di Malta    (probabilmente sua). Snocciola cognomi e nomi russi, ricorda un    ricevimento in Australia, dove conobbe Gorbačëv,    una visita in Iraq, dove incontrò Hussein e che una volta in una    rappresentanza commerciale in Germania vide il giovane Putin: “Era    sveglio il pischello [14],    pare”. Oppenheimer, tipico    irlandese esuberante, appartiene all'attiva, netta e, pare,    morente stirpe degli avventurieri internazionali. A Nauru conosce    tutti e partecipa a tutto, solo che tutto quello che dice va    diviso per 10 e poi ancora per 5. Sull'isola Desmond    capitò durante il servizio nell'esercito australiano. Poi il    congedo, il commercio di oggetti tecnologici della fabbrica Ižmaš    [15] (se fossero kalashnikov o motociclette, da lui non si    coglie), il lavoro con le prime ditte sovietiche da esportazione,    trasferte a Mosca.      Inondando l'Oceania    di frigoriferi Atlant, motociclette Ural [16]    e macchine fotografiche Zenit [17],    a Nauru Desmond aprì un proprio negozio. Negli anni questo crebbe    nell'enorme (per le misure locali) impero Capelle&Partners con    un supermarket, un caffè e produzione propria. Ma ricorda ancora    il ruolo della Russia nella sua vita. Gli chiedo a che ci    serve Nauru.      – Questo è proprio    il centro dell'Oceania, – si stupisce Desmond. – Intorno vanno    i sottomarini americani. E adesso immagina che qui ci sia    un'enclave di interessi russi. – E allora? – Beh, questo è    poco. Una base militare. Un nuovo spazioporto. Una stazione di    osservazione sugli armamenti degli USA. Perché la Russia sempre,    – il signor Oppenheimer fa una pausa, alza un dito, socchiude    gli occhi, – sempre si ricorda dello Zio Sam!      Non    accade nulla Il continuo rumore di    fondo di Nauru è lo strusciare di pianelle. I locali vanno piano,    con qualche rilassatezza corporale: grattandosi, sputacchiando,    dondolando mentre camminano. E' come se non fossero convinti se    vadano da qualche parte, se vadano e se abbiano bisogno di andare.    Andando lungo la strada, vedi come sulle sedie, sulle soglie dei    negozi o semplicemente per terra siedono persone, come se    aspettassero qualcosa. Solo che non accade nulla. – Ecco che dicono:    hanno venduto l'isola, abbiamo perso il reddito, – io e Chelsea    scendiamo da Topside. – Non dimenticare che abbiamo visto i    soldi per la prima volta negli anni '30. Quando cominciò la    guerra, andavano in gonne di foglie di cocco e vivevano in case di    paglia. E tu chiedi dove abbiamo investito il fondo di stabilità. A Chelsea è andata    bene: i suoi genitori investirono i soldi facili dei fosfati in    immobili australiani e mandarono i cinque figli a studiare    all'estero. Adesso Chelsea è un ingegnere, lavora all'estrazione    di fosfati, alla loro lavorazione, al porto. Semplicemente di    ingegneri sull'isola ce ne sono tre in tutto.      La cosa migliore che    ci sia a Nauru sono le calme ore serali, quando cala il caldo. Il    cielo è disseminato di stelle, l'oceano rumoreggia monotono e    rombante, la schiuma della corrente, così pare, brilla    nell'oscurità. C'è odore di alberi in fiore, un denso aroma di    mare. Meravigliosamente buono. Ecco che in una casa    fa le prove un coro maschile. Una lampadina nuda sotto il    soffitto, brandelli di carta “tipo legno” sul vecchio muro,    alla finestra si vedono bambini riccioluti dagli occhi scuri. Una    decina di uomini siede sul pavimento, con voce regolare e    smorzata, come timidamente, cantando un gospel in nauruano: è    Natale comunque. Il solista ha la voce profonda e forte, batte il    ritmo con la pianella che tiene in mano.      All'ingresso della    casa vicina c'è un mucchio di scarpe da bambini: nelle famiglie    si usa avere 6-8 figli, anche se si arriva pure a dodici. La metà    degli abitanti ha meno di 18 anni.      