| Lo scrittore Garros[1] ha buttato   giù per “Svobodnoe prostranstvo”[2] un   testo su ciò che, secondo lui, avverrà in Russia da qui a poco. O non avverrà…   Il testo è stato per cinque giorni nel nostro forum otkrbIto.ru[3]   prima dell’uscita in formato cartaceo, è stato letto oltre 2000 volte e ha   avuto circa centocinquanta commenti. Grazie a tutti quelli che hanno   partecipato. “Da molto tempo avevo   intenzione di scrivere della rivoluzione. Non per il giubileo di quella di febbraio   trattino[4] ottobre,   così, pare, inspiegabile per il nostro paese, ma già come inaccessibile a una   spiegazione, già pietrificata come scheletri di tirannosauri in strati   mitologici. E neanche di quella di agosto[5], il   cui potente e abile autore ha da poco ancora rianimato, reso un fatto del   presente, e non del passato, – ma ecco che è venuto a mancare... No, di quella   rivoluzione, che può o non può avvenire in Russia. Ne avevo intenzione – e   in nessun modo potevo accingermi a farlo. E’ un tema assai scivoloso; tutti i   paralleli e le proiezioni sono gravidi del “raggiro” di Pelevin[6] e   della “menzogna”[7]   di Solženicyn, ogni posa è ambigua: appena ti muovi, rischi di mostrarti   stupido, rozzo o figlio di un cane[8]. Ma c’è il tema in generale? Ma quale rivoluzione può esserci qui,   gentili signori, con una stabilità raggelante, con una quantità folle di dollari   al barile, con il Fondo di Stabilità, con una middle class che ingrassa, con il   signor S.[9] che difende instancabilmente i confini della Patria   dal contagio “arancione”[10], con il fatto che, tutto sommato,   per ogni “dissenziente”[11] ci   sono cinque uomini dell’OMON[12] e   dieci “consenzienti”, e che anche il muso[13] di   questi “dissenzienti” pare storto – perfino riflesso in uno scudo di plastica   della polizia, capace di dare a qualsiasi Quasimodo[14]   un’aria altamente tragica… Perché mai, tuttavia, una   conversazione su due davanti a un bicchierino con miei conoscenti del campo   teatrale, cinematografico e mediatico va a finire sul tema della nuova   rivolta russa: può essere? Non può essere? Quanto a questo, certamente, che vuoi dal culturame[15] spensierato:   la danno per una cosa davvero sperata, o temuta, o l’una e l’altra insieme. Ma   d’altra parte, anche all’inizio del secolo scorso sedevano così, ingollavano   qualche vodkina, sniffavano un po’ di cocainuccia[16], facevano   appelli e previsioni, procurandosi l’irritazione e la derisione delle persone   di buon senso: bisogna fare le cose e non vaneggiare di révolution[17]!   –e com’è finito poi tutto questo? Stop, questi sono già paralleli, e noi   invece ci siamo accordati per farne a meno. Ecco che anche una settimana   fa sedevo con il mio buon amico P., scrittore e nazional-bolscevico[18],   di passaggio a Mosca. Raccontava di come lo pedinano i ragazzi dello FSB[19] nella   città natale X, di come, dopo la “Marcia dei dissenzienti” della capitale (che   con altri ha organizzato) lo hanno arrestato tre volte, di come nella “piccola   patria”, chiamato per l’ennesima “conversazione, cioè interrogatorio, con   questo signor criminale””, l’inquirente ha chiesto con durezza: cosa ha fatto   nella capitale fra tale e tal altro giorno? “Ho incontrato Vladislav Surkov”[20], – ha risposto sinceramente P. (scherzi   a parte, l’ha davvero incontrato). Occhi sgranati, scena muta. Deliziosa schizofrenia di   un regime non totalitario e neanche autoritario, ma surrealistico: in una realtà   P. ha una conversazione con Surkov e da la mano a Putin all’incontro del presidente   con i giovani scrittori, nell’altra lo seguono i pedinatori, lo arrestano e   lo interrogano… Realtà parallele; cercare in esse un nesso logico è un lavoro   senza senso. “Non capisco cosa vogliono, – dice P., vuotando l’ennesimo   bicchierino di