Molte case sono    decorate per Natale: sotto il soffitto brillano CD legati a    cordicelle, lungo le facciate ci sono lampadine luminose. Non c'è    un obitorio sull'isola, i morti vengono sepolti il giorno della    morte, talvolta nel giardino dietro casa. Anche sulle tombe ci    sono delle ghirlande. Guardare la vita dei    nauruani comuni è facile. Spesso vetri e porte non ci sono    affatto, le case si guardano attraverso. Un tavolo, un televisore,    raramente un vecchio computer. Quadretti alle pareti, mucchi di    stoviglie o di stracci. Dormono sul pavimento o su qualcosa come    larghe brande. Queste stesse brande stanno all'ombra davanti alle    case. Su di esse giocano i bambini, su di esse pranzano, passano    la notte – in pratica ci vivono. Questa non è miseria, ma    qualcosa del genere. E improvvisamente mi    immagino la Russia.      E penso che 50    milioni di $ non sono una somma poi così grossa per il mio grande    e disordinato paese. Al mondo non ci sono poi molti paesi, dove la    Russia è ancora chiamata Fratello Grande e le sono grati “per    il 1968”. Ma dopo il    riconoscimento delle repubbliche l'ambasciatore Aleksandr Blochin    non è più stato a Nauru.      * * * – Io ieri ho fatto    sposare un figlio, sa? E' venuto un matrimonio allegro, anche se    modesto: solo i parenti stretti, in tutto circa duecento persone.    Ieri è stata una bella serata: due matrimoni, un funerale e tre    feste. La tenda sopra il    terrazzo getta un'ombra. Sul campo da tennis giocano a calcio, il    padrone di casa Richard strimpella un salmo con la chitarra:    domani in chiesa c'è un concerto, si esibisce. Nessuno chiede    cosa faccia qui – passavo lì vicino e sono rimasta, che c'è da    dire?      La vicina,    l'insegnante cinquantenne Anita (quella che veniva dal matrimonio)    ricorda i vecchi tempi. In famiglia c'erano 10 persone e otto    macchine, facevano feste ogni sera, non c'era niente da fare,    perciò bevevano. “Quando non c'è bisogno di lavorare, si beve    sempre. Cosicché è proprio meglio così”.      In risposta alle    domande racconto per l'ennesima volta di Ossezia e Abcasia. “Cosa    sono, isole?” – si stupisce Richard.      – A me la Russia    prima non piaceva: un paese pericoloso, – dice Anita. – La    bomba atomica, il comunismo, Gheddafi. Ma è vostro? – Ma che ne sai del    comunismo! – si immischia Richard. – Da noi ha lavorato un    dottore di Cuba, mi ha raccontato tutto. Il comunismo è prendere    tutta la terra e dividerla. Proprio come da noi. - Aha, – non crede    Anita, – e anche rubarsi i soldi?      Il giorno è caldo,    la conversazione è lenta, il salmo è nostalgico. Il pensiero si    muove piano come un'onda nella bassa marea; non si ha voglia di    andar via, e poi dove? Anche domani sarà caldo, sia il sole, sia    l'oceano. Probabilmente, tutte le disgrazie di questo posto    vengono sempre dal fatto che oggi è come domani, domani come    ieri, il mare porta il tonno e l'inverno non viene mai. La    bellezza dell'oceano priva di senso la realtà è il clima caldo è    questione di case. Di soldi certamente si ha voglia, ma anche    senza non importa. La storia in questi territori non è neanche    cominciata, perdi il senso del tempo in due giorni. Alle Figi con    questo fanno già soldi, Fiji time è un brand turistico: visto    che non accade nulla – rilassati e riposati. * In mezzo    al niente. ** I    ministri nel paese sono quattro in tutto e abbinano le cariche. La    migliore, secondo me, l'ha Matthew Batsua: ministro della Sanità,    della Giustizia e dello Sport. Elena    Račëva 24.12.2010, “Novaja gazeta”,    http://www.novayagazeta.ru/data/2010/145/18.html    (traduzione e note di Matteo Mazzoni) |