vodka al peperoncino. – e mi sembra, che essi stessi non   capiscano cosa vogliono. Ma alla fine di tutto questo non gli importa…” Ma beh,   storco la bocca, afferrando scetticamente un gamberetto da birra[21], al   diavolo, di oppositori radicali, realmente capaci di slanci rivoluzionari ce   ne sono sempre meno… “Ma per la rivoluzione non c’è mai bisogno di molta gente”,   – replica pacatamente P. Storco di nuovo la bocca – ma ora per un altro verso,   chi aveva preso sul serio quei bolscevichi fino all’autunno del ‘17? Stop, queste   sono già proiezioni, ma a noi non servono. OK, niente proiezioni e   paralleli. Basi logiche per una rivoluzione nella Russia attuale non ci sono.   Né per gli “arancioni” (poiché essa, anche con gli “agenti di influenza della   CIA”[22] e i “soldi del dipartimento di Stato”, è impossibile   in mancanza di un prurito civico, ma da noi, grazie al signor S., si sta già   spegnendo bene, grazie al balsamo televisivo o agli impiastri degli sbirri), né   per una rivoluzione cruenta, a catena, non come un cane, ma come una reazione[23] (poiché   per essa è indispensabile qualcosa come una passionalità nazionale compressa   da un sistema rigido e superato – ma si può chiamare passionale lo sfacciato   superegoismo della minoranza o il fiacco menefreghismo della maggioranza, la   mancanza di interesse per qualsiasi cosa, tranne la grana, il conformismo   totale in qualità di modello di ruolo più alla moda e così via?). Di basi, trattino,   non ce ne sono, punto[24]. Ma chi ha detto che le   rivoluzioni avvengono su basi logiche? Infatti in quella Russia del   ‘17 non c’era del tutto quella mancanza di prospettive e quella disperazione   su cui si sarebbe basato logicamente il suo stupefacente abbattersi come una   valanga – “svanì in due giorni, a dir molto in tre”, come in Rozanov[25]?..   Sì, la guerra che si prolungava oltre misura, sì, le contraddizioni sociali   che erano esplose, sì… – ma trecento anni di monarchia, il “contadino   timorato di Dio”, l’economia che dava abbastanza lavoro, l’esercito che dava   abbastanza battaglia… Porca miseria[26], di nuovo paralleli e proiezioni, cambiamo discorso. Le rivoluzioni, pare, non   avvengono quando tutto va definitivamente male, ma quando tutto è come se fosse   niente e tuttavia questo “niente” improvvisamente smette di soddisfare praticamente   tutti – e ognuno per i suoi motivi. Un altro mio buon conoscente, lo scrittore   B., ha formulato la cosa così: quando a tutti all’improvviso le cose fanno   troppo schifo; ebbene, si può dire anche così. Ma infatti a tutti le   cose fanno abbastanza schifo. Ai servi e a quelli della middle class[27], al   ceto intellettuale diciamo, creativo, agli onesti sgobboni e agli energici   faccendieri, ai “nostri”[28] e   agli “altri”, e perfino ai funzionari del Cremino e ai top-hop-manager di   ogni ambito. Altrimenti da dove verrebbe un tal grado di incavolatura nascosta,   pronta a esplodere per qualsiasi motivo, una tale sensazione di sommessa   guerra di tutti contro tutti, che di principio non può concludersi con alcuna   vittoria, ma può solo smettere di essere sommessa – non la colgono proprio, i   miei interlocutori-procellarie[29]? A tutti fanno schifo le cose   – e vallo a dimostrare logicamente, passerà da se o in qualche modo andrà via,   leggi “prenderà il via”[30]. Fra l’altro si può anche   tentare di analizzare la cosa logicamente. C’è la mia amata metafora dilettantesca,   di cui, verosimilmente, ogni storico serio riderebbe, beh, o riformulerebbe   in lingua letteraria. Che la storia in ogni società si sviluppa in tempi diversi,   eppure paralleli: politico, economico, tecnologico, civico, culturale; e ognuno   è come un binario ferroviario, la cui locomotiva tira il treno, legato con   tutti gli altri cavi flessibili e rigidi. E finché la velocità delle locomotive   è più o meno la stessa, tutto è abbastanza stabile, perfino se le locomotive   fanno retromarcia tutte assieme. I problemi cominciano quando su diversi   binari la velocità e la direzione di marcia sono tragicamente incomparabili. Quando,   per esempio, il tempo culturale, quello economico e tecnologico vanno avanti   a folle velocità, ma quello civico frena e a quello politico al contempo   piace arretrare… Ecco che allora la stabilità del sistema si perde del tutto   – non importa che nelle caldaie fischi il vapore, che le ruote girino, che i   conduttori distribuiscano un po’ di tè[31]. I   cavi si tendono – e basta una crisi qualsiasi, un qualsiasi rottame messo sui   binari (come la Prima Guerra Mondiale – ma basta anche un pezzo più piccolo),   perché all’improvviso tutto deragli. Mentre i passeggeri, che guardano dai finestrini   dei vagoni di prima e di seconda classe non capiscono cosa stia succedendo. Mi pare che la situazione   sia simile a quella che si verificò in Russia nel ’17, – e mi ricorda anche   qualcos’altro… ma al diavolo, l’ho fatto di nuovo[32]; taccio,   taccio.   Commenti sul forum della “Novaja   Gazeta” OTKRYTO.RU Dilly Ho l’impressione che l’autore   abbia cercato, a lungo e con pervicacia, di contraddire la voce della propria   ragione, scrivendo inizialmente: “ Ma quale rivoluzione può esserci qui, gentili   signori, con una stabilità raggelante, con una quantità folle di dollari al barile,   con il Fondo di Stabilità, con una middle class che ingrassa…”. Non è riuscito a   contraddire questa tesi. Igor Sottoscrivo. Ho la piena   sensazione che sia stato un “flusso di coscienza” dell’autore. Da principio voleva   dire qualcosa, ma la concatenazione logica è annegata nelle tinte emotive e nei   “foruncoli” scoppiati delle associazioni mentali. La logica si è esaurita verso   la metà e il resto, pare, è stato scritto fino a raggiungere la lunghezza   necessaria. fratello[33] nella ragione La rivoluzione è un RADICALE[34] mutamento   qualitativo, un brusco passaggio in forma di salto da uno stato qualitativo   all’altro, dal vecchio al nuovo. Perché un qualcosa di così   RADICALE è presupposto, atteso, temuto dal signor autore? L’avesse scritto, avrei   forse capito, di quale rivoluzione, in realtà, questi parli. …Suppongo che l’autore sia   stato indotto in errore dalla propaganda, che usa la parola “rivoluzione” per   descrivere, diciamo, le risse per la proprietà in Ucraina. La “rivoluzione Arancione”…   Certo, una rissa per la proprietà potrebbe esserci anche in Russia! Anzi – è   sempre in corso. Ma perché parlare qui di rivoluzione??? Meeres …Quanto alla situazione rivoluzionaria   si esagera, ma l’insoddisfazione generale di tutti gli strati della società   esiste. Alcuni sono insoddisfatti   della disuguaglianza sociale e del fatto che questa disuguaglianza aumenta   rapidamente. Altri sono insoddisfatti della mancanza di garanzie per “quello   che hanno accumulato con enorme sforzo”. L’esercito ha evidentemente nascosto   l’onta e tace. L’“ambiente dei patrioti” attende impazientemente di essere   chiamato ai pogrom. Come si sono mossi in occasione dei fatti di Kondopoga[35]… C’è una grande quantità   di problemi, ma esploderanno, ne sono certo, in un altro posto. E questo posto   qualche giorno fa l’ha indicato lo stesso presidente, affermando che tra un   anno se ne andrà. L’intera verticale del potere[36] nominata   da lui comincerà a grattarsi la zucca[37] pensosamente   – chi sarà il prossimo, chi si dovrà implorare. Tolto dal mazzo il popolo, che   adesso non ha cose da fare, messosi alla base della verticale del potere e   togliendo adesso questa “pietra”, Putin ha minacciato la stabilità   dell’intero edificio. Questi deve già indicare un erede nel più breve tempo possibile   e far capire con durezza che proprio quest’uomo prenderà il suo posto, senza   guardare in faccia a nessuno, o nel paese comincerà qualcosa di   incontrollabile… Comincerà una tale rissa a tutti i livelli, dal Cremlino al   villaggio di Kozjul’ka[38], che   la “Marcia dei dissenzienti” e tutte le azioni degli uomini di Limonov[39] sembreranno   giochi da bambini. motek …La metafora  è bella. In ogni caso, sulla carta. In pratica, penso, la quantità   di “giocatori” aumenta. A parte i locomotori, le rotaie, i cavi e il tè nelle   ferrovie ci sono i meccanici, il personale di servizio, gli operai che   piazzano le traversine, i capistazione, i passaggi a livello, i semafori. Senzaparlare dei macchinisti e del deposito. Cioè la vita, come sempre,   è più complessa degli schemi e delle metafore. art-amvon Aspetti diversi del processo   storico procedono su binari diversi? Ma questa non è una metafora   dilettantesca. Questo corrisponde precisamente alla teoria generale dei   sistemi. Ma più appropriatamente queste si chiamano “letti fluviali”. E la crisi   arriva, dal punto di vista della teoria dei sistemi, proprio quando giunge   una discordanza tra le variabili di diversi letti fluviali. Di certo non si parla   necessariamente del processo storico. Le asserzioni della teoria dei sistemi si   applicano ai processi biologici, chimici, tecnici e altri… laddy Citazione: “...   Infatti in quella Russia del ‘17 non c’era del tutto   quella mancanza di prospettive e quella disperazione su cui si sarebbe basato   logicamente il suo stupefacente abbattersi come una valanga...  ... Sì, la guerra che si prolungava oltre misura, sì, le contraddizioni   sociali che erano esplose, sì… – ma trecento anni di monarchia, il “contadino   timorato di Dio”, l’economia che dava abbastanza lavoro, l’esercito che dava   abbastanza battaglia…” Sul “contadino timorato di   Dio” dai tempi della nota lettera di Belinskij a Gogol’[40] è   stato scritto già abbastanza. Come, fra l’altro, sulla “capacità di dar lavoro”   dell’economia russa e sulla “capacità di dar battaglia” del suo esercito   all’inizio del 1917. I punti di vista possono differire. Tuttavia chiamare la   Grande Guerra (La Grande Guerre[41], la   prima guerra mondiale) “una guerra che si prolungava oltre misura”, a mio   modo di vedere, mostra un approccio da vero sovok[42]   (essenzialmente ideologico) ai fatti scomodi sotto l’aspetto di un punto di   vista d’autore. Questo è triste. Tiberij Una rivoluzione è   pienamente possibile anche all’inizio del XXI secolo. Gli abitanti della Russia   (non il popolo; il popolo percepisce se stesso come un’unità e da noi c’è una   situazione di totale differenziazione) sentono l’ingiustizia del modo di   vivere del paese e l’assoluta mancanza di fiducia nel domani. Il risultato   può essere un qualsiasi sviluppo degli eventi. Dalla totale mancanza di partecipazione,   dalla quieta indifferenza nei confronti del proprio destino futuro, dalla   massima alcoolizzazione della coscienza, al “bastone dell’ira popolare”[43]. Cosicché le probabilità   di una rivoluzione da noi sono 50/50.  valentin_angeln …Oggi in Russia grazie agli   sforzi dei cekisti[44] il   regime è duro come la pietra (contrario a tutte le persone che siano   intelligenti, oneste e amino questo paese), ma non impossibile da spiegare. Le baionette gli bastano per   tutti i dissidenti, tanto più che non ce ne sono già più molti con idee   valide. Ci toccherà sopportare questo regime per circa 200 anni e forse più (finché   non comincerà a divorare se stesso)… Il’Ol’ “Che schifo! Ci sarà una   rivoluzione”. Lo ha scritto Aleksandr Garros. Rispondo: schifo le cose   lo fanno. Ma la rivoluzione non ci sarà! Perché c’è stata, è durata quindici   anni e si è trasformata in controrivoluzione. E già va per questa china… avanti…   Non abbiamo semplicemente capito cos’era. Siamo nel corso del processo di   riconoscimento… …I controrivoluzionari   sono quelli che vivono con la nuca davanti, sì. Ma hanno cosa guardare. I   rivoluzionari non hanno cosa guardare, strappano di nuovo tutto fino alle   fondamenta. E poi cercano di costruire un mondo nuovo. E al diavolo l’uomo comune, su cui   si basa questo mondo stabile, o qualche mondo nuovo, se prima nel grasso   ventre dell’uomo comune infilano la baionetta i rivoluzionari borghesi o   proletari? Per il progresso della società, che, è chiaro, è cosa santa. Oggi sono per il conservatorismo   come manifestazione di stabilità, che, porca miseria[45], garantisce   ai rivoluzionari il cibo per andare avanti e piantare i semi dei nuovi   processi di destabilizzazione. Beh, ci sarà anche questa, MA[46] lasciateci   vivere in pace, è rimasta solo questa vita alle persone di età matura e   confortevole, perciò questi, maturi e bisognosi più di altri di conforto sono   conformisti. Questo detto su base   puramente umane, senza[47] alcuna   filosofia progressista… Michail E’ un articolo molto   interessante. Io, per esempio, ritengo che lo strappo ci sarà certamente e   molto presto. Nel 1999, quando un uomo cresciuto dai servizi segreti è stato   introdotto nella grande politica, ho capito che sciagura era giunta in casa   nostra, ho capito e l’ho detto, ma tutti si sono messi semplicemente a ridere.   Sghignazzate adesso! Lev Taëžnyj[48] Ho riletto l’articolo apposta. La mia impressione non è cambiata:   l’autore sta in qualche posto sperduto, dove è rimasta una biblioteca scolastica,   dal cuireparto “Marxismo-leninismo” ha preso un libretto, lo ha letto nel tempo   libero perché non aveva di meglio da fare e poi ha “rielaborato” le   conoscenze segrete sotto forma di riflessioni di uno “scrittore   nazional-bolscevico”.
 O viviamo in paesi diversi,   o abbiamo amici diversi, ma DA NESSUNA PARTE[49] (e   mi tocca andare molto in giro) ho sentito parlare di rivoluzione e NESSUNO dei   miei amici e conoscenti ci ha mai neanche pensato. Per amor di chiarezza dirò   che tutti i miei amici e compagni sono lontani tanto dalla “tromba”[50], quanto   dall’attuale potere. Non dipendono affatto dal prezzo al barile – anche se il   petrolio costasse 5 copechi – nella loro vita non cambierebbe NULLA… Cosicché,   vivendo negli spazi della nostra patria, lavorano “all’estero”. E di quelli che si   possono coraggiosamente chiamare risorsa intellettuale della Russia ce ne   sono centinaia di migliaia. La cosa più interessante è che distruggere il   loro comfort è praticamente impossibile. Ma altrimenti non si   riesce in alcun modo ad appassionarli. Chi rimane? Una ventina   di “scrittori nazional-bolscevichi”? Nonni e nonne? Gli “ingegneri quadri”   totalmente eliminati? Con chi si può “impastare   la rivoluzione”?   Di seguito Il 1 maggio alle 15.30 Garros   ha letto i commenti e ha risposto: “Come suona qui   l’apocrifo: “Sono soddisfatto delle rovine del Reichstag”? Ma ecco che   anch’io sono soddisfatto della reazione. Anche se la metà di quelli che hanno   letto e risposto non è affatto d’accordo e in generale sono arrabbiati con   l’autore. Il mio scopo era di costringere a pensare un po’. A uscire dai binari abituali. Perché neanch’io so se sia possibile   in Russia un’altra rivoluzione o no (e tanto più non sono intenzionato a “impastarla”);   la logica dice una cosa, le sensazioni ne dicono un’altra, il tentativo di   proiettare e confrontare ne dice un’altra ancora… la contraddizione, a farla   breve, è evidente e sarebbe bene rendersene conto e cercare di comprenderla. Di   questo abbiamo cercato di occuparci qui, no?”   Александр Гаррос 04.05.2007, “Novaja gazeta”, http://www.novayagazeta.ru/data/2007/color16/00.html   (traduzione e note di Matteo Mazzoni) |